Annunciato l'anno scorso e uscito in leggero ritardo rispetto ai piani originali, il progetto di Zombie Studios ha finalmente visto la luce... se di luce si può parlare, considerando il contesto. L'esperienza di Daylight parte da almeno un paio di ottime idee.
In primo luogo lo smartphone, che la protagonista del gioco usa per fendere il costante buio delle ambientazioni e per orientarsi grazie alla mappa che compare sullo schermo del dispositivo. La voce misteriosa che ci guida proviene anch'essa dal telefono, dunque si tratta di una soluzione che risolve varie esigenze narrative in un colpo solo, rendendo plausibile la situazione in cui ci troviamo, quella di fuggiaschi in un ambiente ostile e tetro, che sembra abitato dagli spiriti. In secondo luogo, la natura procedurale del gioco, peraltro mosso dal potente Unreal Engine 4. Cosa significa esattamente? Che ogni partita con Daylight è diversa dall'altra, e non solo per la posizione dei "nemici" all'interno delle location, ma proprio per la conformazione degli scenari. Non esiste una guida che possa dirvi cosa fare e dove andare, perché appunto la storia che viene scritta è di volta in volta differente, al netto di un filo conduttore che è quello degli oggetti con cui dobbiamo interagire e delle zone della mappa che dobbiamo raggiungere per accedere alla "fase successiva".
Daylight mette sul piatto alcune idee interessanti, ricche di un potenziale che rimane però inespresso
Da soli nel buio
Se l'obiettivo di Zombie Studios era quello di realizzare un "generatore casuale di salti dalla sedia", possiamo dire tranquillamente che è stato raggiunto. In Daylight lo spavento è all'ordine del giorno, enfatizzato magari da una fruizione al buio e con un paio di buone cuffie. Qualcosa si è mosso davanti a noi o è stata solo un'impressione? Quel cassetto si è aperto da solo o c'era qualcuno?
Cosa diavolo è il rumore che rimbomba alle nostre spalle? Situazioni di questo genere vengono sapientemente dosate nell'arco dell'avventura, che viene resa ancora più coinvolgente dall'uso della visuale in prima persona e dagli espedienti di cui abbiamo parlato in apertura. I controlli sono ridotti al minimo (anche se gli sviluppatori meriterebbero una tirata d'orecchi per non aver modificato l'interfaccia della versione PC adattandola all'uso del controller per Xbox 360 - ma tranquilli, il dispositivo è perfettamente supportato), così com'è limitata l'interazione con ciò che ci circonda, fatti salvi i già citati oggetti e determinati meccanismi, evidenziati nel momento in cui accendiamo uno dei lightstick che si trovano in giro. Se avete provato Outlast, per fare un esempio recente, sappiate che Daylight si pone fondamentalmente come lo stesso tipo di survival horror. Ciò significa che nel gioco non è possibile affrontare le eventuali minacce ma soltanto fuggire da esse, con due eccezioni che si pongono agli antipodi: quando utilizziamo un bengala, visto che il fuoco sembra proprio non essere gradito alle "streghe" che talvolta ci inseguono nei corridoi; e quando raccogliamo una delle "chiavi" che servono per aprire un varco verso la zona successiva, che ci impediscono di impugnare nel frattempo altri oggetti con la mano sinistra, rendendoci dunque completamente vulnerabili.
The Ring
Dipinto così, Daylight sembrerebbe un'esperienza decisamente hardcore e per molti versi originale. In realtà il grado di sfida del gioco non è alto, e rendersene conto purtroppo riduce in modo sostanziale il carico di tensione che è in grado di trasmettere. Quando lo smartphone della protagonista fa i capricci e alle nostre spalle compare una strega, infatti, basta spostarsi rapidamente (o accendere un bengala, come già detto) per rimanere in vita e proseguire nell'esplorazione.
È piuttosto la stessa fase esplorativa a creare qualche grattacapo, perché bisogna necessariamente fare attenzione a ogni stanza e a ogni muro per trovare gli indizi che ci consentono di far comparire i portali e successivamente di attraversarli; col rischio di fare un bel po' di backtracking laddove le cose non vadano come preventivato. Tutti questi elementi concorrono alla composizione di una struttura alla fine dei conti molto semplice, a cui mancano le sfaccettature necessarie perché l'esperienza possa guadagnare spessore e significato. Cose che, per ribadire il confronto, in Outlast sono invece presenti in abbondanza. La sensazione, insomma, è che Daylight si ponga come un solido punto di partenza per progetti che però sono ancora di là da venire; un prodotto che garantisce situazioni sempre diverse ma il cui mordente scema dopo il primo giro, che peraltro si completa in appena un paio d'ore (abbondanti o meno a seconda della vostra fortuna nell'imbattervi negli indizi). Le aspettative nei confronti dell'Unreal Engine risultano inoltre disattese, in questo caso specifico: c'è poco nel buio delle ambientazioni (dalle camere dell'edificio iniziale ai sotterranei, per finire nei boschi) che faccia gridare al miracolo, e la quantità di regolazioni grafiche presenti su PC (che includono anche la tecnologia di occlusione ambientale avanzata sulle schede NVIDIA, nonché uno slider per la distanza visiva) non sembrano influenzare più di tanto un comparto tecnico che forse avrebbe avuto bisogno di contesti differenti per risaltare. Niente da dire invece sul sonoro, funzionale all'azione e ben recitato nei dialoghi (in inglese).
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: AMD Phenom 8320
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 770 Jetstream
- Memoria: 8 GB di RAM
- Sistema operativo: Windows 8
Requisiti minimi
- Processore: Intel o AMD da 2,3 GHz
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 470, Intel HD 4000
- Memoria: 4 GB di RAM
- Sistema operativo: Windows 7 SP1, Windows 8
Requisiti consigliati
- Processore: Intel o AMD da 3,4 GHz
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 470, Intel HD 4000
- Memoria: 8 GB di RAM
- Sistema operativo: Windows 7 SP1
Conclusioni
L'idea alla base di Daylight è affascinante e il gioco possiede indubbiamente un grande potenziale, che però rimane inespresso a causa di un gameplay molto basilare e limitato, in cui non bisogna fare altro che trovare un certo numero di indizi, afferrare un oggetto simbolico e attraversare un "portale" verso la zona successiva, cercando magari di non farsi prendere alla sprovvista dalla "strega" che di tanto in tanto si manifesta alle nostre spalle. È vero, l'avventura cambia ogni volta che cominciamo una nuova partita e dunque gli eventi che provocano il proverbiale "salto dalla sedia" risultano imprevedibili, ma la sensazione è che gli sviluppatori abbiano puntato solo su questo elemento e trascurato tutto il resto, consegnandoci un'esperienza interessante ma scarsamente significativa.
PRO
- La natura procedurale garantisce scenari sempre diversi
- I salti dalla sedia sono all'ordine del giorno
- Bella atmosfera...
CONTRO
- ...ma non il miglior uso possibile dell'Unreal Engine 4
- Gameplay eccessivamente semplice e privo di sfaccettature
- Si completa in poco tempo