Chissà quante storie potrebbe ancora raccontarci Tom Clancy, se fosse ancora vivo. Per anni il maestro del tecno-thriller ha deliziato tutti i suoi fan con una lunga serie di libri, partita da La grande fuga dell'Ottobre Rosso per arrestarsi solo con la scomparsa inaspettata dello scrittore, avvenuta nel 2013. E chissà come andrebbero le cose nel mondo dei videogiochi, visto che oltre che in ambito letterario Tom Clancy è stato un personaggio importantissimo anche in quello dell'intrattenimento elettronico. Non tutti sanno, infatti, che allo scrittore originario di Baltimora si deve la nascita di Red Storm Entertainment, storico team dietro a Politika ma soprattutto al Rainbow Six datato 1998, primo di una lunghissima serie che, per chi ama i giochi d'azione, ha contribuito a rendere la firma di Tom Clancy una garanzia al pari di chi ha seguito le sue opere scritte. In quasi venti anni, il franchise videoludico Tom Clancy's ci ha portati a risolvere situazioni complicate affrontando minacce di ogni tipo, nei panni di squadre speciali o di singoli eroi come Sam Fisher: nonostante ciò, finora non si era mai visto niente come The Division. Il progetto portato avanti da Ubisoft Massive insieme alla già citata Red Storm Entertainment è di sicuro il più ambizioso di sempre all'interno del brand, che il publisher franco-canadese continua a portare avanti anche dopo la morte di Tom Clancy. Un'eredità pesante, che adesso possiamo finalmente valutare insieme a voi: come promesso nel nostro ultimo provato di qualche giorno fa, è giunto il giorno del giudizio anche per The Division.
Dopo una settimana passata in quel di New York con la JTF, ecco la nostra recensione di The Division!
Venerdì Nero
Anche se negli anni più recenti il coinvolgimento diretto di Tom Clancy nei titoli che portavano il suo nome non era più così elevato come in precedenza, nei vari Rainbow Six, Ghost Recon e Splinter Cell gli sviluppatori hanno sempre continuato a introdurre elementi che richiamassero atmosfere cospirative. Queste ultime sono diventate col tempo un marchio di fabbrica dello scrittore, arrivato con la sua carriera a rappresentare un intero genere fatto di intrighi ipertecnologici. Lo stesso tipo di approccio appartiene anche a The Division, la cui idea di base attinge da elementi reali come l'Operazione Black Winter e la Direttiva 51 dell'amministrazione Bush, volando poi con la fantasia per raccontarci di un'epidemia di vaiolo scoppiata all'improvviso in quel di New York.
Un attacco bioterroristico in piena regola, i cui autori sono inizialmente sconosciuti. Non lo sono invece le modalità: l'occasione scelta per diffondere il virus è il Black Friday, giorno che segue la festa del Ringraziamento, durante il quale tutta l'America si riversa nei negozi per sfruttare i numerosi sconti. Approfittando dell'enorme scambio di banconote, ne viene messa in circolazione una serie infettata da una versione potenziata del vaiolo, grazie alla quale in pochissimo tempo la città simbolo degli Stati Uniti si ritrova in ginocchio. Come raccontato in modo ottimo dall'introduzione filmata, attraverso una serie di immagini montate da riprese reali, sarà questione di pochissimo tempo prima che il cuore di Manhattan diventi un terra di nessuno dove vige la legge del più forte, costringendo i poveri cittadini rimasti in vita a proteggersi da minacce aggiuntive rispetto alla singola malattia. Quando la situazione diventa disperata, vengono inviati sul campo gli agenti appartenenti alla Divisione, organizzazione super segreta concepita per obbedire direttamente al Presidente e intervenire nel caso in cui la società sia sull'orlo del tracollo. Durante il primo intervento della Divisione, però, qualcosa va storto, costringendo i vertici dell'organizzazione a mettere in piedi una seconda ondata di agenti, tra i quali compare anche il nostro personaggio: oltre a rimettere in sicurezza le strade di New York, dovremo quindi indagare sui fatti che hanno portato al fallimento della prima ricognizione, scoprendo come da cliché che non tutto è come sembrava all'inizio. Per non rovinarvi il gusto di scoprire da soli la componente narrativa di The Division non andremo oltre, limitandoci solo a esprimere un livello di sufficienza generale per una trama legata a situazioni ormai abbastanza diffuse all'interno del genere catastrofico, già per conto suo uno dei più inflazionati negli ultimi anni. Grazie ad alcuni elementi di gameplay, di cui parleremo più avanti, il racconto messo in piedi dagli sviluppatori riesce comunque a farsi seguire in modo abbastanza piacevole, ma si fa sentire la mancanza di personaggi dotati di una certa profondità: così come li conoscerete, finirete anche per dimenticarvi di quelli principali. In modo analogo, la trama non presenta situazioni particolarmente memorabili.
Divisione multipla
Direttamente collegata alla componente narrativa di The Division è la parte di gioco che ci vede impegnati a contribuire alla ricostruzione del quartier generale della JTF, task force che unisce le rimanenze degli organi di polizia e vigilanza della città di New York. Dato che delle missioni parleremo in seguito, per il momento ci limitiamo a dire che le nostre gesta in giro per New York ci permetteranno di potenziare i dipartimenti della base operativa, aiutando così la JTF a riconquistare il controllo della città, finita in mano a dei gruppi che hanno approfittato della situazione.
Gli avversari, controllati dall'intelligenza artificiale, si dividono in quattro tipologie: i Pulitori, ex addetti all'igiene di New York convinti che la malattia si possa debellare solo dando fuoco a qualsiasi cosa; i Rikers, galeotti evasi dalla prigione di Rikers Island; i Rivoltosi, persone normali e criminali di vario tipo che saccheggiano e uccidono per garantirsi la sopravvivenza; il Last Man Battalion, compagnia militare privata assunta dalle società di Wall Street per proteggersi prima che la situazione degenerasse, per poi lasciare i membri dell'LMB in balia dell'epidemia. Nei vari scontri che ci troviamo ad affrontare, le dinamiche di gioco si presentano in una veste ibrida, coniugando la componente singola con quella multigiocatore in modo quanto più trasparente possibile, passando in alcune fasi dall'una all'altra senza caricamento. Giocando a The Division abbiamo avuto modo di constatare che l'esperienza di gioco può essere effettivamente vissuta anche da soli, ma ben presto ci si rende conto di come la componente online sia assolutamente impossibile da ignorare. Non solo per la Zona Nera e tutto ciò che può essere giocato solo via Internet, ma anche per portare avanti quella che a una prima occhiata sembrerebbe la classica componente in cui poter avanzare in solitaria. Si tratta di un aspetto che definisce in modo piuttosto netto la filosofia alle spalle di The Division, che è bene comprendere a dovere per essere allineati in modo corretto su cosa ci si debba aspettare da questo titolo, e cosa invece non si possa pretendere da esso. Tanto per intenderci, sul mercato The Division va ad affiancarsi a Destiny, attingendo dal mondo degli sparatutto e da quello dei giochi di ruolo, ma trovando nei giochi massivi online la base del suo impianto di gioco. Questa impostazione va influenzare l'esperienza del giocatore in più punti, a partire dallo scopo principale che è quello di arrivare al livello 30, come avviene appunto nei classici MMO. Questo è anche il motivo per il quale in questa recensione leggerete solo in modo marginale dell'endgame, nonostante su questo aspetto ci fossimo in passato interrogati a lungo quando parlavamo di The Division. Saremo purtroppo costretti a farlo ancora per un po', ma torneremo comunque sull'argomento nelle prossime settimane: per il momento ci concentreremo su quella che è l'esperienza del giocatore in termini d'impatto iniziale col gioco, intendendo come tale una fase di leveling che richiede comunque diverse ore d'impegno per essere portata a termine.
Obiettivi Xbox One
Immancabili i 50 obiettivi per un totale di 1000 punti. Quelli di valore massimo riguardano il completamento di tutti i dipartimenti (50), il completamento di tutte le missioni a difficoltà difficile con un agente di livello 30 (50) e il raggiungimento del level cap (45). Ci sono poi numerosi obiettivi riguardanti i collezionabili e specifici aspetti di equipaggiamento e talenti che offrono tra i 25 e i 30 punti. Infine troviamo alcuni obiettivi minori che riguardano specifiche attività basilari da compiere in gioco.
Come si aumenta di livello?
Ovviamente il nodo centrale dell'intera esperienza di leveling in The Division è rappresentato dalle missioni e dalla semplice esplorazione di New York. Con uno stile che sembra aver raccolto le migliori idee di Assassin's Creed ma soprattutto il design in stile theme park dei più famosi MMORPG sul mercato, World of Warcraft su tutti, il gioco suddivide la porzione di Manhattan esplorabile in quindici diversi quartieri, ognuno con un preciso range di livelli ideale per essere affrontato. Il giocatore viene quindi guidato per mano a raggiungere il rifugio principale della zona dove è possibile accettare tutta una serie di quest che lo porteranno a girovagare in lungo e in largo per l'area, fino a che non avrà esaurito tutte le sfide disponibili e sarà quindi pronto a raggiungere il rifugio successivo del quartiere di livello più elevato. E così via fino al raggiungimento del level cap impostato a trenta in questa release finale. Rispetto al quartier generale che è completamente istanziato (ogni giocatore vedrà esclusivamente il suo specifico ambiente) e dove sarà possibile potenziare i tre dipartimenti che determinano l'avanzamento ruolistico del proprio avatar, trovare tutti i vendor e i tavoli per il crafting, oltre ai personaggi chiave per l'avanzamento della trama principale, i rifugi contengono esclusivamente il soldato e il tabellone necessari alla raccolta delle quest, un singolo venditore per svuotarsi rapidamente l'inventario ma soprattutto fungono da punto di interesse per il viaggio rapido. Entrando nel dettaglio delle missioni, The Division è strutturato sulla base di tre diverse tipologie. In primis ci sono le quest principali, quelle che portano avanti la narrativa del gioco e che si focalizzano sui tre dipartimenti che potremo potenziare all'interno del quartier generale, una volta che li avremo costruiti dopo aver salvato le tre figure chiave della storia.
Sono una quindicina e rappresentano la sfida maggiore che il titolo è in grado di offrire, sia in termini di complessità che di varietà e profondità del gameplay. Difficilmente ci metterete meno di mezzora a completarle e in questi frangenti rimarrete spesso piacevolmente stupiti dall'azione imbastita da Massive per tenere viva l'attenzione del giocatore. Ci sono poi le missioni secondarie, solitamente tre per quartiere e in grado di offrire piccole sfide rivolte soprattutto all'esplorazione di Manhattan. Dovremo ad esempio seguire le tracce di alcune persone scomparse, scalare tetti per riattivare antenne o approfondire la conoscenza di determinate aree. Infine ci sono gli incontri: si tratta di quest completamente dedicate a combattimenti rapidi e circoscritti che ci consentiranno di guadagnare soldi, esperienza ma soprattutto risorse necessarie al potenziamento dei dipartimenti. E poi, immancabilmente, ci sono decine e decine di collezionabili sparsi per tutta Manhattan suddivisi in manuali di sopravvivenza, tonnellate di registrazioni telefoniche, piccoli droni da abbattere e recuperare e così via. Neanche a dirlo qui si innesta la volontà dello sviluppatore di stimolare i giocatori a esplorare ogni più piccolo anfratto della Grande Mela. Ma è tutto così meraviglioso e perfetto? In realtà non proprio. Se sulla carta può sembrare che Massive abbia messo in piedi un sistema di leveling perfettamente oliato e ottimizzato per la crescita in solitaria e in gruppo, complice anche il doppio livello di difficoltà delle missioni principali, in realtà nel concreto ci vorranno pochissime ore per rendersi conto che, escluse rarissime eccezioni, le missioni tendono molto ad assomigliarsi. Non solo le secondarie e gli incontri che si basano su pochi archetipi ripetuti a oltranza, ma anche le principali soprattutto nei loro elementi basilari. La natura da MMO fortemente action ha infatti costretto lo sviluppatore a far ruotare tutte le quest intorno alle sparatorie. Saremo costantemente impegnati ad affrontare orde su orde di nemici: per svuotare stanze o aree all'aperto, per liberare ostaggi, per difendere marchingegni, per raggiungere zone impervie e così via. Tutto si risolve, sempre ed esclusivamente, nello spara-spara dietro una copertura. Non che questo sia un male visto che comunque si tratta di uno shooter, però dopo poche ore ci si dimentica che ogni quest ha una sua piccola storia e ci si ritrova soltanto pronti a correre da un punto all'altro prima di premere il grilletto.
La Zona Nera
Al centro della mappa e dell'esperienza finale di The Division, c'è la cosiddetta Zona Nera. In termini narrativi, si tratta dell'area di New York all'interno della quale le autorità avevano inizialmente confinato la maggior parte degli infetti, per poi abbandonarla a sé stessa nel momento in cui la situazione è diventata ingestibile. L'intera zona è accessibile sin dai primi livelli del proprio personaggio, durante i quali bisogna però fare attenzione all'area raggiunta. Il livello dei nemici controllati dalla CPU varia infatti a seconda di quest'ultima: si passa così dalla ZN1, consigliata fino al livello 12, alla ZN6, adatta invece solo a chi ha quasi raggiunto il livello 30. Una volta arrivati al cap, l'intera Zona Nera si riadatterà al raggiungimento dell'obiettivo, proponendo al giocatore sfide appropriate in tutte le sue aree. Come detto in altre occasioni, la Zona Nera è anche l'unica dove è possibile godere delle dinamiche PvP: nei panni degli agenti rinnegati, i giocatori possono uccidere i loro colleghi ottenendo bonus particolari, ma guadagnando uno status di ricercato che ne segnala la presenza sulla mappa a tutti coloro che invece lavorano in co-op. Nonostante nella Zona Nera non esistano missioni ma ci siano solo scontri nati "per caso", l'esperienza di gioco ci è sembrata divertente a sufficienza, almeno nel breve periodo. Per mantenere vivo l'interesse col passare del tempo, Ubisoft dovrà però necessariamente pianificare qualcosa che vada oltre il recupero di oggetti da casse chiuse e scontri casuali tra giocatori.
MMOG o MMORPG?
Fin dalle primissime occasioni in cui ci siamo ritrovati ad avere a che fare con il gioco, ci siamo resi conto che in The Division la componente ruolistica non è semplicemente accennata ma fortemente innestata nel gameplay e parte integrante dell'intera esperienza. Tutto ruota intorno ai dipartimenti del quartier generale: potenziando gli elementi che li compongono non avremo solo modifiche estetiche alla nostra base ma soprattutto sbloccheremo gli elementi che compongono l'evoluzione del nostro personaggio.
In primis troveremo le dodici abilità attive che potremo "montare" sui due dorsali del joypad e usare in battaglia. Ognuna avrà anche quattro diverse modifiche che ne cambiano spesso sensibilmente l'uso. Ci sono poi i talenti: dei bonus passivi che potremo montare in quattro diversi slot che si sbloccheranno aumentando di livello. Infine troviamo i vantaggi. Questi sono estremamente simili ai precedenti, trattandosi di bonus che influenzano in tutti gli ambiti il personaggio (dalla quantità di munizioni raccolte alla possibilità di mettere in evidenza sulla mappa i collezionabili, passando per svariati potenziamenti ai filtri necessari per accedere alle zone contaminate) ma non vanno montati in un numero limitato di slot: sono sempre attivi una volta acquisiti tramite i dipartimenti. La parte veramente interessante di tutto il sistema è la possibilità di cambiare al volo, anche durante il combattimento, le abilità e i talenti attivi sul personaggio. In questo modo potremo fronteggiare al meglio qualsiasi situazione, modificando sensibilmente le caratteristiche del nostro avatar soprattutto in funzione di eventuali compagni di avventura presenti in quel momento. Ovviamente questo elemento diventa cruciale specie quando si è raggiunto il level cap e ci si sente pronti ad affrontare la Zona Nera in un gruppo di quattro giocatori, magari tutti altamente specializzati in base a equipaggiamento indossato e bocche da fuoco imbracciate. C'è un piccolo rovescio della medaglia in questa gestione veramente molto interessante messa in piedi da Massive e che sembra rompere uno dei confini tipici degli MMO di maggiore successo: diventa praticamente inutile creare e crescere nuovi personaggi visto che, una volta raggiunto il 30 e potenziati tutti i dipartimenti, potremo gestire in un attimo tutte le variabili non essendoci un vero e proprio sistema di classi. È un aspetto che non possiamo criticare come concetto ma che sposta pesantemente sulle spalle dello sviluppatore la longevità di un gioco come The Division che, a differenza di altri giochi dello stesso genere, Destiny su tutti, non può sfruttare il furbo escamotage del "sono arrivato al massimo livello e siccome non ho più nulla da fare, allora alzo un altro personaggio".
Quante schermate!
Gli elementi da gioco di ruolo non si limitano alla gestione della crescita del personaggio e allo sblocco delle abilità ma coinvolgono anche le varie schermate di gestione degli aspetti del nostro avatar. In particolare oltre alle immancabili schermate di riepilogo di statistiche e collezionabili, troviamo una splendida mappa olografica con numerosi filtri e un livello di zoom variabile comodo da gestire e una gestione dell'inventario molto profonda.
Il protagonista potrà imbracciare due armi pesanti e una pistola, selezionabili al volo tramite pressioni diverse del tasto Y o triangolo, ognuna configurabile attraverso una serie di modifiche che è possibile recuperare in gioco e che riguardano mirini, silenziatori, calci, caricatori e così via. Ci sono poi sei pezzi di equipaggiamento, anche questi modificabili a patto che abbiano degli slot adibiti a questo uso e siano di un certo livello. La componente ruolistica si innesta sulle statistiche di tutto questo equipaggiamento. In pratica ogni elemento indossabile o utilizzabile, oltre a determinare l'armatura complessiva e possedere eventuali bonus o talenti specifici concorre ad aumentare le tre statistiche base del personaggio: armi da fuoco che determinata i danni al secondo delle armi imbracciate, vigore che influenza la salute dell'avatar e parti elettroniche che invece definisce la potenza delle abilità. Il sistema è estremamente semplice ed efficace, e permette molto rapidamente di confrontare quanto indossato con il materiale appena raccolto e soprattutto di crearsi con buona facilità dei set di armi e di equipaggiamento che possano potenziare al massimo uno dei tre aspetti, anche in base alle situazioni da affrontare. Non manca, ovviamente, anche il crafting che si basa su progetti da raccogliere attraverso il completamento delle quest e che possono poi essere realizzati utilizzando le materie prime che si possono depredare o recuperare smontando l'equipaggiamento posseduto. È però essenziale muovere una critica in questo frangente dopo aver tanto parlato di armi. A nostro parere non è tanto un problema di feedback dei colpi o di scarso realismo nel dover scaricare caricatori su caricatori contro i nemici più coriacei, trattandosi di un elemento tipico di qualsiasi esperienza MMO. È più un'incertezza relativa all'effettiva varietà delle bocche da fuoco. Se escludiamo infatti i fucili a pompa e quelli di precisione (ma anche su questo ultimi potremmo discuterne), tutte le armi automatiche hanno un feeling praticamente identico, che al massimo si esplica in differenti valori di rinculo e in una cadenza dei colpi variabile. Uzi, fucili d'assalto, mitragliatori leggeri e pesanti: tutti sembrano praticamente identici una volta che si inizia a sparare e questo danneggia nelle fondamenta il concetto di evoluzione del bottino e la sensazione di progresso della potenza del personaggio controllato. È un fattore che si può notare solo dopo aver giocato numerose ore ma che porta a una sensazione di déjà vu costante e a trascurare rapidamente l'effetto novità che si prova in un MMO quando si raccoglie una nuova arma rara e si vuole vedere cosa fa sul campo di battaglia.
Bello o bellissimo?
Ed eccoci arrivati all'aspetto tecnico di The Division. In fase di recensione abbiamo provato il titolo sia su Xbox One che su PC. Mentre per quest'ultima versione troverete un box poco sotto, all'interno del paragrafo ci focalizzeremo sulla versione console. Indubbiamente la nuova opera di Massive offre un comparto visivo estremamente piacevole con una buona stabilità sui trenta frame per secondo. Tutti gli ambienti esterni sono ricreati con un dettaglio spesso maniacale e con un'eccezionale varietà degli scenari.
Gli effetti di luce, il particellare, le condizioni meteorologiche e il ciclo giorno/notte contribuiscono poi a rendere Manhattan veramente molto credibile e stimolante da esplorare. Stonano tuttavia gli interni che, al di fuori di quelli utilizzati per le missioni principali, sono tutti particolarmente scarni, poveri di dettagli e veramente troppo ripetitivi. Ottimi invece i modelli dei personaggi, le animazioni e più in generale la realizzazione di tutto l'equipaggiamento. Per quanto riguarda l'audio, abbiamo trovato veramente poco incisiva la colonna sonora che si compone di una manciata di temi dinamici che subentrano nei momenti più concitati ma che risultano tutti ugualmente dimenticabili mentre il doppiaggio in italiano che riguarda l'intera esperienza di gioco è molto curato e quasi sempre nella parte se si esclude la simil voce computerizzata che sottolinea gli elementi informativi del gameplay.
La versione PC
La storia della versione PC di The Division è stata abbastanza strana: inizialmente ignorata da Ubisoft, è stata infatti oggetto di petizioni che ne hanno chiesto a gran voce la realizzazione. Una volta accolta la richiesta dei giocatori di questa piattaforma, gli sviluppatori si sono dedicati anima e corpo per realizzare un prodotto finale che sfruttasse pienamente la potenza dell'hardware PC. Il risultato finale è senza ombra di dubbio in grado di dare giustizia a chi vuole giocare The Division sul proprio computer piuttosto che su console, dove comunque dal punto di vista tecnico il gioco non sfigura affatto. Tornando al PC, The Division offre la possibilità d'impostare automaticamente il livello di dettaglio grafico, dando modo qualora lo si voglia anche di modificare a mano l'elevato numero di opzioni che il menu ci mette a disposizione. Per aiutare i giocatori in questa impresa, il gioco integra anche un benchmark, grazie al quale capire prima ancora di entrare nei server se sia il caso di ritoccare la configurazione oppure no. Su un hardware dalla configurazione molto simile a quella raccomandata (GTX 970 con 8 GB di RAM) non abbiamo avuto problemi di sorta a impostare il dettaglio su Ultra, con attivi tutti gli effetti particellari e qualità elevata della nebbia e dei riflessi. La quantità di opzioni presenti ci è sembrata comunque in grado di garantire una certa scalabilità. I controlli da tastiera possono essere tutti quanti rimappati, ma c'è da dire che l'esperienza ci è sembrata disegnata in modo apposito per l'uso di un controller, periferica diventata ormai sempre più importante anche per il gioco su PC.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- CPU: Intel I7 920 @ 4.2GHz
- RAM: 16GB
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 970
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows 7, Windows 8.1, Windows 10 a 64-bit
- CPU: Intel Core i5-2400, AMD FX-6100 o superiore
- RAM: 6GB
- Scheda Video: NVIDIA GeForce GTX 560 con 2 GB VRAM (current equivalent NVIDIA GeForce GTX 760), AMD Radeon HD 7770 con 2 GB VRAM o superiore
- DirectX: Versione 11
- Spazio su disco: 40 GB
Requisiti consigliati
- CPU: Intel Core i7-3770, AMD FX-8350 o superiore
- RAM: 8GB
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 970, AMD Radeon R9 290 o superiore
Conclusioni
Le prime sessioni di The Division sono puro fascino, grazie al quale il gioco riesce a calamitare a sé chi si trova davanti allo schermo. La fase di apprendimento delle meccaniche e di scoperta dell'ambientazione porta il giocatore letteralmente a divorare le prime ore, complice anche una rappresentazione semplicemente da urlo delle strade di New York. Dopo l'abbuffata iniziale ha però il via la fase di digestione, in occasione della quale vengono fuori i difetti che abbiamo elencato nel corpo di questa recensione. Per fortuna, non si tratta di nulla che possa scalfire la qualità dei tanti pregi che The Division ha, ma è comunque un qualcosa di cui tener conto prima di effettuare l'acquisto di questo titolo. Nel lungo periodo, sarà il modo in cui Ubisoft gestirà i contenuti a fare la differenza: un endgame completamente focalizzato sul PvP ci sembra per ora un po' poco, ma già da qualche tempo si parla di raid ed elementi simili che dovrebbero dare corpo e varietà all'esperienza dei giocatori dopo il raggiungimento del livello 30.
PRO
- Prime ore di gioco appassionanti come in pochi altri casi
- Ottima rappresentazione delle strade di New York
- Grande libertà per la gestione del personaggio
- Missioni primarie e secondarie piacevoli...
CONTRO
- ...ma ripetitive come tutte le altre
- Interni nel complesso non al livello di quelli esterni
- Editor iniziale troppo scarno
- Armi di tipo diverso si comportano in modo troppo simile