Dopo la pubblicazione del romanzo Battle Royale di Koushun Takami, all'inizio del nuovo millennio, si sono moltiplicate le opere che trattano lo stesso tema: un gruppo di individui, spesso adolescenti, costretti a uccidersi a vicenda pur di sopravvivere.
Tra le imitazioni più convincenti spiccano sicuramente la serie di romanzi e film The Hunger Games, ma anche la miniserie a fumetti Avengers Arena pubblicata recentemente da Marvel Comics e, ovviamente, Danganronpa: Trigger Happy Havoc, visual novel del 2010 sviluppata originariamente per PlayStation Portable e poi convertita per iOS e Android un paio di anni fa in virtù del suo ottimo successo, fino ad approdare sul nuovo portatile Sony giusto qualche mese fa. Considerando che la libreria PlayStation Vita non brilla di vitalità, è stato piuttosto sorprendente quanto piacevole scoprire che il giapponesissimo Danganronpa sarebbe stato localizzato anche per il nostro mercato, dove le visual novel "alla giapponese" non hanno mai avuto un seguito di particolare rilievo. Ed è un peccato, perché il titolo di Spike/Chunsoft è davvero valido e appassionante.
Nonostante il tema tutt'altro che allegro, Danganronpa è una visual novel davvero divertente
High School Murderer
La premessa è assurda, ma piuttosto semplice. Makoto Naegi è un adolescente comunissimo e ordinario senza alcun talento particolare, eppure viene selezionato per frequentare l'esclusivissima Hope's Peak Academy: si tratta di un liceo al quale può accedere letteralmente la crème de la crème, dal miglior giocatore di baseball al miglior karateka passando per la miglior pop-star o il miglior chiaroveggente, per quanto poco senso possa avere.
Makoto viene scelto per puro caso, quindi col senno di poi lo potremmo definire come il più sfortunato del pianeta visto che fin dal primissimo giorno la sua nuova scuola si rivela tutt'altro che un paradiso studentesco: i ragazzi sono letteralmente in trappola, alla mercé di un preside pazzo che si manifesta nella forma di un orsacchiotto psicopatico e omicida. Le regole sono chiarissime, perché i ragazzi non possono uscire dall'edificio e per diplomarsi devono uccidere qualcuno entro la fine del corso senza farsi scoprire. Se il colpevole viene individuato, per lui è finita... ma se non viene scoperto o viene accusato lo studente sbagliato, è Game Over per tutti gli altri. Inutile dire che la tensione sale subito alle stelle: da una parte nessuno sembra sostenere questo gioco diabolico, dall'altra tutti si guardano a vicenda con sospetto, convinti fin da subito che qualcuno possa attentare alle loro vite. Makoto, dal canto suo, è un bravo ragazzo e si troverà - il giocatore nei suoi panni - a indagare sui misteri della scuola e sui macabri eventi che cominceranno a susseguirsi fin da subito.
Lo ripetiamo, la storia è veramente assurda, ma la quantità e qualità dei dialoghi indiscutibile, coadiuvata da momenti veramente drammatici, colpi di scena davvero imprevedibili e situazioni di grande creatività; non mancano ovviamente le battute di spirito o le situazioni al limite del paradosso nel più puro stile nipponico, ma i personaggi riflettono e discutono gli eventi sulla base di personalità peculiari e ben definite che, peraltro, è possibile approfondire in due fasi di gioco ben precise. La prima si chiama Daily Life e fondamentalmente è quella che consente di portare avanti la storia, conversando con i vari personaggi che abitano la Hope's Peak Acadamy. A queste sequenze si alternano i momenti Free Time, in cui il giocatore è libero di girovagare per la scuola in prima persona e frequentare i suoi compagni per conoscerli meglio, imbastendo dialoghi ramificati che possono aumentare il suo livello di affinità e sbloccare nuove abilità da sfruttare nei minigiochi di cui parleremo tra un momento. Vale la pena menzionare il fatto che completando il gioco si sblocca una modalità intitolata School Life, la quale in buona sostanza propone una versione alternativa e più allegra della storia, in cui è possibile interagire con i vari personaggi senza i drammatici risvolti della trama originale. Si tratta di un divertissement per chi non è arrivato a conoscere in tempo alcuni comprimari e che, per quanto ripetitivo, permette di apprezzare meglio la loro ottima caratterizzazione. Purché, ovviamente, si conosca alla perfezione la lingua inglese visto che c'è tantissimo da leggere e nella maggior parte dei casi è fondamentale comprendere i dialoghi e i loro sottintesi.
Trofei PSVita
In Danganronpa si possono sbloccare trentotto Trofei: ventisette di bronzo, cinque d'argento, cinque d'oro e il platino finale. Per la maggior parte basta seguire la storia e risolvere i vari casi, ma a volte bisognerà impegnarsi un po' di più, trovando tutti i collezionabili e soddisfacendo particolari requisiti.
Il grande gioco dei morti
Un po' visual novel e un po' social simulator, Danganronpa propone anche delle interessanti sequenze interattive facilmente paragonabili alle meccaniche della serie Ace Attorney. Quando i tuoi compagni di scuola si rivelano dei potenziali assassini e l'unico modo per sopravvivere è smascherare il colpevole di turno per conto di un orsacchiotto bipolare, scoprirsi detective è un passo quasi obbligatorio. Nelle sequenze di gioco chiamate Deadly Life bisognerà esplorare la scuola in cerca di indizi: in realtà, l'interfaccia ci mostra chiaramente ogni punto d'interazione, e starà a noi esaminarli tutti in cerca di quelli necessari a portare avanti la storia e fornirci le prove di cui avremo bisogno. Questa fase è probabilmente la più noiosa dell'avventura, poiché non è chiaro di cosa abbiamo bisogno e in che quantità, e la creatività di alcuni casi rende determinate interazioni piuttosto improbabili; inoltre, ci si ritrova a parlare ripetutamente con i vari personaggi, nel caso l'ultimo indizio acquisito abbia sbloccato nuovi dialoghi illuminanti. Una volta scoperti tutti gli indizi, la storia prosegue e si passa a quello che il preside Monokuma definisce Class Trial, praticamente un vero e proprio dibattito che coinvolge tutti gli studenti ancora in vita e che si struttura in una serie di minigiochi diversi.
Il titolo Danganronpa in giapponese significa una cosa tipo "proiettile di confutazione", ed è infatti questa la forma metaforica che assumono le nostre prove: nel primo minigioco, Nonstop Debate, dovremo infatti "colpire" le frasi compromettenti degli altri personaggi con le nostre prove, allo scopo di contraddirle. Segue l'Hangman's Gambit, un minigioco praticamente impossibile per i non anglofoni in cui è necessario colpire le lettere che si muovono per lo schermo e che possono formare una parola che si riferisce a uno degli indizi trovati in precedenza. Il rhythm game Bullet Time Battle ci obbliga a premere i tasti a tempo nel tête-à-tête finale col cattivo di turno, mentre il conclusivo Closing Debate ci fa completare una specie di fumetto riepilogativo del caso che stiamo affrontando. I minigame si fanno sempre più difficili e complicati man mano che si susseguono i capitoli della storia, e alcuni Class Trial possono durare persino un'ora, richiedendo un notevole sforzo di concentrazione e memoria: fortunatamente, le abilità imparate aumentando l'affinità con i nostri sfortunati (?) compagni ci permettono di "potenziare" le performance di Makoto, semplificandoci la vita insieme ad altre meccaniche come quella che ci permette di rallentare momentaneamente il tempo e, quindi, di studiare con calma la raffica di dialoghi. In queste sequenze, peraltro, lo stile grafico adottato da Danganronpa ha molto più fascino perché i movimenti della telecamera e i giochi di luci e di ombre nascondono meglio la bizzarra scelta di mostrare i personaggi e praticamente ogni altro elemento dell'ambiente nella forma di artwork bidimensionali senza spessore, in stile fogli di carta. A parte questo, le brevi cinematiche di intermezzo e la direzione artistica generale sono piacevoli e inquietanti al tempo stesso, sintetizzando bene le tinte thriller che Spike/Chunsoft ha voluto ricreare con discreto successo.
Conclusioni
Due considerazioni generali e concise concise: se non vi piacciono le visual novel, state perdendo tempo. Se vi piacciono le visual novel ma non capite un'acca di inglese, state perdendo tempo ugualmente. Il punto debole di Danganronpa è proprio il suo genere di appartenenza, il cui campo si restringe ancora di più se si considera la barriera linguistica. L'inglese adottato è scolastico, badate bene, ma è necessario conoscerlo bene e, talvolta, capirlo in fretta. A parte questo dettaglio, Danganronpa è una visual novel longeva, ricca di contenuti e spesso sorprendente, caldamente consigliata agli amanti del genere e a chi cerca un titolo diverso dal solito.
PRO
- Storia e personaggi davvero interessanti
- I minigiochi spezzano un po' la monotonia della lettura
CONTRO
- Sconsigliato a chi non conosce bene l'inglese
- È una visual novel: o si ama o si odia