vol. 11 - MUSICA, MAESTRO!
La musica, e l’audio in senso lato, è un fattore che continuerà a estendere il suo peso nell’universo di produzione e consumo videoludico. Alle spalle di ogni momento di emozione ludica reso possibile anche da un effetto sonoro o da una melodia c’è uno specialista del suono, un musicista al lavoro per il coinvolgimento del giocatore. I musicisti del gioco elettronico sono professionisti la cui arte non si esaurisce nel talento musicale, ma sconfina spesso e volentieri nella capacità di affrontare le esigenze musicali di un mezzo interattivo e dinamico come il gioco elettronico. Oggi più di ieri, e domani ancora di più, il videogioco è uno spettacolo audiovisivo, spesso un turbine sensoriale che ci avvolge sia a livello visivo che uditivo trasportandoci in mondi altri, dotati di proprie estetiche e colonne sonore. Sin da quando le colonne sonore integrarono i beep primordiali dei primi giochi, la componente audio si è fatta strada come un fattore imprescindibile della caratterizzazione estetica di un videogioco. E c’è di più, poiché l’immersione sensoriale, nel corso della storia evolutiva del videogioco, è sempre stata un fattore di pressione selettiva. Quanto più un gioco risponde non solo a criteri ludici ma anche immersivi e suggestivi, tanto più richiama e riscuote successo: e specialmente in chi nel videogioco va più alla ricerca di un universo di sensi, di colori e musiche (non solo i casual gamers, ma spesso anche i cosiddetti hardcore players), che di un momento sganciato dalla caratterizzazione “di superficie” dell’estetica e incentrato sul puro divertimento. Da un lato l’evoluzione tecnologica continua, endemica, rischia di fare sconfinare in una visione “evoluzionista” il videogioco, facendo dimenticare che il valore di un gioco non va sacrificato sull’altare imperativo della “grafica sempre migliore” e della “musica più pulita”.
vol. 11 - MUSICA, MAESTRO!
D’altro canto, l’evoluzione tecnologica fornisce nuovi metodi e tecnologie che possono essere sfruttate per nuove strategie immersive e nuovi gameplay, nuove possibilità che permettono al videogioco di sposarsi con crescente facilità agli universi della musica e della grafica. Dalla introduzione dei supporti CD-ROM per le console, in particolare, il videogioco è entrato in una condizione di endemica ibridazione e di costante confronto con l’universo musicale e cinematografico, con conseguenze come l’interesse sempre maggiore di artisti e compositori per l’industria videoludica, il fenomeno degli scambi di tecniche ed estetiche tra film e videogiochi e la compilazione di colonne sonore. Se Rez è un esempio eclatante di uso delle potenzialità musicali del e nel videogioco, come non pensare allo sviluppo dei music e rhythm games, che costituiscono il cannibalismo videoludico di eventi ludici come il karaoke? Ma c’è di più, perché in tutto questo l’evoluzione tecnologica ha avuto un peso importante, determinando potenzialità e limiti della musica nel videogioco: limiti e soglie di potenzialità che la fantasia e il talento dei compositori sono riusciti a sfondare, ora sfruttando fino in fondo ogni possibilità che gli scarsi mezzi a disposizione permettevano, ora aggirando i problemi e riuscendo ad aprire inaspettate possibilità espressive. Nell’epoca dei DVD e della fine delle limitazioni tecniche, lo hanno fatto spesso senza dimenticare che in un videogioco la musica deve sempre rimanere al servizio della dinamica, globale esperienza ludica. [C]
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La storia della musica nel e del videogioco è complessa, fatta di rapporti tra game design, melodie e stili e risorse disponibili. C’è una prassi operativa degli addetti ai lavori, mirata a una regia che si occupa di sfruttare la risorsa emozionale nevralgica del suono come nel cinema, in funzione di vera e propria manipolazione delle emozioni del giocatore – quello che qualcuno ha chiamato Emotioneering. E ci sono numi tutelari, vere e proprie leggende underground come Rob Hubbard, Chris Huelsbeck, Yuzo Koshiro, Koji Kondo e altri che con le loro musiche hanno saputo imporre insieme un marchio di qualità e un’affermazione delle possibilità auditive del ludus elettronico. C’è infine una prospettiva ancora tutta da esplorare, vale a dire quale sia il destino della componente sonica del videogioco in tempi in cui il videogioco va contaminando e contaminandosi nel circuito dei mezzi espressivi, tra cinema, animazione e spettacolo. In questo speciale ci limitiamo a suggerire spunti di lettura sul ruolo della musica nel gioco elettronico, attraverso l’opera di alcuni tra i più grandi compositori di musiche per il videogioco. E lo facciamo senza pretendere di esaurire il campo degli addetti ai lavori, che è sterminato e vario, e sperando di non fare alcun grosso torto od omissione nel scegliere solo alcuni esempi di compositori tra quelli che meglio hanno saputo scrivere, nella piccola, grande storia del gioco elettronico, una pagina col proprio nome e la propria musica.
Rob Hubbard: bitonie sincopate e risparmi mnemonici
Nella storia dei compositori di musica per i videogiochi, il veterano Rob Hubbard occupa certamente un posto di rilievo. Se oggi è responsabile della divisione musicale della Electronic Arts, la sua fama inizia con Pet Sounds, scritta completamente in Assembly ai tempi in cui si poteva ancora lanciarsi e lavorare indipendentemente e in solitaria allo sviluppo di un gioco. Lo stile bitonale, con armonici inusitati e dalle ritmiche assolutamente stranianti composte per i numerosi giochi per Commodore 64 hanno sia una spiegazione che un esito: nascono come risposta alle immani limitazioni tecnologiche dell’epoca, ma riescono a imporre uno stile originale, emergente proprio dalle caratteristiche del supporto, che riescono a far fruttare in maniera inusitata. Rob Hubbard oggi dirige grossi team di compositori e tecnici del suono per l’industria altamente specializzata dei contenuti multimediali: il lavoro finale, musica ed effetti digitali, spesso concepiti per l’ascolto in Dolby e dalla qualità identica a quella analogica, è esito di sforzi e procedure collettive e, quel che più conta, il compositore non subisce limitazioni di memoria o di strumenti. All’epoca di IK+, Skate or Die o Formula 1 Simulator Rob Hubbard lavorava invece con strumenti che somigliavano molto più a 0 e 1 che a strumenti musicali, con soli 3 o 4 canali per il sonoro (inclusi gli effetti sonori in concordanza con il gioco) e una memoria ridicola. Il lavoro di Hubbard incarna quindi il concept primordiale della musica videoludica, inclusa la capacità di essere dinamica e cambiare in tempo reale, elasticamente, supportando le diverse fasi e ritmi di gioco in una maniera che si può indicare con quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Little Computer People di Crane e che spesso, anche nell’epoca delle maestose colonne sonore appiccicate come sfondo del gameplay, viene dimenticata. Quando le nuove console che incorporavano un lettore CD-ROM si presentavano con colonne sonore prefissate in background, le contestate cartucce che ospitavano Super Mario 64 producevano un suono cangiante a seconda del contesto, aggiungendo gli archi mentre ci inabissavamo nella suggestione di un quadro sottomarino o una parte frenetica di batteria al momento in cui il ritmo di gioco si faceva più frenetico.
Koji Kondo: melodie minimali e jingles velenosi
Dietro Super Mario 64, come del resto l’originale melodia di Super Mario Bros per NES e la maggioranza dei più importanti jingle Nintendo, alle tastiere c’è Koji Kondo. Sicuramente uno dei più importanti compositori di musica per videogiochi, l’autore delle musiche di giochi come Zelda, Starfox 64 o Super Mario World e Sunshine ha contribuito come nessun altro all’idea della musica videoludica come refrain contagioso, come motivetto indimenticabile la cui forza melodica riesce tranquillamente a superare il pregio nell’esecuzione. Lo stile molto più attento alla melodia che non alle sinfonie (tipico di compositori dell’epoca del CD-ROM), il forte impatto di ritornelli accattivanti e lo stile improntato alle ritmiche ora latine (come il tema dei Gerudo di Zelda), ora epiche e cinematografiche (Zelda, StarFox) e ora classicheggianti rendono i lavori di Kondo semplicemente indimenticabili. Nel corso di una ventina di anni lo stile di Kondo non è cessato: da un lato, la forza dei suoi motivetti semplici e orecchiabili o delle sue colonne sonore solenni ed epicheggianti è rimasta intatta; dall’altro lato, l’evoluzione dei supporti audio ha determinato le possibilità per una svolta decisamente sinfonica dei suoi lavori, il cui valore è attestato sia dalle numerose esecuzioni da parte di ensemble filarmonici che dagli apprezzamenti di artisti di ogni genere, il più celebre dei quali Paul McCartney. Se il videogioco nasce come uno strizzacervelli dotato di beeps e si fa pian piano più narrativo ed estetico, parte di quanto era necessario per questa transizione è dovuto ai motivetti che – come quelli di Kondo – lo hanno caratterizzato con una identità estetica forte e unica.
Chris Huelsbeck: electro-magician
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[/C]Le possibilità audio del videogioco avevano limitazioni e pregi che musicisti come Hubbard avevano imparato a conoscere, e la direzione del suono del videogioco era proprio quella dell’elettronica in cui il gioco stesso consisteva, più o meno la stessa tecnologia che in contemporanea allo sviluppo dei videogiochi, e specialmente dopo i settanta, avrebbe generato interi filoni musicali come la musica elettronica dei Kraftwerk e le infinite variazioni stilistiche della computer-generated music, l’industrial dei Cabaret Voltaire e tutti gli stili che oggi apprezziamo tra cui la musica trip-hop. Se di autori di musica videoludica si può parlare, il primo nome che viene in mente di utilizzare per attribuire statuto di autorialità delle musiche videoludiche è quello di Chris Huelsbeck. Autore delle musiche di oltre una settantina di giochi, soprattutto per Commodore 64, il tedesco Huelsbeck è meglio conosciuto per la colonna sonora di Turrican e Turrican 2, capaci di spremere hardware limitatissimi come quelli di un C64 verso miracolosi risultati compositivi, dalla qualità audio sorprendente e dallo stile inconfondibile, influenzato da artisti contemporanei e a sua volta fonte di ispirazione e citazioni. La fama di Huelsbeck, certamente meritata, va oltre il novero degli entusiasti di videogiochi o dei compositori di musica per gli stessi, e si iscrive nella storia della musica elettronica anni ’80, nel filone delle musiche elettroniche per videogiochi che oggi godono di un nucleo di entusiasti, di collezionisti e persino di un piccolo mercato di album, riedizioni, remix e compilation. Il merito maggiore di Huelsbeck è certamente quello di aver dotato l’universo videoludico di una identità sonora elettronica, emergente dai suoi stessi chip e non imitativa (come per i lavori di Yuzo Koshiro sul Megadrive o in Actraiser per SuperNES). Una identità che non scimmiottava generi musicali del tutto estranei alla natura profonda del videogioco, e che non a caso sarebbe passata in eredità a generi e stili ludici lontani dal casual gamer; e tipici di un certo hardcore gaming che è possibile rintracciare in giochi come Rez dell’ex UGA.
Nobuo Uematsu, Mitsuda e Iwadare: i John Williams del videogioco
Tra i compositori di musica per videogiochi più versatili e prolifici, Uematsu è anche uno dei nomi più famosi del settore per il suo maestoso contributo alla serie Final Fantasy di Square (ora Square-Enix). C’è un motivo per cui Uematsu è stato definito “il John Williams del videogioco”, ed è che con lui il videogioco assume una connotazione da grande epos prima riservata solo al cinema, con predilezione per grandi temi maestosi e soundtrack capaci di sconfinare dalle eteree atmosfere classicheggianti o ambient, misteriose e soffuse, a pezzi di elettronica percussivi e dai ritmi elevatissimi. Autodidatta (a differenza di compositori educati classicamente come Koji Kondo), Uematsu sintetizza nella sua opera la musica-videogioco della svolta del CD-ROM, quando le possibilità mnemoniche e di fedeltà del supporto resero possibile l’affrancamento dello stile sinfonico dal fardello della limitazione tecnologica, che ne limitava l’efficacia e la qualità. Se da un lato la musica videoludica entrava nelle viscere delle sue origini col versante elettronico, dall’altro l’evoluzione dei supporti le garantiva finalmente il dispiegamento nelle sue forme tradizionali, quelle degli strumenti fedelmente incisi sulla superficie riflettente di un compact disc. Liberi di comporre nello stile dei più blasonati grandi compositori hollywoodiani come John Williams o Jerry Goldsmith, i musicisti dediti alla musica dei videogiochi hanno potuto contribuire allo statuto squisitamente narrativo, estetico del gioco elettronico. [C]
[/C] Non che le cartucce e la musica MIDI impedissero al videogioco di incorporare musiche altamente epiche, sinfoniche o complesse: la più eclatante dimostrazione, in questo contesto, della immortale lotta tra limitazioni e ambizione, con trionfo della seconda, è la stupenda e amatissima colonna sonora di Chrono Trigger per SuperNES, composta dal poi famosissimo Yasunari Mitsuda con il supporto di Uematsu tra il 1994 e il 1995.
Nobuo Uematsu, Mitsuda e Iwadare: i John Williams del videogioco
Diversa, e legata proprio allo sviluppo dei supporti digitali, la sorte di Noriyuki Iwadare, autore delle musiche di Lunar: the Silver Star, autore dalla tarda e meritata fama e vincitore di premi per compositori con le colonne sonore di Grandia e Grandia 2 per Saturn, delicate e complesse sinfonie classiche “dinamicamente orchestrate” in omaggio agli amati Stravinsky, Mahler e Ravel.
Intorno alla videogame music: compilation e autori da Quake a GTA
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[/C]La carrellata su alcuni dei compositori di musiche per i videogiochi più importanti - e illuminanti per comprendere la natura e l’evoluzione della colonna sonora videoludica - non esaurisce né la quantità e varietà di artisti al lavoro, per i quali una lista sarebbe troppo poco e una presentazione di tutti impossibile; e neanche la complessità del tema trattato, visto che i rapporti tra musica e videogiochi, lungi dall’esaurirsi, sembrano prossimi a esplodere in una varietà di direzioni francamente imprevedibile. Il fenomeno delle compilation di brani famosi inclusi nella colonna sonora, inaugurato dalla serie di Tony Hawk Pro Skater, non è certamente il più interessante; basti pensare, sempre nel novero delle compilation, al caso di Grand Theft Auto 3 e Vice City, per i quali la selezione musicale d’epoca si è rivelata non solo più importante nel gameplay (e intelligentemente implementata con la metafora della radio), ma anche suscettibile di re-immettere sul mercato, in un nuovo packaging, le musiche in questione, in pasto a un pubblico in parte diverso e forse più vasto, certamente più vergine. Le interazioni più interessanti tra l’universo musicale e videoludico sono però altre, in primis il fenomeno del prestito al videogioco di artisti celebri nei rispettivi generi. Il caso più importante e fecondo è certamente quello dello storico Quake della ID, la cui colonna sonora è stata scritta interamente dal guru dell’industrial rock Trent Reznor, a capo degli storici Nine Inch Nails, produttore di numerosi album tra cui alcuni dei Marilyn Manson e di infinite collaborazioni nel campo dell’elettronica. Tech guy nei Nine Inch Nails e musicista/produttore è anche il meno famoso Chris Vrenna, responsabile della colonna sonora del cult game Alice della American Mc. E il già citato Marilyn Manson rientra in una problematica dei rapporti musica/cinema/videogioco ben più complessa, visto che ha composto la colonna sonora non già del gioco, ma del film tratto dal celebre Resident Evil, e che è la prima star la cui presenza è stata annunciata per il prossimo Pop Scars, il picchiaduro in stile Celebrity DeathMatch sviluppato da Johnathan Davies dei Korn. I rapporti musica/videogiochi non si esauriscono però neppure qui: a metà tra i primi music games come Parappa the Rapper e il tradizionale Karaoke, una intera generazione di music games ha guadagnato una imprevedibile popolarità in vaste fasce del mercato videoludico, fino al recente Singstar che unisce al karaoke il supporto video di EyeToy di Sony per proiettare anche il volto del giocatore nel contest canoro.
Una sinfonia di prospettive
Una cosa è certa: il suono nel videogioco non è certo la immobile e invariabile colonna sonora dei peggiori dei primi risultati dell’introduzione del supporto CD, ma è parte di una sinestesia al servizio del momento ludico, sinestesia che troviamo ben prima del pur unico Rez, già in nuce nella velocizzazione progressiva di Space Invaders o nelle aree a ritmo variabile di Super Mario 64. In quanto tale, l’elemento variabile della musica nel videogioco non può essere rinchiuso in un ambito ma tenderà a stupirci, com’è nella natura di quel cannibale proteico che è il gioco digitale. D’altro canto, la musica del videogioco è già un fenomeno cult e un mercato di intenditori e fanatici, nel quale è possibile banchettare alla scoperta di antologie retrò o di remix di brani celebri, prediligendo ora il vinile (stupendo il Limited Edition di Alice) e ora il CD (consigliate le antologie di Huelsbeck). In questo interscambio continuo e mare magnum di ibridazioni, il ruolo dei game musicians sarà sempre fondamentale: non solo come esecutori dotati o tecnici capaci, ma in una commistione delle due capacità, mai scissa dalla necessità di costruire, implementare e mantenere attivi il ritmo, l’immersione e la fascinazione nella complessa sinestesia videoludica.
VIDEOLUDICA è la premiata rubrica di storia, critica e teoria del videogioco dedicata all’universo del gioco elettronico con un taglio diverso, accattivante, maturo. VIDEOLUDICA vi porta alla scoperta dei generi perduti, dei veri autori, delle teorie sul videogioco, degli incroci con il cinema e le altre arti, delle tematiche più scottanti: tutto quello che avreste voluto leggere sui videogiochi e non avete mai osato chiedere.
Un appuntamento fisso per i nostri utenti Gold a cura di Marco Benoit Carbone.
In questo numero: VIDEOLUDICA vol. 11 - Musica, Maestro!. Ogni momento di emozione ludica è spesso possibile grazie a uno specialista del suono: i musicisti del gioco elettronico sono professionisti la cui arte non si esaurisce nel talento musicale, ma sconfina nella capacità di emozionare tramite un mezzo interattivo e dinamico come il videogioco...