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Videogiochi in Italia: va tutto bene?

L'annuale analisi del mercato dei videogiochi in Italia da IIDEA evidenzia un trend economico positivo nel settore. Siamo certi che questi dati siano positivi sotto tutti i punti di vista?

SPECIALE di Giordana Moroni   —   27/03/2021

Pochi giorni fa IIDEA, ovvero la Italian Interactive Digital Entertainment Association, ha rilasciato un'indagine relativa al mercato dei videogiochi italiano nel 2020. L'analisi evidenzia un trend economico positivo nel settore ma è lecito chiedersi sa questi dati mantengano un un connotato positivo sotto tutti i punti di vista: cambiando la chiave di lettura la situazione sembra meno rosea?

Dati positivi...

Prima di commentare i dati che ci hanno convinto di meno, vorremmo anzitutto evidenziare quelli che abbiamo accolto con gioia, in primis il record registrato dagli acquisti digital. Questi segnano un +32,7% rispetto all'anno precedente sommando acquisti digitali tra PC e console, per un totale di 799 milioni di introiti. È vero che la motivazione è presto detta: l'anno scorso era un po' difficile uscire di casa per acquistare fisicamente un videogioco e, diciamolo, lo è ancora adesso. È probabile però che molte delle persone che hanno scoperto il digitale per via della pandemia e delle limitazioni legate ad essa, possano non tornare indietro. Ovviamente anche il numero segnato proprio dalle persone che giocano, ovvero 16,7 milioni di italiani (circa il 38% della nostra popolazione) è molto interessante, specialmente osservando la suddivisione in base alla fascia d'età, dimostrando che il videogioco non è per forza una passione che investe solo i più giovani.

Oculus Quest 2 01

Estremamente importante è anche la presenza della realtà virtuale all'interno del sondaggio che, è vero, è stata conteggiata all'interno della categoria "accessori" e che evidenzia una vendita di unità irrisoria (circa 20.000). La natura ibrida del realtà virtuale, che funge da vera e propria periferica nel caso di PlayStation VR o che assume il connotato di piattaforma indipendente nel caso di Oculus Quest, ha portato correttamente IIDEA a inserirla tra gli accessori e il fatto che, seppur con un numero davvero piccino, questa faccia capolino nel sondaggio è un'ottima notizia perché significa che ha un impatto nel mercato.

...e dati scoraggianti

Passiamo ora a quei dati che hanno gettato un velo di sconforto nel cuore di chi scrive. La prima cosa che salta all'occhio è la classifica dei giochi più venduti, dove il terzo e il primo posto spetta a FIFA, rispettivamente FIFA 20 e FIFA 21. Il dato sconcertante è però quel GTA V al secondo posto. Qui le motivazioni che portano ad un'elezione del titolo di Rockstar tra i più acquistati possono essere tante e non per forza una esclude l'altra. Sicuramente parliamo di un gioco con una forte base installata e che ha saputo fidelizzare molto bene il suo pubblico specialmente attraverso la campagna multiplayer online... però, se pure un bel gioco, parliamo di un titolo uscito otto anni fa: davvero il mercato non ha niente di meglio da offrire se non gioco di otto anni fa?

Fifa3 Fallback

I fattori che influenzano il dato possono essere, ad esempio, quanto è streammato e portato dai content creator online, quanto è diffuso, quante persone ci giocano, quanto conta il passaparola (e arriveremo a questo dato tra qualche riga) ma anche quanto costa. Parliamo infatti di un gioco uscito da molto tempo e anche acquistandolo a prezzo pieno è molto difficile superare i 35€. Andando a vedere la classifica complessiva nelle sue 20 posizioni e osservandola attraverso il filtro della finestra di lancio, meno della metà dei giochi sono usciti nel 2020 e questo potrebbe significare, prendendo un po' il dato con le pinze, che non tutti i giocatori sono disposti a pagare il prezzo pieno per l'uscita del gioco, preferendo un titolo più vecchio e meno costoso che lanciarsi in qualcosa di nuovo. Animal Crossing: New Horizons e The Last of Us Part II che sono stati due fenomeni mondiali e si trovano rispettivamente al quarto e al quinto posto: sarebbe stato difficile in un paese come il nostro abbattere il muro difensivo di FIFA ma almeno avrebbero potuto ambire a quel secondo posto occupato da GTA V.

Videogiochi in Italia: va tutto bene?

Altro dato su cui sentiamo il bisogno di soffermarci è quello delle giocatrici, perché se è pur vero che su 16,7 milioni di giocatori, il 56% sono Uomini e il 44% donne (discretamente distribuiti per fasce d'età), andando poi a osservare la distinzione tra uomini e donne per dispositivi utilizzati, su 6,7 milioni di utenti console 4,2 sono uomini 2,51 donne, su 7,2 milioni di utenti PC 4,5 uomini e 2,7 sono donne... e su 10,7 milioni di smart device 5,4 sono uomini e 5,3 sono donne. Ci scusiamo anticipatamente per l'abbondante dose di malizia che permea questa affermazione, ma abbiamo il vago sospetto che la maggior parte dei 10 milioni e mezzo di giocatori mobile non siano propensi a provare esperienze come Gorogoa, Monument Valley, Sky o tutti i giochi della collana GO di Square Enix (tutti titoli che dimostrano le incredibili potenzialità del mobile come piattaforma), ma sono più propensi a giocare o grandi fenomeni commerciali free-to-play o dirigere più semplicemente lo sguardo verso tutto quei titoli, definiamoli, da "catalogo Zynga".

Videogiochi in Italia: va tutto bene?

Ovviamente non ci sarebbe nulla male, chi sta scrivendo questo pezzo ha giocato per anni a Zombie Tsunami divertendosi tantissimo, però si ritorna alla domanda già fatta su GTA V: davvero il mercato propone un'offerta così basilare e così poco interessante da doversi ritrovare a giocare per forza a guilty pleasure mobile? Anche in un'ottica di videogiochi poco impegnativi e divertenti gli store PC e console ne sono pieni. E no, non è vero che l'offerta videoludica contemporanea non è adeguata ai gusti femminili, molto più probabilmente tutte le giocatrici più casual non conoscono nemmeno le potenzialità del videogioco come strumento di intrattenimento. E qui arriviamo al dato che personalmente abbiamo trovato più demoralizzante, che ferisce dentro. Quando di parla di fonti d'informazione, il 38% dei giocatori si rivolge a familiari e amici mentre solo il 13% legge i siti specializzati: è come se il dato dicesse a chi sta scrivendo è meno attendibile di vostro cugino. Con tutto il rispetto per vostro cugino, ci mancherebbe.

Smartphone 1

La fotografia culturale

Al netto dell'ottimo risultato registrato da un punto di vista commerciale, analizzando i dati sotto un profilo diverso, che considera più la qualità dell'acquisto, la fotografia culturale che emerge è discretamente preoccupante. Noi appassionati di videogiochi (dove per passione intendiamo non solo il mero utilizzo del videogioco ma anche l'interessamento a questo sotto un profilo culturale, alimentato attraverso lettura, informazione, approfondimento, creazione di contenuti e divulgazione) non siamo rappresentati all'interno del mercato. È inutile girarci attorno: esistono diversi stereotipi ricorrenti nel nostro paese, frasi che si incontrano spesso su internet e sui social che però, in questo caso, sono realtà leggendo i dati dell'indagine. Molti di noi sono sempre particolarmente disinteressati al momento FIFA all'interno della presentazione di EA durante l' E3, eppure questo si mangia il primo e il terzo posto. Ci lamentiamo costantemente dall'uscita annuale di una serie come Call of Duty. Sesto e settimo posto.

Call Of Duty Modern Warfare Multiplayer 02

Ci lamentiamo che Assassin's Creed è "sempre la solita roba" e in classifica ci sono Valhalla e Odyssey. Per chi è convinto che questo sia un fenomeno tutto italiano ci sentiamo di dire che stavolta non è proprio così, perché stando alla stessa tipologia di indagine fatta da ISFE (la Interactive Software Federation of Europe), risulta, leggendo il survey 2020 e che si riferisce al 2019, un FIFA 20 al primo posto seguito dal granitico GTA V con un Call of Duty: Modern Warfare a chiudere il podio.
Ammesso e non concesso che questo sia effettivamente un problema, perché preferire titoli fortemente mainstream non è né una colpa né un reato, è chiaro come l'industria videoludica, dentro e fuori i confini del nostro paese, generi un interessante giro d'affari al quale però non siamo certi corrisponda una correlata alfabetizzazione del pubblico al medium. Anche in questo caso siamo di fronte ad un non-problema, del resto non bisogna essere un regista affermato per godersi un film, però qui siamo forse di fronte ad un pubblico diverso, fatto di persone che si informano attraverso il passaparola, che tendono ad acquistare i titoli più sponsorizzati, che forse giocano ad un gioco di otto anni fa perché quello conoscono. Qui i punti di pressione su cui agire potrebbero essere i giocatori più giovani e i servizi. Parlando dei giocatori più piccoli, importantissimo è prima di tutto educare i genitori e da questo punto di vista IIDEA sta facendo un lavoro eccellente con un programma ad hoc proprio dedicato ai genitori e un impegno molto attivo attraverso PEGI e tutte le regolamentazioni relative all'età consigliata dei videogiochi. Del resto il dato che infonde più speranza di tutti all'interno della ricerca di mercato che è stata fatta, è proprio il potere del videogioco come strumento comunicativo tra genitori e figli. Questo è un segmento estremamente importante e delicato del mercato che va preservato ed educato. C'è poi tutta l'altra parte di giocatori, quelli che definiremmo di "acquirenti consolidati". La differenza qui potranno farla i servizi, come un Xbox Game Pass ma anche iniziative come i regali di PlayStation Plus. Insomma un'occasione non eccessivamente costosa per dimostrare che i videogiochi hanno molto da offrire anche a coloro che magari devono ancora scoprirlo. I servizi possono portare varietà nelle case dei videogiocatori ad un prezzo minimo, educandoli attraverso la loro offerta; anche perché se il passaparola è il metodo di informazione più diffuso, i servizi sono forse il metodo migliore per intrufolarsi nelle abitudini dei giocatori.