L'uscita del primo Prey risale al 2006, e questo è probabile che lo sappiate già. A essere meno noto è il fatto che in un modo o nell'altro le prime tracce della serie (se possiamo chiamarla così) risalgono a oltre venti anni fa. Le notizie riguardanti Prey partono infatti dal 1995, anno in cui 3D Realms ne concepì la primissima versione, per poi passare nei primi anni 2000 il testimone a Human Head Studios, team a cui si deve il gioco così come poi lo abbiamo conosciuto. Una gestazione lunga undici anni, esattamente quanti sono quelli che separano il primo Prey dal secondo, che in realtà secondo non è. Per un certo periodo, in realtà, Prey 2 è stato effettivamente in sviluppo sempre presso Human Head Studios, ma questo prima del cambio di rotta voluto da Bethesda. Saltiamo fino all'E3 dell'anno scorso, quando il publisher del Maryland ha annunciato il reboot ufficiale del franchise, chiamando in casa i ragazzi di Arkane Studios sulla cresta dell'onda grazie all'ottimo Dishonored. Tra una prova qua e là e la demo pubblicata un mesetto fa abbiamo avuto nel frattempo diverse occasioni per conoscere il Prey del 2017, finalmente arrivato per fare tabula rasa di tutto il lavoro effettuato in precedenza, compreso il Prey uscito nel 2006: ne è valsa la pena? Scopriamolo insieme!
BioShock, System Shock, Dishonored e altri ancora: Prey attinge da tanti ma brilla di luce propria!
Una corsa finita male
L'ambientazione del nuovo Prey è ormai nota ai più, ma a beneficio di chi finora ha vissuto sulla Luna facciamo comunque un ripassino. Nel 1963 John F. Kennedy riesce a sfuggire all'attentato di Dallas che nella storia reale gli è costato la vita, dando così luogo a una versione alternativa della Corsa allo Spazio in grado di avere ripercussioni fino al 2032, anno in cui la vicenda narrata si svolge. Talos I è una stazione di ricerca collocata nei pressi della Luna, dove l'attività umana ha richiamato decenni prima l'attenzione dei Typhon, una razza aliena dotata di straordinari poteri.
Acquisita dalla TranStar Corporation, l'ex stazione spaziale Talos I è ora il luogo dove vengono sviluppate le cosiddette Neuromod, degli impianti in grado di modificare la struttura del cervello umano per permettere alle persone di assorbire i poteri dei Typhon, o comunque di ottenere capacità che vanno oltre quelle di un essere vivente normodotato. In questa situazione ha inizio l'avventura di Morgan Yu, ricercatore reclutato da suo fratello Alex per andare a lavorare a bordo di Talos I: durante una serie di test iniziali qualcosa va storto e una delle persone coinvolte viene attaccata da un Typhon fuori controllo. Inizia così una vera e propria invasione, che lascerà Morgan alle prese con la minaccia aliena all'interno della stazione, ma soprattutto con tante domande a cui trovare una risposta. Come da prassi, Morgan sa infatti molto più di quanto si possa inizialmente immaginare ma allo stesso tempo è colpito da un'amnesia che non gli fa ricordare nulla: a guidarlo verso la verità sarà l'operatore robotico January, programmato dallo stesso Morgan, mentre Alex proverà comunque a fornire una propria versione dei fatti. In base alla scelta effettuata a inizio gioco, Morgan può essere uomo o donna, ma questo non cambia praticamente nulla se non nella possibilità per chi ha il controller in mano di sentirsi maggiormente a proprio agio nei panni del protagonista. Una sensazione di immedesimazione che sta alla base del successo di Prey, un titolo in cui nulla è letteralmente come sembra: sia nella stanza dove vi trovate, per i motivi che vedremo, sia nella trama messa a punto da Arkane Studios. La partecipazione di Chris Avellone alla stesura della sceneggiatura è solo la ciliegina sulla torta di una Talos I da assaporare fino all'ultima goccia, seguendo con avvincente interesse la storia principale ma lasciandosi trasportare anche dalle tante missioni secondarie, destinate a rivelarci tanto sulla stazione di ricerca ma anche sullo stesso Morgan. I diversi finali disponibili rifletteranno le nostre azioni, invitandoci a riscoprire Prey anche dopo aver completato la prima partita. Considerando le dinamiche di gioco, che stiamo per vedere, diventa difficile quantificare una durata, anche se difficilmente non arriverete ad accarezzare le venti ore. Su Talos I ci sono tante cose da fare e tanti modi per farle, e tutto - anche la durata - si adatta allo stile del giocatore.
Quella tazza prima era lì?
Prey attinge a piene mani da tante altre opere, videoludiche e non, selezionandone con cura gli aspetti per produrne un qualcosa che gode di un fascino tutto suo. Non fa niente per nasconderlo, perché non sta scritto da nessuna parte che essere un titolo derivativo debba essere necessariamente un difetto. A partire da un inizio che ricorda un po' il film Edge of Tomorrow (o il manga All you need is kill, da cui è tratto), così come il primo esemplare di Typhon che non a caso si chiama Mimic: un mostriciattolo aracnide, in grado di trasformarsi in qualsiasi oggetto si trovi nelle sue vicinanze.
Se in una stanza vedete una tazza, un barattolo, o perfino un medikit, a volte può essere saggio sparargli per accertarsi che non sia un Mimic che ha deciso di tenderci un agguato, attentando soprattutto alle coronarie del giocatore. È soprattutto grazie a questi piccoli amici che le prime ore di Prey instillano nella mente del giocatore un elevatissimo senso di paranoia, aumentato anche dal fatto che per buona parte dell'inizio Morgan è in possesso di una sola chiave inglese per affrontare i Typhon. Dal canto loro, gli alieni fanno ovviamente di tutto per aumentare la nostra paura, a partire da un aspetto che ricorda molto da vicino la materia di cui sono fatti gli incubi: ombre nere e minacciose, in alcuni casi umanoidi come lo Spettro, fino appunto all'Incubo, una specie di Nemesis di Resident Evil 3 che continuerà a darci la caccia durante gran parte dell'avventura. L'arma principale di cui è dotato Morgan, il Cannone GLOO, la dice lunga sulle reali possibilità che egli può avere nello scontro uno contro uno con un alieno: si tratta infatti di un cannone che spara una colla estremamente appiccicosa, grazie alla quale è possibile bloccare o rallentare i Typhon, a seconda della loro grandezza. La sua natura gli permette di essere utile anche quando non affrontiamo i nemici, per costruire una scala verso posizioni altrimenti irraggiungibili o sedare incendi, abbracciando la varietà che permea tutte le situazioni di gioco di Prey. Uno dei pregi principali della fatica di Arkane Studios è infatti da ricercare nel design dei livelli, che apre a una serie di alternative per raggiungere un obiettivo prefissato. Tanto per fare un esempio, per aprire una cassaforte si possono sfruttare le proprie doti di hacking (ottenute tramite Neuromod), oppure andare alla ricerca della combinazione tra i tanti appunti e documenti che si possono trovare in giro. Anche coi Typhon, come avrete intuito, gli approcci possono essere diversi: prenderli di faccia non si rivela quasi mai una buona idea, cosa che invece è lo studio dell'ambiente circostante, per trovare punti delle stanze di Talos I che possano aiutarci a fare fuori la minaccia aliena. Tornando alle prime ore di Prey, il gioco si avvicina inaspettatamente alle dinamiche di un survival horror, complice anche l'assenza di una quantità esagerata di munizioni e la presenza di un inventario non proprio enorme, nel quale trovare spazio per far entrare anche hard disk rotti e bucce di banana.
Trofei PlayStation 4
Giocando a Prey avrete la possibilità di sbloccare un totale di 49 Trofei. A quello di tipo Platino se ne affiancano 3 Oro, 7 Argento e 38 Bronzo. Completare al 100% la fatica di Arkane Studios si presenta come una sfida particolarmente impegnativa, visto che tra i vari obiettivi c'è anche quello di completare l'intero gioco senza usare Neuromod. Un altro trofeo, invece, ci chiede di portare a termine l'avventura prima acquisendo solo poteri Typhon e poi acquisendo solo abilità umane. Gli altri trofei sono legati in linea generale alle varie situazioni che ci troviamo ad affrontare su Talos I, curiosando tra le tante postazioni di computer che si trovano nella stazione o usando in un certo modo abilità e oggetti.
Le tre R del futuro
Anche se come già detto il senso di paranoia di cui ci fa omaggio Prey non va via così facilmente, dopo qualche ora di gioco le cose cambiano a favore di una maggiore minaccia da parte dello stesso Morgan, destinato a passare dal ruolo di preda a quello di predatore.
Le varie Neuromod, soprattutto quelle aliene, forniscono al protagonista una serie crescente di armi con cui affrontare i Typhon, tra i quali segnaliamo l'abilità di scatenare onde psichiche e quella di mimetizzarsi come i Mimic. Tutto questo però avrà un prezzo, perché perdendo la propria identità umana Morgan finirà per assomigliare sempre più alle creature con cui combatte, fino a confondere perfino le torrette di protezione che potrebbero ritorcerglisi contro. Le stesse Neuromod possono essere costruite attraverso il sistema di artigianato, basato su un ciclo perfetto dei rifiuti che porta dalla loro raccolta fino al riuso, passando attraverso la loro riduzione a materiale di vario tipo. Raccogliendo le bucce di banana di cui sopra, per esempio, è possibile usare uno dei tanti riciclatori presenti su Talos I per generare materiale organico, da introdurre all'interno di un altro macchinario chiamato fabbricatore per creare un medikit nuovo di zecca. Come avrete ormai capito, tanti degli aspetti che compongono Prey vanno a incastrarsi perfettamente tra di loro, ma ce ne sono alcuni che soffrono più di altri. Nel momento in cui si inizia a sparare, ci si rende conto che le dinamiche da shooter sono piuttosto legate, al punto da risultare perfino frustranti in alcuni frangenti. Per esempio, soprattutto quando affrontiamo i nemici il Cannone GLOO non sembra quasi mai sparare dove noi realmente vogliamo, creando addirittura nel caso di Mimic una preziosa copertura per il nemico. Non escludiamo che ciò possa essere frutto di una precisa scelta da parte di Arkane Studios, che come abbiamo già detto vuole spingerci a sfruttare l'ambiente circostante per superare le difficoltà, piuttosto che affrontarle come faremmo in un Call of Duty. La cosa comunque migliora quando si incominciano a potenziare anche le armi, dotandole per esempio di una maggiore gittata. Qualche problema anche nel backtracking, legato all'esplorazione libera di Talos I da parte del giocatore: passando da una parte all'altra della stazione si affrontano dei tempi di caricamento che sono lunghi quanto basta a spezzare la tensione creatasi nel giocatore fino a quel momento. A parte questo, potete comunque dimenticare di annoiarvi mentre state andando da un punto all'altro, perché all'improvviso potreste ritrovarvi un Typhon davanti anche in un area che avete ripulito da poco.
Uomini soli
L'avventura di Morgan Yu si svolge quasi completamente in solitaria, limitando i contatti con altre persone a pochissimi attimi. Non c'è quindi la possibilità di assistere a chissà quanto parlato, perché a guidare il giocatore in Prey sono solo i tanti rumori che una struttura come Talos I è in grado di produrre, insieme ai suoi ospiti. La colonna sonora dall'impronta deliziosamente retrofuturistica contribuisce a fare il resto, adattandosi con un ottimo dinamismo alle varie situazioni presentate dal gioco. Di buona fattura il doppiaggio in lingua italiana, presente insieme alla traduzione di tutti quanti i testi nella nostra lingua per permettere a tutti di assaporare a dovere la profondità dell'impianto narrativo di Prey.
In termini grafici Talos I manca forse di luoghi che scatenino un vero e proprio "effetto wow", anche se esistono momenti come quelli all'esterno della stazione in grado comunque di rimanere impressi. Il passaggio dalla costruzione da parte della Russia negli anni '60 alla struttura che possiamo ammirare nel 2035 è documentato da una serie di luoghi diversi tra loro nell'aspetto estetico, che spazia dal retrò al futuristico. Lasciamo al gusto personale la scelta di ricorrere a uno stile dei personaggi simile a quello visto in Dishonored: per quanto ci riguarda non ci è dispiaciuto, anche se nel contesto "storico" in cui si muovevano Corvo ed Emily il tratto sembrava rendere meglio. L'intelligenza artificiale dei nemici è abbastanza sveglia da tenere il giocatore costantemente sulle spine, nella paura di vedersi improvvisamente braccato da un gruppo di Typhon. Considerando che anche a livello normale possono bastare solo due colpi ben assestati per andare incontro alla morte, bisogna sempre tenere gli occhi ben aperti. Come saprete, in Prey è assente la componente multiplayer: vista la quantità di cose da fare e da vedere non è il caso di farne un dramma, soprattutto se consideriamo che il tempo da dedicare a un'eventuale modalità multigiocatore avrebbe potuto pregiudicare la qualità di quella in singolo. E questo sarebbe stato un peccato.
Conclusioni
Aspettavamo Prey con ansia, e l'attesa è stata ripagata. Dopo i due Dishonored, Arkane Studios si conferma come uno dei team più in forma tra quelli attualmente in circolazione, usando l'esperienza accumulata negli anni scorsi per sfornare un titolo che entra di diritto nella lista dei candidati a gioco dell'anno di questo 2017. Il viaggio attraverso le varie aree di Talos I è destinato a entrare nella mente del giocatore per restarci ben ancorato, grazie a delle dinamiche di gioco che si incastrano perfettamente tra di loro. Non manca comunque qualche difetto, che soprattutto nel caso delle dinamiche degli scontri a fuoco potrebbe scoraggiare chi cerca un'esperienza improntata sugli spari invece che sullo studio e sull'esplorazione.
PRO
- Talos I è viva e aspetta solo noi
- Tanta varietà per affrontare le situazioni
- Dinamiche profonde e ben incastrate tra loro
CONTRO
- Fasi di sparo troppo legnose
- Caricamenti molto lunghi