Dungeons of Mana
La trama è quasi un pretesto, questa volta, e il protagonista può essere scelto tra quattro eroi: l'audace Fennik, la dolce Tamber, il buffo Poppen e il coniglio Wanderer. La splendida introduzione animata ci presenta subito un mondo in cui il divino Albero del Mana e i suoi benevoli poteri sono minacciati da un'entità misteriosa e portatrice di catastrofi: impugnando la Spada Sacra, dovremo farci largo tra i nemici e scovare il cattivo di turno, prima che un nuovo cataclisma, come quello leggendario avvenuto dieci anni prima, colpisca nuovamente questo fiabesco mondo. In realtà il plot è di una semplicità disarmante, lineare e dai risvolti davvero prevedibili: scegliere il protagonista cambia davvero poco, oltretutto, a parte i dialoghi che in qualche modo lo caratterizzano, visto che le differenze a livello di statistiche sono estremamente marginali e la predilizione di un personaggio o l'altro per la magia o il combattimento fisico finisce con l'essere totalmente sorvolata.
E' infatti la meccanica centrale stessa del gioco a essere quasi bacata: Children of Mana è nient'altro che un gioco "dungeon crawling", ovvero un titolo in cui è predominante l'esplorazione dei dungeon al fine di potenziare il personaggio tramite level-up ed equipaggiamento, siano questi imposti dalla storia che opzionali. La trama infatti si dipana attraverso una serie di missioni, che ruotano attorno alle poche location esplorabili, che non sono altro che dungeon: l'unico luogo pacifico è infatti il minuscolo paesino nel quale è possibile parlare con altri personaggi, acquistare al negozio e accettare delle quest opzionali. Una volta scelto cosa fare, se procedere nell'avventura o rivisitare un dungeon per completare una missione extra e ottenere nuovi oggetti, si evoca Flammie il drago e ci si lancia nell'azione, rapidamente e indolore. E qui entra in gioco il sistema di combattimento.
Fighting'n'casting
Principalmente le armi disponibili sono di quattro tipi: spada, catena, arco e martello. E' possibile usare due armi per volta associandole a due tasti, e scambiarle on the fly accedendo al "ring menu" tramite il tasto dorsale destro. Il pulsante L, invece, permette di assegnare un oggetto a un altro pulsante, da usare all'occorrenza magari per curarsi. La pressione sostenuta del tasto di attacco attiverà un'azione secondaria, a seconda dell'arma, come parare, o ipnotizzare i nemici. La varietà è comunque apparente: in realtà l'utilizzo di armi come la catena o il martello è necessario solo in alcuni frangenti (come certi boss di fine dungeon) visto che chiunque preferirebbe alla loro lentezza la rapidità della spada o la sicurezza di un'arma a distanza come l'arco. Il sistema di combattimento di Children of Mana si riduce insomma a una specie di hack'n'slash decisamente ripetitivo, che nemmeno il Fury Mode o le magie salvano dalla monotonia: se il primo è semplicemente un power-up speciale da utilizzare quando disponibile per aumentare la velocità e potenza del personaggio, abilitando talvolta degli attacchi speciali, e che resta spesso ignorato, le magie meritano un discorso un po' più complesso. Nel villaggo del Mana è possibile infatti scegliere da quale spirito elementale farsi accompagnare nella prossima missione, ed ognuno di essi permette di usufruire di due magie: premendo l'apposito tasto è possibile quindi evocare lo spiritello che se lasciato agire per un paio di secondi scatenerà una magia d'attacco ad area, mentre entrando in contatto con il suo sprite potremo godere della seconda di magia, in genere un potenziamento per l'arma o un effetto curativo. Benchè sia possibile potenziare i vari incantesimi per ottenerne di più efficaci e spettacolari, la magia in Children of Mana è estremamente macchinosa e poco efficace: le magie d'attacco non sono altro che "smart bomb" da utilizzare nelle situazioni più spinose, ma in realtà la lentezza d'attivazione le rende a dir poco inutili, e mentre si aspetta che lo spiritello faccia il suo lavoro è facile trovarsi obliterati dagli attacchi nemici; d'altra parte, i potenziamenti magici sono ininfluenti sulle performance del giocatore, e il combattimento si riduce un po' tutto a un girovagare per lo schermo cercando un punto dal quale attaccare più nemici possibile con la stessa arma, cercando di non restare coinvolti nel meccanismo "ping pong" che porta i nemici a scontrarsi e rimbalzare tra di loro per danni aggiuntivi, alla fine di un attacco, e che spesso finisce col danneggiare anche il giocatore stesso.
Fortunatamente il monotono battle system è reso un po' più intrigante dal sistema che permette di personalizzarlo secondo i gusti del giocatore: utilizzando delle gemme e piazzandole in un apposito contenitore è possibile ottenere effetti e bonus aggiuntivi, che variano un po' gli attacchi e la potenza del nostro protagonista. Rispettando lo spazio disponibile e inserendo le gemme giuste, si può scegliere per esempio se aumentare la nostra forza fisica o quella magica, o magari sfruttare lo spazio necessario per inserire le relative gemme e usarne un'altra che aggiunge invece un effetto speciale ai nostri attacchi. Le combinazioni sono parecchie, e la varietà da quel punto di vista non manca, peccato che ripetere gli stessi dungeon premendo lo stesso tasto pressocchè all'infinito indebolisce davvero questa buona idea.
Adattamento italioto
Due parole merita l'adattamento in lingua italiana del gioco. I testi nella maggior parte dei casi sono scorrevoli e privi di refusi, sinceramente godibili, cosa quantomai rara in questo ambiente. Tuttavia lascia basita la traduzione di alcuni termini, non necessaria e che probabilmente cerca di scimmiottare adattamenti come quello di Harry Potter. Accettabili forse Salamander in Salamandra o Dryad in Driade, ma se Shadow diviene Tenebra per una scelta di eleganza, si resta basiti per Wisp trasformato in Ciuffolo (che non ha alcun senso), Undine in Ondina (alla faccia della mitologia) o peggio ancora i buffi Dudbear diventati... Sarchiaponi. Caliamo un velo pietoso sul resto, è meglio.
Revival of Mana?
Dal punto di vista tecnico per fortuna Children of Mana è un vero gioiellino, ma con rivali come Tales of the Tempest o Final Fantasy III, per non parlare dell'imminente Final Fantasy Crystal Chronicles, la realizzazione bidimensionale comincia a sentire il peso degli anni, nonostante sia chiara la scelta nostalgica di rifarsi a Sword of Mana e Legend of Mana. Il design degli ambienti e gli artwork dei personaggi rendono perfettamente l'atmosfera fiabesca propria del mondo del Mana, e sembra davvero di essere entrati in un libro di favole, grazie anche alla scelta perfetta dei colori e al dettaglio degli sprite, forse un po' piccoli ma ricchi di animazioni, anche se i boss spiccano per la loro grandezza, davvero minacciosa. E' un peccato che i dungeon siano pochi e presentino lo stesso pattern grafico di location in location, variando solo nella struttura del labirinto e nella tipologia dei nemici. Sul versante sonoro, le ottime musiche colpiscono per la loro qualità e nitidezza, composte decisamente con cura anche se talvolta tendono a ripetersi un po' troppo. Pollice in basso per gli effetti sonori, invece, che ricordano quelli del Game Boy Advance: spesso rozzi e fastidiosi.
Il progetto World of Mana sembra cominciare con qualche tentennamento: dopo il discreto ma commovente Sword of Mana, ci si aspettava decisamente di meglio da Children of Mana, ma quelle stesse aspettative non sono state soddisfatte. La semplicità della storia fa da contorno a un RPG di tipo "dungeon crawling" che pecca nell'estrema ripetitività e nella monotonia di un sistema di combattimento davvero arcaico e poco vario, macchinoso sopratutto nell'utilizzo di qualsiasi cosa che non sia la pressione ripetuta del medesimo tasto. Breve e lineare, Children of Mana risplende un po' nella modalità multiplayer, decisamente divertente, e nella realizzazione tecnica semplicemente deliziosa: piacerà sicuramente a chi cerca un "RPG" semplice e scacciapensieri. Ma tuttavia, resta un'occasione sprecata per la Spada del Mana di scintillare di nuovo nel mercato videoludico.
- Pro:
- Tecnicamente ottimo
- Semplice e scorrevole
- Buona modalità per più giocatori
- Contro:
- Sistema di combattimento obsoleto
- Estremamente ripetitivo
- Adattamento italiano irrazionale
La serie Seiken Densetsu (letteralmente, "La Leggenda della Spada Sacra") è stata grossomodo ignorata negli ultimi anni, mantenendo un gran numero di ammiratori legati ancora al ricordo di quegli splendidi titoli che Squaresoft produsse per SNES più di dieci anni fa. In realtà il capostipite fu Seiken Densetsu per il primissimo Game Boy (in Europa conosciuto come Final Fantasy: Mystic Quest), snobbato dai più come clone di Zelda per via della simile impostazione visiva e ludica, benchè fosse distante dalla serie Nintendo per molti aspetti, a cominciare dalla trama più complessa e vicina agli standard di Final Fantasy. Il titolo successivo, per SNES, conquistò il cuore dei videogiocatori e divenne più noto con il titolo occidentale Secret of Mana, ancora oggi considerato uno dei migliori videogiochi di sempre. E gli era perfino superiore Seiken Densetsu 3, una favolosa epopea multi-narrativa (ben nove personaggi le cui trame si intrecciavano a seconda della scelta del "team" di tre eroi iniziale) che spingeva le capacità tecniche del SNES regalando ai giocatori un vero masterpiece che, ironicamente, non uscì mai dal Giappone. Negli anni successivi all'era dei 16-bit, la serie ideata da Koichi Ishii fece una timida apparizione solo su PlayStation con il quarto capitolo, che in America fu intitolato Legend of Mana (anche in questo caso, nessuna edizione europea), noto più per la particolarissima e splendida resa visiva che per la qualità ludica. Ci vollero cinque anni prima che Square, nel frattempo fusasi con la Enix, desse vita al più recente Sword of Mana per Game Boy Advance, remake dello storico primo episodio attualizzato agli standard moderni: un titolo ambiguo, tecnicamente spettacolare quanto ludicamente retrò e narrativamente scarno. Con Sword of Mana però ebbe inizio il famigerato progetto "World of Mana", una sorta di revival della serie attraverso la produzione di più titoli dedicati all'Albero del Mana e al suo fiabesco mondo. Il primo "figlio" di questo progetto è proprio Children of Mana.