Chiudere una storia, raccontata per quasi dieci anni, non dev'essere facile. Dal primo Halo, uscito nel Novembre 2001, di acqua sotto i ponti ne è passata talmente tanta che Master Chief, un eroe senza volto e, quasi, senza voce, è diventato un'icona del mondo dei videogiochi, portandosi sulle spalle buona parte delle fortune di entrambe le console targate Microsoft e di Xbox Live. Bungie, dopo tanto tempo passato con gli Spartan e i Covenant, se ne va, e lo fa lasciando che altri siano a raccontare cosa accadrà al Capo dopo la fine di Halo 3, scegliendo con questo capitolo di partire da prima dell'inizio di tutto. Halo: Reach racconta la fine del pianeta su cui venivano addestrati gli Spartan, soldati d'élite delle truppe terrestri. Un pianeta simbolo per l'UNSC, questo il nome delle milizie, oggetto di un colossale attacco da parte dei Covenant, alla ricerca di un artefatto e dei segreti custoditi sotto la superficie. Una storia epica e triste, il cui finale è già noto a milioni di persone, visto che da questa sonora sconfitta è partita tutta la saga di Halo, ma una storia che poteva essere raccontata in molti modi diversi. Bungie, a quanto pare, ha scelto il modo migliore.
Gli Spartan del Noble Team
I protagonisti di Halo: Reach sono sette. Ci sono i cinque compagni del Noble Team, apparentemente incaricati di portare in salvo gli Spartan sopravvissuti all'attacco e gli abitanti del pianeta, Noble Six, ovvero il nuovo membro del gruppo, impersonato dal giocatore, e il pianeta Reach. Bungie, in questo capitolo, e grazie a un'ambientazione che precede la distruzione totale della vita sulla colonia terrestre, mette in campo, per la prima volta, la possibilità di far sentire al giocatore la vita civile nel mondo di Halo, con abitanti disperati in attesa di una qualche forma d'aiuto durante le fasi d'evacuazione, e con creature selvagge che popolano il pianeta e che, negli esemplari più mastodontici, attaccano sia i soldati che i Covenant, senza distinzioni.
L'ambientazione aiuta senza dubbio con paesaggi bellissimi, dai colori accesi e dalle texture definite, con una sensazione di sinistra quiete che, attraverso le dieci missioni della campagna, viene spazzata via da un conflitto di cui è molto difficile non sentire il peso e l'emozione. Tutti i membri del team hanno un nome e, soprattutto, un volto. Hanno profili psicologi, certamente inquadrati in canoni narrativi ben noti, ma che vengono raccontati con una serie di scene d'intermezzo, tutte realizzate col motore di gioco, in cui il team, tolto l'ingombro di Master Chief, si permette di dire e di fare molte cose con una libertà che, forse, non era altrimenti possibile. Ed è qui, come mai prima, che viene dato un contenuto alla specialità dell'essere Spartan, con i nostri eroi che vanno nello spazio, saltano da dirupi e danno sfoggio di abilità che danno un significato alle modifiche genetiche che ognuno di loro ha dovuto subire per entrare a far parte di questa élite di guerrieri. Laddove la personalità del Capo è stata raccontata negli anni più con i silenzi che con le parole, qui l'approccio è completamente diverso con una componente narrativa molto più importante e che dà ad Halo: Reach l'andamento di un action movie Hollywoodiano, rispettando le dichiarazioni di Bungie, che diceva d'aver apprezzato il modo di raccontare le storie di Infinity Ward con Call of Duty, lasciando però inalterati i canoni fondamentali di un gameplay che è oramai un marchio di fabbrica.
I poteri e il gameplay che è un trademark
Gli Spartan del Noble Team, tranne Noble Five - Jorge, sono del terzo tipo e hanno la possibilità di equipaggiare dei poteri aggiuntivi, che vengono via via dati in pasto al giocatore col cambiare delle situazioni e con la natura delle mappe. All'inizio si ha solo la corsa, che si attiva premendo LB e che si consuma progressivamente, come chiunque abbia partecipato alla beta multiplayer ormai ben sa.
Lungo la campagna si trovano dei depositi, in cui ricaricare le munizioni delle armi dell'UNSC, curare con i medikit le ferite subite dopo aver esaurito gli scudi energetici, e in cui cambiare il potere equipaggiato - se ne può portare uno solo per volta - con quelli che vengono messi a disposizione. La scelta, soprattutto nella cooperativa giocabile in quattro sia in system link che via Xbox Live, dev'essere oculata, visto che i poteri da raccogliere sono limitati e che i giocatori devono mettersi d'accordo su quale prendere, visto che non è detto che ce ne sia uno di ogni tipo per ognuno di loro. La coordinazione nell'utilizzo dei poteri, soprattutto a difficoltà leggendaria diventa fondamentale nelle condizioni più estreme. In totale sono sei: la corsa; l'armatura del guardiano, che protegge il giocatore dagli attacchi, mentre può anche fungere da scudo per i compagni; il jetpack che apre le mappe in verticale e che ha permesso a Bungie di disegnare alcune locazioni "nel vuoto"; il camouflage che, oltre a rendere parzialmente invisibili, fa impazzire i radar degli avversari in multiplayer; la bolla scudo che crea un'area di invulnerabilità a disposizione di chiunque vi passi attraverso, Covenant compresi; e infine, l'ologramma, che permette di lanciare in una determinata area del campo di battaglia un avatar virtuale così da attirare su di esso il fuoco nemico.
Intorno a questi sei poteri e a mappe come sempre vaste, ora anche sviluppate in verticale grazie al jetpack, Bungie si è spinta ancora oltre nella definizione di quel sandbox FPS, che permette di affrontare in mille modi ogni scontro, con la possibilità di dare vita a partite sempre diverse anche grazie a un'intelligenza artificiale dei Covenant ulteriormente raffinata, con l'eccezione del livello di difficoltà normale, troppo arrendevole, nel quale l'utilizzo di questi "power up" viene appena scalfito, visto che ci si può lanciare senza troppi pensieri nella maggior parte delle battaglie sin ben oltre la metà della campagna, soprattutto se per quasi dieci anni ci si è abituati ad Halo a "Leggendario". Vengono anche introdotti mezzi nuovi, come il Revenant, una sorta di Ghost a due posti, quasi potente come un Wraith, e il Rocket Hog, ovvero la jeep munita di lanciarazzi che permette al motore fisico di Halo di fare i soliti numeri pirotecnici. Per la prima volta si possono guidare camion, tir e macchine civili abbandonate sulla superficie, fino a un muletto montacarichi che sembra tanto una citazione di Shen Mue. Sempre nell'ottica di mettere gli Spartan in situazioni ancora più epiche, ci sono anche i combattimenti nello spazio, che più che un piccolo cammeo, vanno a costituire una citazione agli X-Fighter di LucasArts, con un vero e proprio set di comandi, tra mosse d'evasione laterale, turbo per accelerare e missili a ricerca, mentre tutto intorno si staglia ciò che resta della flotta terrestre.
La campagna single player
Per completare la campagna di Halo: Reach, giocata quasi tutta in tre giocatori a livello Normale, abbiamo impiegato circa sei ore. Il che ci fa stimare che circa otto siano necessarie per chi ci giocherà in solitaria, soprattutto esplorando le mappe alla ricerca di una serie di note nascoste che raccontano la storia del pianeta e degli esperimenti che venivano svolti su di esso. Ovviamente, il consiglio è quello di giocarci almeno a Eroico da soli e a Leggendario con gli amici, anche per godere al massimo di mappe, poteri e dell'intelligenza artificiale.
Multiplayer, teschi e crediti
In Halo: Reach, così come negli altri capitoli soprattutto a partire da Halo 2, la longevità è affidata al comparto multiplayer, oltre che alla campagna in cooperativa. La giocabilità è quella già provata nella beta con, in più, tutte le possibili combinazioni date dai nuovi poteri che possono essere equipaggiati. Ne abbiamo avuto un assaggio con una serie di match tra i giornalisti presenti all'evento organizzato per la recensione, e ovviamente ci torneremo più avanti. Abbiamo messo il naso nelle nove mappe e preso nota delle dodici modalità a disposizione, ognuna in diverse varianti a seconda del tipo di regole alla base di ogni partita, a partire dal semplice DeathMatch, che ne ha ben sei versioni, come lo SWAT, in cui i poteri sono disattivati e in cui ci si può armare solo di fucile d'assalto e pistola. Non mancano modalità come Infezione, in cui un giocatore armato di Spada Covenant assale gli altri, muniti di fucile a pompa, trasformandoli in infetti e in cui vince chi realizza più Kill fino a quando tutti i giocatori non siano stati trafitti dalla spada - o fino alla fine del tempo - e altre più folli come quelle di corsa, in cui inseguire dei checkpoint, che appaiono a caso sulle mappe, cercando di prenderne il maggior numero possibile entro la fine della partita, a bordo dei mezzi. Tornano la modalità Cinema, per fare filmati e immagini estrapolati dalle sequenze di gioco, la Fucina, con cui creare mappe disponendo qualsiasi elemento, oggetto, e arma a proprio piacere e la Sparatoria, costruita sulla falsariga dell'Orda di Gears of War, che, dopo l'esordio in ODST, offre ora a un massimo di cinque giocatori la possibilità di affrontare le crescenti ondate di Covenant.
Ci sono di nuovo i Teschi da attivare, sia primari, che intervengono direttamente sulla difficoltà del gioco, eliminando ad esempio l'utilizzo del mirino o rendendo ancora più intelligenti i Covenant, che secondari, che invece influiscono su elementi accessori come l'effetto della fisica dopo le esplosioni delle granate. Ogni partita effettuata, in singolo o multiplayer, sia in System Link che su Xbox Live, porta al conseguimento di una serie di crediti tanto più numerosi quanto più alti sono il livello di difficoltà e il numero di teschi attivati. Questi possono essere spesi per sbloccare accessori e nuovi pezzi d'armatura, variazioni puramente estetiche sia chiaro, e persino voci extra da attribuire al proprio soldato quando si gioca in Sparatoria, con anche la possibilità di arrivare a utilizzare la voce di Master Chief.
Obiettivi Xbox 360
Halo: Reach andrà giocato per ore e ore, se si vorrà arrivare a ottenere tutti i mille punti a disposizione per ingrassare la propria Gamertag. Alla fine della campagna in singolo, a Normale, e con sole due note raccolte, il bottino segnava soli 150 punti. Un passaggio a Leggendario è senz'altro obbligatorio, così come tante partite in multiplayer.
Viva la Spagna!
Bungie ha lavorato tanto sul motore di Halo: Reach per rintuzzare le critiche che erano state mosse alla grafica di Halo 3, dando vita all'Halo più bello di sempre, anche grazie alla grande varietà delle ambientazioni della campagna. Tra l'abilità degli artisti, gli effetti atmosferici, particellari e di luce, il dettaglio poligonale, con i modelli degli umani rifatti da capo, soprattutto nelle scene d'intermezzo, e la fisica applicata a ogni elemento, si resta più volte immersi ad ammirare un'atmosfera unica. Il team ha cercato anche di risolvere la presenza delle scalette che affliggevano pesantemente Halo 3, ma che continuano ad esserci, pur limitate da un sistema di anti aliasing dinamico che interviene nella porzione di scenario più vicina al giocatore, ma che non riesce a gestire le scene in cui la visuale si sposta più lontano, come in tutte le sezioni in cui si vola a bordo di mezzi aerei. Aiuta, come al solito, la colonna sonora, anch'essa vero e proprio segno distintivo della saga, e il comparto audio ricchissimo. Non sappiamo del doppiaggio, visto che la versione che abbiamo giocato era in spagnolo con solo i sottotitoli delle scene d'intermezzo in italiano. Su questo, come sul multiplayer, torneremo in seguito, modificando la recensione non appena avremo sotto mano una copia finale e localizzata del gioco.
Conclusioni
Halo: Reach è un modo per Bungie per lasciare ai loro fan un saluto che ricorderanno a lungo, raccontando una storia intensa e appassionante con una dedizione per la campagna single player che mancava dai tempi del primo episodio. Non sarà facile, per chi dovrà farsi carico di questa eredità, portare avanti un brand che tanto ha fatto per dare un'identità a un progetto e a una console, soprattutto dopo questo capitolo che riporta in campo un gameplay che ha fatto scuola, ma con una serie di novità in grado di trasmettere, ancora una volta, la ricerca del team per il bilanciamento perfetto delle meccaniche di gioco. Halo: Reach è anche un titolo che per mesi la comunità di Xbox Live giocherà per migliaia d'ore, come un appuntamento che non si può mancare e come quei giochi realizzati con una cura che pochi sono in grado di esprimere.
PRO
- La storia più bella della serie?
- Il lavoro fatto sul motore
- Le mappe e il bilanciamento del gameplay
- La cura riposta in ogni elemento
CONTRO
- A normale è oramai troppo facile
- Qualche scaletta di troppo