Deathbound ci pone davanti a un quesito abbastanza attuale: quante imperfezioni tecniche siamo disposti a perdonare in favore di un ottimo game design? Il gioco sviluppato dal team brasiliano Trialforge Studio è prima di tutto un soulslike influenzato non poco da Dark Souls 2 (e qui sappiamo già che si creeranno due fazioni in lotta) che rimescola le carte del genere permettendo di controllare sette personaggi in uno.
Per un incidente magico che viene spiegato non benissimo nel corso del gioco, un crociato della dea della morte si ritrova a dover trovare e assorbire dentro di sé altri sei individui provenienti da entrambi gli schieramenti di una guerra in corso. Meccanicamente, questo si traduce nella possibilità, a metà di un combattimento e persino a metà di una schivata, di trasformarsi in un altro personaggio. Così è possibile passare dal crociato con spada e scudo all'assassina con pugnale e balestra al mago della corruzione con incantesimi a distanza.
I personaggi hanno sinergie, bonus, malus, combo e tanta voglia di parlare e discutere visto che sono tutti intrappolati in un solo corpo incaricato di uccidere centinaia di abomini per raggiungere il pericoloso leader di un culto di negromanti. I fan dei souls si divertiranno non poco a sperimentare con i diversi stili di combattimento, i molti consumabili disponibili per migliorare rigenerazioni e attacchi, e le decine di morti che, prontamente, vi porteranno via tutta l'essenza accumulata.
Lungo questo cammino fatto di livelli piccoli ma ben pensati e nemici via via sempre più letali, però, incontrerete alcuni difetti tecnici che, dopo un po', iniziano a farsi sentire in un gioco dove sopravvivere è questione di frame e in cui, a volte, un pezzo dello scenario si prende il vostro prezioso colpo caricato al posto del boss.
Varietà e dinamismo
Deathbound inizia come il solito soulslike: un guerriero armato di spada e scudo deve abbattere dei mostri corrotti colpendoli con attacchi leggeri e pesanti, parando e schivando al momento giusto. Dopo neanche mezz'ora di gioco, però, si viene inspiegabilmente attirati verso il cadavere di un'assassina incappucciata: toccandolo inizia una sequenza giocabile che ripercorre le vicende principali del personaggio fino al momento della morte. A quel punto il guerriero non è più da solo, condivide il corpo con l'assassina ed è il giocatore che sceglie chi è il combattente più adatto per ogni situazione.
La cosa più importante da tenere a mente giocando, è che ogni singolo personaggio ha una sua barra della salute e un suo indicatore del vigore che diminuisce all'aumentare dei colpi subiti. Questo vuol dire che se il paladino ha bisogno di un attimo per riprendersi basta passare all'assassina per continuare a schivare e consumare il suo vigore e la sua salute. Colpire un nemico con un personaggio a vita piena, poi, ricarica quella degli altri inattivi, ma attenzione: se anche un solo personaggio muore, verrete riportati al falò, anche se gli altri avevano ancora della salute rimasta.
Giostrare energie, stili di combattimento, salute, consumabili di ogni tipo e, ovviamente, gli attacchi nemici, fa sì che non ci siano tempi morti. La progressione è divisa tra un albero delle abilità condiviso da tutti i personaggi e dei potenziamenti passivi specifici di ciascuno ottenibili tramite un sistema di collezionabili. Questi sono legati ai ricordi e giocano un ruolo importante a livello narrativo, possono però essere vissuti solo dal personaggio a cui appartengono.
Per la prima metà del gioco questa meccanica non rappresenta un problema visto che sono disponibili solo quattro personaggi, ma quando questi diventano cinque o sei, invece, dovrete scegliere chi portare con voi. Se non avete il crociato a disposizione non potrete rivivere il suo ricordo e guadagnare i suoi bonus. Niente che una visita al falò per cambiare la squadra attiva non possa risolvere, e ne farete tante di visite al falò.
Essendo i personaggi divisi da un conflitto in corso, avere in squadra solo membri di una fazione avrà dei benefici ma, se siete disposti a rischiare, al costo di alcuni malus non indifferenti (come un consumo maggiore della stamina o una minore resistenza al danno), potrete avere aumenti del danno inflitto anche del 30%. Questa è solo una delle combinazioni possibili perché le modifiche sono influenzate anche dalla posizione sulle quattro direzioni della croce direzionale in cui sono impostati i personaggi. Le possibilità sono tante e la sperimentazione è assolutamente incoraggiata.
Un mondo in guerra con sé stesso
La storia di Deathbound è fatta di fanatismo religioso, esperimenti con forze al di là del controllo umano e rivalità inasprite da infinite atrocità, il tutto in un'apocalisse di cui il gioco non spiega benissimo le origini. Inizialmente vedere spadaccini, crociati e mostri scontrarsi tra le rovine di un vecchio stadio causa un cortocircuito in chi è abituato alle ambientazioni medievaleggianti o gotiche tipiche del genere. Con il passare delle ore, però, l'ambientazione contribuisce, insieme alla caratterizzazione dei personaggi, a forgiare un'identità forte per il titolo.
Le ambientazioni variano, senza fare troppi spoiler, dalle fogne del primo livello a zone più aperte per poi tornare in corridoi bui e pieni zeppi di nemici. Ogni livello ha dei nuovi avversari con cui mettere alla prova chi gioca, ed è chiuso da un boss che testerà i limiti della vostra pazienza, a volte per i motivi sbagliati. Deathbound, infatti, soffre di alcune imperfezioni tecniche che potrebbero far superare la soglia della sfida trasformandola in frustrazione.
Il primo problema che abbiamo riscontrato sta nelle hit box di alcune unità (e del secondo boss) quando sferrano determinati attacchi. Non è raro essere convinti di aver schivato un colpo mentre il nemico colpisce comunque. Se la scelta di avere uno scenario realistico è encomiabile, poi, lo è meno quella di mettere le collisioni attive per qualunque cosa a schermo. Questo porta al fatto che alcune sezioni di mappa fatte da vie strette piene di avversari risultano ingiocabili, ad esempio, per il crociato la cui spada colpisce i muri al posto dei nemici.
Essendo un gioco che richiede di trasformarsi anche a metà di una schivata o di una catena di attacchi, infine, ci saremmo aspettati la possibilità di sovrascrivere un input con un altro di maggiore rilevanza. Invece, ogni tasto premuto e ogni azione richiesta al sistema deve essere portata a termine prima di poterne processare una nuova. Non è chiaro se questa sia una scelta di design (con cui, dopo cinque o sei ore, si impara a convivere) o un problema tecnico. Sta di fatto che le prime ore richiedono un forte senso di adattabilità, anche per chi è appassionato di soulslike.
Conclusioni
Deathbound è, nel suo complesso, un'esperienza che trova la sua identità nel sistema multi-personaggio che incoraggia un combattimento estremamente dinamico e una selezione dell'equipaggiamento e dei guerrieri oculata, ma piena di possibilità. Le sviste a livello tecnico (compresi alcuni crash all'interno del menù di selezione dei consumabili) sono sistemabili con un po' di lavoro e non vanno a intaccare troppo l'esperienza complessiva. La storia, non originalissima, riesce a catturare l'attenzione ma sono il design e l'esplorazione dei livelli, relativamente piccoli e pieni di collegamenti da scoprire, a tenere alta la tensione e la curiosità. Chi fosse alla ricerca di un modo nuovo e originale di vivere l'esperienza soulslike, troverà in Deathbound un piacevole compagno di avventure.
PRO
- Sistema multi-personaggio divertentissimo
- Alto livello di personalizzazione
- Design dei livelli ben fatto
CONTRO
- Sviste tecniche che aggiungono frustrazione
- Una storia non proprio originale