Il videogioco è da sempre il medium ove il concetto di autorialità è più difficile da applicare. Troppi sono gli elementi che vanno a formare un singolo titolo, enormi - almeno nelle produzioni di un certo livello - i team coinvolti nel suo sviluppo... la conseguenza diretta è pertanto un appiattimento generale dell'impronta creativa in favore di una visione d'insieme dettata dai canoni di un genere o da molteplici intuizioni; in pratica, l'annullamento del singolo in favore del gruppo.
Esistono dunque in questa poliedrica industria davvero pochi designer in grado di trasmettere la propria essenza nei progetti: persone dotate di una tale mescolanza di energia e carisma da aver raggiunto una sorta di relazione simbiotica con i loro prodotti. Se però alcuni sono sulla bocca di tutti dopo anni di successi, nei meandri oscuri del Sol Levante compare ogni tanto una mente geniale che dalle nostre parti viene completamente ignorata - vuoi per l'eccessivo attaccamento a una cultura aliena rispetto alla nostra, vuoi perché si ritrova a traslare le sue caratteristiche in giochi non propriamente appetibili per un mercato sempre più famelico come quello occidentale. Ed è proprio tra queste sconosciute eminenze che è spuntato Yoko Taro, un individuo che durante la sua carriera ha avuto intuizioni geniali, e trovato il coraggio di ignorare bellamente sia la necessità di essere "politicamente corretti" che quella di mettere in campo storie allettanti per chiunque; il tutto riuscendo a conquistare solo un ristretto ma appassionato manipolo di fan. Ora, la motivazione è presto detta: i giochi diretti finora da Yoko Taro sono a tutti gli effetti bruttini. Girare attorno a questa cruda verità sarebbe insensato, laddove si tratta di un elemento molto significativo per capire l'importanza del gioco che andiamo a trattare oggi. Perché il nostro faceva parte dei Cavia, uno studio che a livello sia tecnico che di design è sempre stato piuttosto indietro, e ha sfornato videogame memorabili quasi solo per un fattore: le storie (scritte proprio da Taro). Tra questi, il primo e il terzo Drakengard sono serviti a creare un complesso background, ma la loro devastazione da parte della critica li ha relegati a progetti di nicchia semi sconosciuti al di fuori del territorio nipponico. NieR, invece, ha seguito un altro destino: spin off del primo Drakengard - con elementi narrativi così poderosi da poter restare in piedi da solo - è divenuto un titolo di culto per alcuni giocatori, sottovalutato brutalmente perché ricco di difetti ma adorato per la sua trama incredibilmente drammatica e brillante, per alcune intelligentissime trovate e per una colonna sonora tra le migliori mai create. Capite dunque perché il suo seguito, NieR: Automata, ha scatenato aspettative enormi tra chi i lavori di Taro li ha seguiti per anni? Assolutamente inaspettato all'annuncio, questo è il primo gioco che vede la folle mente dell'autore supportata da un discreto finanziamento da parte di Square Enix, e da un team noto e capace come Platinum Games. Insomma, se quando stava coi Cavia ha tirato fuori dal cilindro un outsider incredibile come il primo NieR, cosa può aver combinato con queste basi?
NieR: Automata è un titolo imperfetto, ma anche folle, coraggiosissimo e imprevedibile
Bambole in guerra
Molti scrittori traggono ispirazione dalle loro emozioni negative. Spesso, liberati dal giogo editoriale, riescono a dare il meglio di sé proprio facendole esplodere nei testi e creando trame di rara crudeltà. Dare carta bianca a Yoko Taro però significa fare il passo successivo, vuol dire "guardare nel cuore dell'abisso".
Parliamo di un uomo che se ne è sempre fregato altamente di cosa si può e non si può fare a livello narrativo in un videogame, di qualcuno che nelle sue storie ha inserito pedofili, cannibali, ermafroditi prima che farlo scatenasse gli attacchi a spada tratta del MOIGE e dei perbenisti, e per cui un "finale buono" può facilmente coincidere con l'apocalisse. Automata quindi, come ben potrete immaginare, non ci va leggero né per quanto riguarda le basi su cui poggia la sua storia, né sugli avvenimenti che sciolgono la matassa. Questo è un gioco spaventosamente dark, a livelli che fanno sembrare il caro George R.R. Martin uno scolaretto, ed esattamente come i suoi predecessori punta moltissimo sul cosiddetto "fattore shock" che nelle storie di Taro è sempre una certezza. Non fatevi ingannare dall'umorismo scanzonato di certe scene, da alcuni personaggi assurdi e da un andazzo generalmente positivo nella prima fase. NieR: Automata vi colpirà allo stomaco con una durezza rara, e alle volte gli riuscirà di farlo persino nelle storielle facoltative delle missioni secondarie: una caratteristica presente anche nel primo NieR che dimostra la volontà di Yoko e del suo team di tratteggiare un mondo complesso e credibile, non semplicemente di ignorarlo in favore di una trama forte. Eppure non è la storia l'elemento più eccezionale di Automata, pur risultando - è il caso di ripeterlo - memorabile e ricca di momenti da infarto. In tutta sincerità, la narrativa del primo NieR e i suoi personaggi erano forse migliori per certi versi, ma quell'avventura non possedeva una qualità che Automata sfoggia con una forza indescrivibile: una strutturazione della campagna a metà tra i vaneggiamenti di un folle e le folgorazioni di un genio assoluto, che trasforma quello che doveva essere un comune JRPG action in qualcosa di epocale.
Molte strade, nessuna via d’uscita
Volendo evitare gli spoiler, vi daremo un singolo consiglio: non limitatevi alla prima run di NieR: Automata. Completare il gioco la prima volta vi porterà a un finale insoddisfacente e piagato da numerosi buchi narrativi, che non vi permetterà di coglierne il reale valore. Sarà una schermata piuttosto chiara a precisarvelo una volta completata la cosiddetta "route A", ma la storia del gioco riuscirete a comprenderla in toto solo dopo aver completato la campagna per ben tre volte, con un concetto di "ripetizione" molto diverso dal solito.
Ci fermeremo qui, perché ciò che Platinum e Taro hanno escogitato per evitare di annoiare il giocatore e mantenere l'esperienza eccellente in tutte le partite è a tratti clamoroso, e rovinarvi la sorpresa sarebbe davvero criminale. Quello che dovete sapere però è che il gameplay di fondo non rimarrà lo stesso di campagna in campagna, e anzi lo vedrete riadattarsi in modi inaspettati di continuo, per un'avventura mai uguale a se stessa nonostante le oltre 30 ore di durata (ci si aggira facilmente oltre la quarantina se si completano tutte le missioni secondarie e si va a caccia di tutte le armi). E il bello è che le meccaniche di base basterebbero comunque da sole a rendere divertente il gioco, perché molto ben congegnate. NieR: Automata dopotutto è un action JRPG con improvvisi cambi di prospettiva che gli permettono di inserire senza soluzione di continuità nelle missioni fasi platform, combattimenti 2D che ricordano quelli dei picchiaduro, e fasi Danmaku (in pratica sezioni vicinissime agli sparatutto a scorrimento nipponici, con centinaia di proiettili a schermo). Alla base dei combattimenti la maestria dei Platinum nel genere action si nota tutta, non tanto grazie alle combinazioni a disposizione della protagonista, Yorha 2B, quanto per la finezza della schivata: una sorta di slittata controllabile al millimetro che si sposa a meraviglia con la necessità di evitare i tanti proiettili lanciati dagli avversari robotici del gioco. Ogni scontro, grazie alla fluidità di quella manovra difensiva e alla rapidità degli attacchi (semplici, ma comunque combinabili in più modi grazie a manovre variabili e alla possibilità di cambiare armi equipaggiate all'istante), risulta spettacolare e adrenalinico, e questo nonostante l'elemento più caratteristico in assoluto risulti essere quello di supporto, ovvero il Pod.
Technomagic
Dal canto suo il Pod è un robottino fluttuante che accompagna i protagonisti durante l'avventura, la cui funzione primaria sembra - almeno inizialmente - essere quella di basilare arma dalla distanza. In realtà però il parallelepipedo d'acciaio è molto vicino al Grimoire Weiss del primo NieR in quanto a utilità, poiché acquistando (o acquisendo tramite alcune quest) delle manovre a lui dedicate permette di usare mosse che ricordano da vicino la magia del predecessore. Si tratta peraltro di poteri complessi e adattabili a svariate situazioni, e si parte da un sempre utile laser per arrivare ad attacchi continuati dalla corta distanza, a bombardamenti a tappeto, e a un misto di poteri di supporto e barriere protettive. Attorno al pod poi gira anche l'elemento ruolistico del gioco, ovvero la personalizzazione dei chip.
Acquistati in negozio, potenziati tramite fusione (c'è una sorta di artigianato dedicato nell'accampamento principale) o trovati sui corpi dei nemici, questi componenti permettono infatti di potenziare attacco e difesa in vari modi, di personalizzare (o addirittura eliminare in toto) l'interfaccia, o di ottenere vari bonus di supporto come rigenerazione o miglioramenti alla mobilità. La presenza di tre configurazioni, non bastasse, garantisce anche di utilizzare diverse strategie, magari più marcatamente difensive, e si sposa bene con l'esistenza di ben due pod aggiuntivi con attacchi e magie sostituibili sparsi per il gioco (il loro ritrovamento è facoltativo, quindi è il caso di cercarli per bene). Giusto come ciliegina sulla già dolcissima torta, una volta controllati tutti e tre i pod diventa possibile utilizzare versioni potenziate dei poteri - basta tenere premuto il tasto dedicato finché la carica non è completa - davvero devastanti. Ma torniamo per un momento agli elementi "alternativi", perché il combat system è funzionale, ma non è certo l'unico punto forte delle meccaniche. Come detto Automata ha molti elementi da Danmaku, che di norma aprono e intervallano certe missioni, o vengono sfruttati per veri e propri boss. Vi ritroverete in un gioco nel gioco molto spesso durante l'avventura, magari a bordo di mech poderosi dotati di lame energetiche e mitragliatori (possono usare anche tipi alternativi di sparo, in base al pod equipaggiato) o in altre forme che non vogliamo svelarvi. E queste sezioni sono anche ben fatte, al punto da ricordare a tratti titoli da sala giochi dei bei tempi andati, nonostante non risultino chiaramente sempre impeccabili e perfettamente calcolate. Il massimo, invero, il titolo lo dà proprio durante i boss, che come nel primo NieR risultano estremamente scenici e originali... con qualche piccola riserva.
Cuore di macchina
Ovviamente non intendiamo dire che in Automata le battaglie contro i boss siano insoddisfacenti, tutt'altro. Sono adrenaliniche, eccessive e spettacolari come da tradizione Platinum. Nel primo NieR però, plausibilmente anche per via delle meccaniche più limitanti, risultavano più tattiche e ostiche, mentre in Automata - in virtù della potenza elevatissima degli Yorha e dell'efficacia sia dei Pod che delle manovre utilizzabili - appaiono a tratti fin troppo facili da superare, più uno spettacolo visivo che una reale sfida per i riflessi. La situazione cambia ovviamente quando si decide di affrontare il gioco in difficoltà hard, e la difficoltà automatica viene disattivata in favore di un puntamento manuale più vicino a quello del predecessore; tuttavia la sensazione di caos rimane, con qualche sbalzo nel livello dei nemici (la difficoltà finale ve la sconsigliamo, salvo non siate mostri cibernetici con riflessi inarrivabili).
A migliorare le cose contribuisce solo l'obbligo di recuperare il proprio corpo dopo la morte, pena la possibile perdita dei chip equipaggiati, ma si tratta comunque di una penalizzazione di poco conto (giocando online troverete persino i corpi degli altri giocatori, con la possibilità di ottenere bonus dal loro recupero), controbilanciata del tutto dalla possibilità di usarlo come alleato temporaneo se rianimato. Detto questo, parliamo comunque di un titolo infinitamente superiore in ogni aspetto puramente meccanico ai Drakengard, al predecessore, o a qualunque JRPG action quando si tratta di sistema di combattimento, al punto da poter venir scambiato a tratti per un action stiloso puro alla Platinum... Voi però evitate di fare un tale errore. La software house più fuori di testa del Giappone ha infatti dimostrato con chiarezza un forte amore per l'originale con questo seguito, creando un titolo che offre sì la velocità e spettacolarità per cui è nota, ma che nell'anima altro non è che una versione riveduta e corretta proprio di NieR. Automata è d'altronde più classico nella forma di quanto possa sembrare, e a sezioni fulminanti alterna fasi di esplorazione della sua mappa aperta, o il possibile completamento di numerose quest secondarie piuttosto basilari, arricchite (come abbiamo detto in passato) dall'umorismo di Taro o da alcune sottotrame ben più drammatiche e godibili di quanto si possa pensare. Per la cronaca, anche in Automata si assiste al fenomeno di "trolling" per cui i Cavia erano noti a molti giocatori. Il primo NieR era un titolo con forti toni critici dell'industria videoludica (giapponese e non), che arrivava a volte a rovinare stupidamente la sua stessa struttura pur di sottolineare l'assurdità di certe formule; Automata mantiene questa ironia di fondo, ma lo fa con molta più grazia e intelligenza, limitandosi a irritare il giocatore per brevi periodi di tempo o a qualche battuta stizzita del compagno di avventure di 2B, Yorha 9S. Una piccolissima anticipazione per farvi capire meglio la situazione: potreste correre a lungo tra le mappe per completare alcune secondarie nelle fasi iniziali, solo per ritrovarvi con un comodo teletrasporto ad ogni punto di salvataggio dopo una delle quest principali. Da Taro aspettatevi questo e altro.
Trofei PlayStation 4
NieR: Automata ha 48 trofei, ed è un titolo davvero arduo da platinare, considerando che richiede non solo di trovare tutti i finali (ce ne sono 5 principali, e svariati altri "minori" alquanto assurdi), ma anche tutte le armi del gioco, e di potenziare sia queste che i pod al massimo. Insomma, ci vorrebbero parecchie ore di ricerca matta e disperatissima per completare la lista, non fosse per Yoko Taro, che ha pensato bene di inserire la possibilità nel gioco di comprare i trofei (con la valuta interna, non con microtransazioni) una volta beccato il "vero" finale. Evitate di leggere complotti in questa scelta, non è altro che il suo modo di far cogliere l'inconsistenza del concetto di trofeo al giocatore.
Crepe nell’anima
Non che gironzolare per le mappe sia spiacevole: sono ricche di nemici ed estese, molto variopinte e comodamente navigabili sia scattando qua e là (la velocità di movimento degli Yorha è notevole, e migliorabile con alcuni chip) sia in sella ad alci e cinghiali che potrebbero tranquillamente superare in corsa una formula 1.
Persino il Pod permette di planare, garantendo un atterraggio morbido da altezze elevate. Il problema primario di Nier Automata, in fondo, non sta nelle sue sezioni più lente, nel trolling degli sviluppatori, o negli sbilanciamenti del sistema di combattimento, facilmente superabili in virtù della sua grandiosità complessiva. No, il problema è il comparto tecnico, che è purtroppo abbastanza tragico. Graficamente siamo pur sempre davanti a un titolo carente dal punto di vista sia della qualità delle texture che del dettaglio poligonale, con campo visivo limitato, un pop in di elementi secco e abbastanza fastidioso dalla distanza e una vegetazione che pare uscita dalla generazione precedente. E nonostante questo NieR: Automata ha problemi di frame rate, con scatterelli ingiustificabili mentre si vaga nelle zone estese (quasi sicuramente legati a qualche errore di codice, perché il gioco invece singhiozza raramente in battaglia, anche quando lo schermo si riempie di effetti particellari e proiettili). La cosa incredibile è che il frame rate non sembra perfettamente stabile nemmeno nella versione PlayStation Pro del gioco, a dimostrazione di un lavoro affrettato di ottimizzazione che, pur non rovinando l'esperienza, la incrina fastidiosamente. È una fortuna che a tappare i buchi ci pensino per lo meno le animazioni - fluidissime e di qualità altissima - e la direzione artistica che, pur restando volutamente blanda nelle zone iniziali - la palette smunta di colori è chiaramente voluta per mantenere lo stile vicino al primo NieR, così come il riutilizzo di certe location - riesce a stupire più volte mentre si prosegue. A indorare questa amara pillola infine ci pensa la colonna sonora, un altro capolavoro di Okabe capace di accompagnare in modo stratosferico le vicende. Difficile dire se sia all'altezza di quella ormai leggendaria del predecessore, ma è indubbio che il compositore questa volta abbia dato l'anima per il progetto, creando qualcosa di memorabile. Ed è proprio questo che NieR: Automata è nel complesso: memorabile. Non un titolo perfetto, neanche lontanamente, ma uno di quei giochi capaci di restare a lungo nell'immaginario collettivo.
Conclusioni
Non approcciate NieR: Automata con l'idea di trovarvi davanti un action stiloso che non lascia tregua, né una storiella vista e stravista da JRPG tipico. Questo è, senza ombra di dubbio, un seguito del primo NieR, ad esso strettamente ricollegato (anche se aver giocato il predecessore non è una necessità per godersi la sua notevole trama) e capace di rigenerarne ed evolverne le caratteristiche nel miglior modo possibile. Non siamo di fronte a un titolo comune: disintegrerà le vostre aspettative, frantumerà i vostri preconcetti e gli equilibri appresi in anni di gaming, e saprà inquietarvi con situazioni inizialmente incomprensibili e spesso impensabili. Non lasciate che vi spaventi. Andate avanti, tollerate le sue stranezze e ignorate i suoi difetti, perché si tratta di un titolo imperfetto ma incredibile, strutturalmente innovativo come pochi altri, e capace di far comprendere finalmente anche al grande pubblico perché Yoko Taro gode di un rispetto enorme tra la ristretta nicchia dei suoi fan. NieR lo snobbarono quasi tutti per le sue mancanze... cercate di non commettere nuovamente questo grave errore, ora che i Platinum sono riusciti a creare un gran gioco per supportarne il nome.
PRO
- Struttura narrativa stratosferica e imprevedibile
- Il gameplay si trasforma con costanza eccezionale, mantenendo elevata la varietà dell'esperienza
- Colonna sonora magnifica
- Sistema di combattimento solido, intuitivo e spettacolare
CONTRO
- Tecnicamente mediocre, con cali di frame rate difficili da giustificare e altre magagne
- Sbilanciamenti nelle meccaniche rendono il gioco fin troppo permissivo a difficoltà normale