Brothers: A Tale of Two Sons si reggeva sul modo in cui trasmetteva il suo senso più profondo attraverso le meccaniche di gioco, facendo vivere un vero e proprio lutto sistemico al giocatore, che si trovava improvvisamente privato di una parte dei controlli che aveva usato fino a quel momento, assumendo in qualche modo sulla propria pelle la perdita che viene raccontata all'interno dell'avventura, tanto da percepirla in gioco e nel modo in cui la sua mente e il suo corpo reagivano agli stimoli ricevuti dal design. Era ed è ancora un'opera sottile quanto raffinata che fa esprimere alle sue forme videoludiche quello che altri autori avrebbero affidato a filmati o a lunghi dialoghi, un vero e proprio guardare dentro ai concetti di cooperazione e presenza dell'altro con il linguaggio proprio del medium che Josef Fares, uno degli autori, va ancora esplorando in ogni suo titolo, compreso il recente It Takes Two.
Nella recensione di Brothers: A Tale of Two Sons Remake cercheremo di capire se rifare la grafica abbia in qualche modo arricchito l'esperienza, o se l'intera operazione sia completamente superflua, tranne che dal punto di vista commerciale.
Il senso di un remake
Diciamo subito che Avantgarden, la software house che si è occupata del progetto, non ha toccato in alcun modo le fondamenta di quanto fatto nel 2013, ricalcandole in modo fedelissimo. Avviando Brothers: A Tale of Two Sons Remake si vede subito il lavoro sui modelli 3D dei personaggi principali, ora molto più dettagliati, così come sul sistema di illuminazione e, in generale, su tutta la parte grafica. Il risultato non è miracoloso, ma ombre e luci di ultima generazione danno chiaramente una profondità diversa agli scenari, variando moltissimo la fotografia degli stessi e regalato un tocco di drammaticità in più alle sequenze filmate. I toni riprendono quelli favolistici del 2013, ma inevitabilmente l'impatto è diverso, anche se è stata posta una grande attenzione a non alterare le atmosfere originali, cercando in qualche modo un'uniformità stilistica, per certi versi apprezzabile, per altri indice di come il progetto abbia come falla principale quella di essere fin troppo vicino alla sua fonte, che non è poi così lontana nel tempo e che è ancora giocabile su praticamente tutti i sistemi moderni.
Rimane il fatto che Brothers: A Tale of Two Sons Remake è attualmente il modo migliore di fruire questa affascinante avventura, probabilmente proprio perché gli sviluppatori non l'hanno adulterata facendole perdere il suo sapore. Così ora i capelli dei due fratelli sono più fluenti, il grifone ha le piume più morbide e il troll lascia commenti offensivi in 4K... non facciamo confusione, suvvia.
La stessa esperienza di allora
La storia di Brothers: A Tale of Two Sons Remake è ispirata alle fiabe del nord Europa e inizia con la morte della madre dei due fratelli protagonisti, che si trovano poi a lottare per la vita del padre, vittima di una malattia che lo sta conducendo alla morte. L'unico modo per salvarlo pare essere il fluido miracoloso di un albero incantato che si racconta essere molto lontano dal villaggio in cui vivono. I due partiranno così per un lungo viaggio in cui dovranno vedersela con pericoli di ogni sorta. Come abbiamo anticipato, la vera peculiarità del titolo sviluppato in origine da Starbreeze, è il sistema di controllo simmetrico, che consente di guidare in contemporanea i due fratelli, facendoli collaborare per superare i vari ostacoli. Sostanzialmente ciascuna metà del controller è assegnata a uno dei due, i quali possono muoversi e interagire con gli oggetti dello scenario in diversi modi (il fratello maggiore è più forte, il minore più agile).
Parliamo in realtà di interazioni molto semplici, basate soprattutto sui movimenti (quindi spingere, tirare e così via) e sulla pressione di un singolo tasto per tirare leve, intrufolarsi dentro a dei pertugi e, in generale, compiere qualsiasi altra azione si riveli necessaria al gameplay. Questa semplificazione estrema è in realtà funzionale all'esperienza nel suo complesso. Fare altrimenti, ossia optare per dei comandi più complessi, l'avrebbe appesantita, spezzando inevitabilmente il flow con continui richiami verso l'esterno, cioè con il giocatore costretto a pensare a quali tasti premere, più che a come procedere. Lo stesso scopo può essere individuato nella scelta di seguire il kishōtenketsu come filosofia di game design, tipica dei puzzle game (vedere Cocoon o The Talos Principle 2, per fare un paio di esempi), introducendo il giocatore ai sistemi di gioco attraverso i puzzle stessi, per poi complicarli e, infine, ribaltarli nel corso di tutta l'avventura... Fino al finale, in cui il sistema subisce quella drammatica privazione di cui abbiamo parlato nell'introduzione. In questo senso, la modalità cooperativa locale, l'unica aggiunta di rilievo al gameplay nel remake, rappresenta un problema enorme e andrebbe semplicemente evitata. Probabilmente è stata messa tanto per giustificare l'intera operazione e invogliare all'acquisto chi ha già finito l'originale, ma è la negazione completa del concept stesso di Brothers, che si regge proprio sul controllo contemporaneo dei due fratelli, in virtù del suo colpo di scena finale e di quanto spiegato nel resto dell'articolo.
Un design intelligente
Nonostante gli anni, il design di Brothers: A Tale of Two Sons Remake regge ancora benissimo. Vincente è sicuramente l'approccio minimalista, ma anche l'intelligenza con cui è stata costruita l'ambientazione, nonché il rapporto tra i due personaggi, che tanto è simmetrico nei controlli, quanto è asimmetrico nei loro caratteri, lì dove la maturità del fratello maggiore e la spensieratezza del minore si esprimono anche nelle loro abilità e nel modo con cui si rapportano con ciò che li circonda e che diventa humus per i diversi eventi. Insomma, ci troviamo di fronte a un'opera che ha come maggior pregio quello di parlare un linguaggio fortemente videoludico, pur lì dove si presenta come un'avventura narrativa apparentemente tradizionale. Vale quindi la pena di viverla, considerando anche la breve durata che circoscrive il racconto nei suoi elementi essenziali tenendo fuori il superfluo.
Inevitabilmente qualcuno si chiederà se, avendo giocato l'originale, valga o meno la pena di acquistare anche questo. La domanda non solo è legittima, ma fondamentale per comprendere la portata dell'intera operazione, che a dirla come viene non va oltre l'ammodernamento. Forse se c'è qualcosa che Brothers: A Tale of Two Sons Remake riesce a dimostrare è che di fronte a un sistema di gioco intrecciato in modo così profondo con l'esperienza narrativa, allora gli altri aspetti diventano secondari. Quindi ben venga una grafica migliore, ma sappiate che è tutto qui. Poteva essere altrimenti? Ne dubitiamo, a meno di non rivoluzionare completamente il gioco raccontando la stessa storia con mezzi completamente diversi. Ma a quel punto chi lo avrebbe riconosciuto?
Conclusioni
Brothers: A Tale of Two Sons Remake è allo stesso tempo un'ottima occasione per i nuovi giocatori e completamente superfluo per chi già conosce l'opera di partenza. Attualmente è il modo migliore per vivere questa splendida avventura, ma allo stesso tempo non aggiunge molto all'originale, se non una maggiore fedeltà grafica. Dire che vi consigliamo sicuramente di giocarci vale per il remake, come varrebbe se stessimo valutando il gioco del 2013. In buona sostanza è un peccato se ve lo siete perso all'epoca e ora avete modo di recuperarlo con un sistema d'illuminazione migliorato e dei modelli 3D più dettagliati. Ma non cercateci niente di più.
PRO
- Il gioco è lo stesso
- Il rifacimento grafico fa il suo lavoro
- Un'ottima occasione per riscoprirlo
CONTRO
- Superfluo, in particolare se avete giocato l'originale