Da più di dieci anni in Naugty Dog, Matthew Gallant si è occupato del combattimento di Uncharted 4, di quello degli infetti in The Last of Us per il quale ha contribuito anche allo sviluppo della IA. E dopo aver curato la versione remastered della prima avventura di Ellie e Joel, si è ritrovato a fare lo stesso con The Last of Us Parte 2 Remastered per PlayStation 5.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo proprio mentre ultimavamo la recensione del gioco, ecco cosa ci ha detto!
Sempre più accessibile
Per prima cosa, grazie a nome di tutti coloro che hanno beneficiato delle incredibili opzioni legate all'accessibilità presenti in The Last of Us Parte 2, dove sappiamo che hai avuto un ruolo fondamentale...
Matthew Gallant: Grazie davvero, non so se sto anticipando qualche domanda, ma in questa nuova versione ne abbiamo anche di nuove, oltre a rendere quelle già presenti nel gioco originale completamente compatibili con la modalità Senza Ritorno. Abbiamo invitato a giocare Senza Ritorno il nostro fantastico team di consulenti e ci hanno dato un bel po' di feedback. Ora abbiamo la descrizione audio di tutte le cinematiche e il supporto alla funzione "speech to vibration" che trasforma le voci in sensazioni tattili attraverso il Dual Sense. In Senza Ritorno si possono oltretutto inserire aiuti per la navigazione all'interno delle arene.
Che emozioni hai provato quando hai scoperto di dover mettere di nuovo mano su un gioco tanto apprezzato come questo?
Matthew Gallant: Mi sono buttato nel progetto già pronto visto che lo stesso ruolo l'ho avuto nella realizzazione del remake del primo capitolo della serie, e avendo già lavorato ad entrambi i The Last of Us originali. Personalmente, ma penso di poter parlare anche a nome di tutto il team, l'idea era di realizzare la migliore versione possibile di un gioco che tutti noi amiamo, che è poi esattamente quello che è successo con la prima remastered. Il primo The Last of Us arrivò alla fine del ciclo vitale di PlayStation 3, e venne naturale riproporlo al meglio anche su PlayStation 4, dove era possibile sfruttare la maggior potenza a disposizione. Lo stesso è accaduto con The Last of Us Parte 2, uscito alla fine del ciclo vitale di PlayStation 4, e che ora può beneficiare di novità come l'SSD, di una rinnovata modalità fedeltà e di performance migliori a 4K. E poi c'è il DualSense, non so quanto a te piaccia, ma da sviluppatore è fantastico poter aggiungere questo ulteriore strato di immersività. C'è la grafica, l'audio, e ora abbiamo il feedback aptico per accentuare momenti come il cadere della pioggia, la sensazione di accarezzare un animale.
Senza Ritorno né rimorso
Come nasce la modalità Senza Ritorno? Esisteva già, magari come prototipo, o è stata creata per la remastered da zero?
Matthew Gallant: L'ispirazione nasce dall'incredibilità creatività dimostrata negli ultimi cinque anni dal genere dei roguelike. Ne sono spuntati di tutti i tipi: giochi di carte roguelike, platform, a un certo punto io ho iniziato a giocare addirittura a un gioco di hockey con impostazione roguelike. Gli sviluppatori stanno scatenando tutta la loro creatività e anche noi volevamo provarci. E devo dire che abbiamo trovato una certa compatibilità nel sistema di combattimento del gioco con i sistemi roguelike.
Il bello di questi giochi e della modalità Senza Ritorno è che sai che la posta in gioco è sempre alta. Nella modalità storia se stai combattendo e hai la salute bassa senti la pressione, ma sai anche che il checkpoint è a pochi secondi di distanza. Morire è brutto, ma non è una cosa drammatica. Mentre in Senza Ritorno, se ti trovi nella stessa situazione, sai bene che stai mettendo a rischio l'intera partita. Ti sudano le mani, ti batte il cuore. I roguelike ti puniscono, ma poi ti offrono continuamente anche nuove sfide: fammici riprovare, fammi vedere se riesco a imparare dai miei errori.
Valorizzare il combat system
A tal proposito, tutti parlano solitamente di The Last Of Us Parte 2 per la sua trama e i suoi personaggi, dimenticando o sminuendo il suo ottimo gameplay. Quello che abbiamo trovato interessante di Senza Rimorso è che finalmente possiamo GIOCARE a The Last Of Us Parte 2 mettendo per una volta da parte il "fardello" della sua storia.
Matthew Gallant: Sei molto gentile a dire questo e sono totalmente d'accordo. La serie è conosciuta, giustamente, per la sua narrativa e il modo nel quale la racconta, per le emozioni che sa comunicare, ma come dici sono d'accordo che molti tendono a sottostimare, o dimenticare, che in The Last of Us Parte 2 c'è un grandissimo sistema di combattimento sotto al cofano. Anzi c'è un intero set di ottime meccaniche legate al combattimento: il corpo a corpo, lo shooting, il crafting, lo stealth.
Nella storia usiamo tutto questo in modi e tempi prestabiliti. E allora pensi: tutto questo potrebbe funzionare anche in cento contesti diversi semplicemente inserendo un personaggio in una ambientazione a caso del gioco. Una volta ci metti nemici umani e sei costretto a riflettere su coperture e linee di tiro; un'altra gli infetti che invece ti spingono a cercare continuamente vie di fuga e tattiche per raggrupparli in una parte della mappa per usare dell'esplosivo. Sistemi così robusti che hanno saputo adattarsi alla perfezione tutte le nuove sfide proposte dalla modalità Senza Ritorno.
Come avete scelto quali personaggi rendere giocabili?
Matthew Gallant: Prima di tutto ci siamo chiesti quali personaggi avrebbero avuto un minimo di possibilità di sopravvivere agli eventi di Senza Ritorno. Abbiamo poi cercato di creare una selezione che includesse entrambe le parti della storia, optando poi per quelli che naturalmente si sono rivelati i più amati dagli utenti. Non puoi non avere Joel e Tommy, persone così. Dal punto di vista delle meccaniche roguelike, ci servivano comunque personaggi in grado di rappresentare diverse tipologie di combattenti, quindi personaggi con punti di forza e punti deboli ben caratterizzati o per esempio una certa tendenza verso tattiche più stealth, di combattimento corpo a corpo o con armi da fuoco. Un altro motivo per il quale abbiamo scelto un personaggio invece che un altro è spingere i giocatori a provare tattiche che magari non pensavano potessero funzionare mentre erano alle prese con la modalità storia. Selezionarne alcuni è stato anche semplice: Tommy usa il fucile da cecchino nel gioco, Lev usa l'arco ed è minuta e silenziosa. È stato più difficile trovare una posizione per Dina, alla quale abbiamo dato una skill legata al crafting che è poi un'abilità che emerge anche in alcuni momenti della storia. Ricordi? Riparò la radio. [...]Abbiamo cercato di far emergere caratteristiche che fossero divertenti da giocare, varie e con un punto di contatto con il personaggio che i giocatori conoscono.
Dietro le quinte
Visto che The Last of Us Parte 2 Remastered è stato sviluppato anche mentre era in produzione la serie TV, vi siete fatti influenzare da essa?
Matthew Gallant: Noi siamo tutti grandissimi fa della serie HBO e siamo strafelici per i premi vinti e che probabilmente vinceranno. Penso però che gioco e serie TV siano due entità completamente separate.
Ultimamente i videogiocatori vivono male operazioni come questa remastered, come se sviluppare un prodotto simile rubi tempo alle produzioni di nuovi giochi. Visto che in The Last of Us Parte 2 Remastered c'è una bella modalità "Dietro le quinte", puoi rivelarci che peso questa remastered ha avuto all'interno di Naughty Dog?
Matthew Gallant: Siamo uno studio molto grande, e solitamente lavoriamo su diversi progetti contemporaneamente e con diversi team. Ma a proposito dei Dietro le Quinte, spero tu abbia avuto modo di vedere i Livelli Perduti inclusi nella remastered. Nel cast di questi documentari c'è anche Neil (Druckman) e Halley (Gross) che parlano del processo di sviluppo di queste sequenze. Che poi sono livelli che abbiamo tagliato e che ora è possibile giocare così come erano durante lo sviluppo, solo leggermente ripuliti per renderli utilizzabili. Sono elementi che abbiamo voluto inserire e che danno ai giocatori una buona idea di come cresce un videogioco.
Sicuramente non fa male, quando nel mondo dei videogiochi vige così tanta segretezza, che a nostro parare sta anche allontanando gli utenti con risultati non proprio positivi.
Matthew Gallant: Eh lo so, non è facile per noi sviluppatori che vorremmo mostrare i nostri giochi sempre nel modo migliore. Ci abbiamo pensato un bel po' infatti su come offrire questi livelli, del resto gli utenti non sono abituati a giocare in ambientazioni che possono non avere tutte le texture, o con delle animazioni spartane. Poi ci siamo decisi perché, come tu stesso hai detto, potrebbero essere fonte d'ispirazione per le persone mostrando loro l'attenzione ai dettagli, e la cura che mettiamo in ogni singolo aspetto dei nostri prodotti. C'è una parte dei Livelli Perduti dove Pete Hellis racconta di quanto tempo gli ha portato via decidere quanto fosse lunghe una scala, in modo che non richiedesse troppo tempo per essere scalata senza però danneggiare l'impatto emotivo dell'uscire dalle fognature dopo tanto penare.
Questa nuova versione sarà anche quella che introdurrà tanti nuovi giocatori alla serie, che suggerimenti ti senti di dargli per godersi appieno l'esperienza che hanno davanti?
Matthew Gallant: Suggerisco a tutti i nuovi giocatori di affrontare prima di tutto la storia principale, e soltanto dopo la modalità Senza Ritorno. Devi sapere come affrontare un clicker, un cane da guardia, a cosa servono i diversi oggetti per il crafting. L'altro consiglio è di prendersela con calma: questo è un gioco con un'enorme quantità di dettagli nella grafica, nel sonoro. Stesso suggerimento a chi ci giocherà per una seconda volta, visto che è improbabile aver colto tutto quello che c'è nel gioco in una sola partita.