Come vedremo nel corso della recensione, Coffe Talk è una visual novel incentrata sulle storie di una città sospesa tra il reale e il fantastico. Ci troviamo in una Seattle alternativa dove convivono umani, elfi, orchi, nani e succubi, tutti con i loro problemi e le loro questioni irrisolte. Il giocatore veste i panni del proprietario di un locale notturno dove queste figure si recano per sorseggiare bevande e raccontare le loro storie.
Cosa si può fare per aiutarle? Niente più che preparare ciò che ci chiedono e starli ad ascoltare. Durante le serate può accadere di tutto e le chiacchiere delle persone finiscono per sovrapporsi tra di loro, in un sommarsi di racconti che generano discussioni interessanti e finiscono per creare rapporti dal nulla, cercando di farci riflettere in modo leggero e piacevole su alcuni temi contemporanei, come il razzismo, il classismo, la vita, la morte, la sorte e quant'altro possa venirvi in mente.
La scrittura di Coffee Talk è apparentemente leggera, ma riesce ad andare a fondo quando serve, creando un buon ritmo che alterna conversazioni spicciole ad altre più importanti. La levità di ciò che leggiamo è sottolineata anche dallo stile grafico, che prende a piene mani dalle visual novel giapponesi in pixel art degli anni '90, pur non mancando si sottolineare la sua modernità con effetti di zoom e altre integrazioni più moderne.
Riferimenti
Coffee Talk non nasce dal nulla, ma da un preciso filone della scena indie che tenta di raccontare storie intime e minimali nel modo più semplice e diretto possibile, evitando di andare a confrontarsi con gli stilemi di medium e rifuggendo ogni forma di violenza, quantomeno compiaciuta.
Non è un caso che titoli del genere siano per la gran parte visual novel e relative varianti e che il livello di scrittura sia essenziale per determinarne la qualità. Per fare qualche altro esempio di giochi appartenenti allo stesso filone basti pensare al recente Neo Cab, uno dei pochi che è riuscito ad arrivare all'attenzione del grande pubblico, e in qualche modo anche Kentucky Route Zero, nonostante lì la visione sia di più ampio respiro. Se vogliamo dare un padre nobile a questa tendenza, il primo che ci viene in mente è il Jim Jarmusch di Coffee and Cigarettes, ma è meglio non allontanarci troppo.
Meccaniche di gioco
Capirete quindi perché in termini di meccaniche di gioco Coffee Talk sia così povero. Come già accennato il giocatore ha sostanzialmente un solo compito: preparare bevande, cercando di soddisfare il più possibile i clienti sia dal punto di vista del gusto che da quello estetico.
Ad esempio un cappuccino soddisfacente non è solo il risultato di un buon dosaggio di latte e caffè, ma anche della capacità di eseguire un bel disegno con la schiuma (tranquilli, non c'è bisogno di essere degli illustratori, visto che i clienti sono abbastanza tolleranti nei giudizi anche verso gli scarabocchi). L'idea che il gioco trasmette non è mai quella di voler sfidare veramente il giocatore, ma solo di volerlo accompagnare spezzando di tanto in tanto il ritmo delle storie. Un minimo di attenzione bisogna metterla in ciò che si fa, ma non è mai quello il fulcro dell'esperienza. Volendo c'è una modalità apposita in cui bisogna preparare solo bevande e fare disegni, ma non è eccezionale e stanca dopo pochi minuti.
Amare o no Coffee Talk dipende tutto da quanto ci si lascia trasportare dai suoi personaggi, a partire dalla scrittrice Freya, che apre il gioco, passando per la succube Lua, per il poliziotto Jorji e via via per tutti gli altri. Sono le loro vite e il loro rapporto con il luogo in cui vivono il perno attorno a cui ruota l'intera esperienza, tanto che gli unici altri elementi dell'interfaccia utente a nostra disposizione sono tutti legati a darci informazioni aggiuntive su di loro.
Ad esempio sul social Tomodachill possiamo leggere i loro profili e apprendere informazioni aggiuntive sulle loro vite, mentre in TEW Stories, l'applicazione del giornale per cui lavora Freya, l'Evening Whispers, possiamo leggere notizie di cronaca cittadina e gli scritti della ragazza. Shuffld è invece un'applicazione musicale che consente di cambiare il brano di sottofondo del bar, mentre Brewpad è sostanzialmente un ricettario delle bevande che possiamo creare, che si aggiorna mano a mano che progrediamo nell'avventura. Per il resto non ci sono puzzle e non ci sono scogli di alcun tipo da superare.
Come dicevamo, Coffee Talk piace o meno a seconda di quanto ci si riesce a immedesimare nelle storie raccontate dai vari personaggi che si alternano al bancone del bar. Se vogliamo è questo il suo più grande difetto: le storie raccontate affrontano sì temi attuali e di natura generale, ma lo fanno in modo fin troppo scontato, risolvendosi spesso all'interno di una retorica che le priva in parte della loro umanità: sono tutte storie di personaggi senza ambiguità particolari, che rappresentano esattamente ciò che ci si aspetta rappresentino.
Il risultato è che si arriva alla fine di Coffe Talk senza scossoni e senza che il racconto abbia minimamente provato a farsi problematico, come un cappuccino discreto che si dimentica appena usciti dal bar.
Conclusioni
Coffee Talk una visual novel intimista e minimalista che è piacevole finché dura ma che non offre grossi scossoni al giocatore / lettore. Le storie narrate sono tutte piacevoli, ma sono sempre condotte sul filo del ragionevole e hanno risoluzioni pratiche e morali a volte fin troppo scontate e inquadrate in una certa ideologia, che le rende meno umane di quanto pretenderebbero di essere. Per questo motivo il gioco risulta infine essere meno interessante di quanto avrebbe potuto.
PRO
- Il ritmo dei racconti è ben gestito
- Molti personaggi
- Lo stile grafico da visual novel anni '90
CONTRO
- Alcune storie sono fin troppo scontate nei loro presupposti e nella loro risoluzione
- La modalità di creazione delle bevande è davvero blanda