Il mito del samurai cieco reinterpretato in chiave cibernetica sullo sfondo di un nuovo periodo Edo post-apocalittico, in cui orde di Yokai robotici hanno messo a ferro e fuoco le città, costituisce le solide basi narrative del nuovo action sviluppato dal team italiano Troglobytes Games.
Un progetto senza dubbio ambizioso, basti pensare al fatto che è stato lanciato in contemporanea su tutte le piattaforme; dotato di un potenziale che appariva limpido già ai tempi della prima demo, e che eravamo davvero curiosi di verificare cimentandoci con la versione finale.
C'è voluto più tempo del previsto, ma ormai ci siamo. Il gioco ha mantenuto le proprie promesse? Ve lo riveliamo nella recensione di Blind Fate: Edo no Yami.
Storia
La storia di Blind Fate: Edo no Yami racconta le vicende di Yami, un cacciatore di demoni al servizio dello Shogun che viene privato della vista e ridotto in fin di vita da una dea guerriera. Salvato da un misterioso cyborg, il samurai viene dotato di svariati impianti bionici ma i suoi occhi non tornano a vedere, costringendolo a utilizzare i sensori di una maschera da Oni per percepire l'ambiente che lo circonda.
Forte delle sue nuove capacità, Yami torna a combattere in cerca di vendetta ma scopre poco a poco che le cose non stanno come immaginava. Cosa si nasconde davvero dietro l'invasione degli Yokai robotici? Chi è la dea guerriera che lo ha quasi ucciso, condannandolo a un'eterna oscurità? E che ruolo ha in tutta questa storia Tengu, l'intelligenza artificiale che gli ha donato una nuova vita?
Per scoprire la verità sul periodo Edo post-apocalittico del gioco dovremo esplorare varie location nell'ambito di una campagna la cui durata sarebbe in teoria di circa cinque ore, ma che viene estesa in maniera sostanziale dagli inevitabili tentativi ripetuti di completare i livelli dopo il game over e dalla possibilità di tornare nelle mappe già visitate alla ricerca di eventuali segreti.
Fra una spedizione e l'altra avremo modo di tornare al Dojo, il rifugio del nostro salvatore nonché il luogo in cui montare gli upgrade raccolti in giro, impiegare i punti esperienza guadagnati per sbloccare nuove abilità, cimentarci con tutorial di ogni genere e magari dedicare qualche secondo a dispensare coccole al gigantesco "cane" robotico di Tengu.
Gameplay
Sebbene la formula alla base dell'esperienza sia quella di un action bidimensionale, nel gameplay di Blind Fate: Edo no Yami trovano posto svariate contaminazioni. La stamina che regola la capacità del personaggio di sferrare colpi, salti e schivate è quella che generalmente si ritrova negli action RPG, così come il grado di sfida generale, una gestione spigolosa dei checkpoint e alcuni clamorosi picchi di difficoltà riportano alla mente il sottogenere dei soulslike.
Chi immaginava meccaniche metroidvania dovrà ricredersi, nel senso che l'elemento esplorativo nell'ambito della campagna non viene praticamente mai sviluppato, la possibilità di passare dalla visuale normale a quella focalizzata su suoni, calore e odori si rivela meno centrale di quanto ci aspettassimo e anzi si sprecano le sequenze in cui ci viene semplicemente chiesto di percorrere un tratto di strada e proseguire verso la sezione successiva dello scenario, al massimo dopo aver spostato un oggetto su cui saltare o aver sfondato un muro: peccato.
Si conferma dunque poco più di un espediente (pur visivamente suggestivo nel passaggio dalla "memoria" alla realtà) la corrispondenza fra ciò che percepiscono i sensori di Yami e l'effettiva connotazione della mappa, da aggiornare appropriandosi dei dati di un qualche nemico sconfitto, mentre si sprecano i momenti in cui ci si ritrova di fronte a soluzioni di design improvvisate, con il gioco che chiede di indovinare determinate interazioni o meccanismi mai introdotti in precedenza.
Sono tuttavia i combattimenti a costituire il fulcro del titolo di Troglobytes Games, caratterizzati come detto da un grado di sfida tutt'altro che banale. Potremo colpire i nemici con rapidi fendenti, sempre al netto della stamina, e ricorrere a uno spettacolare braccio-cannone che in determinati casi può intontire gli avversari e consentirci di eseguire un veloce quick time event per metterli subito fuori gioco, parare alcuni colpi e schivarne altri, cercando di memorizzare il pattern di ogni singolo Yokai al fine di evitare sorprese.
Dopo alcuni attacchi andati a segno, inoltre, ci verrà indicato di attivare uno dei tre sensori di Yami (suoni, calore, odore) non per percepire diversamente l'ambiente, bensì per eseguire con la spada una manovra-lampo di grande impatto visivo, dai tratti tipicamente giapponesi, in grado di infliggere ingenti danni al nemico di turno e ridurre in tal modo le tempistiche solitamente lunghe che caratterizzano alcuni duelli.
Il problema è infatti che la nostra lama infligge generalmente danni limitati, mentre la cospicua varietà di Yokai che ci troveremo ad affrontare è in grado di ridurci in fin di vita con appena un paio di colpi, o addirittura ucciderci all'istante nel caso dei boss più pericolosi e avanzati. Rimediare a queste situazioni è complicato, visto che medikit e caricatori aggiuntivi per il braccio-cannone non vengono elargiti in abbondanza, tutt'altro.
L'approccio hardcore, che sorprende considerando come il livello di difficoltà sia regolato di default su "facile", produce purtroppo situazioni estremamente frustranti quando si combina con la già citata gestione spigolosa dei checkpoint, che talvolta costringono a ricominciare interi livelli da capo in caso di sconfitta, e con un picco che si percepisce in maniera chiarissima durante uno degli ultimi boss fight nella Forgia.
In tale frangente vi ritroverete sovrastati da un mostro dotato di due barre della salute lunghe quanto l'intero schermo, che può ammazzarvi in un istante crollandovi addosso, a cui non riuscite a infliggere che pochissimi danni ogni volta e che ciclicamente richiama orde di Yokai che proveranno ad affettarvi mentre unità volanti continuano a bersagliarvi con tiri di precisione, il tutto senza alcuna possibilità di recuperare energia o munizioni. La sagra delle bestemmie.
Realizzazione tecnica
Se sul fronte del gameplay il percorso compiuto da Blind Fate: Edo no Yami è costellato di incertezze, lato tecnico è indubbio che gli sviluppatori abbiano fatto un gran bel lavoro, utilizzando al meglio le risorse disponibili e consegnandoci un comparto visivo quasi sempre molto piacevole.
Al netto infatti di alcuni piccoli espedienti che rivelano gli inevitabili limiti di budget di una produzione fondamentalmente indipendente, il Giappone post-apocalittico del gioco può contare su di una rappresentazione convincente, a tratti persino evocativa, specie nei primi stage.
Il ruolo di protagonista ce l'hanno tuttavia i personaggi, da Yami con la sua inquietante armatura e la maschera da Oni ai tanti Yokai che ci troveremo ad affrontare nel corso dell'avventura, in grado di offrire un affascinante punto d'incontro tra le fattezze dei mostri del folklore nipponico e una loro rivisitazione meccanica.
L'impianto audio supporta l'esperienza in maniera più che discreta, alternando dialoghi ben interpretati in inglese ed effetti più o meno solidi, nonché una colonna sonora che tuttavia speravamo potesse regalarci qualche emozione in più, e che invece rimane per il grosso del tempo a fare da semplice e innocuo sfondo all'azione.
Conclusioni
Blind Fate: Edo no Yami non riesce purtroppo a esprimere al meglio tutte le sue potenzialità, sprecando qualche occasione, inciampando su determinate scelte di design e interpretando in maniera distratta sequenze che avrebbero meritato un'attenzione maggiore. La storia e l'ambientazione del gioco sono affascinanti, tecnicamente e artisticamente ci siamo e il bestiario dei nemici che bisogna affrontare è discretamente ricco e ben caratterizzato, ma le cose da rivedere sono parecchie e speriamo ci sia occasione di farlo nell'ambito di un eventuale sequel.
PRO
- Storia, ambientazione e personaggi affascinanti
- Nemici numerosi e ben caratterizzati
- Tecnicamente e artisticamente è stato fatto un buon lavoro
CONTRO
- Fasi esplorative banali, sensori e percezione sfruttati poco e male
- Un bel po' di approssimazione lato design
- Picchi di difficoltà e tanti momenti di grande frustrazione