Forse i lettori nati negli anni Ottanta, aprendo la pagina con la recensione di Deathtrap Dungeon: The Interactive Video Adventure, penseranno al remake di un piccolo gioiello pubblicato, verso la fine dello scorso millennio, da Eidos. Releghiamo la nostalgia in un box a parte e concentriamoci invece su un'inedita reinterpretazione del classico di Ian Livingstone. Per chi non lo sapesse, infatti, Deathtrap Dungeon è prima di tutto un libro gioco, scritto dal cofondatore di Games Workshop nonché ex presidente onorario di Square Enix Europe. Il poliedrico businessman britannico ha pubblicato il sesto tomo della collana Fighting Fantasy (da noi conosciuta come Dimensione Avventura), nel lontano 1984, riscuotendo un notevole successo. Ora è il turno di Branching Narrative di riportarci nei terribili labirinti disseminati nel sottosuolo di Fang, la cittadina in cui è ambientata l'avventura.
Dungeon Master d'eccezione
A fare le vesti del padrone di casa è Eddie Marsan, star hollywoodiana (seppur di origini britanniche) che abbiamo visto recentemente in Deadpool 2 e Hobbs & Shaw, ma la lista di film a cui ha preso parte è davvero incredibile (ricordiamo solo Gangs Of New York, V per Vendetta, Sherlock Holmes, Atomica Bionda). Seduto su una consunta poltrona rossa, all'interno di una location perfetta per una serata ruolistica (una stufa da cui proviene il crepitio della legna che arde, delle vecchie valigie disposte sopra un tavolo), l'attore fa sfoggio della propria maestria seguendo la telecamera con uno sguardo penetrante e interpretando le pagine con toni teatrali; tutto questo contribuisce a catturare l'attenzione del giocatore che viene rapito come se fosse seduto in platea durante una pièce. Deathtrap Dungeon si presenta quindi come un vero e proprio Full Motion Videogame, come quelli che andavano di moda una trentina di anni fa, anche se per molti aspetti si avvicina a Hand Of Fate, con la differenza che le carte sono sostituite dai dadi. In certi punti della narrazione si è chiamati a prendere delle decisioni (partecipare ad uno scontro, aprire una porta, scegliere quale strada percorrere). I bivi sono numerosi e a ciascuno di essi corrisponde un punto di salvataggio da cui ripartire senza ripetere forzosamente tutta la trama dall'inizio. Una mappa che viene costantemente aggiornata permette di focalizzare visivamente il percorso, aiutando il giocatore nelle proprie scelte. Le molte situazioni di "incertezza" (battaglie, salti, passaggi pericolosi) si risolvono con il lancio di due dadi a sei facce, secondo uno schema molto rapido e intuitivo. Non mancano poi pozioni e razioni che permettono di ripristinare i valori iniziali dell'eroe (che possono ridursi a seguito di cadute, ferite, avvelenamenti), così come è presente uno zaino in cui conservare oggetti raccolti nel corso dell'avventura che in un secondo momento potrebbero risultare utili.
Deathtrap Dungeon (1998)
Pubblicato nel 1998 per PC e PlayStation da Eidos, il primo Deathtrap Dungeon era un'avventura realizzata da Asylum, software messa in piedi appositamente per questo titolo che si rivelerà in seguito essere anche l'unico della sua breve storia. Lo stile di gioco ricordava quello di un'altra hit del publisher inglese, ossia Tomb Raider, ciononostante l'engine grafico era diverso. All'epoca i giudizi furono penalizzati dal cervellotico sistema di controllo e da una realizzazione dei personaggi piuttosto grossolana. Tuttavia, gli scenari (una decina in totale), per quanto condizionati dalla limitata potenza elaborativa, erano molto ben realizzati. L'abbiamo ripreso in mano, dopo averlo recuperato a poco più di un euro dallo store Humble Bundle, in occasione di questa prova e ci è stato d'aiuto nell'immedesimarci nel titolo di Branching Narrative. La versione Steam è esattamente quella contenuta nel CD, pertanto è limitata all'arcaica risoluzione 800x600 e ha qualche problema nella riproduzione della colonna sonora (negli anni Novanta le tracce audio erano spesso riprodotte direttamente dal lettore CD). Nota di colore: la limited edition rilasciata per il mercato anglosassone conteneva al suo interno il libro originale, un gioco di carte con i personaggi del videogame e un ingresso per due persone al London Dungeon che al tempo si trovava ancora nei pressi del London Bridge.
Questione di scelte
Prima di iniziare si può scegliere uno dei tre personaggi preconfezionati (Alric, Loretta o Rasmsus) o crearne uno ad hoc decidendo, sempre in base al lancio dei dadi, i valori di Forza, Stamina e Fortuna. La prima voce serve naturalmente durante i combattimenti: quel numero si va infatti ad aggiungere alla somma dei dadi lanciati per determinare il vincente di una battaglia; la seconda è la riserva di salute che permette di ripetere gli attacchi se questi ultimi non dovessero andare a buon fine; la fortuna invece consente di cavarsela in certe situazioni complicate, ma ogni utilizzo del "lato b" ne fa diminuire il valore di un'unità. Come dire: a forza di giocare col fuoco ci si scotta. Le situazioni che si presentano al giocatore sono tutte molto coinvolgenti: ad esempio si può scegliere se aprire una porta dietro alla quale si sentono delle grida disperate, oppure se avvicinarsi a uno specchio che riflette la propria immagine deformata. Certe scelte si pagano a carissimo prezzo: per fortuna, come detto, si può riprendere rapidamente dal checkpoint precedente evitando la risposta sbagliata.
Golden Globe
La realizzazione tecnica è davvero curata: si potrebbe pensare che in un gioco Full Motion Video ci sia ben poco da programmare (e in fondo è così), ma il titolo di Branching Narrative è impreziosito da diversi tocchi di classe. In una delle fasi iniziali abbiamo tirato la corda di una campana: a quel punto un fragoroso rimbombo ha iniziato a riempire le cuffie e lo stesso Eddie ha dovuto alzare la voce per farsi sentire in mezzo a quel frastuono. Non mancano nemmeno alcune tavole che dipingono una particolare situazione (lo scontro tra due goblin, dei volti sorridenti in fondo a un corridoio): tutto contribuisce a coinvolgere il giocatore. Naturalmente Marsan si carica sulle spalle la maggior parte del lavoro e, come abbiamo anticipato sopra, lo fa davvero con grande stile, ma più in generale è l'intero pacchetto ad essere confezionato con classe ed eleganza. Una piccola svista è l'impossibilità di saltare i filmati durante i combattimenti: rivedere sempre gli stessi due o tre commenti di Marsan ad ogni attacco, alla lunga, può essere un po' ripetitivo. Deathtrap Dungeon non prevede i sottotitoli, nemmeno in inglese; gli unici momenti in cui compare del testo scritto si verificano in corrispondenza delle scelte. Nonostante la dizione perfetta, questa assenza potrebbe rivelarsi uno scoglio per parte dei giocatori italiani. Per completare il labirinto mortale sotto Fang sono sufficienti un paio d'ore, ma il titolo merita di essere rigiocato almeno una seconda volta, per poter apprezzare la maggior parte delle cinque ore di filmati che sono state girate per la realizzazione dell'opera.
Conclusioni
Gioco di ruolo alla vecchia maniera, realizzato con classe, Deathtrap Dungeon farà la felicità degli esploratori più attempati, ma allo stesso tempo può risultare godibile anche da chi, per motivi anagrafici, non ha mai avuto a che fare con i librogiochi. L'assenza di sottotitoli è da tenere in considerazione prima di un eventuale acquisto.
PRO
- Ottima interpretazione di Eddie Marsan
- Colonna sonora e tavole disegnate a mano arricchiscono l'esperienza
- Regole di gioco basilari ma immediate
CONTRO
- La durata non è delle più elevate
- A volte il lancio dei dadi durante i combattimenti risulta ripetitivo
- Scene degli scontri ripetitive