Versione testata: PC
In un panorama videoludico dominato da tecnici e solo di recente contaminato in modo massiccio da personalità esterne - spesso grandi nomi come Del Toro e Spielberg, di cui è difficile soppesare l'effettivo apporto creativo - una figura come quella di Jane Jensen non poteva che divenire leggendaria: nata professionalmente come programmatrice, entra in Sierra On-Line all'alba degli anni '90 per uscirne una decade dopo con all'attivo la scrittura e il design di avventure grafiche divenute nel frattempo leggendarie. Il multiforme ingegno della statunitense si esprime in special modo tra il 1993 e il 1999, periodo in cui dirige i lavori sulle tre opere della saga Gabriel Knight, sperimentando un approccio fortemente incentrato sulla narrazione al punto da ricavarne un paio di romanzi, apripista alla seguente vicenda professionale come scrittrice che le vale nel 2003, con Dante's Equation, una nomination al premio annuale Arthur C. Clarke. L'avvento del nuovo millennio ha quindi significato per la Jensen un ridotto impegno sotto il profilo videoludico, con la spinta creativa che un tempo le permise di definire in modo così preciso i tratti di una trilogia nonostante le diversità tecnico-tecnologiche dei singoli capitoli, rivolta altrove e gli impegni come game designer prima ridotti all'osso nella forma di prodotti casual e poi diluiti nell'epopea che è stata la produzione di Gray Matter.
Annunciato sette anni or sono e previsto inizialmente per la fine del 2004, quest'ultimo ha occupato la sua creatrice a fasi alterne così come incostante è stato il lavoro delle software house che l'hanno supportata: dopo alcuni passaggi a vuoto, si è infine arrivati ai francesi Wizardbox che hanno traghettato a compimento un progetto a conti fatti interessante anche se non del tutto all'altezza delle premesse.
Il racconto prima di tutto
In modo simile a quanto sperimentato nei prodotti che l'hanno resa celebre, la Jensen ha scelto per Gray Matter un approccio che partisse proprio dalla cura nello sviluppo della trama, in special modo nella figura dei personaggi che ne movimentano lo svolgimento. Nei panni di Samantha Everett, aspirante prestigiatrice statunitense in trasferta in Gran Bretagna, il giocatore avrà modo di mettersi sulle tracce del Daedalus Club, il circolo di magia più prestigioso al mondo, e per un fortuito caso del destino entrare in contatto con l'enigmatico Dr. Davis Styles, l'altro alter ego controllabile nei capitoli a lui dedicati, ex professore universitario e ricercatore di cui Samantha si fingerà la nuova assistente, rimanendo coinvolta nelle sue ricerche nel campo della neuropsichiatria. L'alterno uso dei due mette in evidenza una buona scrittura e soprattutto il grandissimo lavoro di ricerca sulle fonti, apprezzabile tanto sotto forma di riferimenti al mondo dell'illusionismo, quanto soprattutto a quello della psichiatria di confine, con la maniacale ricerca di Styles per un contatto con la moglie, morta anni prima in un incidente, che viene supportata da rilievi tecnici, documenti e dialoghi evidentemente frutto di uno studio tutt'altro che amatoriale o raffazzonato.
I primi capitoli di Gray Matter scorrono quindi un po' troppo lenti ma affascinanti, al punto da creare un'attesa nei confronti di quanto viene dopo solo in parte soddisfatta. Dopo anni di successo di avventure come quelle scanzonate di Telltale o dal tono avventuroso come nei vari Runaways, di divagazioni orrorifiche alla Black Mirror o incentrate sull'aspetto più strettamente visivo come Machinarium e il recente The Dream Machine, sperimentare sessioni interamente incentrate sull'evocazione sensoriale dei ricordi del tempo passato con la propria donna scomparsa, come quella che vede Styles protagonista all'interno di un parco, stupisce sulle prime, lasciando purtroppo in parte delusi al momento di constatare come tali premesse non portino a un effettivo percorso di crescita.
Anche senza voler mettere in campo il finale in sospeso con tanto di domande irrisolte annesse, la caratterizzazione gotica data ai protagonisti pare alla lunga un po' troppo legata alla volontà di creare un personaggio più sulle corde della sensibilità femminile - nel caso di Samantha - e alle mode narrative degli ultimi anni - il Dr. Styles che elabora il lutto vestendosi di nero e portando una maschera, nella Gran Bretagna del 2000 - con la (quasi) totale assenza di personaggi e momenti più leggeri o grosse accelerazioni di ritmo che andrebbe benissimo nel caso di un libro o di un film, ma a tratti mal si amalgama con la necessaria sospensione dell'incredulità richiesta a chi fruisce di un prodotto interattivo dove ogni riflessione, discorso e suggestione è in balia dell'abilità logica dell'utente e della sua capacità di andare avanti. Soddisfatti a metà anche per l'ambientazione di Oxford, perfetta all'inizio nel regalare la giusta atmosfera e il background alle vicende ma un po' sottosfruttata nella sua veste di città universitaria per eccellenza, e per tutta la fase centrale all'interno del campus dove Samantha interagirà con i componenti del gruppo che si sottoporrà agli (affascinanti) esperimenti di Styles, che non sembrano avere un seguito nei rapporti interpersonali tra i suoi componenti nonostante gli accadimenti non poco destabilizzanti per le loro vite. Se quindi Gray Matter ha in comune con i tre Gabriel Knight la grande cura per le fonti e pone anche una maggiore attenzione a certi aspetti legati alla narrazione, come la precisione nel doppiaggio in inglese, lo spostamento del focus verso una materia più complessa rispetto a riti voodoo, lupi mannari, vampiri e vicende di antiche famiglie europee, non sembra aver del tutto premiato in termini di personaggi e momenti memorabili, risultando nel complesso inferiore.
In bilico tra vecchio e nuovo
In termini di meccaniche di gioco, Gray Matter è un'avventura grafica fatta e finita: esplorando gli ambienti con il cursore del mouse e facendo interagire ora Samantha, ora Styles con i punti d'interesse, al giocatore spetta il compito di risolvere una quantità di puzzle quasi interamente basati sull'uso degli oggetti raccolti, lasciando allo svolgimento dei molti dialoghi l'altra metà del tempo speso a vivere un'esperienza che non manca di momenti esaltanti dal punto di vista ludico - soprattutto l'ottavo e ultimo capitolo - ma risulta nel complesso un po' troppo facile.
La divisione in episodi è studiata in modo appropriato e permette una certa libertà di movimento nel completare i compiti evidenziati, oltre che da un sistema di aiuti che mostra quali luoghi nascondono ancora dei motivi d'interesse, da una schermata che riassume i punti ottenuti rispetto al totale per ciascun obiettivo. Questa soluzione rappresenta un'evoluzione del vecchio sistema a punti utilizzato nei titoli Sierra ed evidenzia come la Jensen sia rimasta sotto certi punti di vista legata al suo passato, per quanto poi altri aspetti segnino cambi di rotta non indifferenti: l'adozione di un sistema di gioco basato sull'uso del solo tasto sinistro per l'interazione con ogni elemento del fondale o personaggio, soprattutto, restituisce grande immediatezza pur rappresentando una forse eccessiva semplificazione di quanto solitamente fatto e addirittura una legge del contrappasso se confrontato a Gabriel Knight che ancora nel secondo capitolo, oramai nel 1995 un po' fuori tempo massimo, proponeva l'interfaccia classica con la scelta di una varietà di differenti tipi d'interazione.
L'elemento di maggior originalità all'interno del gameplay sarebbe dovuto essere rappresentato dalla possibilità, nei capitoli con protagonista Samantha, di selezionare e quindi eseguire il trucco di magia corretto per sbrogliare le situazioni più complesse.
L'idea di piegare una premessa così importante all'interno di una meccanica di gioco era ottima, peccato che si risolva nell'uso di una semplice interfaccia sempre uguale a se stessa se non in un paio di occasioni, che rendono tra l'altro chiaro come il risultato finale sia stato frutto della necessità di completare lo sviluppo e portare a compimento un lavoro dai tempi già biblici. Paradossalmente, risultano molto più avvincenti alcune divagazioni sulla classica ricerca dell'oggetti e del luogo in cui utilizzarlo, che si svolgono durante le meno pretenziose sessioni nei laboratori del Dr. Styles, tra computer e analisi dei risultati ottenuti durante gli esperimenti, vasche di deprivazione sensoriale e strani macchinari con cui mettersi in contatto con piani ulteriori della coscienza. Ci sono alcune incongruenze logiche che affliggono certi passaggi - Samantha che non vede la chiave nella bocca di una statua finché non ha appurato che la porta che deve aprire non è effettivamente chiusa, per dirne una - però sono casi sporadici e non compromettono nulla.
Vie di mezzo
La Oxford mostrata attraverso decine di ambientazioni diverse e chi ne popola le nebbiose strade, i college, i locali e l'immensa villa di campagna costruita appena fuori il centro cittadino, sfruttano un sistema ibrido che mescola fondali bidimensionali e modelli in tre dimensioni - un fixed 3D simile a quello dei Resident Evil usciti su PlayStation. I primi sono ottimamente realizzati oltre che in grande numero, con scorci dettagliati e spesso resi anche più suggestivi grazie a un'accompagnamento musicale d'eccezione. Discorso diverso per la parte in 3D che, pur appena sufficiente sotto il profilo della pura e semplice modellazione, tracolla quando si analizzano animazioni pessime, incapaci non solo di gestire a dovere le interazioni ma anche le routine di movimento semplici, come il camminare o il correre dei personaggi che il più delle volte risultano poco credibili.
Purtroppo il lavoro di WizardBox, già autori di So Blonde, non risulta perfetto nemmeno sotto il profilo della disposizione di punti d'interazione che sanno essere poco precisi, addirittura anche quando si attiva il sistema che li mette in evidenza segnandone nome e posizione sullo schermo. Le scene d'intermezzo usano una tecnica che anima artwork statici attraverso zoom, movimenti delle tavole e sovrapposizione delle stesse, con un risultato in generale coinvolgente per quanto lo stile non risulti sempre omogeneo a quello di quanto visibile mentre si gioca. Come detto il doppiaggio in lingua inglese è ben fatto e lo stesso vale per la sincronia del labiale; la versione da noi testata non presentava alcuna localizzazione in italiano che però sarà disponibile, nella forma dei classici sottotitoli, in quella in vendita per PC e Xbox 360 dal prossimo 27 gennaio.
Conclusioni
La lunghissima attesa di questi anni è stata purtroppo soddisfatta a metà: in Gray Matter tutto o quasi porta la firma di Jane Jensen che ne cura abilmente il background narrativo, le fonti e i dialoghi senza però riuscire a far decollare un titolo che a tratti si prende troppo sul serio, scordandosi, anche, che nei prodotti d'intrattenimento videoludici una componente di sfida ben costruita è quantomeno augurabile. Per come sono state fatte, le undici ore circa necessarie a completarlo scorrono tutto sommato piacevoli grazie a un'ottima atmosfera, qualche bella trovata e un eccellente ultimo capitolo che lasciano più di qualche rimpianto per quello che un buon gioco sarebbe potuto essere e invece non è.
PRO
- Tanto il tema dell'illusionismo quanto quello della neuropsichiatria sono sviluppati con cura
- Oxford è in Gray Matter un luogo affascinante da esplorare, imperdibile da osservare dipinto sulle tavole dei fondali
- Fatta eccezione per un elaborato e ottimo ultimo capitolo, il gioco scorre liscio come l'olio dall'inizio alla fine...
CONTRO
- ... anche troppo considerando un livello di difficoltà a tratti inesistente e alcune idee mal sviluppate, come quella dei trucchi di magia
- Le ottime premesse narrative vengono in parte tradite da uno svolgimento non sempre all'altezza e da un finale solo in parte conclusivo delle vicende
- Modelli 3D non eccezionali, animazioni pessime
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore AMD Phenom II X3 720@3.5GHz
- 4 GB di Ram
- Scheda video NVIDIA GTX 460
Requisiti minimi
- Windows XP, Vista o 7
- Processore Pentium IV 1.4GHz o superiore
- 512 MB RAM con XP e 1GB RAM con Vista o superiore
- Scheda Video ATI Radeon 9800 Pro, Nvidia Geforce 6200TC e Intel GMA X3200 o superiore
- 6.5GB di spazio libero sul disco fisso
Requisiti consigliati
- Windows XP, Vista o 7
- Processore Intel Core2Duo 2.4GHz o superiore
- 1GB RAM con XP e 2GB RAM con Vista o superiore
- Scheda Video ATI Radeon 2xxx e NVidia Geforce 8xxx o superiore
- 6.5GB di spazio libero sul disco fisso