Sono passati quasi 4 anni dalla fantomatica demo concettuale (The Casting) che in modo piuttosto sibillino, anzi dismesso, cercava di porre l'attenzione sul nuovo lavoro di quel personaggio piuttosto visionario che risponde al nome di David Cage. Era l'ultimo E3 di Los Angeles vecchio stile, quello dai toni esageratamente estremi e la PlayStation 3 stava ancora tentando di muovere i primi, incerti passi mentre il mondo intero si chiedeva chi o cosa avrebbe esplicitato al meglio il concetto di nextgen.
Quindi ci furono i vari Resistance, Killzone e Uncharted e finalmente, questo 2010, è depositario del turno di Quantic Dreams, la software house che proprio Cage ha contribuito a creare e che diversi anni fa tentò di rivoluzionare un genere, quello delle avventure grafiche. Ci furono infatti Omikron: The Nomad Soul, timido tentativo di adventure dai tratti free roaming alla Grand Theft Auto e con l'inaspettato cameo di David Bowie e poi Fahreneit, la nuova frontiera delle avventure grafiche, o almeno così ci fu detto, la cui trama eccelsa e le magnifiche trovate di gameplay furono bastonate a morte da un epilogo deludente e dalla sindrome dilagante da quick time event. Ed è così che si arriva ad Heavy Rain, prima esclusiva del 2010 per la console di casa Sony che si affaccia sul mercato con un fardello soverchiante sulle spalle: ce l'avrà fatta questa volta David Cage a rivoluzionare il genere? E soprattutto, è stato finalmente attraversato quel confine che divide il videogioco dal cinema alla ricerca di quella commistione unica, sublime ma ancora non raggiunta di interattività e narrativa? "Nì" è probabilmente la risposta più vicina alla realtà.
E' tutta una questione di storia...
Heavy Rain può essere concettualmente classificato come un adventure dai ritmi piuttosto elevati, arricchito del fascino e di alcuni aspetti di gameplay che tendono ad avvicinarlo alle avventure grafiche soprattutto in termini di esplorazione degli ambienti e di prosecuzione della trama. Proprio quest'ultima ruota intorno a un fantomatico killer seriale di bambini. Li rapisce, li tiene segregati per quattro giorni, quindi li affoga per poi abbandonarli in zone dismesse, vicino a una ferrovia con in mano un piccolo origami e un'orchidea sul petto. Nel breve prologo vestiremo i panni di Ethan Mars, un architetto dalla vita meravigliosa, sposato con una bellissima donna e padre di due pargoli. Ben presto la situazione precipiterà: Jason rimane vittima di un incidente, mentre l'altro bambino, Shaun diventa il possibile settimo rapito del serial killer.
La storia si sviluppa quindi seguendo le orme di Ethan e di altri tre personaggi che inizialmente si comporteranno da perfetti sconosciuti per poi incrociarsi durante le vicissitudini narrate andando a costruire rapporti d'amore, d'odio, di amicizia, di antagonismo. La bellezza di Heavy Rain è tutta in questa meravigliosa storia raccontata che trascina il giocatore, lo obbliga a cambiare costantemente punto di osservazione, scoprendo via via minuscoli dettagli che lo porteranno a risolvere un drammatico caso di omicidi in serie, stupendolo con almeno un eccezionale colpo di scena e trascinandolo con forza fino all'epilogo finale. Le tinte sono scure, da noir e in tutto il gioco continui saranno i rimandi a numerosi film tra cui Blade Runner (la pioggia è assolutamente incessante), Se7en (per suspance, componente thriller e rivelazioni), Saw (nelle prove a cui sarà sottoposto Ethan e nel suo rapporto con il serial killer). Heavy Rain è una costante corsa contro il tempo: la narrazione scorre fluida e veloce e grazie ad alcuni risvolti investigativi riesce a farci sentire in più di un'occasione cacciatori e prede, ci obbliga a schierarci, a prendere una posizione, quasi a tifare per uno dei protagonisti, a farci sentire in difficoltà quando siamo obbligati a fare delle scelte che potrebbero mutare in modo sensibile il corso degli eventi. Accanto a Ethan, troveremo e seguiremo l'evoluzione personale di Scott Shelby un investigatore privato assoldato dalle famiglie delle vittime del killer degli origami, ex poliziotto dai modi piuttosto rudi; Norman Jayden, agente dell'FBI specializzato in psicologia criminale con diversi problemi legati alla droga e inviato sul posto dal Bureau nel tentativo di beccare il criminale; Madison Paige, una bella giornalista e fotografa di una rivista d'arredamento che si ritroverà coinvolta nella vicenda per pura coincidenza a causa della sua insonnia. I toni di Heavy Rain sono sempre adulti, il suo rating 18+ è perfettamente giustificato: la violenza è palpabile, lo strano rapporto genitori-figli è subdolamente sviscerato e avremo a che fare costantemente con situazioni inquietanti perfettamente delineate da Cage anche nel loro senso di oppressione, il tutto all'insegna del cosa faresti, fino a dove ti spingeresti per amore. Ed è giusto sottolineare che per una volta il parziale nudo maschile e femminile a cui assistiamo abbastanza di frequente risulta sempre ben giustificato e in linea con la narrazione così come l'unica scena di sesso presente che finalmente spinge in avanti il medium videoludico per realismo e coinvolgimento lasciandosi alle spalle i goffi e timidi tentativi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. La maturità è ora, indiscutibilmente raggiunta.
Curiosità
Il Quick Time Event (QTE), letteralmente Evento in Tempi Rapidi è una meccanica di gioco molto particolare solitamente adottato per controllare parzialmente il protagonista nelle sequenze d'intermezzo cinematiche e costringe il giocatore a seguire con attenzione quello che avviene su schermo per premere dei bottoni o muovere il controller al momento giusto. Di solito se si falliscono queste sequenze si assiste alla morte del personaggio ed è obbligatorio ripetere la scena.
I QTE hanno un passato storico se si considera che già i primissimi laser game come Dragon's Lair o Road Blaster (agli inizi degli anni '80) possono essere considerati dei giochi interamente basati su quick time event. In tempi più recenti però l'uso dei QTE è stato sdoganato e modernizzato soprattutto grazie a due titoli: Shenmue di Sega e God of War di Sony.
...ma anche i controlli sono fondamentali...
La telecamera in gioco è automatica: il giocatore si limita a cambiare punto di vista alternando tra i due, tre punti di osservazione sempre disponibili in ogni scenario e situazione premendo L1. Con l'analogico sinistro si muove la testa del personaggio e si stimola la rotazione del suo corpo, mentre con R2 si cammina in avanti. La combinazione di analogico + R2 è piuttosto difficile da padroneggiare all'inizio; sicuramente è un'ottima idea per aumentare il senso di coinvolgimento del giocatore nel personaggio e rendere realistico il suo controllo ma fino alla fine non sarete mai pienamente soddisfatti di questo metodo, decisamente troppo approssimativo e succube dei continui cambi di telecamera e di svariati "incastramenti" soprattutto negli ambienti più stretti. Non è possibile inoltre correre se non in determinate situazioni dovute alla narrazione, e quindi specie negli ambienti più grandi la cosa può risultare un po' pesante.
Tenendo premuto L2 appariranno su schermo i pensieri del protagonista determinati dalla situazione e dagli eventi e che potremo ascoltare premendo il corrispondente tasto frontale. Spesso fungeranno da guida all'azione, quasi da suggerimento, altre volte serviranno da approfondimento psicologico e situazionale, in tutti i casi tenderanno a rendere ancora più palpabile e invasivo il grado di coinvolgimento del giocatore in Heavy Rain. Ci si sente veramente parte dell'evoluzione mentale e fisica dei personaggi e nelle situazioni più concitate, più di tensione, vedere queste scritte su schermo vibrare, essere difficilmente leggibili, ruotare vorticosamente intorno al personaggio, restituisce in modo credibile la confusione e l'ansia e riesce a depositarla nelle mani del giocatore che farà fatica a capire quale tasto premere in quel turbinare di emozioni.
E proprio i quattro tasti frontali, uniti all'analogico destro e ai pulsanti dorsali, determineranno le possibilità di azione del personaggio. Lo stick in particolare viene utilizzato per i movimenti delle braccia e delle mani: aprire una portiera, innestare una marcia, spalancare una porta o una finestra, utilizzare un interruttore e così via. I dorsali tendono a essere sfruttati per le azioni più complesse o per simulare le gambe. Il sixaxis è finalmente sfruttato in modo creativo e credibile per movimenti improvvisi e aggressivi. Infine i vari X, cerchio, quadrato e triangolo entrano in gioco durante le sequenze action, quelle più concitate e ritmate, nel classico stile da quick time event.
Il loro uso è estremo, onnipresente ma riesce alla perfezione a tenere il giocatore in uno stato di costante tensione, sempre pronto a qualche attività improvvisa da dover effettuare. Qui si annida quella sindrome da laser game a là Dragon's Lair che tanto sembra preoccupare i critici più feroci di Heavy Rain. E' indubbio che il gioco in parte risulti sminuito nella sua profondità essendo praticamente un susseguirsi di QTE, ma sarebbe veramente troppo riduttivo etichettarlo in questo modo. Innanzitutto non si sperimenta praticamente mai il fallimento in queste sequenze: non c'è quel trial and error tipico dei quick time event dove una sequenza errata porta al fallimento o alla morte e quindi alla sua ripetizione fino a quando non si è superata. L'azione continua se si sbaglia, prende diverse strade, raggiunge differenti epiloghi, ci penalizza per lo sbaglio ma non ci fa mai sperimentare un senso di frustrazione tanto da obbligarci a ricaricare un salvataggio. Certo, sbagliare tutti i tasti in una sequenza può avere conseguenze catastrofiche fino anche alla morte di un personaggio ma, badate bene, non ci sarà mai un game over nel senso stretto del termine: la storia va comunque avanti e raggiunge il suo finale. E come se non bastasse, questi QTE hanno una varietà incredibile legata non soltanto alle diverse combinazioni di tasti, ma proprio al loro stile di utilizzo e di rappresentazione: le indicazioni su schermo vibreranno, saranno poco leggibili o caotiche a seconda del pathos, proprio come avviene con i pensieri del personaggio. Ci sono situazioni in cui dovremo muovere l'analogico lentamente, con attenzione, oppure premere ripetutamente i pulsanti o ancora aumentare gradualmente il numero di tasti premuti contemporaneamente. Quest'ultimo tipo di difficoltà manuale è geniale per creare ansia nel giocatore e stimolarlo nel sentirsi partecipe di azioni rischiose e complicate.
...per non parlare poi del gameplay...
Il gioco è suddiviso in capitoli, circa una sessantina, a seconda delle azioni intraprese e della storia percorsa e la durata si attesta almeno sulle 10 ore, più probabile una dozzina se affronterete con la dovuta ricerca di particolari le sezioni con protagonista Norman, l'agente dell'FBI. E' proprio nei suoi capitoli che Heavy Rain tende a essere più videogioco nel senso stretto del termine, quasi avventura grafica. Dovremo infatti cercare indizi sfruttando un apparecchio piuttosto fantascientifico composto da un occhiale e un guanto (il sistema ARI) che, in stile realtà aumentata, mette in evidenza nell'ambiente eventuali tracce di sangue, pollini, impronte e così via. A seconda di quanti e quali indizi riusciremo a raccogliere, maggiori saranno i collegamenti investigativi che potremo effettuare in un secondo momento, all'interno di un sistema di realtà virtuale. Non nascondiamo che maggiori scenari di questo tipo ci avrebbero fatto piacere visto che ne incontriamo soltanto tre ma ciononostante riescono alla perfezione a mitigare quella parziale mancanza di interattività e libero arbitrio che permea Heavy Rain soprattutto a uno sguardo poco attento e approfondito. Gli scenari sono infatti estremamente lineari, in particolare quelli al chiuso che peccano letteralmente di punti di interazione; quello che si può o si deve fare è scritto nella pietra dai designer: non ci sono oggetti da raccogliere o combinare, puzzle da risolvere o situazioni da sbrogliare in modi differenti.
Ogni capitolo, come Cage ha sottolineato in diversi frangenti, inizia e finisce in un determinato modo, al giocatore viene data la possibilità di affrontare le numerose scelte e diramazioni all'interno dello stesso. Gli esiti di queste scelte hanno ripercussioni nei capitoli successivi sia a livello fisico (i vari protagonisti subiscono non poche violenze e le conseguenze si vedono) che di interazione con i vari personaggi e, ovviamente, sulla lunga distanza, quando alla fine del gioco le somme vengono tirate, portando a epiloghi differenti. Proprio così: Heavy Rain ha numerosi finali che vengono letteralmente "composti" a seconda dell'esito delle storie dei quattro protagonisti e il risultato è un grado di rigiocabilità piuttosto elevato (soprattutto per alcuni capitoli) nel tentativo di scoprire ogni risvolto della trama e magari raccogliere anche tutti i trofei. Ma come avviene concretamente l'avanzamento di uno scenario? A partire da un sistema duplice: solitamente c'è una singola, determinata azione che, una volta eseguita, porta al prosieguo della narrazione, altrimenti bloccata fino all'intervento del giocatore. Nell'altro caso c'è una sorta di timer che garantisce la totale libertà del giocatore nello scenario fino allo scadere di questo cronometro (spesso nascosto) che automaticamente avvia la sequenza successiva di azioni. Tipica e caratteristica di questa modalità è la telecamera in split screen che segna il suo ritorno in un uso molto similare a quanto fatto con Fahrenheit. Lo schermo si divide letteralmente per seguire telecamere differenti: da una parte abbiamo il giocatore, dall'altra elementi dello schermo e differenti personaggi che compiono le loro azioni. Il nostro obiettivo sarà solitamente quello di precedere i nostri antagonisti evitando di farci cogliere sul fatto. Questi momenti sono particolarmente ben riusciti nell'opera di David Cage: la tensione è palpabile, ci si sente veramente sotto pressione e parte di un dramma interattivo che prescinde dal nostro controllo e dalle nostre azioni.
Trofei PlayStation 3
Tutti i trofei di Heavy Rain sono segreti, fatta eccezione per cinque. Oltre all'immancabile Platino possiamo notare quello d'oro che si riceve visionando tutti i filmati o quello d'argento che si ottiene finendo il gioco con tutti i protagonisti ancora vivi. In totale i trofei sono 57 composti in larghissima parte da numerosi bronzi legati alle varie possibilità di scelta offerte nei capitoli. Affrontando Heavy Rain la prima volta è difficile superare il 50% di trofei raccolti.
...e come lasciare fuori l'aspetto tecnico?
Numerosi sono stati i filmati rilasciati in game fin dall'annuncio di Heavy Rain (nella nostra sezione video ne trovate moltissimi, anche girati da noi in presa diretta e complementari alla videorecensione), quindi non è difficile essere credibili nel momento in cui dichiariamo che la realizzazione tecnica del gioco è un mix stranamente perfetto di alti e bassi.
Iniziamo proprio da questi ultimi. Le ambientazioni sono tutte piuttosto evocative, soprattutto nell'uso delle tinte scure alternate sapientemente con colori vivaci per caratterizzare determinati stati d'animo e situazioni. Il problema è che specie quelle al chiuso sono piuttosto prive di dettagli e non così caratterizzate negli elementi di contorno o negli effetti che risultano tutti piuttosto statici (sia i giochi di luce che il particellare sugli elementi come il pulviscolo o le fiamme). Stessa sorte la subiscono i personaggi secondari che si staccano molto in senso negativo dai quattro protagonisti per rifinitura e qualità delle animazioni. Come se non bastasse, il frame rate non è stabilissimo e in molti frangenti si notano scatti anche piuttosto vistosi.
Ma a fare da contraltare ci sono i modelli dei quattro protagonisti, assolutamente eccellenti nella loro realizzazione.
Realistici sotto ogni profilo, con un'espressività facciale non descrivibile a parole e animati alla perfezione. E anche se si nota uno stacco tra le animazioni di movimento quando il personaggio è ai nostri comandi (piuttosto legnose e approssimate) rispetto alle sequenze in QTE, la qualità generale nel ricreare le movenze del corpo e del viso raggiunge livelli non apprezzabili in altri giochi.
E poi ovviamente c'è la pioggia, fil rouge di tutta la componente narrativa di Heavy Rain. Perfetta nella sua interazione con i vestiti e i visi, perfetta nel suo permeare e avvolgere ogni ambientazione, perfetta nella sua sonorità. Proprio l'audio dell'opera di Cage è il tassello qualitativo finale in un'opera tecnicamente molto piacevole. La colonna sonora è composta soprattutto da brani orchestrali ispirati e da alcune musiche ambient e techno. Lo stesso tema del gioco che si ripete periodicamente è ben riconoscibile e vi continuerà a rimbalzare nel cervello per diversi giorni. Menzione d'onore anche per il doppiaggio, interamente in italiano ed estremamente ben caratterizzato: ottima in particolare la voce di Pino Insegno nei panni di Ethan. Forse soltanto leggermente sottotono le voci femminili rispetto a quelle maschili.
Conclusioni
E' difficile esprimere un giudizio su Heavy Rain, l'avrete sicuramente notato anche nel corpo della recensione sicuramente più descrittiva che valutativa. Ma d'altra parte l'opera di Cage ha quella strana capacità che la porta a farsi amare a dismisura da chi è predisposto verso un tipo di narrativa che va oltre la semplice interazione con i personaggi su schermo e gli aspetti tipici del gameplay. Ma allo stesso tempo Heavy Rain riesce a farsi odiare da chi è alla ricerca di un videogioco nel senso classico (e stretto) del termine e rischia di trovarsi invece di fronte a un non-gioco: tutto è prestabilito e impostato dai designer e, in una riduzione estrema e malsana si può dire che ogni azione si risolve in una pressione a tempo dei tasti giusti.
Ma proprio questa dualità è tipica delle eccellenze: Heavy Rain è un crescendo costante di emozioni e sensazioni e trascina con mano il giocatore nel compiere quel primo, coinvolgente passo, verso il nuovo step evolutivo dei videogiochi dove la trama e la narrativa diventano finalmente più importanti delle meccaniche di gioco.
PRO
- Trama, narrativa, atmosfera e coinvolgimento senza confronti
- I quattro protagonisti sono perfetti nella loro realizzazione tecnica
- Il lavoro fatto sulla varietà e sull'utilizzo dei quick time event è geniale
- La colonna sonora è raffinata e il doppiaggio eccellente
CONTRO
- Gli elementi di contorno e i personaggi secondari sono sottotono
- In alcuni frangenti è veramente troppo lineare
- Non è apprezzabile da tutti i videogiocatori