"Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita"
Alda Merini
The Town of Light ci porta nel dramma dei manicomi, dove le vite venivano stuprate e cancellate
Follia
Non è la prima volta che un videogioco affronta il tema della follia e probabilmente non sarà l'ultima. Non è nemmeno la prima volta che ci troviamo a percorrere i corridoi e le stanze di un manicomio, e anche in questo caso è difficile affermare che non ce ne saranno altre. Il luogo in cui venivano segregati e trattati i "pazzi" e la paura, con susseguente tentativi di distruggere o di comprendere il loro stato, fanno parte della cultura umana: affascinano e atterriscono i "normali" con una forza che in pochi saprebbero spiegare. Tipicamente però i videogiochi si sono limitati a esorcizzare la follia.
L'hanno mostrata, certo, ma l'hanno anche privata della sua dimensione naturale, trasfigurandola in affreschi pieni di simboli convenzionali, a loro modo affascinanti quanto disumanizzanti. Molti autori si sono limitati a mettere in scena la follia, partendo da un punto di vista fortemente individualista, come a volerla descrivere dall'interno; quasi che fosse un modo per psicanalizzarsi se stessi e raccontarsi, più che per dare una visione generale dell'argomento. Badate bene che non si tratta di una critica, ma di una costatazione. Quale essere umano sensibile non si è sentito in qualche modo folle? E come raffigurare meglio questo inevitabile stato, se non ricorrendo a una rappresentazione forte, che dia conto della sofferenza che si sta patendo? Così follia e manicomi sono stati facilmente diventati luoghi dell'orrore, dove avviene l'indicibile (Sanitarium, Outlast); oppure sono stati usati come allegoria di una disperazione incombente e insanabile (Dear Esther), ma sempre concentrata sull'individuo e sulla sua lotta per mantenere la sua sanità mentale. The Town of Light fa un passo in avanti e si pone inevitabilmente come una rottura netta rispetto a quanto visto finora, pur rispettando apparentemente alcuni canoni del racconto della pazzia.
Una verità storica
Come abbiamo avuto modo di dire in fase di anteprima, di cui valgono ancora molte delle considerazioni fatte, l'opera prima di LKA.it parte dalla realtà per raccontare un dramma che è stato prima di tutto sociale e storico. La storia narrata in gioco è quella di una certa Renèe, ricoverata per anni nell'ex manicomio di Volterra, che torna nel luogo dove è stata privata della sua vita di ragazza, cercando di ricostruire quello che le è accaduto insieme al giocatore.
I fatti del gioco si svolgono nel presente, ma le vicende di Renèe risalgono agli anni '30 del secolo scorso, in pieno Fascismo. Si tratta di un viaggio che diventa via via sempre più drammatico e che ci coinvolge direttamente nel ruolo di "coscienza" della donna (di tanto in tanto dovremo scegliere tra una serie di risposte da dare alle sue domande, influenzando parzialmente gli eventi e sbloccando alcuni contenuti). Sin da subito al racconto di Renèe se ne sovrappone un altro, che è quello del manicomio stesso in quanto istituzione. Il luogo è in rovina, fisica e morale, ma mostra ancora la razionalità e il forte senso d'impotenza che c'era dietro al trattamento inumano che veniva riservato ai pazienti. Girando per le stanze e risolvendo i semplici puzzle ambientali che ci vengono proposti (ne riparleremo più avanti) entriamo in contatto non solo con la vita di una persona, ma anche con il funzionamento della macchina manicomio che, semplicemente, non era in grado di comprenderla e curarla come avrebbe preteso di fare, ma solo di contenerla ed escluderla dalla vista della società con una violenza tanto più disperante, quanto dettata spesso da esigenze operative (poco personale, spazio insufficiente per contenere tutti gli ospiti e così via) o dall'emergere della natura bestiale di quelli che avrebbero dovuto aiutarla, ma che spesso si rivelavano essere solo degli aguzzini frustrati dalla situazione (e probabilmente dalla loro stessa vita).
Elettroshock
Ora, sarebbe davvero interessante esaminare l'intera vicenda di Renèe con tutti i suoi risvolti, perché solo così si potrebbe rendere davvero conto di quanto The Town of Light ci sia piaciuto, e di come il finale, di una forza visiva e drammatica inaudita, ci abbia coinvolti e sconvolti, al punto che avremmo voluto partire da lì per parlarvi del gioco.
In verità sono molte le sequenze riuscitissime, raccontate un po' da scene non interattive, create con il motore grafico (Unity, per la cronaca), un po' da bellissimi disegni realizzati dalle artiste dello studio. È altresì vero che molti potrebbero trovare sconveniente trovarsi la storia per intero nella recensione, quindi evitiamo, cercando di rimanere sul generico, come abbiamo fatto finora. Sappiate solo che la sceneggiatura di The Town of Light non si fa problemi a mostrare Renèe da ogni punto di vista, sessualità compresa, ma allo stesso tempo non diventa mai gratuita o fuori luogo, nemmeno quando costringe il giocatore a subire le stesse violenze patite della ragazza. Ci sono dei momenti così forti che viene quasi voglia di distogliere lo sguardo dal monitor; momenti che non vengono mai accompagnati da una qualche forma di consolazione, fatto che li rende ancora più viscerali nel loro escludere ogni via di fuga per il fruitore. In questo The Town of Light è incredibilmente spietato, perché non offre alcuna assoluzione e perché trasforma in una specie di fantasma delirante l'unico ricordo positivo di Renèe, togliendole anche quell'unico appiglio che le era rimasto. Non è sbagliato affermare che non si era mai visto niente del genere in un videogioco.
Sorvegliare e punire
In termini di meccaniche il titolo di LKA.it non offre nulla di troppo complesso. I pochi puzzle presenti non sono pensati per bloccare il giocatore (sarebbe un controsenso, in questo caso), ma per farlo partecipare della ricerca di Renèe.
Ad esempio in uno dei capitoli iniziali bisogna trascinare una carrozzina fino a un certo punto del manicomio, mentre in un altro, più avanzato, bisogna riuscire a far confluire dell'acqua in un bagno, girando delle manopole. Spesso è Renèe che ci suggerisce cosa fare e, nel remoto caso in cui si rimanga impantanati, si può sempre premere un tasto per parlarle e farsi dare un suggerimento. Il fulcro di The Town of Light, comunque, non sono i puzzle, ma l'esplorazione. L'ottima ricostruzione del manicomio rende un piacere anche solo osservare il degrado dei vari ambienti, ma in realtà c'è un altro motivo per fare ricerche. Gli sviluppatori hanno infatti svolto un grandissimo lavoro di documentazione, inserendo in gioco moltissimi reperti d'epoca, come documenti reali e oggetti che venivano effettivamente usati da medici e infermieri. Anche in questo caso non si tratta di aggiunte gratuite, ma di un modo di entrare pienamente dentro la storia. Alcuni documenti poi, anche se non essenziali per andare avanti, servono per contestualizzare meglio ciò che è successo e per confutare altri documenti riguardanti la vita di Renèe, in un notevole gioco di rimandi che toglie ogni sicurezza su ciò che è vero e ciò che è falso.
Ad esempio citiamo il diario di uno psichiatra, da cui si evince come il suo entusiasmo iniziale per il lavoro ottenuto, con cui vuole provare a migliorare la vita dei pazienti e mettere in pratica ciò che ha studiato, si trasforma in impotenza di fronte al malfunzionamento del manicomio, che finisce per trasformalo in un burocrate chiamato solo a ratificare documenti con la sua firma, per fare ciò che il potere ritiene più conveniente. Dal punto di vista tecnico il lavoro dei ragazzi di LKA.it è davvero eccellente. Come già detto più volte, il manicomio è stato ricostruito con cura certosina (andate a visitare quello reale dopo aver giocato per rendervene conto) e passeggiandoci sembra un luogo davvero vissuto, di cui sembra quasi di poter sentire gli odori di allora fuoriuscire dalle pareti e dalle macerie. Spettacolare anche l'inclusione di alcuni murales (esistono anche nel manicomio vero), che sembrano spiriti imprigionati nelle pareti. Un plauso particolare merita la ricercatissima colonna sonora, che non si limita ad accompagnare il fruitore, ma lo aiuta a calarsi nella storia di Renèe, accompagnandone gli stati emotivi con un crescendo di suoni che finiscono per esplodere nel finale.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore Intel Core i7-4770
- 16 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 960
- Sistema operativo Windows 10
Requisiti minimi
- Sistema operativo Windows 7/8/10 64bit
- Processore Intel Core i3 o AMD equivalente
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 460, AMD Radeon HD 6770 con almeno 1 GB di VRAM
- DirectX 11
- 4 GB di RAM
- Spazio su disco 10 GB
- Note aggiuntive: supporto i controller Xbox 360 e Xbox One
Requisiti consigliati
- Processore: Intel Core i5 o AMD equivalente
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 560, AMD Radeon HD 7790
- 8 GB di RAM
Conclusioni
The Town of Light è un titolo interessante e significativo; un capolavoro che merita di essere giocato a prescindere. È un gioco maturo e drammatico, che tratta temi importanti con incredibile delicatezza e capacità. Non è un horror (chiariamolo, così non vi trovate ad acquistare una cosa per un'altra), ma scuote e coinvolge al punto che dopo averlo finito, il manicomio sembra esserti entrato dentro. Così non possiamo che consigliarvelo caldamente, anche perché non troverete un'altra esperienza simile.
PRO
- Ricostruzione eccezionale del manicomio
- La storia narrata è splendida
- Finale sconvolgente
- Non scade mai nei luoghi comuni, anzi fa di tutto per confutarli
CONTRO
- Qualcuno potrebbe trovarlo un po' duro