Dagli abissi delle demo dello Steam Next Fest è emerso un videogioco molto particolare: si tratta di Another Crab's Treasure, uno "Shellslike" tridimensionale firmato Aggro Crab - già creatori di Going Under - che nasce ancorato a una semplicissima premessa, ovvero quella di ricamare le meccaniche da soulslike attorno alle avventure di un tenero granchio privo di esoscheletro. In un coloratissimo e vivace fondale marino che ospita crostacei armati fino ai denti, bisogna farsi largo fra gusci di fortuna e armi improvvisate per navigare l'ecosistema inquinato, confrontandosi con amichevoli personaggi che sembrano usciti da Spongebob e mettendo a tacere veri e propri mostri marini.
Oltre a trattarsi di una produzione geniale, in cui la sola camminata laterale del protagonista è sufficiente per strappare un sorriso, c'è un motivo particolare per cui vale la pena puntare i riflettori su Another Crab's Treasure. Sfogliando le opzioni di accessibilità - che sono molto ricche e spaziano dall'aumento delle finestre per il "parry" all'annullamento dei danni da caduta - s'incontra una voce molto particolare: "Dai una pistola a Kril", ovvero il granchio eremita protagonista dell'avventura. Selezionandola, il crostaceo ottiene una semiautomatica a grandezza naturale che consente di eliminare con un singolo colpo qualsiasi nemico che s'incontra lungo il cammino, sia esso un boss mostruoso o un semplice e indifeso gamberetto. Una meccanica, questa, che è stata mostrata proprio da Giordana Moroni durante la diretta dedicata allo Steam Next Fest.
Ovviamente un inserto di questo genere nei confini di un soulslike è stato sufficiente per riaccendere la grande discussione attorno al tema della difficoltà tipica di queste opere. Ha senso poter estrarre un ferro e sfruttarlo per mettere a tacere gli avversari più ostici senza il benché minimo sforzo? Inserendo un AK-47 in Elden Ring - cosa che ovviamente è accaduta grazie alle mod - non si corre il rischio di arrivare al completo snaturamento dell'esperienza? La risposta è senza dubbio positiva, ma non è assolutamente quello di cui vorremmo parlare oggi. La semiautomatica indossata come guscio dal piccolo Kril ricorda infatti un'epoca dei videogiochi ormai scomparsa, una fatta di trucchi, di ricompense capaci di "rompere" del tutto il bilanciamento, di premi pensati per rendere le partite successive decisamente più rilassate e divertenti.
Tra armi fuori di testa, accessori capaci di trivializzare il livello di difficoltà e segreti che - se trovati dai giocatori più attenti - potevano trasformare qualunque sfida in una passeggiata, i videogiochi hanno messo in scena uno strambo rapporto fra trucchi, accessibilità e meccaniche divertenti, a tratti anche folli e stupide, ricamate attorno a due grandi idee: regalare ore di spensieratezza a qualsiasi genere di appassionato e premiare chiunque avesse sviscerato le produzioni fino in fondo.
La conquista della ricompensa folle
Probabilmente si tratta di un problema personale, ma dal canto mio ho sempre fatto fatica a godermi un videogioco quando la "God Mode" viene regalata fin dal principio, o magari piove dal cielo attraverso un trucco. Certo, la meccanica della pistola di Another Crab's Treasure è una soluzione simpatica, uno scherzetto pensato per 'vendicarsi' dei nemici più fastidiosi. Di contro, quella di affrontare un'opera come Grand Theft Auto: San Andreas con tutte le armi disponibili sin dal primo istante era una scelta che ai miei occhi svuotava il mondo virtuale di tutto il suo fascino, un po' come andare a pesca armati di granate. Il brivido di perdere in un attimo tutto ciò che si era accumulato, l'importanza di ogni singolo ferro del mestiere raccolto e la difficoltà nell'affrontare le sfide con un arsenale limitato, contribuivano a regalare respiro a quell'immenso mondo aperto. C'era un momento e un luogo per ogni cosa: prima si concludeva diligentemente la campagna, poi ci si dava alla pazza gioia.
Questa è la filosofia che ha guidato la mano di tantissimi creativi nel corso degli anni, a partire da uno dei più amati, ovvero Hideo Kojima. Nell'originale Metal Gear Solid per PlayStation, una volta completata l'avventura con il finale che premiava Meryl, era possibile mettere le mani sulla storica Bandana, uno strumento che garantiva riserve illimitate a tutte le munizioni di Snake. A Kojima è sempre piaciuto celare nelle sue opere tonnellate di easter egg ma soprattutto di quelli che allora erano definiti gli "sbloccabili": intere modalità, vestiti esclusivi ed equipaggiamenti speciali riservati a chiunque avesse concluso la missione soddisfacendo determinate condizioni. Nel secondo capitolo della saga scelse di legarne la maggior parte alla raccolta delle targhette dei soldati abbattuti: al raggiungimento di determinate soglie, si ottenevano oggetti volti a rendere infinite le risorse di Snake e Raiden fino addirittura a implementare la mimetica ottica resa celebre dal cyber ninja Gray Fox. Tale filosofia ha toccato il suo apice in Metal Gear Solid 3: Snake Eater, che di ricompense di questo genere ne accoglie a dozzine, dall'iconica mitraglietta Patriot di The Boss - disponibile al primo completamento dell'avventura - fino alla devastante EZ Gun che - oltre ad essere l'icona della modalità facile - richiedeva di catturare tutti e 48 gli animali nascosti nei vari scenari.
Anche Resident Evil di Capcom - e più in generale l'intera produzione della casa - ha puntato molto su quel genere di contenuto, esplorando in profondità il potenziale dei premi riservati ai giocatori più accaniti. Fra le più celebri opere a sbloccare l'accesso a intere modalità aggiuntive al verificarsi di determinate condizioni, Resident Evil non ha mai avuto paura di mettere nelle mani dei giocatori opzioni potentissime come il lanciarazzi dotato di colpi illimitati, arma che nel secondo episodio si poteva ottenere completando la campagna in meno di un'ora e mezza con un ranking di A o B. Uno strumento che, in seguito, si sarebbe rivelato il miglior alleato possibile per i cacciatori di trofei, dal momento che sarebbe stato in grado di avvicinare allo zero il tasso di sfida delle modalità più impegnative. Lo studio non ha mai cessato di strizzare l'occhio anche al fattore comico, basti pensare all'armatura da cavaliere per Ashley in Resident Evil 4, oppure ancora al Chicago Sweeper, la Tommy Gun anni '30 destinata a Leon che funzionava alla perfezione in tandem con la Mafia Outfit.
Nel corso degli anni abbiamo incontrato tonnellate di idee simili, dalla manona di gomma che premiava chi fosse riuscito a finire la modalità hardcore di Dead Space 2 fino alle armature speciali di Kratos nei confini della saga di God of War. Alcune serie come Devil May Cry ne hanno fatto un vero e proprio marchio di fabbrica, arrivando a cucire l'interezza del sistema di progressione attorno all'essenza stessa degli "sbloccabili", fra i quali spicca senza dubbio la possibilità di indossare i panni di Vergil nella Special Edition del terzo episodio. Hai completato il gioco? Bene, eccoti un premio, un'arma o un personaggio con cui annichilire il mondo che abbiamo creato. Another Crab's Treeasure ha scelto di integrare qualcosa di simile fin dall'istante del primo avvio: è evidente che non si tratta di un'opzione di accessibilità vera e propria bensì di un umoristico schiaffo alla frustrazione, colpevole tuttavia di aver sacrificato l'elemento della conquista.
Fra le altre cose, è l'occasione perfetta per riflettere sul modo in cui la struttura dei videogiochi è mutata al modificarsi dei modelli di business, specialmente in seguito all'avvento dei DLC e dei sistemi di trofei. Ripensando agli onnipresenti sbloccabili del passato, questi non si limitavano ad alzare il sipario su modalità aggiuntive, ma lo facevano anche su costumi alternativi, cosmetici a dir poco folli, armi potentissime e tonnellate di altri elementi. Dalle corazze Spartan di Halo fino ai personaggi segreti dei picchiaduro, dalle missioni nascoste in qualsiasi genere di produzione - menzione speciale per il livello delle mucche di Diablo II - fino alle dozzine di equipaggiamenti extra, i videogiochi erano soliti premiare gli sforzi degli appassionati attraverso piccole e grandi ricompense volte a celebrare la conclusione del viaggio o il raggiungimento di determinati obiettivi.
Da allora le cose sono profondamente cambiate: ogni combattente venduto separatamente in un picchiaduro di oggi un tempo sarebbe stato uno sbloccabile, così come tutte le skin che ormai inondano i negozi online degli sparatutto contemporanei sarebbero state un ulteriore traguardo da agguantare. Dove un tempo si sbloccava una modalità alternativa o un equipaggiamento extra adesso si ottiene un riconoscimento virtuale, un trofeo da aggiungere alla propria collezione intangibile, mentre personaggi, vetture, scenari e missioni, nella maggior parte dei casi, sono entrati a far parte dell'immenso scatolone dei contenuti aggiuntivi.
Tra difficoltà, trucchi, accessibilità e sbloccabili
Quella attorno ai selettori della difficoltà dei soulslike è una discussione che probabilmente non si placherà mai, perché i punti di vista delle parti in causa sono inconciliabili: se i detrattori, ancora inconsapevoli di come questi videogiochi effettivamente funzionino, sono convinti che un selettore rappresenti un aggiunta banale e dovuta, chi conosce a fondo la filosofia di Hidetaka Miyazaki e di FromSoftware è ben consapevole che l'inserimento di una modalità facile annullerebbe completamente il senso delle produzioni, abbattendo il principale pilastro di game design che giustifica l'esistenza stessa di opere come Sekiro: Shadows Die Twice. Quella di Another Crab's Treasure è una scelta atipica e simpatica, un richiamo a meccaniche che per lo più appartengono al passato pensato per consentire di abbattere le frustrazioni insite nelle sfide complesse.
Gli sviluppatori hanno voluto precisare che non si tratta della modalità in cui il gioco è stato pensato, che rappresenta un semplice extra, esattamente come già accaduto sulle sponde di Celeste della casa di sviluppo allora nota come Matt Makes Games, nella quale fu inserita una modalità assistita che accoglieva i giocatori con queste parole: "La modalità assistita consente di modificare le regole del gioco per adeguarsi ai vostri bisogni specifici, rallentando la velocità, garantendo invincibilità o stamina infinita nonché la possibilità di saltare interi capitoli. Celeste è pensato per offrire un'esperienza sfidante e premiante. Se il gioco base dovesse dimostrarsi inaccessibile, la nostra speranza è che possiate ritrovarla attraverso questa modalità".
Forse persino FromSoftware potrebbe trarre un insegnamento da questa storia, rendendo al tempo stesso onore a quella che è stata una grande tradizione del passato: potrebbe, per esempio, sbloccare per chiunque riesca a completare Elden Ring una modalità "Armored Core", nella quale affrontare i semidei dell'Interregno a bordo di un inarrestabile mech armato fino ai denti. Prima, però, sarebbe meglio acclimatare i giocatori all'esperienza, fargliela vivere come pensata dagli autori, perché le modalità creative hanno spesso il brutto vizio di far precipitare l'interesse nel giro di pochissime ore: nella maggior parte dei casi era proprio in seguito alla fine del viaggio che piogge di armi, lanciarazzi illimitati e armature inscalfibili riuscivano a trovare uno spazio nell'architettura dei videogiochi.