Quattro ragazzini inglesi hanno speso 550 sterline nei pacchetti di FIFA Ultimate Team, la modalità online di FIFA 19 (sarà presente anche in FIFA 20), versione Nintendo Switch, svuotando il conto corrente dei genitori. Evidentemente non stiamo parlando di una famiglia benestante, ma qui la questione è diversa.
Thomas Carter, il padre, aveva regalato ai figli un singolo pacchetto del FUT spendendo circa otto sterline. L'uomo, evidentemente non un esperto di videogiochi, non si era reso conto che i figli avevano appreso il sistema e che erano in grado di ripeterlo. Così nei giorni successivi hanno iniziato ad acquistare pacchetti cercando di ottenere i loro calciatori del cuore.
Ora, va premesso che il padre è stato disattento e non ha applicato tutti i sistemi di sicurezza previsti dal gioco stesso per evitare situazioni simili, ma a sua discolpa bisogna dire che non è propriamente un esperto di videogiochi. Inoltre, come sottolineato dal giornalista videoludico Jim Sterling, è assurdo che molti moderni videogiochi tripla A chiedano di leggere delle linee guida per non ritrovarsi sostanzialmente con il conto corrente azzerato, soprattutto quelli indicati come adatti a tutte le età. Insomma, perché un genitore non può acquistare un gioco per il figlio e starsene semplicemente tranquillo? Perché l'industria videoludica accetta l'inserimento di meccaniche di monetizzazione che semplicemente finiscono per attirare in trappola i soggetti più deboli, in questo caso i bambini, ma anche il padre inconsapevole, finendo oltretutto per gettare discredito sull'intero medium? Perché è facile dare la colpa solo a lui, abbracciando una retorica comoda soprattutto per i produttori, senza vedere che l'intero sistema funziona in modo tale da produrre scientemente casi simili.
Emersa la polemica, fortunatamente Nintendo ha deciso di rimborsare Carter di quanto speso, mentre Electronic Arts ha declinato ogni commento. Rimane il fatto che il problema non sono i soldi spesi, ma il meccanismo che ha prodotto il caso in oggetto.