La notizia della morte di Yoshitaka Murayama è arrivata all'improvviso nella mattina del 14 febbraio con un comunicato dei suoi colleghi di Rabbit&BearStudios, la società in cui Murayama stava lavorando all'imminente Eiyuden Chronicles: Hundred Heroes. Murayama se n'è andato il 6 febbraio a soli 55 anni, a causa di una malattia non meglio specificata e a poche settimane dall'uscita dell'opera che lo ha riportato sul palcoscenico internazionale dopo un lunghissimo silenzio punteggiato solo da poche collaborazioni.
Eppure, nonostante questo, Murayama è una leggenda soprattutto nell'ambito dei giochi di ruolo giapponesi, che ha influenzato profondamente col suo capolavoro Suikoden II. Nel ricordarlo, vogliamo ripercorrere la sua carriera e spiegarvi perché le sue opere sono rimaste impresse nella memoria di tanti appassionati.
I primi anni a Konami
Come tanti esponenti giapponesi del settore, Murayama è stato un individuo riservato. Sappiamo pochissimo di lui prima del '92, anno in cui, dopo essersi laureato in programmazione, ha fatto domanda di assunzione presso Konami, che aveva aperto da poco i suoi uffici a Tokyo. Dopo aver trascorso i primi sei mesi al controllo qualità, Murayama in squadra con Junko Kawano - che in seguito avrebbe firmato Suikoden IV e Suikoden Tactics - e qualche altro nuovo arrivato si mise a lavorare a un titolo ignoto che, a un certo punto, fu pure scartato. Questa specie di allenamento servì al suo scopo e attirò l'attenzione delle alte sfere, che spostarono Murayama, Kawano e una decina di sviluppatori sul primo videogioco Konami per Sony PlayStation.
Sebbene fosse un grande appassionato di sparatutto, Murayama decise di sfidare il dominio di Enix e Square sul campo dei videogiochi di ruolo. Il problema era convincere i capi di Konami a correre il rischio, specialmente perché Murayama non voleva cavalcare l'onda dei poligoni e affidarsi piuttosto ai cari, vecchi sprite in 2D.
Nel 1993 Murayama ebbe la grande intuizione che segnò la sua carriera. La storia che aveva scritto per il suo GDR era corale; Murayama era un appassionato di manga incentrati su enormi cast di comprimari, tipo Ken il guerriero e Captain Tsubasa (il nostro Holly e Benji), ma non era sicuro che il suo capo, che era sulla cinquantina, conoscesse quelle opere per ragazzi, così decise di spiegargli il suo punto di vista utilizzando come esempio un classico della narrativa cinese, Shui Hu Zhuan (in italiano, I briganti). Lo stratagemma funzionò e non solo convinse Konami a proseguire nello sviluppo, ma suggerì l'idea per un cast composto da 108 personaggi - tanti quanti i fuorilegge nella storia originale - e per un titolo che, in giapponese, suonava un po' come Shui Hu Zhuan: Suikoden.
Quando arrivò sugli scaffali nel 1995, Suikoden fu accolto calorosamente dalla critica, ma meno dal pubblico: la risposta fu inizialmente abbastanza fredda, ma in quegli anni non c'era Internet e il passaparola era meno fulmineo. Infatti nel giro di qualche mese le vendite aumentarono sensibilmente e Konami cominciò a ricevere moltissime lettere dei fan che avevano adorato l'opera scritta e diretta da Murayama. Lui rispose a ciascuna di esse di suo pugno.
L'addio a Suikoden
Il successo di Suikoden convinse Konami alla serializzazione, ma Murayama era un tipo sveglio e, nonostante l'affetto di un pubblico ristretto ma appassionato, sapeva che non poteva competere con Square e Enix quantomeno in fatto di numeri e risorse. Perciò, invece di investire sulla tecnologia, e pur sapendo che Final Fantasy VII era dietro l'angolo con la sua meravigliosa grafica 3D, Murayama preferì concentrarsi su altri aspetti dell'esperienza, rifinendo il mondo in cui si sarebbe svolto Suikoden II e i personaggi che il giocatore avrebbe reclutato e combattuto nel corso di una storia ancora più epica e coinvolgente della prima. Suikoden II uscì tre anni dopo il primo, nel 1998, tra gli elogi entusiasti della critica e del pubblico, sempre limitato ma fedele, che era rimasto folgorato già nel '95.
Suikoden II è oggi considerato una pietra miliare del genere JRPG, un titolo che ha avuto e che continua ad avere un'influenza profondissima su tutto il mercato. Ogni volta che esce un gioco - uno qualsiasi! - in cui sia possibile reclutare dei personaggi per espandere una fortezza o un avamposto, sbloccando altri contenuti e magari alterando pure la storia, i giocatori con qualche annetto sulle spalle pensano sempre: "proprio come in Suikoden 2!" e di anni e ne sono passati quasi trenta.
Considerata l'importanza che Suikoden 2 ha avuto in questo senso, e il successo di Murayama nei corridoi di Konami, fa strano sapere che il suo nome da quel momento in poi è praticamente sparito nel nulla. In realtà, non è propriamente così: Murayama, infatti, scrisse le storie dei due spin-off Suikogaiden prima di scrivere e dirigere i lavori su Suikoden III per PlayStation 2, tuttavia il suo nome nei titoli di coda del terzo episodio non compare come da politica aziendale. Il director, infatti, si licenziò nel luglio del 2002, appena un mese prima dell'uscita. Si è speculato per molto tempo su questo abbandono, eppure qualche tempo dopo Murayama rivelò molto serenamente di essere tornato freelance solo perché così aveva deciso fin dall'inizio: la sua carriera negli uffici di Konami doveva durare solo dieci anni.
Murayama, per di più, raccontò che in Konami gli erano tutti molto riconoscenti per il successo di Suikoden II, al punto da avergli dato carta bianca sul futuro della serie. Lui, però, aveva preferito cedere il timone a Keiichi Isobe per Suikoden 3. A dirigere Suikoden 4 - generalmente considerato il più debole della serie - fu proprio Kawano, mentre l'ottimo Suikoden 5 fu consegnato alle abili mani di Takahiro Sakiyama.
Blue Moon, poi Rabbit&Bear
Murayama lasciò Konami in ottimi rapporti con le alte sfere e con i suoi ex colleghi, ma dopo qualche anno fondò una compagnia tutta sua, Blue Moon Studio, in cui poté finalmente coronare il suo sogno di sviluppare un arcade con la collaborazione di Ryōji Minagawa (autore dei manga Spriggan e ARMS) e i compositori Yasunori Mitsuda e Miki Higashino. Tre anni dopo 10,000 Bullets (Tsukiyo ni Saraba in Giappone) si rivelò un mezzo flop a livello internazionale: critica e pubblico riconobbero la qualità delle musiche e delle scene d'azione, ma bocciarono senza appello la telecamera e la poca originalità del soggetto.
Nei cinque anni che seguirono Murayama non fece niente di speciale, a parte lavorare alla trama di Tensho Gakuen Gekkoroku per Asmik Ace e a un adattamento a fumetti del romanzo Magic: The Gathering novel The Purifying Fire di Laura Resnick. Così, nel 2010, quando Murayama annunciò sul proprio blog di aver ricevuto un'offerta di lavoro da una compagnia non meglio specificata, finì sostanzialmente inosservato, e prima di rileggere il suo nome si dovette aspettare quasi dieci anni.
Il nome di Murayama riemerse infatti nel 2017, all'uscita di The Alliance Alive, un discreto JRPG sviluppato da Furyo di cui curò la narrativa: il gioco ricordava Suikoden sotto certi aspetti - ancora una volta, il cast pittoresco e multietnico - ma passò in sordina, riconosciuto soltanto dai fan più accaniti del genere. Solo dopo qualche anno si tornò a parlare veramente di Murayama: era il 2020 e Rabbit&Bear Studios apriva su Kickstarter il crowdfunding per Eiyuden Chronicle, un progetto che coinvolgeva alcuni nomi importantissimi. Con Murayama al timone, Eiyuden Chronicle: Hundred Heroes riuniva la crème di quella Konami che, nel frattempo, aveva abbandonato Suikoden all'oblio: il summenzionato Kawano, Komuta di Suikoden Tactics e Suikoden Tierkreis, Junichi Murakami di Castlevania: Aria of Sorrow e, per buona misura, i compositori storici di Tales of e Wild Arms, Motoi Sakuraba e Michiko Naruke.
Con nomi di questo calibro - famosissimi tra gli amanti del genere JRPG - è facile capire come Eiyuden Chronicle abbia raggiunto le quote necessarie in poco più di tre ore. Un risultato straordinario, seguito solo dal raggiungimento di ogni stretch goal, compreso quello che prevedeva lo sviluppo di un prequel, Eiyuden Chronicle: Rising, già pubblicato da qualche tempo.
A onor del vero, in quel periodo il pubblico stava vivendo una sorta di nostalgia collettiva per i GDR vecchia scuola: i giocatori avevano fame di combattimenti a turni, avevano fame di pixelart e, soprattutto, avevano fame di Suikoden. Konami aveva bistrattato la serie a lungo, confinandola in un angolino nonostante l'affezione che i fan avevano dimostrato per anni nei confronti del franchise e dei suoi principali autori. Eiyuden Chronicle prometteva di essere l'erede spirituale di Suikoden 2 già nelle illustrazioni, fedele ai saldi principi di Murayama ma impreziosito dalle potenzialità della tecnologia contemporanea.
È stato probabilmente il successo della campagna Kickstarter, e l'incredibile entusiasmo che ha accompagnato la sua lavorazione negli ultimi anni, nonostante i ritardi causati dalla pandemia COVID-19, a convincere Konami a riesumare Suikoden con una compilation rimasterizzata dei primi due giochi della serie. È tragico sapere che Murayama non potrà festeggiare il ritorno dei suoi primi due capolavori sugli scaffali o il successo praticamente garantito di Hundred Heroes, per giunta a così poche settimane dall'uscita. Dopo Rieko Kodama, il meraviglioso mondo dei videogiochi giapponesi perde un'altra stella e diventa un po' più buio.