Spesso si dice che attorno a Nintendo è fiorito un mercato che si muove in una direzione completamente diversa rispetto al resto dell'industria, ed è indubbiamente vero che la casa giapponese sia riuscita a slegarsi dalla maggior parte delle catene che stringono i produttori contemporanei. Mentre su altri lidi sono i grandi colossal a dettare la cadenza delle generazioni, Switch si è dimostrata un rifugio sicuro per ispirazioni d'ogni genere, accogliendo sì videogiochi giganteschi come The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, ma anche derive più contenute come Super Mario Wonder, gioielli per pochi come il Pikmin tanto caro a Shigeru Miyamoto, e soprattutto produzioni che altrove non sarebbero assolutamente recepite con il medesimo entusiasmo, tanto in termini di vendite quanto sul piano del puro e semplice gradimento.
È proprio il caso della serie Mario Party, un'isola felice che durante i suoi oltre venticinque anni di onorata carriera non ha mai cessato di sfornare nuovi capitoli, arrivando attraverso le pubblicazioni delle varianti Super e Superstars a toccare quota 32 milioni di copie vendute solamente sul fronte di Switch. Insomma gli anni passano, i controller cambiano, ma il party game più caldo del Regno dei Funghi continua silenziosamente a coltivare la propria enorme nicchia, aumentando a ogni episodio la mole di contenuti presenti sul tabellone virtuale e confermando la sua natura di hit occulta.
A questo proposito, abbiamo provato Super Mario Party Jamboree, la terza e probabilmente anche l'ultima incarnazione della saga a debuttare sulla macchina ibrida di Nintendo.
Jamboree!
Il significato letterale della parola Jamboree è quello di "celebrazione pantagruelica", il che sottintende la volontà di Nintendo di chiudere in bellezza il trittico moderno di Mario Party attraverso un grande banchetto dedicato agli amanti della serie: con oltre 110 minigiochi in totale, sette tabelloni fra cui alcuni - come il Castello Arcobaleno di Mario e Western Land - recuperati dai classici del passato, nonché una pletora di modalità inedite, si configura ancora una volta come il capitolo più ricco dell'intera serie, qualità che è ciclicamente passata di mano in mano fra tutti gli ultimi arrivati alla festa.
Ovviamente il cast dei protagonisti non è stato lasciato intoccato: anche se ormai le file della selezione possono vantare l'interezza del Regno dei Funghi, avendo affiancato a Mario, Wario, Yoshi e compagnia cantante varianti di nicchia come Tantatalpa, Birdo e il Tipo Timido, c'è stato spazio per un paio di innesti inediti, per la precisione la storica Pauline e la piccola stella Ninji. Cambia la forma ma non la sostanza perché l'essenza del titolo, salvo qualche leggera spruzzata d'originalità, è rimasta la stessa di sempre: quella di un party game capace di rovinare anche le amicizie più consolidate.
Le novità principali risiedono, invece, nelle nuove modalità, la maggior parte delle quali dedicate alle interazioni online. Il Bowserathlon, per esempio, è una variante per 20 giocatori in stile - passateci il termine - battle royale, durante la quale affrontare sequele di minigiochi speciali sfrecciando lungo un tabellone condiviso da tutti i partecipanti; ancora diversa è la Bowser Kaboom Squad, che a giudicare dalle prime immagini condivise da Nintendo si presenta come una sorta di combattimento contro un impostore che veste i panni del celebre boss, una battaglia nella quale fare affidamento su un pizzico di cooperazione.
Ovviamente, il fondale dell'esperienza è rimasto il medesimo di sempre, pertanto bisogna aspettarsi la presenza di tutti i classici intramontabili, dalla piazza dei minigiochi - qui in versione spiaggia e giusto arricchita da sfide giornaliere e settimanali più elaborate - fino alla più tradizionale variante Mario Party che dona il nome stesso all'opera. Ed è proprio in quell'arena che si è tenuto il grosso della nostra prova, perché il segreto del successo della formula continua a risiedere nelle classiche battaglie "da divano", scontri all'ultimo sangue che non conoscono regole né dentro né soprattutto fuori dal tabellone.
Joy-Con alla mano
Molto dell'appeal di una partita di Mario Party dipende dal tabellone in uso: il grado di difficoltà dell'arena - indicato da un numero di stelline da una a cinque - determina infatti la quantità e l'impatto delle stranezze che possono verificarsi in mezzo alle caselle, fra stelle che cambiano improvvisamente di posizione e minacce ambientali che rischiano di azzerare da un momento all'altro il conto in banca di ciascun giocatore; la nostra partita, dal canto suo, si è tenuta nella Foresta del Torcibruco, la classica mappa introduttiva caratterizzata dalla presenza di giusto un paio d'inconvenienti minori legati, per l'appunto, al gigantesco Torcibruco che zampetta nel centro dello scenario.
L'esperienza generale si posiziona su uno standard molto "arcade", vicino allo stile che fu di Superstars: con le differenze fra i personaggi appianate, tocca utilizzare gli oggetti - stavolta dotati della capacità di modificare non solo i lanci, ma l'intero tabellone - per poi lanciare i dadi e godersi il classico ritmo di gioco di Mario Party. La novità più importante risiede probabilmente nei compagni: da un certo momento della partita in avanti, un personaggio non giocante farà il suo ingresso sul palcoscenico, e il primo giocatore a intercettarlo potrà fondamentalmente raddoppiare ogni singolo guadagno finché non sarà "superato" da un rivale sul tabellone, quasi a ricordare una variante maggiormente bilanciata degli alleati.
Sul fronte dei minigiochi, Nintendo Cube ha optato per una miscela di vecchie glorie e nuove versioni, spingendo nettamente l'acceleratore sulle seconde: gli oltre 110 minigiochi possono sì vantare delle varianti già conosciute, ma in numero decisamente minore rispetto allo scorso capitolo. La nota che li contraddistingue è quella tematica: ci sono sfide ispirate al cibo e alla cucina, gare di velocità, piccoli enigmi mentali, ma soprattutto tante, tantissime competizioni legate alla lettura mentale dell'avversario e alla capacità di prevedere le sue mosse per poi agire di conseguenza.
Fra piogge di tramezzini giganti che tentano di schiacciare i partecipanti, ponti sospesi sui quali un giocatore a bordo di un Pallottolo Bill deve fare strike dei malcapitati compagni, percorsi improvvisati da costruire in tempo reale per attraversare pozze di magma e le immancabili gare in groppa alle varianti colorate di Yoshi, una semplice partita da dieci turni è in grado di far scorrere un paio d'ore come fossero pochi minuti, trasformando anche il più pacato degli appassionati in una spietata macchina da competizione pronta ad affondare gli avversari con ogni mezzo necessario.
Alla fine è Mario Party
Sorpresa sorpresa, Super Mario Party Jamboree è semplicemente un nuovo Mario Party, ancora più grande e ricco di contenuti rispetto agli episodi precedenti. Con due tabelloni in più, due personaggi extra e una selezione di oltre 110 minigiochi meno ancorati al passato della gloriosa epoca a 64 bit, si tratta dunque di un'edizione più corposa e leggermente più originale della precedente che fa sfoggio delle sue principali novità nella forma delle modalità inedite, lasciando giustamente invariata l'anima del progetto.
Il Bowserathlon, con la sua struttura in cui sono i risultati nei minigiochi individuali a influenzare la posizione sul tabellone, ha le carte in regola per riempire il piccolo vuoto a tema battaglia reale che era rimasto inesplorato sul fronte della serie, offrendo un'esperienza per certi versi simile a quella codificata da Tetris 99 e Super Mario Bros 35. Resta ancora da mettere alla prova, invece, la Bowser Kaboom Squad - il cui nome italiano resta ancora un mistero - che promette una variante puramente cooperativa dei minigiochi in cui abbattere la versione Kaiju del celebre re dei Koopa.
L'unica riserva? Forse l'esperienza di gioco ci è sembrata un po' troppo "bilanciata", forte di tantissimi minigiochi destinati a finire troppo spesso in situazioni di parità e una struttura del tabellone - per lo meno di quello introduttivo - volenterosa di premiare sempre e comunque l'equilibrio, lasciando solamente nelle mani delle stelle bonus finali il compito di sparigliare le carte in tavola. L'obiettivo di Nintendo Cube è comprensibile, ma perseguendolo in questa maniera si corre il rischio di appianare quella competitività che, in fondo, costituisce la spina dorsale della grande festa nel Regno dei Funghi.
Il Jamboree di Nintendo, inteso come grande banchetto, sarà anche un termometro piuttosto importante per valutare l'efficacia contemporanea di Switch: non è affatto semplice raccogliere l'eredità di due capitoli che, complessivamente, hanno piazzato oltre trenta milioni di copie in questa generazione benedetta, pertanto i risultati saranno molto utili per comprendere quanto sia effettivamente sentita l'esigenza di un passaggio di testimone sul fronte della console. Nel frattempo, il sipario sta per alzarsi su un dodicesimo capitolo di Mario Party - il sedicesimo in totale - che si presenta, per l'ennesima volta, come il più grande mai realizzato.
Super Mario Party Jamboree è semplicemente il nuovo capitolo della serie Mario Party, niente di più e niente di meno. Certo, alza il sipario su oltre 110 minigiochi, 7 tabelloni e 2 personaggi in più rispetto al suo diretto predecessore, il tutto prima di puntare i riflettori su un paio di modalità realizzate con il fine di rinfrescare l'offerta generale, ma al cuore è rimasto il medesimo party game che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli ultimi venticinque anni. E questo non è assolutamente un male, perché il mercato dei videogiochi muta e si trasforma costantemente, ma alcune cose non cambiano mai: Jamboree è l'ennesimo ritorno alle serate trascorse sul divano fra risate, gomitate e, soprattutto, amicizie rovinate a causa dello spietato furto di una stella.
CERTEZZE
- Più minigiochi e tabelloni rispetto agli scorsi capitoli
- Due nuove modalità totalmente inedite
- Un mix molto equilibrato di contenuti vecchi e nuovi
DUBBI
- Tantissimi minigiochi finiscono in parità
- Ovviamente rimane sempre il solito Mario Party