Due anni fa festeggiavamo il decennale europeo di Bayonetta e Vanquish. Tratteniamo la lacrimuccia, più che altro perché erano anni in cui Mikami e Kamiya pestavano duro sull'acceleratore. Kamiya ebbe il suo primo ruolo da Direttore con Resident Evil 2, con Mikami come mentore, per poi proseguire in autonomia su Devil May Cry. Chissà se l'uomo di Matsumoto già a quei tempi aveva il carattere un peperino che tutti conosciamo. Se avete domande da fargli, non usate Twitter e non usate l'inglese, perché vi bloccherà.
Che poi alla fine Kamiya è un simpaticone, uno buono, un estroso creativo che nel 2010 diede vita a uno dei personaggi femminili più riusciti di sempre, almeno nella storia dei videogiochi. Bayonetta va praticamente contro qualsiasi convenzione attuale di correttezza: è sensuale, gioca sui doppi sensi, si denuda, abbraccia senza timore mosse speciali piuttosto estreme, probabilmente è lo specchio di Kamiya, forse no. Ma sicuramente ha fascino e idee da vendere: a conti fatti, non è MadWorld - stilosissimo action in bianco e nero per Nintendo Wii - a lanciarli nell'Olimpo, ma proprio la dolce strega vestita attillata.
Ripercorriamo, dunque il rapporto singolare che intercorre tre PlatinumGames e Bayonetta.
Streghe in alta definizione
È curioso notare come il primo gioco di Inaba dentro PlatinumGames sia stato proprio Bayonetta. Produttore dall'esperienza impressionante, non è un caso che il talentuoso duo di autori abbia preso l'esperienza maturata in Capcom tra Devil May Cry, God Hand, Okami e Viewtiful Joe e la abbia trasposta con così enorme audacia, in un'era in cui il videogioco giapponese era stato palesemente messo in disparte dall'avanzata dei marketing occidentali. In quegli anni PlatinumGames era un piccolo, ma scintillante neonato, alle prime prese con l'HD Ready, gli accordi con il publisher (SEGA), il fronteggiare la crescita della consapevolezza degli acquirenti, i primi servizi online su console, la crisi dei giapponesi con l'alta definizione, lo stallo di PlayStation 3 e il sempre difficile rapporto con le aspettative dei consumatori.
E anche un potenziale complesso di inferiorità nei confronti degli action - giapponesi e non - visto che Devil May Cry 4 era già uscito sconvolgendo con stile il mercato, stimolato dalle release occidentali e dai fuochi d'artificio di poligoni e texture che la nuova dialettica di numeri dell'alta definizione stava scatenando. Un mese dopo sarebbe uscito in occidente Dante's Inferno, action di Visceral che aveva cose interessanti da dire, mentre qualche mese e il mercato avrebbe anche visto l'arrivo di Castlevania: Lords of Shadow, con il suo mix di action e cinematiche ispirate un po' da oriente un po' da occidente. Insomma, di concorrenti in grado di rubare la scena alla prima, vera creatura PlatinumGames al tempo ce ne erano molti. Quindi perché è andata così bene?
Quando il character design conta
È stato con Bayonetta che Kamiya, da sempre artista dentro e direttore fuori, ha capito di voler essere rilevante in un modo più completo, con un progetto più identitario. La realizzazione del design, delle meccaniche, dello stile, delle caratteristiche si sono fuse insieme, rendendo Bayonetta la sua creatura effettiva, il riflesso della sua maturazione come creatore di videogiochi. È ancora lui ad affermare quanto fosse enorme l'entusiasmo in fase di test di invocazione dei demoni, con Bayonetta che sarebbe finita svestita a pestare tutti. Inaba la pensava allo stesso modo, ma non tanto per l'essenza esplicita della scena, quanto per la consapevolezza che tutto quello su cui avevano lavorato era confluito nella scena che volevano realizzare.
Lo slow motion, invece, venne preso da Viewtiful Joe, quasi un tentativo di far tornare quella vecchia perla di Clover sotto i riflettori. Elementi del passato, tendenze del presente, desideri di un futuro dalla forte identità per PlatinumGames spinsero ogni elemento nella direzione giusta e li fusero con una maestria inaudita, un piccolo parco giochi nipponico dove ogni giostra era un'esperienza nuova, fresca, appagante.
Veniamo a lei, la strega: è la designer Mari Shimazaki che, tramite blog, ci racconta che è stato veramente estenuante arrivare al design finale che conosciamo, addirittura un anno. Fu Kamiya a chiederle di fondere tre tratti distintivi: una donna dalla personalità forte, una strega moderna e un personaggio che usasse quattro pistole. In quanto strega, il tema portante doveva essere il nero, in più doveva avere i capelli lunghi, talmente lunghi da coprirle buona parte del corpo, così da accentuare i movimenti dei fianchi. Non è quindi un caso che siano i capelli l'origine del suo potere, come elementi protettivi ma anche come armi offensive, capaci di evocare demoni di ogni tipo, solo che usa tutti i poteri e quindi... finisce nuda, forse una delle caratteristiche più iconiche a proiettarla in alto. Se invece vi chiedete chi fu a quasi imporre gli occhiali beh, fu proprio Kamiya: Hideki voleva che Bayonetta si differenziasse da tutte le altre protagonisti femminili in giro nel mercato, allo stesso tempo voleva avesse un'aria di mistero e scaltrezza, ma alla fine, la realtà, è che a Kamiya piacciono le ragazze con gli occhiali.
Un team effervescente
Siamo quindi, di nuovo, di fronte al personaggio specchio del creatore, un po' come le tante trovate di passione inserite nel franchise, una tra tutte il calcio After Burner, ispirato proprio dal mitico gioco SEGA del 1987, o la miriade di costumi alternativi basati su IP Nintendo inseriti in Bayonetta 2. Kamiya ha sempre adorato inserire in Bayonetta sé stesso e non ha mai nascosto di voler arrivare a citare anche Gradius di Konami, grazie alle sue musiche iconiche, ma in quel caso è più complesso, in quanto è lui stesso a dire che è più semplice fare crossover quando lavori con un partner.
Non è un caso che Bayonetta 2 abbia visto pubblicare anche l'amiibo, privilegio riservato solo ai grandi personaggi. E se la strega su Switch ha ricevuto un affascinante taglio di capelli con ancora Kamiya e Shimazaki a dettar legge, in Bayonetta 3 la palla di direttore lavori passa a Yusuke Miyata, suo amico e collaboratore storico. Nel frattempo, a differenza del secondo lustro, oggi viviamo un'era di action AAA molto più asciutta e povera di uscite, con un pubblico cambiato enormemente da quell'era ancora assimilabile al post-PlayStation 2. L'anagrafica media odierna è ovviamente diminuita, ma a Kamiya questo poco importa, perché è sempre stato uno che delle mode, delle recensioni, dei numeri se ne è sempre infischiato. Un po' quel carattere sveglio, ma strafottente di Bayonetta, che prende a pesci in faccia schiere di demoni senza nemmeno preoccuparsi dei vestiti.