Siamo in Italia, nell'ottobre del 1999. Quello dei videogiochi è un fenomeno che sta assumendo contorni sempre più nitidi, persino in un paese come il nostro, che si è sempre dimostrato restio ad accogliere le novità e il cambiamento: qualche pioniere esplora le possibilità offerte da Ultima Online su PC, una nicchia di appassionati si sta godendo il fiammante Nintendo 64, ma se c'è una regina indiscussa che è emersa dalle tumultuose acque del mercato regionale, quella è senza dubbio PlayStation. Una macchina che sfrutta il potere del CD-ROM per mettere in scena grafiche all'avanguardia, ottenendo un successo tale da costellare i mercati di quartiere di bancarelle che espongono tonnellate di prodotti pirata, esplorate da folle di ragazzi e ragazze alla costante ricerca di un'avventura che spinga qualche centimetro più in là il confine del mondo virtuale. Il 27 ottobre di quell'anno arriva Final Fantasy 8, un gioco che, nonostante il numero romano impresso sulla copertina, si sarebbe rivelato il primo contatto con la saga di Squaresoft per la maggior parte degli allora inconsapevoli appassionati italiani. Il motivo? Per la prima volta, lo scatolone della fantasia finale fu interamente tradotto nella nostra lingua.
Il cofanetto racchiudeva quattro dischi, uno in più rispetto all'episodio precedente, come maggiore era anche il minutaggio delle sequenze cinematografiche in computer grafica che in passato avevano dopato la notorietà del marchio. L'avventura aveva inizio proprio attraverso un'eloquente sequenza introduttiva: la canzone Liberi Fatali in sottofondo, Squall Leonheart e Seifer Almasy che si fronteggiano come fossero i protagonisti dell'ultimo manga pubblicato sulle pagine di Shonen Jump, poi una festa di suoni e colori come era assolutamente impossibile incontrarne dalle parti di altre case di sviluppo. Durante l'intervallo a scuola, davanti alla macchinetta del caffè in ufficio, ma soprattutto nei primi forum specializzati che stavano iniziando a spuntare in rete come funghi: "Ho trovato un Guardian Force segreto!", "Vai a esplorare le Rovine di Centra, a sud!", "Ma voi avete capito come funziona questa roba delle carte?". Nel giro di poche settimane, contestualmente alla pubblicazione della conversione per PC, l'opera travolse il nostro paese come una valanga, regalandoci un assaggio di quel che accadde in nordamerica all'esordio del suo diretto predecessore. Ma oggi? Final Fantasy 8 è al tempo stesso uno dei capitoli più amati e più criticati nella saga di Square Enix: ripercorriamo la sua storia e l'evoluzione del giudizio critico che l'avvolge.
Final Fantasy 8 allora
Sviluppato nell'arco di un paio d'anni dall'allora Squaresoft, Final Fantasy 8 fu il primo senza il coinvolgimento diretto del padre della serie Hironobu Sakaguchi, impegnato com'era con i lavori sul film Final Fantasy: The Spirits Within, finito al centro dell'operazione che portò infine la compagnia a un passo dalla bancarotta. La direzione fu dunque affidata a Yoshinori Kitase, Hashimoto assunse le redini della produzione, mentre diversi veterani si occuparono dei dettagli, da Hiroyuki Ito, responsabile del sistema di combattimento, fino a Tetsuya Nomura, ormai considerato un maestro in materia di design dei personaggi. Design che si prese immediatamente il centro del palcoscenico: dopo un primo esperimento tridimensionale ancorato alla messa in scena super-deformed dei protagonisti, questo capitolo avrebbe puntato tutto su una rappresentazione più realistica, ancorandosi a modelli dei personaggi decisamente più dettagliati, destinati a muoversi fluidamente lungo fondali disegnati a mano che raccontavano un mondo di gioco estremamente vicino alla realtà, punteggiato di metropoli dalle architetture europee, attraversato da automobili e treni ad alta velocità, pur se legato in maniera indissolubile all'immancabile elemento magico.
Bisogna attribuire il lavoro di concetto allo stesso Kitase, mentre la scrittura di Kazushige Nojima si mosse prima di tutto attorno all'idea di replicare l'atmosfera scolastica, erigendo le mura di quel Garden di Balamb che, tra una lezione e l'altra, avrebbe accolto i protagonisti tratteggiati dalla china di Nomura. D'altro canto, la saga era sempre stata segnata dai contrasti: in questo caso si sarebbe parlato sì della vita di un gruppo di giovanissimi studenti, arruolati tuttavia in un'accademia militare volta a sfornare mercenari da dispiegare nei principali conflitti del pianeta. La sequenza dell'assalto alla spiaggia di Dollet divenne in tal senso emblematica: dopo aver passeggiato a lungo per i corridoi del classico college americano, cullati da colori, musiche e atmosfere più che mai spensierate, ci si trovava improvvisamente catapultati in una reinterpretazione dello sbarco in Normandia. Il grande perno sovrannaturale della vicenda sarebbe stato invece incarnato dalle Streghe, potentissime entità magiche all'apparenza simili agli esseri umani ma destinate a ricoprire i principali ruoli di leadership, spesso di natura dittatoriale. Era in tale contesto che si muoveva il gruppo di protagonisti capitanato da Squall, classico teenager cupo e silenzioso che sotto la scorza dura nascondeva un cuore tenero, attendendo inconsapevolmente l'avvento di una Rinoa Heartilly capace di farlo finalmente sciogliere.
Accanto a quest'ispirazione, Nojima ebbe l'idea di costruire un secondo party di personaggi giocabili, raccontando una vicenda parallela destinata a intrecciarsi con il viaggio di Squall: prese così forma la seconda anima di Final Fantasy 8, ovvero la matura e tragicomica biografia del misterioso soldato Laguna Loire e dei suoi compari Kiros e Ward, protagonisti di una serie di flashback destinati a scandire tutti i momenti cardine della narrazione. Al segmento della costruzione del mondo si possono tutt'oggi muovere ben poche obiezioni: diviso in continenti che hanno conosciuto il passaggio delle Streghe, ha dovuto fare i conti con il Pianto Lunare, un fenomeno che ha condotto mostri terrificanti dalla superficie del satellite naturale fino a quella del pianeta, devastando l'intera regione di Centra. Al momento della narrazione, in seguito ad anni di guerre, lo scacchiere si trova in bilico fra potenze che non vedono l'ora di estendere il proprio dominio in capo a diverse città stato. L'ago della bilancia risiede proprio nell'impiego di supersoldati quali Squall e la sua squadra di SeeD, che grazie all'addestramento e alle capacità dei Guardian Force hanno il potere di mutare le sorti dei conflitti, ma soprattutto quello necessario per fronteggiare le Streghe in battaglia.
Così aveva inizio un viaggio attraverso uno dei mondi virtuali più vasti e costellati di interazioni mai incontrati fino a quell'istante del 1999, seppur accompagnato da una sceneggiatura che fin da allora seppe far discutere e non cessò mai di far discutere. Da una parte sedeva una resa soddisfacente dell'anima del classico JRPG, specialmente nell'orbita del design, delle attività collaterali, dei segreti, della caratterizzazione delle ambientazioni e dei Guardian Force, mentre dall'altra una trama funestata di vuoti e incongruenze, un sistema di progressione estremamente semplice da rompere, nonché un cattivo decisamente impoverito rispetto agli irraggiungibili colossi che l'avevano preceduto. Che cos'è rimasto, oggi, di quel Final Fantasy 8?
Final Fantasy 8 oggi
Più trascorrono gli anni e più il gigantesco fenomeno Final Fantasy 8 che ha investito l'Italia viene ridimensionato, offrendo uno spaccato più che mai prezioso della difficoltà nella contestualizzazione di un prodotto nella sua epoca di riferimento. Se nel 1999 una lunga serie di sequenze FMW di straordinaria fattura erano quanto di più "fico" si potesse trovare in un CD-ROM, oggi il pubblico è diventato fortemente allergico a questo genere d'esecuzione. Se all'epoca l'astruso sistema di sviluppo Junction si presentava come un costante enigma da decifrare, attraverso le conoscenze postume è considerato lo strumento più semplice da rompere mai emerso dalle pieghe della serie: i giovanissimi che all'epoca riuscirono a sconfiggere i boss più potenti porteranno eternamente nel cuore quella prima grande vittoria. Se in passato la resa da puro action-movie che caratterizzava sequenze come il celebre attentato Deling City riusciva ad alimentare la tensione soffocando le bassezze della sceneggiatura, adesso siamo abituati a una messa in scena molto diversa delle sezioni più concitate.
Le principali critiche che hanno investito Final Fantasy 8 puntano tuttavia dritto al cuore della narrazione, elencando la cascata di incongruenze che sporcano l'avventura di Squall. Espedienti come la capacità dei Guardian Force di annebbiare la memoria dei personaggi, la fragile caratterizzazione della terribile Strega Artemisia, nonché i diversi momenti che si presentano come mero collante narrativo - ad esempio quello dedicato al Supremo del Garden di Balamb - sono divenuti oggetto di pesanti riletture. La sceneggiatura, in alcuni passaggi, si è dimostrata talmente confusa da far emergere dozzine di teorie e interpretazioni creative dell'opera: nel tempo è emerso chi è convinto che la dolce Rinoa sia destinata a diventare Artemisia, chi afferma con certezza che Squall sia morto al termine del primo CD, chi sostiene che sia invece perito in seguito allo scontro finale, chi potrebbe giurare che inizialmente l'ultimo avversario da sconfiggere avrebbe dovuto essere la Strega Adele, chiudendo il cerchio inizialmente avviato da Laguna Loire. Nonostante ciò, esiste un merito che è tutt'ora impossibile sottrarre all'ottavo capitolo della saga: è stato uno fra i primi videogiochi a incastonare una storia d'amore fra le tematiche portanti dell'esperienza, influenzando in maniera sostanziale l'evoluzione del medium.
È altresì curiosa l'analisi contemporanea della componente meccanica: nonostante siano in molti a ritenere carente la spina dorsale tecnica di Final Fantasy 8 - ovvero quella costituita dal sistema di combattimento, da quello dello sviluppo, nonché dalla profondità di determinate attività collaterali - gli appassionati non hanno mai avuto il minimo dubbio nel definirlo un "vero" Final Fantasy, cosa che non è mai più stata così scontata a seguito della pubblicazione del decimo capitolo. Da allora è opinione diffusa che "i Final Fantasy non siano più Final Fantasy", vuoi perché MMORPG, vuoi perché legati a una formula d'azione anziché al combattimento tattico ATB, magari in quanto eccessivamente lineari, forse perché troppo open-world. Sta di fatto che su Final Fantasy 8 non c'è mai stato il minimo dubbio: anche se oggi è annoverato nelle posizioni più basse della maggior parte delle classifiche stilate dagli utenti e viene definito un coacervo di difetti, da qualche parte nelle sue pieghe deve risedere l'essenza stessa della saga, dal momento che non è mai stato realmente messo in discussione.
Probabilmente la risposta si annida nelle atmosfere, nel contesto, nella profondità dell'interazione di stampo JRPG. Sì, magari Final Fantasy 8 non può vantare una trama da antologia, senza dubbio sfigura accanto a giganti come Final Fantasy VII e soprattutto Final Fantasy VI - che tuttavia è stato giocato e apprezzato da una frazione ridicola di utenti in confronto all'ottavo - ma nelle fondamenta riesce a funzionare. E se riesce a funzionare, significa che le reali fondamenta della serie potrebbero risedere nella caratterizzazione del mondo, nella sensazione di trovarsi sempre a un passo dallo svelare un segreto, nella presenza di attività profonde come il gioco di carte Triple Triad, ovviamente nelle musiche e nella messa in scena di sequenze d'impatto. Nulla che abbia a che vedere, in sostanza, con il sistema di combattimento né l'architettura stessa del gameplay, ovvero gli elementi che oggi sono finiti nel mirino della frangia più critica dell'utenza.
Il cuore contro la mente
La più grande lezione che si può trarre dalla parabola discendente di Final Fantasy 8 è che l'evoluzione del pensiero critico, la volontà di analizzare il prodotto, la maturazione e la consapevolezza del medium, non devono precludere l'amore che si può provare verso un'opera, e viceversa l'amore non deve necessariamente diventare abbagliante nella ricerca delle criticità. Ed è una lezione che oggi, nell'era della grande guerra delle console, è estremamente preziosa: si può apprezzare qualcosa pur riconoscendone i limiti, si può criticare qualcosa pur tenendone in considerazione gli enormi pregi. Videogiochi come Bugs Bunny Lost in Time di Behaviour Interactive, anche se ancorati a una struttura tecnica da mani nei capelli, vengono ricordati con larghi sorrisi dagli appassionati che vissero in maniera decisamente più spensierata rispetto a oggi quell'epoca fatta di prime volte. Qualcosa di simile si può dire anche di Final Fantasy 8, uno dei videogiochi di maggiore impatto nel nostro paese, per tantissimi il primo contatto con la saga di Squaresoft, senza dubbio un pilastro dei JRPG moderni, eppure divenuto nel tempo uno dei titoli maggiormente riletti, discussi e criticati nella storia di questa industria.