Deliver Us The Moon era un viaggio solitario del protagonista, incaricato di risolvere una crisi energetica causata da un problema non ben identificato sulla Luna. Praticamente si era da soli per tutta l'avventura e la storia veniva raccontata attraverso degli ologrammi che si trovavano in giro e alcuni documenti che andavano letti. Le sequenze filmate erano poche e abbastanza limitate e gli altri esseri umani erano praticamente assenti. Comunque sia il gioco deve aver venduto abbastanza bene, visto che KeokeN Interactive è riuscita a trovare un editore per il seguito, che arriva accompagnato non solo da una campagna marketing più importante, ma anche da valori produttivi più elevati, che si traducono in un gran numero di filmati e in un cast di personaggi più ricco e variegato, oltre che costantemente presente sulla scena. L'esperienza che ne consegue è estremamente diversa sul piano dell'atmosfera e del racconto stesso, come vedremo nella recensione di Deliver Us Mars.
Sistemi di gioco fondamentali
L'avventura di Kathy Johanson inizia con un flashback di lei bambina che va a nuotare con sua sorella. Si tratta della classica sequenza introduttiva che ci accompagna alla scoperta dei sistemi di gioco essenziali, tra controlli base e interazioni ambientali. È anche il modo con cui i fratelli Deetman, gli autori, ci introducono al tema principale dell'avventura, ossia il rapporto tra la protagonista, suo padre Isaac Johanson e, più a margine, sua sorella, rapporto che sarà oggetto di numerosi flashback nel corso delle nove ore circa che ci vogliono per arrivare alla fine del gioco. Le diverse ambizioni di Deliver Us Mars rispetto a Deliver Us The Moon sono evidenti anche dalla durata dell'introduzione: mentre nel titolo precedente l'arrivo sulla Luna era abbastanza rapido, qui c'è un'ampia sezione introduttiva, divisa in diverse sequenze che precedono la missione marziana.
Nelle prime tre ore di gioco apprendiamo quindi di come Isaac abbia rubato tre Arche, ossia tre grosse navi dotate di una tecnologia avanzatissima che dovrebbe poter salvare la Terra dal disastro ecologico che sta distruggendo ogni forma di vita, per portarle su Marte, conosciamo altri personaggi, che ci accompagneranno per il resto del gioco, e ci vengono introdotti tutti i sistemi maggiori, tra i quali i due fondamentali per l'esperienza, nonché quelli più ludici: il sistema di allineamento delle antenne MPT, che servono per dare energia ai vari sistemi con cui ci troveremo a operare, siano essi le aperture di semplici porte o dei giganteschi apparecchi di alimentazione delle Arche; e il sistema di scalata delle pareti, che evita gli automatismi dei vari Uncharted e Tomb Raider e punta su una maggiore fisicità, che si traduce in una partecipazione più attiva da parte del giocatore. Ma andiamo con ordine.
La narrazione al centro di tutto
L'introduzione è notevole anche per un altro motivo: mostra l'amore degli sviluppatori per le esplorazioni spaziali, molto più di quanto fossero riusciti a fare in Deliver Us The Moon. Come? Ad esempio ricreando la sequenza di lancio di un razzo spaziale, la Zephyr, facendola vivere al giocatore in prima persona attraverso una serie di azioni uniche, ossia mettendolo davanti alla plancia di comando per fargli eseguire le operazioni necessarie alla partenza, compreso lo sgancio dei moduli una volta superata l'atmosfera. Nella sua semplicità (le azioni sono guidate e si può interagire solo con i comandi richiesti), la sequenza di azioni che il giocatore viene chiamato a compiere è particolarmente suggestiva e rende bene l'importanza, quasi la solennità, del momento.
Qualcosa del genere si troverà anche in una sezione avanzatissima del gioco, ma è sicuramente la partenza il momento in cui ci viene chiesto con più forza di condividere l'emozione della protagonista per il viaggio, anche perché vissuto con un forte senso di distacco e arriva dopo una serie di eventi narrativamente importanti, che forniscono la giusta motivazione per l'immedesimazione. Certo, già qui possiamo vedere come Deliver Us Mars sia un'avventura incredibilmente lineare e guidata, ma in realtà non se ne sente troppo il peso, vista l'importanza che da subito viene data alla storia, oltretutto raccontata molto bene. Del resto è proprio la narrazione il fulcro dell'intera esperienza, con gli autori che hanno deciso di dare al giocatore un ruolo più marginale, da semplice testimone del dramma interiore che Kathy vive per l'intera avventura e che troverà compimento nel finale.
La narrazione in sé viene gestita in modo abbastanza classico, usando sequenze filmate e ologrammi, come avveniva in Deliver Us The Moon. I secondi sono legati a un minigioco di decrittazione, in cui sostanzialmente bisogna posizionare Ayla, il pod di Kathy che la segue ovunque vada, in modo da allineare tre tasselli di un cerchio, collegati ai movimenti sugli assi X, Y e Z. In giro per i vari ambienti si trovano anche elementi da scansionare per ottenere informazioni generali (macchinari, oggetti particolarmente interessanti e così via) e qualche documento, in particolare dei dialoghi registrati su dei tablet. Ci sono anche dei collezionabili, come dei fumetti, che servono da contenuto extra e che spingono a esplorare con più attenzione gli ambienti.
Tagliare, scalare e usare le meningi
Come accennato, i sistemi ludici principali sono essenzialmente due, cui se ne legano altri di contorno. In generale gli sviluppatori hanno cercato di rendere la parte giocata perfettamente coerente con quella narrativa. Kathy non è una guerriera e non combatte. È dotata di un laser da polso con cui può tagliare degli oggetti metallici (solo quelli decisi da design), indossa una tuta con una quantità limitata di ossigeno, che viene ricaricato ogni volta che si entra in qualche edificio, e si porta dietro due piccozze da scalata, che le servono per salire e scendere da alcune pareti (le superfici scalabili sono sempre facilmente distinguibili). Il sistema in sé è pensato per rendere le scalate più "fisiche" rispetto ad altri titoli del genere, dando al giocatore il controllo di entrambe le braccia di Kathy, che possono essere spostate una alla volta per cercare gli appigli migliori e che hanno degli input autonomi.
Per inciso, lasciare entrambi i pulsanti collegati alle braccia fa cadere la protagonista. In questo modo il giocatore sente quasi il peso dell'azione che sta compiendo e si ritrova a tenere stretto il controller come se lasciando la presa rischiasse di fare la stessa fine della protagonista. Il senso di pericolo rimane quindi costante e il giocatore è motivato a mantenere alta l'attenzione su quello che sta facendo per tutta la scalata. Da notare che il gameplay non abusa mai di questo sistema, mantenendone l'uso coerente e ben dosato fino alla fine del gioco, pur introducendo regolarmente delle piccole variazioni, a volte quasi impercettibili. Non aspettatevi comunque che Deliver Us Mars diventi molto difficile o impossibile, perché non è questo il suo scopo. La sfida è in un certo senso funzionale alla narrazione e serve soprattutto a far percepire la pericolosità della missione, più che a bloccare il giocatore.
Lo stesso discorso vale per l'altro sistema fondamentale, ossia l'allineamento delle antenne MPT, che di base richiede di collegare dei fasci di energia a dei generatori, usando divisori e deviatori per riuscire a dare all'apparecchio da attivare esattamente la quantità di energia che gli serve. Se avete giocato a The Talos Principle, più o meno sapete cosa vi attende, anche se va detto che in Deliver Us Mars non ci sono mai frangenti in cui i puzzle diventano difficili al punto da bloccare il giocatore per più di qualche minuto, lì dove il titolo di Croteam diventava invece estremamente complicato nelle fasi più avanzate. Diciamo che per trovare la soluzione dei puzzle, tra paratie da alzare, pareti da superare e generatori da attivare in una certa sequenza, non serve molto di più di un buono spirito di osservazione. Questi puzzle hanno anche lo scopo di rendere più attiva la presenza di Ayla, che possiamo inviare all'interno di condotti alla ricerca di apparecchi fuori mano, oppure a posizionarne alcuni in punti non raggiungibili da Kathy.
Citiamo anche la presenza di un rover guidabile, ma solo perché mostrato in alcuni filmati e immagini. Diciamo che in realtà si tratta di una caratteristica sottosfruttata, visto che serve sostanzialmente per spostarsi, ma senza ostacoli o rischio alcuno. Basta seguire la strada per arrivare a destinazione... anche perché se non lo si fa e si prova a deviare si viene subito rimessi in riga. Probabilmente se i viaggi fossero stati automatici non avrebbero consentito di ammirare la superficie di Marte ricreata dagli sviluppatori. Certo, potevano essere resi più interessanti.
Considerazioni tecniche
Dal punto di vista tecnico Deliver Us Mars è un buon titolo per la sua fascia di prezzo e il suo livello produttivo. Diciamo che rende molto bene nei paesaggi e in alcuni dettagli, come le plance di comando o le tute dei personaggi, mentre è molto più povero nei modelli 3D umani, in alcuni casi davvero rozzi, e soprattutto nelle animazioni, fatto che si nota in particolare in alcune sequenze filmate. Comunque sia, spesso il gioco produce dei paesaggi davvero molto belli, che si lasciano ammirare volentieri e in generale lo stile visivo è adattissimo al genere e a rendere la sensazione di trovarsi in un luogo remoto e inospitale. Ottima invece la colonna sonora, ricca di suoni ambientali e impreziosita dai brani del compositore Sander Van Zanten, che accompagnano i momenti più drammatici del gioco con grande convinzione, regalandogli una grande forza espressiva.
Conclusioni
Deliver Us Mars è un'avventura che vale la pena di vivere, al netto di una linearità forse eccessiva e di qualche imperfezione dovuta probabilmente all'enorme ambizione di raccontare una storia che va dalla Terra a Marte, senza scendere a troppi compromessi. Nella sua essenzialità ludica riesce a essere comunque molto efficace, nonostante releghi il giocatore in una posizione abbastanza marginale. Del resto lo fanno anche giochi considerati fari del medium, quindi perché farne una colpa proprio a KeokeN? Se vi intriga l'idea di vivere una storia fantascientifica con al centro il rapporto di un padre con sua figlia, allora indossate il casco perché c'è un razzo che sta per partire.
PRO
- Coinvolgente dall'inizio alla fine
- Il sistema delle scalate funziona molto bene
- Scorre senza opprimere mai il giocatore
CONTRO
- Qualche animazione non proprio eccelsa
- Linearissimo
- Il rover è un po' sottosfruttato