Eravamo veramente pronti? Volevamo davvero rivivere quel drammatico, scioccante, traumatizzante momento? Da videogiocatori, da appassionati della saga di Sony, non potevamo non giungere preparati, mentalmente pronti, emotivamente predisposti a questa nuova puntata della seconda stagione di The Last of Us, vero e proprio spartiacque per l'intreccio narrativo, nonché ennesimo test per valutare e quantificare la resistenza psicologica di chi sapeva benissimo a cosa sarebbe andato incontro. Neil Druckmann, del resto, ce lo aveva detto chiaramente nei mesi precedenti: ci saranno variazioni rispetto al videogioco, ma nessuna rivoluzione, nessun cambiamento radicale, nessuno sconto, insomma, sui drammi e le tragedie che avremmo dovuto riassaporare con la serie tv.
A conti fatti, così è stato due anni fa, proprio a partire dalla tragica morte di Sarah, a cui abbiamo dedicato all'epoca un articolo simile a questo. Così è stato durante la visione di questa seconda puntata con un evento che, lo ribadiamo per l'ultima volta, affronteremo e analizzeremo senza lesinare sugli spoiler.
Sì, perché anche questa seconda puntata che sancisce la dolorosa uscita di scena di uno dei personaggi chiave della serie, ha presentato tanti punti di contatto con il videogioco, ma anche numerose piccole differenze che meritano di essere commentate nel tentativo di tracciare i contorni della visione narrativa che Druckmann, in collaborazione con Craig Mazin, l'altro showrunner, stanno lentamente costruendo tassello dopo tassello.
Un omicidio spiegato
Vale la pena concentrarsi immediatamente su due differenze della serie tv rispetto al videogioco. Una è macroscopica, l'altra di minore importanza, ma entrambe influenzano il sentiero narrativo degli eventi di questa puntata e impattano sull'intera progressione della stagione.
Partiamo subito dalla principale. In The Last of Us Parte II (il videogioco), la prima volta che si vestono i panni di Abby, proprio a due passi dalla baita dove si consumerà la tragedia, non sappiamo assolutamente nulla di lei. Non l'abbiamo mai vista prima, non conosciamo alcun membro del suo gruppo, siamo totalmente all'oscuro delle motivazioni che l'hanno spinta a poca distanza da Jackson, l'avamposto in cui vivono ormai da anni Joel ed Ellie.
Dopo una breve ed enigmatica chiacchierata con Owen, ne prendiamo il controllo esplorando i dintorni, scoprendo come le montagne innevate nascondano in realtà decine e decine di infetti. I pochi dialoghi che si consumano in questa fase ci fanno intuire che il loro gruppo è alla ricerca di Jackson, che sono sulle tracce di qualcuno o qualcosa, ma non viene specificato in nessun modo il motivo specifico della loro missione.
Completamente diverso l'approccio di Druckmann e Mazin nella serie tv che, al contrario, già nella prima puntata della seconda stagione ci presentano Abby e il suo gruppo. Sebbene non venga immediatamente chiarito che la ragazza cerchi vendetta per il padre chirurgo ucciso a sangue freddo, è lo stesso Owen a specificare il comune intento: trovare Joel e ucciderlo. Solo all'inizio della seconda puntata, pur con un piccolo sforzo deduttivo richiesto allo spettatore, tramite l'incubo di Abby viene esplicitato il legame di parentela tra lei e il medico.
Da questo punto di vista, le differenze sostanziali tra le due interpretazioni della storia aumentano a dismisura durante la fatidica scena in cui Abby assassina il padre surrogato di Ellie. Laddove nel gioco non vengono spese chissà quante parole prima dell'esecuzione, e buona parte delle percosse subite da Joel avvengono fuori campo, nella serie tv il tutto viene mostrato e accompagnato da un dialogo piuttosto esplicito.
Nel monologo di Abby, perché si tratta di questo di fatto, la giovane racconta all'uomo già ferito alla gamba le precise ed esatte motivazioni che l'hanno spinta a cercare vendetta. Ciò influenza e modifica non poco la progressione della narrazione e, soprattutto, il livello di coinvolgimento dello spettatore.
Laddove nel videogioco la questione restava in sospeso per molte ore e l'utente aveva tutto il tempo e il modo di farsi decine di domande su Abby e sul motivo, apparentemente insensato, di quel gesto efferatissimo, allo spettatore della serie tv viene fornita immediatamente ogni risposta, gli viene consegnata, in sostanza, la chiave di lettura attraverso cui giudicare le azioni del membro delle WLF.
Innanzitutto, indubbiamente, Druckmann e Mazin hanno optato per una semplificazione dell'intreccio narrativo. Invece di tendere il filo della tensione, di lasciare domande aperte e di infondere curiosità nello spettatore, la scena dell'omicidio di Joel fornisce tutti gli elementi per deliberare, smascherare e materializzare nuovamente tutta la crudeltà di Joel durante il suo salvataggio di Ellie nell'ospedale. Ciò porta quasi immediatamente a empatizzare, almeno in parte, con Abby, o quantomeno a rendere più comprensibile il suo atto violento. In sostanza, la sceneggiatura metabolizza per il fruitore il senso, consegnandogli un significato già preconfezionato, pronto per essere consumato, scomposto nelle sue parti costituenti.
Volendo tracciare un paragone, sicuramente un po' audace, Druckmann si rifà ancora una volta al Teatro Epico di Bertold Brecht, di cui vi avevamo già parlato analizzando la prima puntata della prima stagione. Esattamente come nell'epilogo del primo The Last of Us, esattamente come accade nel Teatro Epico di Bertold Brecht, gli sceneggiatori hanno preferito spostare il focus dall'azione vera e propria, e dal conseguente susseguirsi di domande e ipotesi che si attivano con l'omicidio di Joel, alla complessità psicologica dei personaggi coinvolti, Abby ed Ellie in primis.
Laddove il videogioco è interamente centrato sul dramma della morte di Joel e sullo shock emotivo innescato in chi stringe il pad tra le mani, nella serie tv, tramite la chiarificazione del movente di Abby, l'assassinio diventa didascalico e alienante nei confronti dello spettatore, spingendolo a ragionare sin da subito sulle motivazioni dei personaggi e non a reagire emotivamente sul dramma in sé e per sé. Certo, il valore del discorso è comunque relativo, ne siamo consapevoli, dal momento che l'eliminazione di un personaggio tanto caro ai fan è in ogni caso toccante, soprattutto per la violenza e la freddezza con cui viene eseguita.
C'è tuttavia un'altra motivazione che ha spinto Druckmann e Mazin a optare per questa scelta e riguarda la differenza di strumenti, linguaggi e strategie che distinguono e separano un videogioco da una serie tv.
Sebbene entrambi i media debbano mantenere alto l'interesse del proprio pubblico, e in questo senso una domanda senza risposta è una strategia sempre vincente, nella produzione HBO si è voluto puntare sulla potenza del conflitto che si instaura tra Abby e Ellie, rendendo complesso sin da subito lo schierarsi completamente e unicamente a favore della figlia surrogata di Joel. Entrambe, di fatto, sono state private di un padre, entrambe hanno subito un forte trauma dall'evento, entrambe hanno sacrificato e sacrificheranno qualcosa pur di ottenere la propria vendetta.
Se il videogioco ha dalla sua molte ore di gameplay, nei panni di entrambe le ragazze, per esplicitare e sviluppare lentamente questa somiglianza tra le protagoniste, la serie tv preferisce metterle a confronto già da ora. Anche in questo caso si scorge una semplificazione delle struttura narrativa rispetto al videogioco, ma è un compromesso assolutamente necessario, come avrete modo di scoprire nelle prossime puntate, anche per controbilanciare l'uso che questa stagione farà di Abby (e non ci spingiamo oltre per non rovinare la sorpresa a nessuno).
Orde di infetti e altre piccole differenze
C'è un'altra differenza tra videogioco e serie tv, seppur di minor entità in termini di significato. Parliamo ovviamente dell'orda di infetti che attacca Jackson, evento di cui non c'è traccia in The Last of Us Parte II.
La sequenza, davvero coinvolgente in termini di messa in scena, ripaga le scarse apparizioni di Runner e Clicker della prima stagione, riuscendo nel duplice compito di imprimere ritmo alla puntata e di mostrare l'effettivo pericolo rappresentato dal Cordyceps, una minaccia capace persino di mettere in discussione la sopravvivenza di un avamposto fortificato e organizzato come Jackson.
In questa fase The Last of Us si avvicina alla tradizione di altre produzioni simili, The Walking Dead in primis, una caratteristica che potrebbe aver infastidito gli appassionati più intransigenti che ben sanno che il cuore della serie risieda altrove. Eppure, se ha senso sottolineare nuovamente l'efficacia registica dell'assedio, questa parte è anche utile per mettere in luce la leadership e il coraggio di Tommy.
A differenza del videogioco, infatti, il fratello di Joel non è con lui quando trae in salvo Abby. Al suo posto, nel cottage dell'omicidio c'è Dina, a cui si lega un'altra differenza rispetto alla fonte d'ispirazione della serie tv. Ellie e Dina, spinte dalla bufera, si rifugiano in quello che è stato il nascondiglio di Eugene, che nella prima puntata abbiamo scoperto essere il marito della psicologa Gail. Nel videogioco le due ragazze hanno qui il loro primo rapporto sessuale, e al termine Ellie racconta di essere stata morsa e di essere immune. Dina non le crede sulle prime e la conversazione viene bruscamente interrotta dall'arrivo di Jesse. Diversa la situazione nella serie tv, dove l'amore delle due non sboccia in alcun atto fisico, né viene minimamente fatto alcun accenno all'immunità di Ellie. Inserire nella puntata anche queste novità avrebbe inutilmente appesantito il flusso narrativo e avrebbe diluito l'attenzione dello spettatore che invece deve conservarsi per la conclusione della puntata, interamente occupata dall'omicidio di Joel.
Ci sono ovviamente altre piccole differenze tra videogioco e serie tv sparse qui e lì, su tutte la modalità con cui viene dato il colpo di grazia a Joel, ma a grandi linee, come promesso da Druckmann, pur con sentieri leggermente diversi, la trama sta puntando sempre nella stessa, drammatica e struggente, direzione.
La semplificazione narrativa dovuta alla chiarificazione del movente di Abby (abbiamo già affrontato il tema degli spiegoni di questa stagione in uno speciale dedicato) rappresenta certamente una modifica non da poco nella progressione rispetto al videogioco. Tuttavia le motivazioni di Druckmann e Mazin sono valide e perfettamente connaturare alle specificità del medium seriale in cui l'opera originale si sta adattando. Di eventuali altri cambiamenti ne parleremo in occasione delle prossime puntate. Intanto però, possiamo fieramente affermare di essere sopravvissuti alla straziante morte di Joel anche questa volta.