Sebbene non abbia il medesimo seguito del calcio, è indubbio che il movimento rugbistico, negli ultimi anni, sia cresciuto esponenzialmente nel nostro Paese, catalizzato dal salto di qualità della nazionale e dal carisma di alcuni giocatori, come il barbuto e simpaticissimo Martin Castrogiovanni, attuale pilone nel Tolone e colonna portante degli azzurri.
La passione per questo affascinante sport, spesso contrapposto al "pallone" per il comportamento dei giocatori fuori e dentro al rettangolo di gioco, è dilagante in particolar modo nei Paesi legati all'ex impero britannico, che raccoglie le più forti squadre al mondo come la Nuova Zelanda (i mitici All Blacks), il Sudafrica e l'Australia, protagoniste dell'affascinante "Tre Nazioni" sino al 2011, quando è stato trasformato nel The Rugby Championship con l'aggiunta dell'Argentina. Considerando i milioni di persone coinvolte ed il grandissimo seguito delle competizioni internazionali più importanti, è incredibile pensare che sino ad oggi non sia stato prodotto un videogioco davvero degno di tale sport, tra produzioni a basso budget o semplicemente mediocri che si sono susseguite, senza soluzione di continuità, nell'ultimo decennio. Tra le software house in prima linea a sostenere il movimento vi è la canadese HB Studios, autrice di diversi titoli a tema sino al discusso Rugby World Cup 2011, una produzione generalmente scadente che tuttavia ha raccolto alcuni estimatori, probabilmente accontentatisi a causa della totale mancanza di alternative. Dopo alcuni anni di pausa, l'annuncio a sorpresa di Rugby 15, fra l'altro plasmato anche per console di nuova generazione, ha ridestato dal torpore gli appassionati delusi, accendendo la speranza per un'opera perlomeno dignitosa. Noi abbiamo provato a fondo la versione PlayStation 4, e per sapere com'è andata, non vi resta che continuare a leggere.
EA e HB Studios ci riprovano con Rugby 15, ma falliscono goffamente la meta
Stesso peso, stessa misura
Ok, simulare uno sport complicato come il rugby a 15 deve essere tutt'altro che semplice, non solo per il regolamento tecnico, ricco di sfumature, ma anche e soprattutto per i numerosi contatti fisici che lo caratterizzano, laddove mischie, ruck, maul e chi più ne ha più ne metta non sono affatto agevoli da tradurre in comandi sul joypad. Storicamente, i "disastri" compiuti sulle vecchie simulazioni di rugby ricadevano in particolar modo sulle suddette fasi, che definire approssimative e grottesche è un complimento.
Le cose, purtroppo, non sono affatto virate in meglio nell'ultima fatica di HB Studios, ma procediamo con ordine e iniziamo dagli aspetti positivi - ben pochi - che caratterizzano Rugby 15. L'aspetto dei menù non è dei più eleganti, ma è chiaro l'intento di strizzare l'occhiolino alle affascinanti interfacce degli ultimi Fifa e Pes, ove le varie opzioni sono racchiuse in quadrati e rettangoli ben organizzati sullo schermo. La prima cosa che balza all'occhio è la licenza ufficiale per alcuni tornei, come l'Aviva Premiership Rugby, ovvero il massimo campionato professionistico inglese, il Top 14 e la Pro D2, rispettivamente Lega 1 e Lega 2 francesi, ed il Pro 12, un torneo aperto a club europei ove quest'anno militano anche le nostre Benetton Treviso e le Zebre di Parma. Un piatto piuttosto ricco e interessante per gli appassionati, che troveranno i loghi ufficiali delle varie squadre e i nomi originali dei giocatori. L'altra faccia della medaglia, per quel che concerne le licenze, è rappresentata dai tornei e dalle squadre internazionali, sì presenti ma privi di loghi e nomi originali. Insomma, nell'Italia di Jacques Brunel, invece di esserci il già citato Castrogiovanni o Sergio Parisse, troviamo tizi chiamati Columbus Stanton, Alexander Lupercio e Pasquale Villafuerte, senza nemmeno il tentativo di scimmiottare i nomi originali, come avveniva simpaticamente nei vecchi Pro Evolution Soccer.
Nel menù principale è accessibile anche la competizione Super Rugby dedicata ad alcuni club australiani, neozelandesi e sudafricani, ma anch'essa è del tutto priva di licenze e viene soprannominata Southern 15. Fortunatamente è possibile sbizzarrirsi con l'apposito editor e rinominare tutti i giocatori con nomi falsati, un'opzione interessante che tuttavia, ad uno sguardo più attento, nasconde la mediocrità che caratterizza l'intero progetto. Tutti i giocatori, infatti, risultano avere un'altezza di 188 cm ed un peso di 100 chilogrammi, un campanello d'allarme che che si palesa con violenza una volta scesi in campo. Nel parleremo nel prossimo paragrafo. Al di là delle sopracitate competizioni, è possibile disputare una partita amichevole o creare una coppa personalizzata con opzioni sufficientemente complete, sebbene anche in questo caso emerga qualche dettaglio sconcertante. Provando ad accedervi, infatti, compare subito un messaggio di errore che ci indica di aver raggiunto il limite di "40 caratteri" per scrivere il nome della coppa. Un fatto doppiamente curioso, considerando che il nome predefinito è "New Competition", che di caratteri, compreso lo spazio, ne ha solamente quindici. Chiuso un occhio su questi difetti e selezionata la sfida desiderata, prima di scendere in campo c'è un'ultima serie di opzioni da poter gestire, ovvero la durata del match, il livello di difficoltà, l'orario, le condizioni meteo e la gestione del pareggio, con tempi supplementari e "morte improvvisa". Altra nota curiosa, selezionando il match in notturna, tra le varie condizioni meteo disponibili compare un misterioso "cancella", che ancora non siamo riusciti a decifrare.
Corri Forrest, corri!
Insospettiti dalle magagne di cui sopra, come primo test ci lanciamo in un affascinante torneo Sei Nazioni, con la speranza nel cuore che si sia trattato solo di "sviste" in sede di traduzione; lo spettacolo che si para innanzi ai nostri occhi, tuttavia, conferma i sospetti serpeggiati sin dapprincipio. Al di là del comparto tecnico anacronistico, del quale parleremo nel dettaglio nel prossimo paragrafo, ciò che colpisce è l'assenza di qualsivoglia presentazione del match: che stiate giocando l'amichevole di turno o la finale del torneo più prestigioso, ciascuna partita inizierà sempre nel medesimo modo, con l'inquadratura sul campo ed il giocatore pronto a dare il calcio d'avvio. Insomma, dimenticatevi coreografie da stadio, inquadrature ravvicinate dei giocatori, inni nazionali et similia, non esiste alcuna presentazione in Rugby 15, così come non troverete replay.
Lo stupore per la resa visiva è persino inferiore a quello che si prova pad alla mano, dato che il sistema di controllo, per quanto ricco di comandi, risulta poco responsivo, talvolta governato dal caso e affossato da alcune soluzioni a dir poco assurde. Procediamo con ordine. Con la levetta analogica sinistra del Dualshock 4 si muove il giocatore selezionato (L1 per lo switch), ma non esiste il tasto per la corsa: semplicemente, tenendo premuta la levetta verso la direzione desiderata, il giocatore accelera di conseguenza. L'aspetto più ridicolo risiede nel fatto che lo scatto è talmente repentino, soprattutto con i giocatori più veloci, che in pratica si passa da una fase statica al massimo sprint, senza fasi intermedie. Ancora più bizzarro il fatto che, correndo in diagonale, spesso si vada più veloci che andando diritti, e cambiando continuamente direzione con rotazioni improvvise dello stick, talvolta il sistema di controllo "inciampa" perdendo l'input: esilarante il comportamento delle linee avversarie alle nostre evoluzioni, che seguono i movimenti del portatore di palla come un branco di pesci o uno stormo di uccelli braccato da un predatore. Come sicuramente saprete, nel rugby lo scopo è segnare punti possibilmente attraverso le mete, e il dribbling degli avversari che tentano il placcaggio rappresenta una delle azioni più appassionanti e spettacolari. In Rugby 15 questo è probabilmente l'unico momento riuscito e divertente, poiché talvolta, nonostante i difetti di cui sopra, si riesce ad imbastire qualche azione interessante facendo passaggi al volo tra i vari giocatori, da eseguire con la combinazione della levetta destra più il tasto R2. Ciò nonostante, a causa delle brusche accelerazioni, spesso e volentieri torna alla mente l'immagine di Forrest Gump che si invola su un campo da football americano, strappando più di una risata. I sogni di gloria verso la meta, da compiere con la pressione simultanea di L3 più R3, sono spesso infranti dall'ultimo difensore avversario, che sbuca dallo schermo esattamente nel momento migliore, talvolta senza essere nemmeno segnalato sulla minimappa posta in basso.
I placcaggi sono spesso goffi e grotteschi, e il portatore di palla viene praticamente risucchiato dall'avversario, con pochissimo margine di manovra per divincolarsi dalla presa. Una volta a terra, nel classico ruck, ma anche in mischia o durante i maul, parte il minigioco di turno per impossessarsi della palla, nel quale, a seconda della situazione, è necessario posizionare correttamente l'indicatore sul verde - con lo stick destro - e premere forsennatamente il tasto R2, utile anche per tallonare. Vincere il suddetto minigioco è semplicissimo anche a livello di difficoltà più elevato, rendendo le partite decisamente disequilibrate in favore del giocatore. E' indubbio che simulare tali situazioni di contatto in un videogioco sia difficilissimo, ma è fuori discussione che gli sviluppatori avrebbero potuto fare molto di più per renderle credibili. A causa dei placcaggi "molesti", giocare la palla coi piedi è quasi impossibile, e i vari up and under, chip e grubber diventano praticamente inutili ai fini dell'azione, tanto che anche l'intelligenza artificiale non li utilizza quasi mai. Nelle decine di partite disputate per analizzare il prodotto, abbiamo subito un solo Drop Goal, mentre sin troppo spesso abbiamo visto calci a liberare in touche, anche quando non ve ne fosse reale necessità. Le cose vanno sensibilmente meglio con i calci piazzati, laddove è necessario passare per un classico minigioco dosando la potenza del tiro - con lo stick destro - e facendo attenzione alla velocità del vento, sebbene anche in questo frangente non manchino situazioni imponderabili. Con la croce direzionale è possibile impostare diverse strategie di attacco e difesa, alcune delle quali funzionano anche sufficientemente bene, se non fossero poi banalizzate dalle dinamiche ludiche di cui sopra. L'intero gameplay manca dunque della cura e della raffinatezza che si converrebbero ad una simulazione degna di tale nome, e, sebbene come specificato sia possibile anche divertirsi in talune circostanze, è indubbio che siamo innanzi ad un lavoro dozzinale. Non è comunque da escludere che alcuni appassionati, come fu per Rugby 08 e Rugby World Cup 2011, riusciranno a chiudere entrambe gli occhi (uno non basta) innanzi a tali oggettive mancanze, che esplodono - letteralmente - nella mediocrità assoluta del comparto tecnico.
Ritorno al passato
Se dal punto di vista prettamente ludico il lavoro HB Studios mostra il fianco a gravi criticità, quello tecnico si palesa come uno dei più brutti e buggati che siano apparsi negli ultimi anni, e verosimilmente come il peggiore su PlayStation 4. Alla prima inquadratura del campo di gioco, non potevamo davvero credere ai nostri occhi: un manto erboso con texture così uniformi e ripetute non lo vedevamo dai tempi dell'Amiga 500. Avete letto bene; con determinate condizioni di illuminazione, il campo è semplicemente orrendo, e lo stadio (uno solo per tutto il gioco!) che lo accoglie è un'accozzaglia di poligoni sfocata, dove si dimena un pubblico indefinito. I giocatori, inoltre, sono manichini tutti uguali - dimenticatevi di poter riconoscere quelli famosi - differenziati solo dalla capigliatura e dal colore della pelle.
Le animazioni sono spesso ridicole e prive di frame fondamentali, che culminano in compenetrazioni poligonali o situazioni esilaranti, in cui magari il movimento delle mani è indirizzato da una parte e la palla schizza come un missile da quella opposta. Fortunatamente la fisica della palla ovale non è sempre malvagia, ma vedere giocatori e pallone teletrasportarsi o strisciare - soprattutto nelle situazioni di mischia - è davvero deprimente, considerando che stiamo parlando di una produzione del 2014 su una console potente come la PlayStation 4. Se ciò non bastasse, il frame rate è ballerino in diverse circostanze, sintomo che il motore Unity non sia stato ottimizzato a dovere. In condizioni di pioggia, fra le altre cose, i colori smorti delle uniformi creano spesso confusione, in un'accozzaglia visiva di rara bruttezza. Pessimo anche il commento audio di Stuart Barnes, con frasi ripetute all'inverosimile come quello sullo "sprint olimpico" citato praticamente ad ogni meta segnata, così come sono pessimi gli effetti sonori, con campionature davvero povere e poco incisive. Ciliegina sulla torta, la totale assenza del multiplayer online, imprescindibile per qualsiasi sportivo moderno, e non mancano persino crash sistematici. Giocando il Sei Nazioni a difficoltà media, ad esempio, finendo in ruck tra Italia e Scozia ci è capitato diverse volte l'errore CE-34878-0, che ci ha rispedito nella dashbaord della console come il più temuto dei "Guru Meditation". Per concludere il torneo siamo stati costretti ad abbassare il livello di difficoltà a facile, che stranamente non fa capitare l'errore. Vinta la competizione, speravamo almeno in una qualche forma di congratulazioni, ma siamo stati proiettati nella tristissima schermata delle "classificazioni" (classifiche era troppo complicato) ottenendo in premio la sola scritta "Campiono!", piazzata in mezzo allo schermo.
Conclusioni
Senza fare troppi giri di parole, se speravate in un gioco di rugby degno di tale sport, fareste bene a mettervi subito l'anima in pace. Rugby 15 non solo è bruttissimo da vedere, ma è costellato da bug e criticità di ogni genere, che lo rendono talvolta ingiocabile oltre che involontariamente esilarante, tra accelerazioni da cartone animato e comicissime traduzioni in italiano. All'appuntamento non mancano anche crash sistematici, e considerando il prezzo pieno con cui viene venduto, il nostro consiglio è di starne alla larga. Spiace bocciare in questo modo il lavoro di tante persone, ma il livello tecnologico e ludico dell'ultima fatica di HB Studios è davvero troppo povero. È verosimile che alcuni appassionati, spinti dalla totale mancanza di alternative, possano anche divertirsi col pochissimo di buono che il gioco ha da offrire, ma oggettivamente non sono questi i valori produttivi che merita uno sport così seguito e affascinante, seppur complesso da tradurre in un videogioco.
PRO
- Diverse squadre e competizioni su licenza
- E' possibile costruire qualche azione divertente
- Strappa sorrisi a profusione...
CONTRO
- Tecnicamente orrendo, con soluzioni visive oltremodo datate
- Stracolmo di bug e glitch: è soggiogato dall'entropia
- Gameplay mediocre, falciato da animazioni incomplete
- Traduzioni e comparto audio pessimi
- Niente multiplayer online