Cosa vorremmo in... è una rubrica a cadenza mensile dedicata ai giochi più attesi dal pubblico. Ma rispetto alle tradizionali anteprime, essa tratta l'argomento in maniera più diffusa, immaginando come potrebbe essere un titolo, o come si vorrebbe che fosse, piuttosto di come sarà.
Come abbiamo scritto più volte su queste pagine, quella dei remake sembra essere diventata una sorta di moda negli ultimi anni. In realtà, oltre che un sistema "facile" per guadagnare senza eccessivi rischi puntando su prodotti già di successo, per una software house è anche un modo come un altro per mantenere in vita un franchise e rinnovarne l'interesse del pubblico. E da questo punto di vista Capcom è, tra le software house, la Regina indiscussa di questo genere di produzioni. Così, dopo Resident Evil 2 e il probabile Resident Evil 3, ecco spuntare Resident Evil: Project Resistance, un titolo cooperativo forse per quattro giocatori, possibile rifacimento o erede spirituale di quel Outbreak che molti anni fa vide la luce su PlayStation 2, che all'epoca aveva perso la serie madre dirottata su GameCube. In attesa del panel organizzato da Capcom che si svolgerà sabato 14 settembre alle 8:00 di mattina ora italiana, dove verranno svelate le prime informazioni ufficiali sul gioco, proviamo a immaginare come potrebbe essere.
Un dramma, tanti punti di vista
Resident Evil Outbreak è stato uno dei primi esperimenti dell'azienda giapponese con l'online. Un progetto interessante, rilasciato però forse nel momento sbagliato, in un periodo cioè dove mancavano le infrastrutture e il gioco online su console era ancora agli albori, non ancora "considerato" importante come ai giorni nostri. Il prodotto venne quindi trasformato in una sorta di ibrido, dove veniva valorizzato adeguatamente anche la modalità di gioco offline, che in un primo momento doveva essere principalmente di contorno. In Project Resistance (o Resident Evil Project Resistance) vorremmo quindi che Capcom ci riproponesse, ovviamente facendo tesoro degli errori passati e sfruttando adeguatamente le varie soluzioni emerse col tempo in ambito multiplayer, lo spirito e "l'idea" di quel gioco (che poi in realtà erano due).
Questo nuovo titolo lo vorremmo dunque come un vero survival horror cooperativo dove, come negli originali, la componente collaborativa sarebbe fondamentale per poter sopravvivere e superare i vari scenari di cui sarebbe composta l'opera. Quest'ultima potrebbe avere diverse modalità, così da offrire diverse opzioni di gioco e differenti tipologie di nemici, anche umani (i soldati della Umbrella?), ma non dovrebbe mancare una sorta di "campagna" che consentisse agli utenti di visitare vecchie e nuove aree legate a Raccoon City, vivendo le ultime ore di una città devastata da non morti e orde di creature assassine. Il tutto ovviamente nei panni di diverse tipologie di personaggi, dal comune cittadino al poliziotto, ciascuno caratterizzato dai suoi punti deboli e i suoi punti di forza, pronti a unirsi per un solo obiettivo: fuggire dalla città superando indenni gli scenari da cui sarebbe composta l'avventura.
Tra i parametri relativi alle abilità e ad altri aspetti dei vari sopravvissuti vorremmo che ce ne fossero parecchi legati alla personalità degli stessi, così che ognuno di loro reagisse in maniera unica come e più che negli originali a seconda degli eventi in corso. Ovviamente questi elementi "caratteriali" avrebbero un peso quando a gestire il resto dei membri del team sarebbe l'intelligenza artificiale del gioco: avere di fianco compagni con un modo di comportarsi e di reagire al pericolo diverso a seconda delle abilità e del carattere, significherebbe donare più credibilità e tante variabili al gameplay. Come i vecchi Outbreak si potrebbero impartire loro degli ordini predefiniti attraverso un apposito menu e coi pulsanti del pad, ma non sarebbe affatto scontato che tali comandi verrebbero poi eseguiti o che gli altri si sarebbero dei compagni affidabili.
La condivisione è tutto
Se ad esempio un esperto agente di polizia abile con le armi da fuoco e nel corpo a corpo non esiterebbe ad affrontare orde di zombi con la sua pistola, tenendoli a bada mentre i compagni tentano di aprire un varco dal quale poi trovare insieme la fuga, un timido studente o una affarista senza scrupoli potrebbero rispettivamente abbandonare la loro posizione per andarsi a nascondere sotto a qualche letto o cercare una via di scampo alternativa, magari sacrificando all'orda di mostri proprio gli altri fuggitivi. Anche per questo bisognerebbe fare attenzione con chi scambiare le risorse necessarie per sopravvivere. Erbe curative, proiettili, armi, bisognerebbe fare attenzione a non esagerare sottraendo ai compagni troppe risorse, pena il rischio di renderli vulnerabili più del dovuto agli attacchi dei nemici, ma al contempo a chi lasciarle se poi uno di loro può tradire o farsi prendere dal panico e fuggire abbandonando tutti ma portandosi anche con sé degli oggetti utili?
Anche perché recuperare negli scenari armi o dei semplici elementi d'uso quotidiano da usare come tali, quali per esempio bastoni, tubi di ferro o bottiglie, oppure come oggetti da difesa improvvisati da abbinare ad altri per creare degli ostacoli per arginare temporaneamente i nemici, non sarebbe facile. Come non lo sarebbe reperire le apposite pillole utili per rallentare i devastanti effetti del T-virus o per debellarlo del tutto (almeno fino al prossimo contatto ravvicinato con qualche mostro). Altra caratteristica di rilievo degli originali Outbreak che vorremmo riproposta sarebbe proprio la possibilità che i personaggi venissero infettati. Ognuno dei membri del gruppo, infatti, potrebbe essere colpito dal T-virus, che man mano incrementerebbe lo stadio dell'infezione all'interno dell'organismo ospitante fino a condurlo a morte certa.
Unica soluzione, come scritto prima, delle pillole da recuperare all'interno delle varie locazioni e da centellinare come la più preziosa delle risorse. Che in quanto tale potrebbe diventare motivo di dissidio, tradimento e pericolo per il gruppo di sopravvissuti. Per quanto riguarda invece le meccaniche shooter e la parte tecnologica non ci aspettiamo ovviamente movimenti rigidi e telecamere fisse, ma una soluzione adeguata al concetto di gioco, con una giocabilità, una grafica e un sonoro degni di una produzione che porta il nome (anche solo idealmente) di Resident Evil. Tutto il resto lo lasciamo volentieri nelle mani e nella fantasia degli sviluppatori Capcom, sperando che in attesa di un nuovo episodio, non ci deludano con questo progetto, visto che Outbreak era già di per sé uno spin-off con grandi potenzialità, purtroppo limitate dalla scarsa tecnologia dell'epoca.