Non c'è dubbio: complice l'esaltante colonna sonora firmata da Basil Poledouris e svariate soluzioni che riprendono in maniera fedele l'immaginario del film diretto da Paul Verhoeven nel 1987, le sequenze di gameplay di RoboCop: Rogue City funzionano come una sorta di sveglia per tutti i videogiocatori della vecchia guardia.
Quelli, per intenderci, che non erano mai stati esposti a una violenza visiva anche solo paragonabile alla scena del martirio di Alex Murphy, ma che proprio sotto i proiettili della banda criminale guidata da Clarence Boddicker sono rinati insieme a lui, scoprendosi appassionati di un filone cinematografico che oggi non esiste praticamente più, nel bene o nel male.
Ordunque, se è vero che il reboot di RoboCop del 2014 dimostra che rifare certe cose rinunciando a quello specifico tono e a tutto quel sangue sia decisamente complicato, nel magico mondo dei videogame le cose funzionano diversamente; e così lo sparatutto in prima persona sviluppato da Teyon non si fa grossi problemi a inscenare crani che esplodono dopo un incontro ravvicinato con l'Auto 9 dell'agente Murphy.
Dopo l'annuncio di qualche mese fa, il gioco è stato nuovamente presentato nelle sue meccaniche e nella sua struttura, stavolta in maniera più approfondita: ecco la nostra analisi del gameplay di RoboCop: Rogue City.
Indizi strutturali
Le sequenze apparse in rete nelle scorse ore provengono da una demo che Teyon ha messo a disposizione di una ristretta cerchia di testate internazionali, ma in tutti i casi descrivono in maniera piuttosto efficace cosa sia davvero RoboCop: Rogue City. Compiuta la pur discutibile scelta di rinunciare a mostrare la corazza del protagonista e optare per un approccio in prima persona, il gioco sembra non limitarsi a metterci di fronte orde di criminali armati da affrontare.
Sebbene infatti non sia ancora chiaro con che tipo di struttura avremo a che fare e in che modo ci muoveremo all'interno della Detroit oscura e violenta che fa da sfondo alla saga originale, sta di fatto che verremo chiamati ad analizzare scene del crimine per mettere insieme gli indizi necessari a procedere in una direzione piuttosto che in un'altra nonché, in generale, a interagire con gli abitanti della città.
All'interno di dialoghi caratterizzati da opzioni multiple, il cui esito andrà a rimpolpare un indicatore della fiducia che la comunità nutre nei confronti del poliziotto robot, potremo ottenere le informazioni che ci servono per individuare un sospettato e scoprire dove si trova, così da poterlo raggiungere, interrogare ed eventualmente arrestare. Oppure, laddove dovesse opporre resistenza, ricorrere alle maniere forti.
Le sequenze di dialogo da una parte mostrano quanto sia ben realizzato il modello di RoboCop, sulla cui scintillante armatura si riflettono le luci della città: un ulteriore, duro colpo rispetto alla già citata decisione di realizzare uno sparatutto in prima anziché in terza persona; dall'altra presentano PNG dotati di animazioni essenziali, figli di un approccio molto datato.
Gameplay: scontri a fuoco e poco altro
La componente adventure di RoboCop: Rogue City è insomma ancora un'incognita e la demo non risolve i dubbi in proposito, specie quando mostra alcune semplicissime missioni secondarie (vedi l'ubriaco che Murphy solleva di peso e conduce in cella per fare un favore all'amica e collega Anne Lewis). Tuttavia, sul piano degli scontri a fuoco la situazione è sicuramente ben chiara.
L'idea di base era quella di ricreare l'interfaccia del personaggio, le informazioni che gli compaiono man mano che esplora la città e incontra eventuali sospetti o malviventi fatti e finiti, ma soprattutto l'iconico reticolo di mira che risulta dall'unione di una linea verticale e di una orizzontale. Stabilite queste premesse, il gioco riproduce i movimenti in stile tank di RoboCop per mostrarci sequenze di combattimento che sembrano uscite dal film.
Da questo punto di vista è chiaro cosa abbiano cercato di fare i ragazzi di Teyon, e non si può certo dire che il concetto non funzioni, anzi: complici alcuni accorgimenti grafici, la resa degli scontri a fuoco è decisamente cinematografica e centrare i bersagli appare una pratica appagante, mentre la corazza del personaggio continua a far rimbalzare proiettili.
Ecco, un altro concetto interessante da portare in gioco di licenza di RoboCop era senz'altro la ben nota resistenza del personaggio, virtualmente invulnerabile ai proiettili di medio calibro e in difficoltà solo di fronte a mitragliatori bellici, missili e fucili speciali: una dinamica che viene riprodotta nell'unica maniera possibile nel gioco, in una festa di scintille e munizioni che affollano i pavimenti mentre il protagonista ripulisce magazzini pieni di criminali senza mai aver bisogno di ripararsi.
Sono fondamentalmente due le variazioni sul tema che Rogue City sembra proporre: la prima è il robo-cazzotto, un pugno devastante che RoboCop sferra contro i nemici che si trovano a portata e che sfrutta l'espediente di un'animazione istantanea per offrire la rapidità sufficiente a rendere la manovra fruibile; la seconda è la presenza di avversari più pericolosi e meglio armati, di fronte a cui anche Murphy deve ripiegare.
La sensazione è che l'impianto possa funzionare ed esprimere un certo grado di solidità, ma con una grossa incognita per quanto concerne la varietà delle situazioni, che per il momento latita. Insomma, da qui a settembre servirà capire cosa fa esattamente RoboCop fra una missione e l'altra, come si muove nello scenario e in che modo gli sviluppatori abbiano lavorato alla progressione di un gameplay che allo stato attuale sembra soltanto discreto.
Percezione tecnica
Unreal Engine 5, ray tracing e alcuni lampi, ma anche qualche svarione: la grafica di RoboCop: Rogue City vista nella demo di gameplay si muove un po' fra alti e bassi, come da aspettative. La tecnologia RTX applicata alle tante pozzanghere e alle insegne luminose di Detroit funziona piuttosto bene, inclusa l'atmosfera aggiunta attraverso un'abbondante dose di foschia mista a fumi di scarico, proprio come nei film.
Come abbiamo già avuto modo di dire, la realizzazione del protagonista è davvero convincente e viene ulteriormente valorizzata dai riflessi sulla sua armatura di titanio: un colpo d'occhio a cui riteniamo sia stato folle rinunciare in favore di un approccio in prima persona, ma è la terza volta che stiamo qui a ribadire il concetto e ormai si sarà capito che avremmo preferito uno sparatutto in terza persona.
Le sequenze di dialogo, le animazioni e alcune soluzioni visive tradiscono un budget tutt'altro che infinito dietro al progetto, ma anche qui era tutto ampiamente preventivabile. La curiosità, più che altro, sarà quella di scoprire cos'altro verrà aggiunto al mix per fare in modo che la campagna, la cui durata a quanto pare sarà compresa fra le venti e le trenta ore, possa essere il più possibile varia e divertente.
In tal senso saranno fondamentali nuove tipologie di nemici, per lo più robotici come l'iconico ED209, che possano mettere in difficoltà il protagonista e mischiare un po' le carte in tavola, nel tentativo di esprimere appieno l'indubbio potenziale che un gioco su licenza di RoboCop si porta dietro.