Dark Souls è un franchise che ha saputo negli anni conquistarsi una schiera nutrita di fan, innamorati delle sue atmosfere cupe e decadenti e soprattutto del suo gameplay, ascrivibile al filone degli action-GDR con elementi tipicamente da dungeon crawler, ma con un livello di sfida generale superiore alla media. Il successo è stato tale da dare vita a un nuovo sotto genere denominato souls-like. Death's Gambit del team White Rabbit, di cui state leggendo la recensione, rientra proprio in questa "categoria" di videogiochi. Anzi, a dirla tutta pare voler ricalcare lo spirito (e qualcosa di più) delle opere di Miyazaki in un ambiente bidimensionale, al punto da omaggiarle fin dalle prime battute con una serie di trovate che sembrano voler rimarcare, se mai ce ne fosse bisogno, la vicinanza. Uscito sul mercato lo scorso anno solo in formato digitale, il gioco arriva adesso in un'edizione retail che non propone novità di sorta, se non tutti gli aggiornamenti rilasciati dal team di sviluppo per eliminare vari bug, e noi ne abbiamo approfittato per recensirlo.
A braccetto con la Morte
Death's Gambit è un platform con una forte componente RPG che vede per protagonista il tormentato Sorun, riportato in vita dopo aver stretto un patto con la Morte, per portare a termine una missione, ovverosia recuperare per la Signora in nero una reliquia in grado di donare l'immortalità. Dilaniato nell'animo dalla brama di vendetta nei confronti dei nemici che hanno massacrato lui e i suoi compagni, e dal desiderio di espiare quella che per lui è una "colpa", l'essere "sopravvissuto" proprio a questi ultimi, l'uomo parte verso la città di Caer Siorai, dove risiede l'artefatto. Ma il viaggio si rivela fin da subito irto di enormi difficoltà e più di una volta il prode Sorun sarà costretto a ricadere nell'oblio e tornare dal regno dei morti per riprendere il suo cammino. In Death's Gambit, un po' come nei titoli di From Software, si muore infatti facilmente, ma non per mera crudeltà degli sviluppatori, quanto per la volontà di questi ultimi di spingere il giocatore a ragionare.
Il combattimento, insomma, va approcciato prestando particolare attenzione a un'infinità di aspetti, compreso lo scenario, che di per sé può costituire un valido alleato per venire a capo dello scontro, ma anche un pericoloso ostacolo se viene sfruttato a proprio vantaggio dagli antagonisti, che di certo non sono stupidi e rappresentano ciascuno un ostacolo tutt'altro che facile da superare. Specie i boss, molti dei quali davvero enormi, capaci di tenere testa al protagonista almeno fino a quando non trova una soluzione al "problema", sfruttando l'esperienza e gli strumenti acquisiti per migliorare, anche se in tal senso si segnala poca varietà nell'equipaggiamento a livello di armi e armature.
Il titolo, di fatto, punisce il giocatore disattento, quello che rifà sempre gli stessi errori, mentre premia chi ha pazienza, chi "studia" i percorsi, i potenziamenti e le routine comportamentali dei nemici, con un occhio alla barra della vita, che scema molto rapidamente, e l'altro a quella della stamina, che viene consumata ad ogni attacco. A dire il vero ce n'è una terza, quella dell'Energia dell'Anima, che permette di effettuare degli attacchi speciali in larga parte legati all'arma utilizzata, ma quella semmai va centellinata e sfruttata come si deve nei momenti clou di uno scontro con particolari boss.
Questione di classe
Ad ogni modo, nonostante la difficoltà di ogni combattimento, il giocatore può contare su un buon sistema di controllo e dunque sulla discreta reattività del protagonista, che può sgattaiolare in tutte le direzioni, strisciare a terra, saltare e compiere capriole. Naturalmente da non sottovalutare il peso di ciascuna arma in dotazione, che ha ripercussioni dirette proprio sulla manovrabilità di Sorun e su ogni scontro: scegliere se essere più lenti ma con attacchi pesanti, o viceversa rapidi per colpire e fuggire più volte, fino all'esaurimento della barra della vita della nemesi di turno, dipenderà molto da come ciascun utente sceglie di affrontare l'azione e la classe adottata per il proprio personaggio. Queste ultime sono sette, e ognuna propone caratteristiche differenti non solo legate alla distribuzione iniziale dei valori delle statistiche, all'arma equipaggiata o ad abilità particolari, ma anche allo sviluppo del personaggio.
Questi sale di livello sconfiggendo i nemici e spendendo oggetti raccolti e punti per migliorare le sue abilità. Uccidendo i nemici sparsi sullo schermo, ad esempio, il protagonista ottiene degli elementi chiamati Frammenti, che servono per potenziarne una delle sei statistiche di base, che spaziano come da tradizione per il genere dalla resistenza alla forza, fino alla vitalità, alla destrezza, alla forza, e via discorrendo. Questi frammenti vanno spesi davanti a delle statue raffiguranti la Morte, che nel gioco ricoprono una funzione non dissimile da quella dei falò nei Dark Souls. Altre analogie con i bivacchi di questa serie le ritroviamo nelle Piume della Fenice leggendaria, oggetti curativi che come le Fiaschette Estus si ricaricano ad ogni checkpoint, e che si perdono quando il protagonista viene ucciso. La Piuma lasciata cadere può comunque essere recuperata tornando indietro, come si fa in Dark Souls con le anime, oppure pagando una consistente somma in termini di frammenti.
Pixel art
Ma visto "i costi", nove volte su dieci l'opzione migliore diventa quella di rischiare e combattere i redivivi nemici, rifacendo il percorso per riprendersi quella "abbandonata" sul campo. Sempre in tema di miglioramenti legati alle prestazioni del protagonista, si possono sbloccare una serie di abilità attive o passive all'interno di un albero di talenti composto da tre rami di crescita che si sviluppano poi permettendo l'accesso a diverse nuove caratteristiche speciali. In questo caso sono necessari i Punti Talento che si ottengono sconfiggendo i Guardiani immortali di ogni fine livello. Altre si sbloccano invece progredendo nel gioco, inoltre è possibile utilizzare oggetti particolari per ottenere bonus temporanei o a lungo termine. Insomma, pur non presentando un sistema di progressione particolarmente complesso o tante armi, il personaggio può essere personalizzato abbastanza da ottenere la combinazione più adatta ai gusti e allo stile dell'utente.
Chiuso il discorso relativo alla giocabilità, gettiamo uno sguardo alla parte tecnica. Da questo punto di vista Death's Gambit poggia le sue basi su una ispirata direzione artistica che a 1080p su PlayStation 4 propone una grafica in stile pixel art estremamente curata, capace di restituire scenari molto evocativi e con una discreta varietà nelle ambientazioni, vaste il giusto e belle da esplorare alla ricerca di segreti e potenziamenti. Allo stesso modo il titolo targato White Rabbit presenta delle buone scenette di intermezzo fatte di schermate statiche che servono a raccontare alcuni dei passaggi chiave della storia, e dei personaggi in linea col contesto dark fantasy del gioco. Ma soprattutto abbiamo un bestiario non certo originale, visto che pesca a mani basse nell'immaginario fantasy occidentale e asiatico, ma comunque parecchio affascinante. Molto riusciti in tal senso i boss di fine area, diversi dei quali davvero enormi e ben disegnati.
Da segnalare, infine, come Death's Gambit sia privo di gran parte di quei freeze e glitch che ne avevano afflitto la prima uscita, avvenuta lo scorso anno in digitale. Questo grazie all'inclusione nell'edizione fisica di tutte le patch rilasciate nei mesi scorsi (l'ultima è la recente 1.08). Pertanto le pecche principali della produzione vanno ricercate nella precisione dei colpi, che non sempre vengono registrati a dovere creando non poche difficoltà quando si esegue una combo e ci si trova a prestare il fianco a un contrattacco inatteso perché l'avversario non li ha "sentiti" tutti e ha avuto il tempo di riprendersi e reagire, e nelle animazioni, che specie in alcuni nemici sono davvero ridotte al minimo sindacale, al punto da stonare all'interno di un contesto artistico, come scritto prima, di tutto rispetto per il suo genere. Va meglio con la colonna sonora, praticamente impeccabile e che non ha nulla da invidiare per qualità ed epicità a altre produzioni fantasy più famose. Le tracce sono incalzanti e ben amalgamate con il ritmo dinamico dei vari livelli, pronte a sottolineare ogni fase dell'avventura.
Conclusioni
Death's Gambit è uno di quei platform-RPG bidimensionali che non fa sconti a nessuno e anzi bastona alzando costantemente il picco di difficoltà. E lo fa attraverso un'esperienza vecchia scuola contraddistinta dalla necessità di dover imparare i percorsi, i pattern dei nemici e la loro distribuzione nei livelli, per approcciare ogni scontro con una certa attenzione, imparando dai propri errori per progredire. Il tutto all'interno di un mondo di gioco stilisticamente azzeccato, dal tratto evocativo e dalle musiche ben orchestrate, dove spiccano gli imponenti boss di fine area. Tutto perfetto, quindi? Non proprio: il titolo manca di originalità e presta ancora il fianco a qualche imperfezione tecnica, come nel caso del sistema di rilevamento dei colpi che a volte non funziona adeguatamente. Ma a conti fatti resta un bel gioco adatto a tutti coloro che amano i souls-like e sono alla ricerca di pane per i loro denti.
PRO
- Tante cose da fare e longevità garantita anche dalla Nuova Partita+
- Combattimenti ben strutturati che costringono ad approcci diversificati
- Stilisticamente azzeccato
- Molto impegnativo, soprattutto contro i boss di fine livello...
CONTRO
- ...ma in alcuni momenti, per questo, anche frustrante
- Poca varietà di armi
- Sistema di gestione dei colpi da perfezionare
- Niente contenuti extra rispetto all'edizione digitale dello scorso anno