Con Until Dawn: Rush of Blood, gli ingredienti per un'esperienza di gioco mediocre sembravano esserci tutti fin dall'annuncio. Uno sparatutto su binari vecchia scuola, sullo stile di House of the Dead, che prende in prestito il nome e ricicla parte degli asset grafici da uno degli horror più apprezzati su PlayStation 4, infilandoci in mezzo dei cammeo e qualche spaventarello. Un progetto relativamente poco rischioso per lo sviluppatore di Guildford, concettualmente fin troppo ancorato al passato per poter spingere in maniera efficace una tecnologia proiettata verso il futuro come PlayStation VR. Eppure è proprio il nuovo visore di Sony a dare a Rush of Blood quella marcia in più senza il quale sarebbe rimasto un gioco del tutto dimenticabile.
Tra clown assassini, ragni e maiali, Until Dawn: Rush of Blood porta l'horror su PlayStation VR
Attenti al clown
Se Until Dawn era un gioco pesantemente incentrato sulla narrazione, Rush of Blood si piazza invece sull'estremo opposto. Quello che viene raccontato è in realtà un folle trip che ha luogo nella mente di Josh, un pretesto che ha permesso a Supermassive di prendersi molte libertà creative pur infilando qua e là piccoli e vaghi rimandi al gioco originale. I fan più appassionati di Until Dawn riconosceranno alcuni personaggi e certi elementi dello scenario, ma nel complesso Rush of Blood non ci prova nemmeno ad approfondire la storia originale o ad aggiungere nuove informazioni e punti di vista. Dicevamo, il gioco è letteralmente uno shooter su binari.
L'esperienza si svolge infatti seduti sul carretto di una giostra, attraversando il percorso di quella che sembra essere la casa infestata di un luna park abbandonato. Lascia spiazzati vedere il sinistro Dr.Hill che, in un improbabile costume da giostraio, ci fa strada, ci fomenta e ci introduce alle attrazioni del posto. Ma molto presto i bersagli di legno e le pistole ad aria compressa lasciano il posto a spaventosi nemici in carne e ossa da eliminare con revolver e fucili a canne mozze, mentre l'innocua area iniziale si trasforma in un deposito minaccioso e pieno zeppo di pericoli. Peccato che i pochi momenti davvero disturbanti di Rush of Blood siano tutti concentrati nella prima metà del gioco: stanze che si deformano e bambole giganti fanno sembrare il giro in giostra una versione distorta di It's a Small World, ma è quando si entra in un ripugnante macello con giganteschi maiali che sanguinano, si dimenano e strillano che Rush of Blood raggiunge il suo apice. Il resto è un deludente ripetersi di situazioni e ambienti meno interessanti, che si concludono in una banale caverna di lava popolata giusto da qualche nemico riuscito. I tentativi di spaventare chi gioca sono tutti estremamente telefonati, seguendo perlopiù il cliché della luce che si spegne e del mostro che appare all'improvviso. Alla terza volta, viene già a noia. Addirittura, per tenere il giocatore impegnato nei momenti morti, certe stanze (prevedibilmente, quelle meno interessanti) vengono riempite di oggetti e bersagli da colpire allo scopo di aumentare il moltiplicatore del punteggio. Il gioco si salva perlopiù grazie alla capacità di PlayStation VR di immergere completamente l'utente all'interno dello scenario, costringendolo a guardarsi sempre attorno in cerca di nemici o a inclinare la testa per evitare trappole e ostacoli lungo il percorso. Meno riuscita è invece l'implementazione dei due PlayStation Move per controllare le rispettive armi, e in più occasioni è capitato che una delle due perdesse sincronia rendendo molto difficile mirare e puntare (al punto tale che, in un paio di occasioni, abbiamo dovuto mettere in pausa il gioco e ripetere la procedura di sincronizzazione). Quando funzionano bene, i Move permettono di giocare in totale scioltezza, utilizzando ciascun braccio per illuminare lo scenario con la torcia, ricaricare o sparare a più nemici assieme. Quando però funzionano male, ci ricordano che in mano abbiamo dei telecomandi di plastica con una palla luminosa sopra, una tecnologia vecchia sei anni che è rimasta a prendere la polvere nei nostri cassetti per un'eternità. Certo, a Rush of Blood si può giocare anche utilizzando il DualShock (e in quel caso entrambe le armi seguono assieme un unico puntatore), ma il senso di "presenza" all'interno del mondo ne risente in maniera evidente. Quella messa in piedi da Supermassive è tuttavia un'esperienza molto contenuta, che si porta a termine nell'arco di un'ora e mezza senza vedere quasi mai un Game Over. Per stimolare a rigiocare i vari scenari, il team inglese ha infilato diversi livelli di difficoltà, un sistema di classifiche, una manciata di collezionabili e qualche percorso alternativo, ma dopo il primo giro Rush of Blood non riserva più alcuna sorpresa, e quello che rimane è uno shooter su binari fin troppo tradizionale e dai controlli assai imprecisi.
Conclusioni
Until Dawn: Rush of Blood è esattamente come si presenta: è un giro in giostra della durata di un film, un tour nell'immaginario di Until Dawn che si limita a qualche rimando e citazione senza però dare niente di nuovo al fan del capitolo originale. Pur non essendo uno shooter particolarmente innovativo o ispirato, Rush of Blood ha i suoi momenti, merito di qualche ambientazione riuscita e, soprattutto, del senso di coinvolgimento dato dall'accoppiata di PlayStation VR e Move. Per ora, tuttavia, il visore di Sony non ha ancora trovato il suo Time Crisis.
PRO
- Un assaggio di quello che gli horror in VR possono offrire
- Visivamente tra i giochi più solidi per PlayStation VR
- Un paio di momenti particolarmente riusciti
CONTRO
- Jump scare tutti troppo telefonati
- I Move non sono sempre precisi
- Nessuna idea particolarmente nuova
- L'immaginario di Until Dawn non viene approfondito