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Un viaggio nelle mascotte anni 90 tra vermi, pipistrelli e gatti selvatici

Riscopriamo le mascotte degli anni '90, ovvero quegli animali antropomorfi usciti che volevano fare concorrenza a Sonic e Super Mario.

SPECIALE di Damiano Gerli   —   03/12/2022
Un viaggio nelle mascotte anni 90 tra vermi, pipistrelli e gatti selvatici

Per quanto oggi abbia perso d'importanza, la mascotte ha rappresentato una figura importante per molte software house e aziende produttrici di videogiochi e console. Non perché fosse necessario avere qualcuno (o, meglio, qualcosa) che rappresentasse il brand, ma perché indovinare un personaggio di successo significava possedere un passepartout per altri media oltre al videogioco. Insomma, si poteva pubblicizzarsi gratuitamente, senza impazzire dietro a slogan o bislacche trovate di marketing. Negli anni Novanta, sempre più, prende piede la moda di cercare di portare la propria mascotte al successo, tentativi spesso legati a platform a scorrimento in 2D, dedicati all'utenza Mega Drive e Super Nintendo.

Andiamo a ripescare le più famose mascotte dei videogiochi anni '90 e analizziamo alcune delle curiose scelte originate in quel particolare decennio.

Le mascotte tra due decenni

Un telefono vintage di Pac-man
Un telefono vintage di Pac-man

La mascotte videoludica nasce negli anni Ottanta, con personaggi sicuramente ancora riconoscibili come Pac-Man e altri, invece, ormai persi nell'oblio (qualcuno ricorda Rockford di Boulder Dash?). L'esempio per eccellenza è, ovviamente, Super Mario, personaggio non pensato per diventare sinonimo di Nintendo, ma la sua quasi immediata popolarità ha suggerito altro all'azienda di Kyoto. D'altronde anni prima del famigerato Mario Bros - The Movie, il baffuto idraulico, nel 1986 era stato protagonista di un lungometraggio animato, mai uscito al di fuori del Giappone (Super Mario: Great Mission to Rescue Princess Peach). Considerando, però, l'esplosione di popolarità del platform a scorrimento negli anni Novanta, verrebbe facile incolpare anche il porcospino blu di Sega per aver scolpito nella pietra alcune delle tipiche caratteristiche di questa moda dalla vita breve.

Il dimenticato Rockford
Il dimenticato Rockford

Quasi tutte le mascotte del periodo sono, infatti, animali antropomorfi, protagonisti di classici platform a scorrimento in 2D. Per l'arrivo delle mascotte umane, per esempio Lara Croft e Duke Nukem, toccherà aspettare la tarda metà del decennio, oltre all'avvento di PlayStation. Altro elemento essenziale è che i suddetti animali siano ben caratterizzati: le mascotte devono avere un caratterino pepato, un look riconoscibile e, magari, devono anche commentare il gameplay. Siccome parliamo di "mascotte fallite", chiariamo subito che non ci si riferisce necessariamente a titoli brutti o mediocri, bensì a personaggi, nati per essere più di fugaci meteore, ma che invece si sono bruciate velocemente, dileguandosi in uno sbuffo di fumo.

Bubsy il gatto selvatico logorroico

Un momento dell'episodio pilota di Bubsy
Un momento dell'episodio pilota di Bubsy

Ispirato dai classici personaggi in stile "spalla comica", quelli che non stanno zitti nemmeno per un secondo, la lince Bubsy è forse uno dei più fulgidi esempi della mascotte platform anni Novanta. Dalla maglietta col punto esclamativo fino ai continui commenti durante il gameplay, il caro peloso le ha proprio tutte. L'idea della Accolade di disegnare i platform intorno alla personalità di Bubsy, è anche apprezzabile, se il personaggio non fosse discretamente antipatico. Usciti per Mega Drive e Super Nintendo, i due platform 2D del gatto selvatico non sono proprio dei capolavori, ma si lasciano giocare.

Il discreto successo dei due titoli porterà l'Accolade a compiere il salto verso una serie a cartoni, portata avanti dal profetico slogan "what could possibly go wrong?". Qualora ci fossero dubbi, la serie non andò mai oltre l'episodio pilota, per mancanza d'interesse generale. Le disavventure del nostro amico peloso non finiscono lì, non mancando anche il platform 3D (Bubsy 3D, appunto), universalmente considerato come uno dei peggiori del decennio (se non in assoluto). Bubsy però non si è ritirato in silenzio, tornando di recente con altri due platform che, in linea con la sua media, abbracciano pienamente tutti i difetti del personaggio. Nonostante entrambi siano finiti in fretta nel dimenticatoio, non escludiamo che sentiremo ancora parlare di Bubsy. Sarà un gattaccio selvatico, ma è coriaceo come una tartaruga.

Earthworm Jim, il verme dallo spazio

Earthworm Jim
Earthworm Jim

Tra le tante mascotte più o meno riuscite, Shiny Entertainment con Earthworm Jim ci aveva visto giusto, considerando come il personaggio sia tuttora rimasto nel cuore di tanti. Naturalmente, a coadiuvare la sua fama ci sono stati due ottimi platform 2D, usciti tra 1994 e 1995, tuttora godibili nella loro unione di umorismo discretamente surreale con idee di gameplay alternative. Insomma, non si tratta proprio di un classico animale antropomorfo, Jim è un verme infilato in una tuta spaziale che gira per l'universo lanciando vacche nell'iperspazio o scavando interi livelli con la sua pistola. Nonostante sia un personaggio decisamente meno "pepato" del solito, Jim mantiene una tendenza a commentare quel che gli succede con espressioni molto "nineties", anche se si tratta di un umorismo più cartoonesco.


Per quanto ci farebbe piacere parlare di Jim al presente, nemmeno Shiny Entertainment è riuscita a far sopravvivere la propria mascotte agli anni Novanta. Dopo la scoppiettante doppietta di platform, convertiti praticamente per ogni computer e console dell'epoca, anche per il nostro verme l'arrivo di Super Mario 64 è stato fatale. Uscito nel 1999 per Nintendo 64 e PC, Earthworm Jim 3D era un tentativo di riportare in auge il personaggio e renderlo di nuovo rilevante. Per quanto non così pessimo come l'uscita in tre dimensioni del collega peloso Bubsy, non ha convinto né pubblico né critica, finendo per essere l'ultimo capitolo della serie. Per ora.

Aero the Acro-Bat, un pipistrello al circo

Un momento dell'introduzione di Zero The Kamiaze Squirrel
Un momento dell'introduzione di Zero The Kamiaze Squirrel

Uscito nel 1993 e pubblicato da SunSoft, Aero the Acro-Bat è un pipistrello antropomorfico che lavora al circo, protagonista del solito platform 2D a scorrimento. Il nostro dovrà usare tutte le sue abilità per salvare gli altri animali da circo da alcuni malvagi rapitori, tra cui l'acerrimo nemico Zero, lo scoiattolo kamikaze (eh sì). L'originale univa una giocabilità tipica da platform a scorrimento con il dover completare alcune acrobazie circensi per superare il livello. Dopo un primo seguito, il successo della serie ha fatto sì che la SunSoft decidesse di pubblicare anche uno spin-off. Anni prima di Shadow the Hedgehog, Zero the Kamikaze Squirrel, nel 1994 diventa protagonista del suo platform 2D.

Il successo dello sbruffoncello Aero ha portato anche a una serie animata, trasmessa da Fox Kids dal 1995 al 1997, anche se non accompagnata da nessun nuovo videogioco. La rinnovata popolarità del personaggio ha suggerito al creatore David Siller di proporre alla Universal un capitolo in 3D che sfruttasse pienamente le potenzialità della nuova PlayStation. Nello stesso periodo, però, una certa Naughty Dog stava già lavorando a Crash Bandicoot e la Universal preferì concentrarsi su quest'ultimo, cancellando i piani per Aero 3D. Chissà come sarebbero andate le cose se invece di Crash, la PlayStation avesse avuto come mascotte un pipistrello rosso acrobata del circo...

Gex : un geco che viene bello in televisione

Gex con un'espressione particolarmente sensuale
Gex con un'espressione particolarmente sensuale

Cosa c'è di più carino di un piccolo geco antropomorfo? Probabilmente potremmo fare parecchi esempi, ma per Crystal Dynamics si tratta dell'animale perfetto. O, perlomeno, così devono aver pensato mentre lavoravano alla realizzazione del primo platform 2D con protagonista Gex, nel 1995. Fin dall'inizio, il geco è stato pensato per essere un protagonista che non sta mai zitto, rispetto agli altri, però, la sua peculiarità è un umorismo legato a continui riferimenti alla TV americana. Aspettatevi battute su Star Trek, Adam Sandler, James Earl Jones con la diarrea (no, non scherziamo). Non a caso, è proprio il mondo della televisione a essere il centro delle vicissitudini del nostro geco, strenuo difensore del suo passatempo preferito dall'attacco del malvagio imperatore Rez.

La serie Gex è una delle poche eccezioni alla regola del "non si esce vivi dal 2D", visto che Crystal Dynamics ha realizzato ben due titoli in 3D, Gex: Enter The Gecko per PlayStation e Nintendo 64, e il seguito Gex 3 nel 1999. Per quanto sia pacifico affermare che nessuno dei due platform abbia cambiato la storia, si tratta di tentativi apprezzabili di portare il personaggio in tre dimensioni. La popolarità della mascotte, però, è finita con calare nettamente alla fine del decennio. Possiamo ipotizzare che l'averlo legato così strettamente alla cultura americana non abbia aiutato la longevità del buon Gex. O forse, chissà, i videogiocatori non erano più interessati a voler impersonare un geco saltellante nel 1999, considerando l'arrivo di personaggi "umani". Il quarto titolo della serie, per PS2, non vedrà mai la luce e la Crystal Dynamics cambierà mascotte all'inizio degli anni duemila.

Zool: la formica Ninja

Zool: la formica Ninja
Zool: la formica Ninja

Se i possessori di Mega Drive negli anni 90 ridevano sfrecciando per Green Hill Zone, quelli di Amiga non rimanevano a piangere nell'angolo. Alla velocità e al "blast processing" di Sonic, la risposta dell'home computer Commodore era... la formica ninja della Dimensione N, Zool. Pensato dalla inglese Gremlin Interactive per imitare alcune delle caratteristiche del velocissimo titolo Sega, Zool è un classico platform 2D in cui controlliamo la formica per livelli caratterizzati da una massiccia presenza di dolciumi, legati alla sponsorizzazione con i lecca lecca Chupa-Chups. Il successo del primo titolo ha portato Zool su tutte le piattaforme, compreso PC e Mega Drive. Anche se, per ovvi motivi, sono sicuramente più i fu-amighisti a ricordarlo con affetto.

Decisamente meno successo ha avuto il seguito, Zool 2, uscito l'anno successivo, nel 1993, che vede anche la presenza della co-protagonista Zooz. Questo non arriverà mai sulle console a 16 bit, rimanendo confinato all'Amiga e allo sfortunato Atari Jaguar. Dopo il secondo titolo, la formica della Gremlin Graphics non ha più avuto modo di deliziare i nostri schermi, quindi non abbiamo notizie di un Zool 3D. Di recente, però, la formica ninja è ritornata su PC in una versione rivisitata del titolo originale, Zool Redimensioned. Giocandolo oggi, è agevole ricordarsi quanto il successo di Sonic dipendesse, oltre che da un character design riuscito, anche da un level design raffinato.

Cool Spot: dalle bollicine con furore

Cool Spot
Cool Spot

Dobbiamo fare una piccola eccezione con Spot, visto che, oltre a non essere un animale antropomorfo, nasce in realtà negli anni Ottanta come mascotte della 7-Up, la Sprite per i veri intellettuali. Come fa intuire il nome, Spot è una sorta di macchiolina rossa, parte del logo della bevanda, ma è anche... Cool. Occhiali da sole e un atteggiamento sbruffoncello in quel tipico stile anni novanta. Basta questo per pensare che la macchiolina possa fare il salto nel reame videoludico? Certamente, non a caso il nostro arriva inizialmente nel 1990 con un oscuro puzzle game in stile Othello, Spot, uscito su Amiga, Commodore 64, NES e Game Boy.

Ben più conosciuto è, invece, il suo esordio su console 16 bit, Cool Spot appunto. Realizzato dalla Virgin Games (e David Perry che poi realizzerà MDK e Messiah) nel 1993, è il classico platform 2D dove dovremmo salvare altri Spot, sparando bollicine a nemici come granchi e topolini in pigiama. Le avventure del nostro arrivano fino alla generazione PlayStation dove, nel 1996, esce Spot Goes to Hollywood. Stavolta non è un tentativo di 3D, bensì si tratta di un platform isometrico in 2D, dove esploreremo vari set cinematografici a tema piratesco e horror. Purtroppo, Cool Spot è stato ritirato come mascotte della bibita gassata l'anno successivo e quindi non credo che lo vedremo più protagonista. Forse, se siamo fortunati, ci beccheremo un platform con Fido Dido?

Il viaggio tra le mascotte potrebbe continuare ancora per molti paragrafi, tanto da diventare un appuntamento periodico. Questo piccolo excursus, però, ci ricorda quanto interesse, attenzione e tempo le aziende dedicavano a questi personaggi, in perenne sospensione tra marketing, platform 2D, narcisismo e quintali di "edge", quella intensità così squisitamente anni Novanta. Oggi che l'attenzione del pubblico è più verso dei personaggi che rappresentino dei valori e abbiano una storia alle spalle, questi piccoli animaletti antropomorfi ci salutano dal passato, regalandoci ancora qualche amaro sorriso nostalgico. Nonché, una solida selezione di platform 2D ancora degni di essere ricordati e rivisitati.