Prendi un game designer italiano e fallo collaborare con uno studio di sviluppo polacco a un gioco ambientato nel Giappone feudale. Cosa potrebbe venirne fuori? La risposta è meno scontata di quello che sembra. Di solito operazioni del genere appaiono agli occhi degli occidentali come più orientali dei giochi orientali stessi, perché di fatto vanno a toccare tutte le corde giuste per comporre una melodia che sia il più esotica, ma riconoscibile possibile per il pubblico di riferimento.
Giusto recentemente abbiamo potuto apprezzare Sifu, un gioco sul kung-fu scritto da persone cresciute guardando i film di Bruce Lee mentre mangiavano pollo fritto innaffiato di Coca-Cola. Prima era stata la volta di quello splendido catalogo che è Ghost of Tsushima, un raccoglitore di foto scattate in Giappone da un profano, a quanto pare piaciuto anche ai giapponesi stessi.
Negli ultimi giorni abbiamo provato Trek To Yomi, gioco nato dallo sforzo di Leonard Menchiari (RIOT: Civil Unrest, The Eternal Castle) e Flying Wild Hogs (Hard Reset, serie Shadow Warrior): si tratta di un gioco d'azione tra Akira Kurosawa e Yasujirō Ozu che guarda alla tradizione giapponese in modo incredibilmente rigoroso, più di quanto ormai farebbero i giapponesi stessi.
Sistema di combattimento
Il punto di partenza non può che essere un tempio. Un Hiroki adolescente, il protagonista, sta ricevendo dal suo maestro le ultime lezioni di per diventare un samurai, quando dei briganti attaccano il villaggio in cui vivono. Il maestro lascia l'allievo per andare a respingere la minaccia, ordinando a Hiroki di non seguirlo. La richiesta non viene accolta e il giovane decide di attraversare il villaggio in subbuglio per andare in soccorso suo e degli abitanti, dando così vita alla prima missione, che funge in buona parte anche da tutorial, sia per l'esplorazione, abbastanza lineare, sia per il combattimento, anch'esso non troppo complesso.
A questo punto occorre fare una piccola digressione: le immagini di Trek to Yomi possono ingannare e far sembrare il gioco in 2D. In realtà il mondo di gioco è completamente tridimensionale e nelle fasi esplorative è possibile muovere Hiroki in ogni direzione, nonostante le inquadrature siano fisse. Sono i combattimenti a essere in 2D, con un sistema che richiama vagamente alla mente Samurai Warrior: The Battles of Usagi Yojimbo, pur essendo ovviamente molto più ricco e dinamico.
Ogni volta che s'incontrano dei nemici, praticamente solo dei banditi nei due livelli che abbiamo avuto modo di testare, Hiroki estrae la spada e s'impegna in duelli all'ultimo sangue che si combattono su di una linea retta, a mo' di picchiaduro a incontri 2D.
Il sistema di combattimento è abbastanza semplice ed è basato su un miscuglio di parate, attacchi rapidi, attacchi potenti e, soprattutto, combo. Avanzando nel gioco e aiutando le vittime delle aggressioni dei banditi si ottengono anche delle armi da lancio, che in generale sono poco efficaci e si esauriscono molto velocemente. Comunque sia, nonostante la possibilità di eseguire varie combo, con altre che vengono sbloccate eliminando gli avversari, abbiamo trovato che la tattica più efficace per vincere, che ha funzionato praticamente sempre, è quella di eseguire delle parate all'ultimo momento, o parry che dir si voglia, quindi contrattaccare con un letale fendente rapido.
Naturalmente abbiamo provato anche le altre tecniche, combo comprese, ma a parte che con i nemici corazzati, abbastanza rari, e con i boss, non si sono rivelate poi così vitali (abbiamo giocato sia al livello di difficoltà medio che a quello più alto). La speranza è che i livelli avanzati della versione finale sfidino maggiormente da questo punto di vista, anche perché di combo se ne sbloccano tante ed è un peccato non sentire la necessità di utilizzarle.
In linea di massima le sensazioni trasmesse dai combattimenti sono in linea con lo stile di gioco stesso: uccidere un nemico con un colpo di spada ben portato dà una grande soddisfazione, così come sgominare più avversari che ci attaccano in gruppo usando degli attacchi veloci e precisi, che sembrano parte di una danza letale. Peccato che gli avversari non sembrano sfruttare mai veramente la superiorità numerica e tentando ad attaccare uno alla volta.
Stile grafico
Nonostante nel secondo livello Hiroki sia ormai un samurai adulto, il gameplay rimane in linea con il primo, con solo un piccolo aumento della difficoltà, dovuto non tanto ai nemici, quando alla maggiore distanza che passa tra un altare e il successivo. Da specificare che gli altari sono i punti di salvataggio, utili non solo per registrare la partita, ma anche per ricaricare le barre della salute e dell'energia. Quindi, più la distanza tra un salvataggio e l'altro è ampia, più gli errori si fanno pesanti (nonostante sia possibile comunque riprendere salute eseguendo delle uccisioni particolari).
Vero è che esplorando si trovano dei potenziamenti che fanno crescere entrambe le barre, tanto da non far mai crescere più di tanto la sfida. Comunque sia è dei primi due livelli che stiamo parlando, quindi è anche normale che non siano avvelenati contro il giocatore. Parlando di esplorazione, non aspettatevi niente di più di dover seguire un percorso lineare, puntellato da qualche deviazione che conduce solitamente ad aree segrete, dove si possono trovare i già citati potenziamenti, qualche arma da lancio e dei collezionabili.
La parte migliore di Trek to Yomi, comunque, è quella stilistica. Di base ci troviamo di fronte a un action in terza persona con inquadrature fisse, che ricordano quelle del cinema classico giapponese. Quindi abbiamo molti campi medi e lunghi, che descrivono delle ambientazioni ricostruite con un grandissimo gusto e raccontate da un bianco e nero davvero splendido, che crea dei paesaggi mozzafiato, con momenti di altissimo lirismo visivo. Il gusto cinematografico dell'intera produzione è indubbio, così come la ricerca della rappresentazione simbolica, che emerge in moltissime occasioni. Di fatto il lato estetico è stato il movente principale a farci andare avanti nel gioco, nonché l'aspetto che più ci ha coinvolti. La storia raccontata sembra essere abbastanza classica, nondimeno la messa in scena pare poterla rendere unica. Naturalmente il tutto andrà verificato con la versione finale, ma per ora le premesse ci sembrano ottime. Peccato averci potuto giocare soltanto un'ora (due, considerando che lo abbiamo rifatto da zero a livello più difficile). Ci ritorneremo.
I due livelli di Trek to Yomi che abbiamo potuto provare ci hanno convinti, anche se alcuni punti andranno chiariti con la versione finale del gioco, come la storia raccontata, ma soprattutto il sistema di combattimento. Per ora è troppo presto per esprimere giudizi, anche se non vi neghiamo che siamo rimasti incantati dallo stile visivo, tanto da essere rimasti dispiaciuti dalla fine della versione di prova.
CERTEZZE
- Lo stile visivo
- Il gameplay sembra davvero solido
DUBBI
- Il sistema di combattimento
- L'esplorazione sembra molto lineare