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Ancestors: The Humankind Odyssey, la recensione

Con Ancestors: The Humankind Odyssey Patrice Desilets riparte dalle origini della specie per spiegarci cosa significa videogiocare, tra evoluzione e sopravvivenza. Ecco la nostra recensione.

RECENSIONE di Simone Tagliaferri   —   26/08/2019
Ancestors: The Humankind Odyssey
Ancestors: The Humankind Odyssey
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All'inizio Ancestors: The Humankind Odyssey, di cui state leggendo la recensione, è spiazzante. Qualcuno lo ha descritto come un Assassin's Creed con le scimmie, ma una simile definizione non potrebbe essere più lontana dal vero, nonostante la saga di Ubisoft sia nata proprio da un'intuizione di Patrice Desilets, lo stesso autore. Certo, i primati che si controllano per tutta l'avventura possono scalare rocce e alberi e lanciarsi da un tronco all'altro con grandissima agilità, sfruttando le liane più resistenti lì dove presenti per darsi slancio o per salvarsi da cadute rovinose. Il fatto è che avviando per la prima volta il gioco pensavamo che quello ne fosse il fulcro, quando in realtà ne è solo una componente accessoria, quasi descrittiva.

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Non che sia poco presente, visto che si passa tanto tempo sugli alberi, ma c'è anche molto altro. Ancestors: The Humankind Odyssey sulla carta è un survival, ma lo è in modo raffinato, quasi eclettico. Non racconta una vera e propria storia, anche se in fondo ci parla di noi esseri umani e di come siamo diventati quel che siamo, e non fa sue moltissime delle meccaniche canoniche del genere, che ignora o rilegge in modo completamente autonomo. Il suo punto forte, se così lo vogliamo chiamare, è come si approccia al giocatore, immergendolo completamente nei panni dei primati protagonisti: il giocatore non interpreta una scimmia, il giocatore è la scimmia. Cerchiamo di spiegarci.

Il giocatore come una scimmia

In Ancestors: The Humankind Odyssey controlliamo dei primati che lottano per la loro sopravvivenza in un ambiente naturale fortemente ostile, popolato da creature pronte a divorarli appena gliene viene data l'occasione. Il nostro obiettivo è quello di espandere la nostra progenie seguendo una progressione che va dallo stato di natura fino alla costruzione di alcuni semplici edifici per creare dei piccoli villaggi, il tutto lungo una serie di capitoli scanditi dall'evoluzione dei primati in diversi campi (neuronale, sociale e così via) cui vanno assegnati dei punti quando disponibili su delle schermate che sono sostanzialmente i classici alberi delle abilità.

Questo concetto, già di suo intrigante, viene sviluppato in un modo sorprendente: lasciando il giocatore all'oscuro di tutto, a parte per un semplice tutorial disattivabile che fornisce alcune basi, senza però scendere mai troppo nel dettaglio. Quando dicevamo che il giocatore è la scimmia intendevamo proprio che come la scimmia deve evolversi analizzando l'ambiente in cui vive per trovare cibo, acqua e giacigli su cui dormire e allo stesso tempo mettere a frutto quanto appreso per evolvere la specie. Il tutto si traduce in uno spaesamento iniziale quasi completo del giocatore, che si ritrova in un ambiente ostile senza che nessuno gli dica cosa deve fare. Ad esempio uno dei primi compiti che dovremo svolgere è quello di recuperare un cucciolo che ha trovato riparo in un nascondiglio dopo che un anziano della progenie è stato ucciso da un grosso uccello predatore. Il tutorial ci spiega a grandi linee che il primate che stiamo guidando, di cui sappiamo solo l'età generica (bambino, adulto, o anziano) e il sesso (maschio o femmina), può usare i suoi sensi, in particolare l'olfatto, per individuare gli altri membri del clan o del cibo, oppure può usare la sua intelligenza per riconoscere alcuni punti di interesse: piante di vario tipo, cibo, zone pescose, alveari, punti di riferimento e, appunto, nascondigli.

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Detto questo si viene lasciati completamente soli a scoprire il funzionamento del tutto, ossia come mettere in pratica le nostre capacità. Usando l'intelligenza ci troviamo a guardare una miriade di punti interattivi, dei quadrati bianchi, di cui non sappiamo nulla. Concentrandoci su di essi otteniamo l'icona della risorsa che indicano (ma solo dopo averla analizzata almeno una volta). Nel caso ci si trovi in un'area sconosciuta e il primate abbia paura dell'ignoto, scoprire cosa ha intorno gli serve a razionalizzare la paura familiarizzando con il nuovo luogo. Il sistema è complesso e sfaccettato, non immediato e ci vuole del tempo per padroneggiarlo.

Scoperte

Torniamo a noi: dopo alcuni minuti riusciamo a trovare il nascondiglio dove si trova la scimmietta (ci abbiamo messo del tempo, ma rigiocando con una seconda progenie l'operazione ci sembrerà incredibilmente semplice) e veniamo posti di fronte a un altro sistema di gioco di cui dobbiamo scoprire il funzionamento, quello con cui possiamo rassicurare il cucciolo per farlo uscire dal nascondiglio e farlo salire sulle nostre spalle.

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Senza metterci a descrivere ogni singola meccanica, diciamo che l'intero gameplay è tutto così, almeno nelle prime partite: una scoperta dietro l'altra del funzionamento di ogni cosa. Lo stesso sistema di salute delle nostre scimmie è un mistero che dobbiamo scoprire. Sappiamo che per aumentare le nostre aspettative di vita dobbiamo mangiare, bere e dormire, ma non essendoci indicatori di sorta, a parte un cerchio nella parte centrale dell'interfaccia che ci dà una visione di massima sul nostro stato, l'unica cosa che possiamo fare è interpretare la situazione e bere quando troviamo una fonte d'acqua, mangiare quando troviamo del cibo e dormire quando siamo al sicuro. Ogni azione che si compie in Ancestors: The Humankind Odyssey aggiunge dei punti allo sviluppo neurale della progenie, ossia li dota di nuove abilità e conoscenze. Lo sviluppo varia a seconda delle nostre azioni, del fatto di portarci dietro o no un cucciolo nelle nostre peregrinazioni e del tempo passato a svolgere attività specifiche. Ad esempio mettersi a svelare tutti i punti di interesse farà aumentare l'intelligenza, correre tra gli alberi migliorerà la nostra mobilità, esaminare tanti oggetti ci darà abilità come la possibilità di impugnare un oggetto per mano (non c'è un inventario) e così via.

Nelle fasi avanzate lo sviluppo diverrà ancora più complesso perché, come già accennato, prenderà in considerazione altri fattori come la socialità o le abilità di costruzione degli oggetti, nonché il modo in cui gestiremo la nostra progenie procacciandogli cibo e risorse. Diciamo che il punto di arrivo è un uomo delle caverne capace di difendersi dai pericoli con strumenti propri e in grado di utilizzare al meglio ognuna delle risorse reperibili.

I problemi dell'evoluzione

Fin qui Ancestors: The Humankind Odyssey è un gioco concettualmente meraviglioso, che funziona davvero alla grande. Le prime partite sono quelle in cui si muore di più, vuoi perché non si sanno affrontare i pericoli che si incontrano, vuoi perché non si è ancora padroneggiato al massimo il sistema di scalata e si cade più spesso nel vuoto, vuoi perché le scoperte costano fatica anche al giocatore stesso, che oscilla costantemente tra la frustrazione del non sapere bene che fare e la meraviglia della scoperta. Ogni passo in avanti che si compie regala una soddisfazione incredibile, aprendo al contempo a nuove possibilità di interazione che precludono nuove scoperte. Spesso ci si trova con la progenie decimata e bisogna ricominciare da zero, ma il tutto funziona perché si è spinti dalla voglia di scoprire cosa il sistema di gioco abbia da offrire.

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Il problema è che quando si riparte dall'inizio bisogna rifare moltissime azioni che alla lunga risultano tediose, come l'individuazione delle risorse: parliamo di centinaia di quadratini bianchi da analizzare, anche lì dove noi giocatori non siamo più scimmie e sappiamo perfettamente cosa indicano e cosa dobbiamo farci. Considerate che l'avventura inizia in una valle per poi aprirsi a territori più ampi, tutti pieni di risorse da scoprire. Considerate anche che passando vicino a una risorsa i primati non la individueranno in automatico, ma bisognerà comunque fare tutto a mano. Ripetere tutto con più progenie alla lunga risulta soffocante. Altro problema non da poco è rappresentato dal sistema di combattimento, cui non abbiamo volutamente accennato fino a questo momento. All'inizio del gioco i primati sono indifesi contro serpenti, tigri, puma, cinghiali e altri animali feroci che possono ucciderli con un colpo solo. Quando se ne avvicina uno l'interfaccia ce lo segnala chiaramente con un segnale di pericolo. Purtroppo l'intelligenza artificiale di queste creature è sostanzialmente nulla e ogni nemico è insolitamente rapido.

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La soluzione è quella di fuggire sugli alberi (o provare intimorirlo emettendo dei versi striduli che però non funzionano granché bene), in attesa di aver sviluppato la capacità di difenderci. Quando però veniamo raggiunti l'unica possibilità che ci rimane è quella di schivare: l'azione rallenta e siamo invitati a premere un tasto per evitare il colpo e... basta. Subito dopo il predatore di turno proverà a colpirci di nuovo e noi dovremo schivare ancora e ancora. La soluzione più efficace sarebbe quella di fuggire su un albero, ma a volte le animazioni di scalata vengono rotte dalla richiesta di schivata e ci si ritrova a dover ripetere più volte il tentativo di fuga, soprattutto in presenza di nemici molto veloci. Purtroppo anche sviluppando strumenti di difesa la situazione non migliora moltissimo e le dinamiche dei combattimenti rimangono legnosissime, al punto che diventano quasi un fastidio. A questo problema è legato quello della già citata pessima intelligenza artificiale di tutte le creature che popolano il mondo di gioco. Passino alcune scimmie senza tribù che se ne stanno immobili per ore ad aspettare i nostri regali per entrare nella nostra progenie, ma in generale la stessa immobilità è condivisa da tutti gli animali, che se ne stanno fermi in attesa del nostro passaggio e che risultano tutt'altro che naturali.

Anche le loro animazioni non sono proprio bellissime e spesso producono delle assurdità non proprio piacevoli, come i serpenti che attaccano anche se gli siamo in coda. Purtroppo queste carenze tecniche finiscono per impoverire un po' il gameplay, che in alcuni momenti risulta approssimativo. Peccato, perché invece la grafica generale non è davvero niente male. Non è miracolosa, ma le foreste sono rese in modo convincente, così come i passaggi tra i biomi, a volte davvero sontuosi. Ottime poi le animazioni delle scimmie, sempre adeguate in ogni circostanza, come quando si afferrano a sporgenze o liane per salvarsi da una caduta. Peccato che quelle degli altri animali non siano allo stesso livello. Infine la colonna sonora: fatta di suoni naturali, rumori atmosferici e tutta una serie di accorgimenti che aiutano enormemente a immergersi nel gioco.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Prezzo 39,99 €
Multiplayer.it
7.8
Lettori (32)
7.7
Il tuo voto

Ancestors: The Humankind Odyssey ha degli elementi che non esitiamo a definire geniali, tanto da renderlo uno dei giochi più interessanti dell'anno, ma allo stesso tempo mostra dei limiti che finiscono per frenarne un po' l'impatto. In generale potrebbe essere il gioco perfetto per chi è alla ricerca di un'esperienza nuova e piena di tocchi di classe a livello di design, sempre che riesca a passare sopra ad alcune manchevolezze e a dei sistemi di gioco che avrebbero meritato di essere rifiniti ancora un po'.

PRO

  • Il giocatore è la scimmia a livello concettuale
  • Grande gusto per la scoperta
  • Progressione sempre interessante
  • Originale

CONTRO

  • Alcuni sistemi tendono a diventare ripetitivi
  • Il sistema di combattimento è da rivedere
  • Gli animali che popolano gli ambienti sono degli stoccafissi