Dopo aver regalato al pubblico dei videogiochi una fra le migliori conferenze estive dell'ultimo lustro - presentando undici produzioni first party e una pletora di giochi pronti a esordire su Game Pass - l'Xbox Game Showcase ha proiettato un'ombra molto meno minacciosa del solito sulla comunque immancabile lista dei grandi assenti. Già, perché nonostante la quantità di carne messa sul fuoco dalla casa di Redmond, non bisogna dimenticare la mole di videogiochi e software house che hanno scelto di non presentarsi sul palcoscenico, una conseguenza diretta della nuova pachidermica dimensione raggiunta dagli Studios di casa Xbox.
Esistono due possibili modi di guardare ai grandi assenti sul palco dell'estate di Microsoft. Si può scegliere di farlo con grande ottimismo, riflettendo sul fatto che oltre a tutti gli splendidi titoli presentati nel corso dello Showcase si nasconde un'ulteriore mole di opere attualmente in fase di produzione, attorno alle quali si potrebbe addirittura ricamare un secondo evento dedicato. Oppure si può scegliere di imboccare il sentiero della critica, ponendo domande scomode, chiedendosi ad esempio che fine abbia fatto The Initiative, se Everwild di Rare esista ancora, dove siano finite altre produzioni ormai annunciate da svariati anni.
Dopo aver giustamente tessuto le lodi della corazzata di Phil Spencer in seguito al grande spettacolo andato in onda in quel di Los Angeles, è arrivato il momento di sbirciare anche dietro le quinte, facendo il punto della situazione sugli Xbox Studios e puntando i riflettori sul lato oscuro della gestione Matt Booty. Ecco tutto quello che c'è da sapere sui grandi assenti dello Showcase, i videogiochi degli Xbox Game Studios di cui si sa ancora poco o nulla.
Prendere l'Iniziativa
C'è un nome che più d'ogni altro echeggia nel silenzio quando s'immagina la grande piramide di Microsoft, ovvero quello di The Initiative. Fondato nel 2018 in quel di Santa Monica - area metropolitana che ospita le roccaforti di Sony Interactive Entertainment - questo studio è stato posto sotto la direzione di Darrell Gallagher, un peso massimo dell'industria che, dopo aver trascorso dieci anni come capo di Crystal Dynamics, ha scalato i ranghi di Square-Enix per poi accomodarsi infine sulla poltrona da vicepresidente in Activision. Nel corso dell'E3 2018, il boss degli Studios Matt Booty e il sorridente Phil Spencer hanno scolpito nella pietra il destino di The Initiative: il futuro dello studio sarebbe stato legato a doppio filo con la creazione di videogiochi ad altissimo budget, i cosiddetti titoli AAAA. Per cementare ulteriormente tale visione, accanto alla nomina di Gallagher, furono annunciate le assunzioni dello scrittore Christian Cantamessa (Red Dead Redemption), del produttore Brian Westergaard (God of War), e di numerosi altri talenti strappati a Naughty Dog, Respawn Entertainment, Santa Monica Studio, Rockstar Games e tantissime altre fucine al vertice dell'industria.
Dopo un biennio di assoluto silenzio radio, nel 2020 è stato svelato il progetto che ha apparentemente assorbito tutte le energie della casa, ovvero il reboot di Perfect Dark, che si è mostrato una volta e una solamente - l'11 dicembre del 2020 - per poi svanire completamente da qualsiasi schermo. L'allora design director Drew Murray parlò del progetto come di uno spy-shooter immaginato per evolvere il ruolo del protagonista nel contesto degli sparatutto in prima persona; Murray, d'altra parte, abbandonò improvvisamente il progetto nel febbraio del 2021 per ritornare con gli ex colleghi di Insomniac Games. Durante il settembre dello stesso anno, fonti di Microsoft confermarono la collaborazione con Crystal Dynamics, tanto che il direttore del progetto divenne Daniel Neuburger, uno dei grandi responsabili alle spalle del reboot di Tomb Raider; ma a febbraio del 2022, anche Neuburger avrebbe abbandonato la nave senza fornire ulteriori spiegazioni, proprio mentre Crystal Dynamics stava per passare sotto il controllo diretto di Embracer Group. Nel corso dei dodici mesi successivi, un numero molto nutrito di sviluppatori - stando ad alcuni rumor si tratterebbe circa della metà dei dipendenti - hanno lasciato lo studio imputando la colpa ai lenti tempi di sviluppo e alla carenza di autonomia creativa. Da quel momento in avanti, l'unica dichiarazione pubblica riguardo il destino The Initiative porta la data di novembre 2022 e la firma di Matt Booty: il referente degli Studios ha spiegato che, a causa delle problematiche e dell'impatto del Covid, The Initiative avrebbe dovuto attraversare una rifondazione e ricominciare a costruire un team praticamente da zero.
L'antica pergamena e l'archeologo a caccia di tesori
In data 11 giugno 2018, Bethesda Softworks ha chiuso una delle più discusse conferenze estive della sua storia con il primo stringato teaser dedicato a The Elder Scrolls: VI. Accanto all'annuncio di Fallout 76, a quello di The Elder Scrolls: Blades, e agli unici guizzi portati sul palco da id Software e Arkane Studios, serviva qualcosa di grosso e stimolante, qualcosa che riuscisse a indorare la pillola dei live-games e delle produzioni per il mercato mobile. Todd Howard scelse di confezionare un'indecifrabile ripresa a volo d'uccello di una regione indistinguibile da qualsiasi genere di paesaggio generato proceduralmente; dopodiché, fu sufficiente la comparsa in sovrimpressione del titolo della storica saga GDR fantasy per mandare il pubblico in visibilio. Ma è mai esistito, veramente, un sesto capitolo nella serie di The Elder Scrolls? La risposta, probabilmente, è no. Quanto mostrato nel contesto dell'evento verticale di Starfield racconta una produzione totalizzante, pressoché impossibile da portare avanti in parallelo rispetto alla nuova istanza del franchise più ingombrante della casa. Ciò che fa ben sperare è il fatto che le nuove tecnologie e gli evidenti miglioramenti apportati al motore proprietario nel contesto dell'opera sci-fi potrebbero stravolgere completamente l'esperienza medievale, facendole finalmente compiere il balzo tecnico di cui ha sempre avuto bisogno. La grande incognita resta sempre la medesima: quanto tempo servirà per assistere alla pubblicazione del sesto episodio di The Elder Scrolls? Skyrim ha recentemente compiuto undici anni, si appresta a spegnere la dodicesima candelina, mentre Starfield deve ancora vedere la luce del sole. Per fare un paragone eccellente, fra Red Dead Redemption e il secondo episodio sono trascorsi solamente otto anni, e nel mezzo c'è stato anche il tempo e lo spazio per pubblicare un'opera titanica come Grand Theft Auto V. Riusciremo a tornare nel continente di Tamriel prima che trascorrano altri otto anni, ovvero la distanza intercorsa tra Fallout 4 e l'imminente Starfield?
Nel freddo 15 gennaio del 2021, è invece apparsa per la prima volta un'avventura annunciata a sorpresa su Twitter, al di fuori dei grandi contenitori comunicativi. È stato allora che abbiamo scoperto l'esistenza di un non meglio precisato videogioco a tema Indiana Jones, sviluppato da MachineGames - autori di Wolfenstein - con il pieno supporto di Lucasfilm Games. Stando alle informazioni più fresche lo sviluppo procede come previsto e persino gli annunci di lavoro della compagnia non lasciano trasparire alcun movimento sospetto; del resto si tratta di un progetto estremamente giovane, ed è fisiologico che serva del tempo prima che assuma una forma concreta, convincente al punto da mostrarsi in occasione di un grande appuntamento a firma Xbox. Sarà molto interessante, a margine, valutare l'operato di MachineGames, software house che fino a questo momento non si è mai staccata dalla formula che l'ha resa celebre. Ciò detto, si tratta di un progetto del quale si sa ancora pochissimo: riuscirà a trasformarsi nell'Uncharted di casa Microsoft?
I grandi sparatutto della casa
La memoria storica dei videogiocatori si accorcia e si allunga al bisogno, e questa è la più grande fortuna di qualunque produzione, per quanto sfortunata. Ciò che è accaduto alla saga di Halo in seguito al lancio della coppia di Xbox Series è un perfetto esempio di questa fattispecie: presentato attraverso una prima sequenza di gameplay a malapena sufficiente, il più costoso videogioco nella storia di Microsoft si è rintanato con la coda fra le gambe nei cantieri di 343 Industries, bucando completamente la data di lancio programmata. Nonostante il rinvio e gli stravolgimenti sul fronte creativo, alla fine l'atmosfera attorno all'avventura del Master Chief non è mai andata oltre il tiepido, tratteggiando i contorni della classica buona ma dimenticabile produzione. Halo: Infinite avrebbe dovuto configurarsi come la grande piattaforma di lancio del futuro della saga, una sorta di hub in costante evoluzione e mutamento, un GaaS capace di rapire migliaia di appassionati, nonché un massiccio mondo aperto pronto a crescere incessantemente per una decina di anni. Al netto di una calda accoglienza da parte della critica, l'opera non è riuscita a resistere alla prova del tempo, mancando completamente i traguardi fissati dai creativi, aprendo a un lungo periodo di damage control che ancora oggi non si è esaurito. Halo: Infinite continua a poter contare su una discreta base installata di affezionati, a breve accoglierà la Stagione 4, ma è molto probabile che i gravi ritardi fatti registrare dai contenuti post-lancio celino l'idea non troppo latente di salvare baracca e burattini attraverso un nuovo episodio. Del resto, stando ad alcuni report il progetto è costato circa $500 milioni impiegando sei anni di sviluppo, pertanto è verosimile che il management si aspettasse qualcosa di più dall'opera che più d'ogni altra porta i colori di Xbox stampati addosso. Un Halo 7, sulla carta, non dovrebbe essere in programma, ma la situazione attuale potrebbe convincere 343 Industries a stravolgere tutti i piani per il futuro.
Discorso diverso per Gears of War, saldamente ancorato alle mani di The Coalition, studio di sviluppo che continua a trainare stancamente la serie nel futuro senza tentare mai di scuoterne le fondamenta. Gears 5, pubblicato nel 2019 - a soli tre anni di distanza dal suo predecessore - ha raccolto pareri contrastanti e, nonostante qualche guizzo di natura creativa, ha consolidato la posizione del marchio in una sorta di bolla di stasi al di fuori del tempo e dello spazio. Da qualche anno la frangia più vocale degli appassionati si esprime in favore di un soft reboot, sperando di assistere a un'operazione simile a quella che nel 2018 ha trasformato l'arcaico brand di God of War in un nuovo videogioco capace di vincere il premio per il Game of the Year. Possibile che la stessa situazione si possa verificare anche dalle parti di Marcus Fenix? Al momento, in seguito alla pubblicazione della tech demo The Matrix Awakens, non ci sono notizie riguardo gli impegni dello studio, ma è scontato che almeno una frazione di esso sia attualmente al lavoro sul prossimo capitolo di Gears of War. Più in generale, gli sparatutto di Microsoft non sono riusciti a interrompere la caduta che ha caratterizzato l'ultima decade, e che fra le altre cose li ha visti scivolare completamente al di fuori degli esports di interesse internazionale.
Zombi, vampiri e animali fantastici
Quando Microsoft ha deciso di acquisire Undead Labs - a brevissima distanza dalla pubblicazione di State of Decay 2 - in molti hanno pensato a una prolungata fase di silenzio radio volta ad accomodare la produzione del nuovo episodio del franchise, titolo destinato a vedere la luce del sole in un momento molto lontano nel futuro. Invece, contro ogni pronostico, State of Decay 3 è stato annunciato ufficialmente nel 2020, praticamente nello stesso scatolone che ha accolto la line-up di lancio delle nuove console Microsoft, confermando al pubblico l'esistenza del progetto e l'ipotetico scollinamento oltre la fase embrionale. Nel corso di novembre del 2022, Matt Booty si è sbottonato ulteriormente sulla produzione, affermando che è nata per competere ad alti livelli sul piano tecnico e grafico, oltre che facendo un plauso al team di sviluppo attualmente concentrato sulle animazioni e sulle interazioni con lo scenario; a tal proposito, Booty ha confermato definitivamente il coinvolgimento della succitata The Coalition, che attualmente sta sperimentando su Unreal Engine 5 e potrebbe veder integrata buona parte del lavoro svolto nei confini della produzione di Undead Labs.
Discorso completamente diverso per Everwild di Rare, uno dei pochi titoli dell'ecosistema Xbox verso il quale è lecito nutrire seria preoccupazione; la storia di Everwild inizia addirittura nel 2014, quando un team interno di Rare, fra cui figurava anche Gregg Mayles - storico direttore della serie Banjo Kazooie - iniziò a sviluppare una serie di prototipi per un aspirante videogioco d'azione e avventura in terza persona. Quel lungo percorso si concretizzò nel 2019, nello specifico durante la presentazione X019, durante la quale Everwild venne presentato agli utenti facendo sfoggio di uno stile grafico in cel-shading e di un'anima più vicina al "god-game" che all'esperienza votata all'avventura; all'epoca, a tal proposito, emersero dei report pronti a giurare che nell'opera non sia presente alcuna forma di sistema di combattimento. Tuttavia, nel pieno di giugno 2021, prima Jeff Grubb e poi VGC pubblicarono notizie e analisi che raccontavano il completo reboot del progetto Everwild, avvenuto contestualmente alla partenza del direttore creativo Simon Woodroffe; il nuovo obiettivo sarebbe stato quello di presentarsi sul mercato con una pubblicazione soddisfacente attorno al 2024. Ed eccoci qui oggi, al termine dello Showcase estivo del 2023, ancora orfani di notizie riguardo il destino di Everwild; se da una parte in molti sperano di vedere questo titolo farcela e magari trasformarsi in un grande classico, diversi analisti hanno teso a portarlo come esempio dell'incapacità di Microsoft di staccare la spina ai progetto dopo ciò che accadde al compianto Scalebound.
Meritano una menzione, infine, gli Arkane Studios assieme ai vari universi che orbitano attorno a un marchio divenuto molto, forse troppo altisonante. Reduce dal clamoroso tonfo di Redfall, ma soprattutto dagli impalpabili risultati raccolti da Deathloop, l'agglomerato di studi considerati come il fiore all'occhiello nel portfolio di Bethesda sta attraversando un momento difficile; un momento che sta avendo un forte impatto silenzioso anche su studi terzi: Redfall, ad esempio, è sorto anche grazie alla completa collaborazione di Roundhouse Studio, che ha apparentemente messo da parte qualsiasi progetto per dedicarsi solo allo sparatutto vampiresco. Tornando a monte, ci sono molte speculazioni e altrettanti rumor che si stringono attorno alle due anime di Arkane, ovvero la sede di Austin e quella di Lione. Si dice, ad esempio, che Redfall fosse un titolo nel quale non credeva nessuno, e che ha finito per essere pubblicato solo perché l'operazione sarebbe costata meno rispetto a una cancellazione completa. Si dice anche che la casa - probabilmente nella dimensione francese - sia al lavoro da tempo su un progetto più ambizioso, una misteriosa entità che in molti speculano possa coincidere con l'universo di Dishonored, ormai assente dagli schermi da oltre nove anni; incidentalmente, Prey ha sempre chiamato a gran voce un sequel, senza poi dar cenni di vita nel corso degli otto anni trascorsi dal momento della pubblicazione. Sarebbe stato molto difficile, in ogni caso, prevedere che fra tutti gli studi presenti nel portfolio, alcuni fra i peggiori problemi e i casi più discussi potessero emergere proprio dalle fucine di Arkane.
Armi segrete o assenti ingiustificati?
Xbox è riuscita a impressionare pur senza fare affidamento sulla piena potenza di fuoco, direbbero alcuni. Altri, invece, si potrebbero porre due domande riguardo la fine ingloriosa che ha toccato determinate produzioni - su tutte Halo: Infinite - e sulla misteriosa scomparsa dagli schermi di progetti annunciati a cavallo fra il 2019 e il 2020. Comunque la si voglia vedere, gli studi di Redmond stanno lavorando alacremente per potenziare l'ecosistema Xbox, ed è fisiologico che ci sia qualche inciampo lungo il cammino; sta a Microsoft, di contro, dimostrarsi una figura paterna presente per i suoi figli, fornendogli una direzione, magari cancellando progetti quando ce n'è bisogno, ponendo qualche paletto creativo capace di frenare le menti alla deriva.
In questo momento tutti i grandi platform owner, ovvero i proprietari delle macchine che possono contare su studi first party, stanno adottando filosofie agli antipodi. C'è Microsoft, che ha garantito ai suoi ragazzi assoluta libertà creativa; c'è Sony, che punta sui live-games e non esita a cancellare e bocciare i progetti che non rispettano le sue aspettative; c'è Nintendo, che raccoglie i frutti della ricerca e sviluppo inter-studio, accogliendo a braccia aperte titoli come The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Ovviamente è ancora presto per commentare il futuro degli Xbox Games Studios, ed è del tutto possibile che ogni titolo menzionato in quest'analisi torni a mostrarsi in forma smagliante prima della fine dell'anno. Ciò detto, specialmente in seguito a uno Showcase tanto convincente, è lecito porsi due domande anche su quanto sta accadendo dietro le quinte.