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Soul Calibur II

Sono passati quasi quattro anni dal debutto di Soul Calibur su Dreamcast. Un gioco che colpì il mondo videoludico come un terremoto, un capolavoro assoluto, uno dei pochi titoli davvero perfetti mai realizzati. Ora l'attesissimo sequel è arrivato per tutte le console a 128bit in commercio. Welcome back to the stage of history...

ANTEPRIMA di La Redazione   —   01/04/2003
Soul Calibur 2
Soul Calibur 2
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Soul Calibur II
Soul Calibur II

Welcome back to the stage of history

Un amico esperto giocatore, due settimane di adeguata preparazione spirituale passate a giocare a Soul Calibur su Dreamcast e quasi otto ore ininterrotte attaccati al pad a provare le diverse modalità di gioco di SCII. Queste le premesse al nostro test ma, come per ogni picchiaduro di grande profondità tecnica che si rispetti, non basta una manciata di ore di prova per dare un giudizio accurato su Soul Calibur II. Otto ore sono però sufficienti per rendersi conto che Namco ha fatto davvero un ottimo lavoro: sapeva di non poter sbagliare, e non ha sbagliato. Fin dalle prime battute si intuisce subito che Soul Calibur II è Soul Calibur in tutto e per tutto, conserva intatto e inalterato lo spirito e il DNA dell’illustre predecessore, e apporta le giuste e dovute migliorie senza stravolgerne la natura e il perfetto equilibrio.

Soul Calibur II
Soul Calibur II

Welcome back to the stage of history

Tralasciamo per il momento il lato squisitamente tecnico e concentriamoci sul gameplay. La prima cosa che salta all’occhio è che la velocità di gioco è leggermente aumentata e il ritmo degli scontri è ancora più sostenuto che nel prequel. L’aumento di velocità è percettibile e i giocatori esperti non mancheranno di rendersene conto dopo un paio di scontri. Novità notevoli anche con l’introduzione di muri nelle arene, che possono essere sfruttati a proprio favore per infliggere danni maggiori all’avversario e che impediscono il ring out. Ring out che peraltro è assai più difficile da ottenere che nel prequel, in quanto è stato ridotto il numero di mosse in grado di proiettare l’avversario al di là dei muri invisibili che delimitano l’arena di gioco. Una scelta che salutiamo con favore, visto che non fa altro che bilanciare maggiormente il gameplay: nel primo SC effettivamente a volte era davvero troppo facile vincere un round per ring out.
Il sistema di controllo è rimasto pressochè inalterato: croce direzionale o stick analogico per muoversi e quattro tasti – due per gli attacchi con l’arma, uno per i calci e uno per la parata. E’ stato però incredibilmente migliorato il famoso 8-Way Run, sistema che permette di muoversi in completa libertà per l’arena dello scontro: in SC2 basta premere in una qualsiasi direzione la croce direzionale per muovere il personaggio. Un’immediatezza che incentiva ancor di più l’uso delle schivate e rende gli scontri più dinamici e, se possibile, ancor più tridimensionali. Cambia anche il sistema di caricamento delle mosse: i colpi possono essere caricati anche mentre ci si muove e sono ora disponibili tre diversi livelli di carica. Le novità e i ritocchi a livello di meccaniche di gioco non finiscono certo qui, ma per il momento non approfodiamo oltre l’argomento, che verrà meglio trattato in sede di recensione: quello che ci preme sottolineare è il nuovo Soul Calibur restituisce genuinamente il feeling del predecessore, migliorandolo nel giusto modo.
Ottimo il lavoro svolto da Namco sui personaggi e sugli extra. Le new entry sono decisamente interessanti (soprttutto Raphael, velocissimo, letale e dotato di ottime schivate), mentre alcuni dei lottatori storici della serie sono stati profondamente rivisti, come Ivy ad esempio, personaggio forte ma ostico da padroneggiare, reso assai più accessibile in SCII. Sul fronte extra SCII va ancora oltre a quanto offerto all’epoca dal prequel: ancora più modalità di gioco, gallerie di artwork, funzioni della modalità theater e un ottimo Weapon Master Mode, in cui affrontare diverse sfide, sbloccare nuove feature, stage e personaggi, salire di livello e guadagnare soldi per acquistare nuove armi da utilizzare nel gioco.

Visto che la versione da noi provata più a fondo è stata quella per il 128bit Nintendo, è doverosa una rassicurazione per gli utenti cubici: al di là dei dubbi più che fondati, la minuscola croce direzionale del pad GameCube si comporta egregiamente con Soul Calibur II. Promossa a pieni voti. La particolare disposizione dei tasti, e le loro diverse dimensioni, generano invece qualche problema, ma basta qualche ora per abituarsi. Certo il classico joystick da sala giochi, con leva corta e tasti ben posizionati rimane sempre la soluzione più indicata per i picchiaduro.

Concludiamo con qualche riga sull’aspetto tecnico del gioco, fantastico in tutte e tre le versioni. Al momento Soul Calibur II è sicuramente il picchiaduro graficamente migliore sulla piazza e uno dei giochi più impressionanti mai visti. Ottimi modelli poligonali, texture fantastiche e dettagliatissime, scenari favolosi ed effetti speciali devastanti. Il tutto a sessanta frame al secondo. Cercando il pelo nell’uovo segnaliamo sporadicissimi cali di frame rate durante alcune prese di alcuni personaggi: cali che comunque non pregiudicano assolutamente la giocabilità. Ottimo anche il comparto sonoro, con musiche epiche in pieno stile Soul Calibur ed effetti sonori di primo piano: il clangore delle spade che cozzano l’una contro l’altra non è mai stato così realistico. Fulminei i caricamenti, in tutte e tre le versioni.

Soul Calibur II
Soul Calibur II

Aspettando la recensione

Soul Calibur II sembra aver mantenuto tutte le promesse e sembra avere tutte le carte in regola per raggiungere lo status di capolavoro assoluto dell’illustre predecessore, ed ambire al trono di miglior picchiaduro tridimensionale di sempre (Virtua Fighter 4 Evolution permettendo). Presto sulle pagine di Multiplayer.it la recensione completa con il nostro verdetto definitivo sul gioco. Per il momento una cosa è certa: the soul still burns.

Soul Calibur II
Soul Calibur II

Dire che l’attesa è stata lunga e snervante è un eufemismo: dall’uscita di Soul Calibur per Dreamcast (agosto 1999) a quella di questo sequel sono passati più di tre anni e mezzo. Anni interminabili vista la caratura del gioco, che possiamo tranquillamente definire, senza paura di essere smentiti da alcunchè, come il picchiaduro a incontri più atteso di sempre. Certo l’agonia per gli utenti Pal-only ancora non è finita, visto che SCII non sarà disponibile ufficialmente in europa prima del prossimo autunno nella migliore delle ipotesi, ma tutti i giocatori che non temono l’import possono già procurarsi tramite i canali d’importazione parallela la versione nipponica del gioco. Noi, ovviamente, siamo tra questi.

Prima di procedere una doverosa premessa: Soul Calibur II, come ben saprete, è disponibile per tutte e tre le console a 128bit in commercio. Abbiamo avuto modo di mettere le mani su tutte le versioni del gioco, ma abbiamo concentrato questo nostro primo test sulla sola edizione GameCube per ovvie questioni di tempo (giocare in due con sei pad osservando tre televisori contemporaneamente non è propriamente comodo…). Le differenze tra le diverse versioni sono pressochè nulle a livello di gameplay, personaggi bonus a parte, e davvero minime sotto il profilo estetico, ma aspettatevi comunque per i prossimi giorni un approfondito articolo in cui analizzeremo a fondo e confronteremo direttamente le tre edizioni del gioco, segnalandovi tutte le differenze e cercando di stabilire quale sia effettivamente la migliore.