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DOOM Eternal: recensione

Doom Eternal, la recensione del sequel del reboot di DOOM targato id Software e Bethesda. Le forze dell'Inferno hanno iniziato a invadere la Terra ed è nostro compito respingere i demoni

RECENSIONE di Pierpaolo Greco   —   17/03/2020
DOOM Eternal
DOOM Eternal
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Avevamo lasciato il Doom Slayer, anche noto come Doom Guy, teletrasportato chissà dove nell'epilogo del reboot di DOOM. E ora è finalmente giunto il momento di vedere (e vivere) il prossimo capitolo della sua escalation di violenza e terrore alimentata dalla vendetta personale contro i demoni che hanno minacciato l'umanità e messo a soqquadro la sua intera esistenza. È a partire da questo semplice ed efficace presupposto narrativo che prende il via l'ennesimo sequel del franchise più prolifico e venduto di id Software, prodotto anche questa volta da Bethesda Softworks, DOOM Eternal. Un sequel iper-adrenalinico, perfettamente in linea con il suo predecessore, che lascia davvero pochissimo tempo per fermarsi a respirare e che, un po' per il suo peculiare gameplay e un po' per un embargo strettissimo, abbiamo giocato praticamente tutto d'un fiato.

Ora cercheremo di riordinare le idee per cercare di farvi comprendere al meglio il giudizio e le considerazioni alla base di questa nostra recensione di DOOM Eternal che, sia chiaro fin da queste prime righe, ci è piaciuto e ci ha soddisfatto esattamente come ci era piaciuto e ci aveva soddisfatto il suo predecessore anche se per motivazioni in parte differenti. Perché diciamolo fin da subito: Eternal si configura come il more of the same potenziato e corretto di quel gameplay che proprio il reboot di DOOM, e soltanto lui, ha saputo creare e definire.

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Una nota a margine: durante la nostra sessione di recensione non era possibile accedere alla componente multiplayer composta dall'inedita modalità asimmetrica Battle Mode che vede un giocatore Slayer affrontare altri due utenti che impersonano altrettanti demoni selezionati da un roster di 5 creature. Nonostante questa mancanza, abbiamo reputato la campagna single player del gioco sufficiente per esprimere un giudizio sul titolo e vi rimandiamo quindi al nostro futuro speciale sul multigiocatore per leggere le nostre considerazioni in merito.

La storia

Partiamo dall'elemento più accessorio dell'esperienza ludica di DOOM Eternal: la sua trama. Il gioco è l'immediata prosecuzione di quanto narrato nel DOOM del 2016 ma il suo prologo è talmente basilare e sfilacciato che, anche chi ricordava a menadito i pochissimi elementi essenziali della storia del prequel, faticherà moltissimo a trovare dei punti di contatto o comunque degli elementi di continuità. Eternal ti lancia immediatamente nell'azione, senza preoccuparsi minimamente né di ricordarti quello che era successo, né di giustificarti il tempo passato tra gli avvenimenti dei due capitoli (circa un paio di anni).

Questo fa capire immediatamente come id Software voglia ripetere in modo pedissequo uno dei mantra di DOOM: la quasi totale inutilità della trama o comunque la sua necessità di rimanere sullo sfondo come puro collante atto a giustificare eventuali cambi di ambientazione o, al limite, l'introduzione di un qualche demone ancora più grande, spietato e figo da affrontare. Quindi, indipendentemente che abbiate giocato o meno il DOOM del 2016 (o qualsiasi altro DOOM), potete tranquillamente lanciarvi in Eternal senza rischiare di perdervi qualche passaggio di trama o di rimanere all'oscuro di affascinanti colpi di scena. Sì, è vero, è successo qualcosa nel reboot, abbiamo ammazzato qualcuno di importante, salvato qualcun altro, generato un po' di casino e, all'improvviso, ci ritroviamo da un'altra parte, non si sa bene perché o per come, ancora più imbestialiti e con la necessità di uccidere altri demoni.

Doom Eternal Battlemode 1

Tuttavia, man mano che si procede con la campagna single player di DOOM Eternal, ci si rende conto come stavolta id Software abbia voluto almeno fare un tentativo: raccontare qualcosa che avesse una sua coerenza e che disegnasse i contorni di un viaggio di crescita del protagonista; una sorta di epilogo di una ribellione che va avanti da millenni e che affonda le sue radici in quella rabbia che scandisce ogni azione del DOOM Slayer da quando questo è comparso nell'universo conosciuto e ha iniziato a imbracciare armi e altri strumenti di morte.

Pur non potendo scendere quindi nei dettagli della storia raccontata in Eternal sia per questioni di spoiler, sia per tutta una serie di limitazioni legate all'embargo, dobbiamo comunque sottolineare di aver apprezzato la capacità del gioco di non trascurare alcuni passaggi della trama del capitolo precedente riproponendo persino dei personaggi chiave, e allo stesso tempo ci ha colpito la volontà di id Software di creare una sorta di continuità all'interno del frastagliato e disconnesso (e spesso contrastante) universo di DOOM.

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Peccato soltanto che per apprezzare queste "finezze" bisognerà necessariamente munirsi di molta pazienza per leggere le numerose voci che compongono il codex del gioco, ovviamente dopo averle trovate e collezionate tutte lungo la progressione della campagna. Una campagna che vi richiederà buone 15-18 ore per essere completata puntando alla raccolta di tutti i segreti e collezionabili disseminati attraverso i livelli. Per tutto il resto del gioco, la storia è invece raccontata attraverso striminzite cutscene, svariati dialoghi in sottofondo e l'immancabile testo scritto che accompagna il caricamento di un nuovo livello. Tutto in perfetto stile id Software, insomma.

Il gameplay

Ma è pur vero che se vi siete avvicinati a questa recensione, difficilmente lo avrete fatto spinti dalla voglia di affrontare un walking simulator o un qualche titolo dalla spiccata componente narrativa. DOOM Eternal è, al di là di alcuni fronzoli, gameplay allo stato puro: uno shooter in prima persona dove, prima di tutto si spara tantissimo, e poi, se avanza un po' di tempo prima del combattimento successivo, si fa qualche domanda. Entrando più nello specifico del gameplay, ci troviamo davanti a una sorta di ibrido tra un arena shooter e un FPS più classico "a corridoi". Sia chiaro che chi ha già giocato al DOOM del 2016, sa esattamente cosa si troverà di fronte visto che Eternal, come dicevamo in apertura di articolo, è un more of the same: più corposo, più vasto nelle meccaniche e, in alcuni aspetti, più rifinito.

Parlavamo dell'ibrido perché nel gioco si susseguiranno delle fasi in cui dovremo attraversare sezioni molto lineari di raccordo con pochissimi o nessun mostro, talvolta arricchite da spezzoni platform, intervallate alle arene vere e proprie dove il gioco ci lancerà contro ondate via via crescenti di nemici sempre più variegate nella composizione delle schiere avversarie. Queste parti del livello sono ben contrassegnate per permetterci di capire a colpo d'occhio, osservando l'immancabile e semplicemente perfetta mappa 3D, quando dobbiamo prepararci e quando invece possiamo respirare un attimo.

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All'interno di queste arene, Eternal cambia completamente ritmo e il combattimento diventa ossessivo e iper-adrenalinico costringendo il giocatore a dimostrare grandissima abilità e tempestività nei comandi, stando sempre bene attento a studiare la geometria del level design per sfruttare al massimo piattaforme, ostacoli, respingenti, appigli e portali in una lunga danza convulsa dove salti, scatti, cambio di armi e moduli, raccolta di risorse, spari, uccisioni epiche e ogni altro modo per fare danni, diventano strumenti essenziali per la sopravvivenza. Il tempismo e la gestione perfetta delle azioni di attacco e di fuga diventano elementi che il giocatore deve padroneggiare in modo esemplare se vuole procedere vittorioso nella prosecuzione della campagna di DOOM Eternal, soprattutto se si decide di affrontare il gioco a partire dal terzo livello di difficoltà a salire. Ce ne sono 5 più una opzione attivabile che lega il game over al consumo delle vite extra che possono essere raccolte in giro per il livello.

Si intuisce perfettamente quanto questo sequel sia costruito sopra la struttura del DOOM del 2016, come una sorta di sarcofago che ricopre il capitolo precedente ma allo stesso tempo lascia dello spazio interstiziale per inserire nuove meccaniche ed elementi così da arricchire un gameplay già perfettamente collaudato. Tutto è oliato e rodato, ma non tutto a nostro parere riesce ad ampliare il gameplay originale con naturalezza. Come già succedeva in passato, il combattimento di DOOM si basa su una sorta di morra cinese dove il sasso, la carta e la forbice sono interpretati dalle bocche di fuoco con cui infliggiamo i danni, dalla motosega che consente di uccidere con un colpo i demoni più deboli (o con 3 quelli maggiori) per recuperare munizioni e dalle ben note uccisioni epiche che permettono di finire con un'animazione truculenta un mostro stordito per guadagnare energia vitale.

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A questi 3 metodi di offesa sono stati affiancati in questo sequel altrettanti, nuovi attacchi. Un colpo melee speciale, il pugno di sangue, che si carica attraverso le uccisioni epiche e che permette di infliggere moltissimi danni ad area, un lanciafiamme da spalla che incendia i nemici che si trovano sul cono frontale e permette loro di rilasciare corazza quando li colpiamo fintanto che sono incendiati e due diverse tipologie di granate che ci consentono di fare ulteriore danno da esplosione oppure di congelare per pochi secondi gli avversari. Queste introduzioni, se da un lato arricchiscono e offrono un minimo di novità e originalità a un gameplay altrimenti identico a se stesso, dall'altro non risultano perfettamente amalgamati e innestati nella morra cinese "originale". O comunque non sembrano aver subito la stessa opera di rifinitura.

C'è sicuramente poco da dire sul lanciafiamme che è l'unico che rientra alla perfezione nel loop delle sparatorie rappresentato dalla necessità di recuperare durante le kill energia, munizioni e corazza, mentre siamo rimasti meno contenti dal pugno di sangue che viene effettuato con lo stesso tasto del colpo melee classico e dell'uccisione epica. Nella frenesia dei combattimenti più avanzati vi capiterà infatti molto spesso di "scaricarlo" contro un demone minore convintissimi che quest'ultimo sia in modalità stordimento e quindi pronto per l'uccisione epica, essenziale per recuperare energia. E vi garantiamo che non avere un pugno di sangue pronto può spesso tramutarsi in una facile disfatta se messi all'angolo da molti nemici contemporanei.

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Ma ancora meno ci ha convinto la gestione della doppia granata: non tanto per la loro utilità di fondo decisamente ovvia, ma anche in questo caso per una gestione dei comandi poco intuitiva. Invece di poter scegliere 2 differenti tasti per lanciare le 2 tipologie di esplosivo, id Software ha pensato bene di dedicare un tasto al lancio vero e proprio e un altro tasto allo switch della granata attiva. Anche in questo caso, non essendo DOOM Eternal uno shooter riflessivo e compassato, la necessità di dover premere, di fatto, un tasto in più ogni volta che si vuole lanciare "l'altra" granata, si traduce in errori banali che possono compromettere la danza di guerra e quindi nel non sentirsi perfettamente e completamente padroni di tutto l'armamentario a nostra disposizione.

Vogliamo che sia però ben chiara una questione: ci rendiamo conto di cercare il fantomatico pelo nell'uovo ma, a nostro parere, in un titolo come DOOM Eternal dove l'abilità del giocatore, il controllo dell'arena e la gestione perfetta delle armi e delle funzioni speciali sono parte integrante di un gameplay che affonda il suo divertimento proprio nell'essere completamente "skill-based", qualsiasi elemento distraente o non perfettamente ottimizzato può far scattare immediatamente la frustrazione.

Gli sbloccabili

La volontà di espandere e arricchire il gameplay esistente è chiarissima nella scelta di id Software di potenziare a dismisura gli sbloccabili di DOOM Eternal. Dal precedente capitolo ritornano i 2 moduli aggiuntivi per ogni arma (ad eccezione di un paio di bocche da fuoco che non sono invece potenziabili), che di fatto rappresentano la modalità di fuoco secondaria utilizzabile con il tasto destro. Questi moduli, una volta acquisiti, sono modificabili al volo anche durante l'azione premendo un tasto e aspettando il tempo necessario all'animazione. Si tratta di opzioni che alterano sensibilmente l'uso dell'armamentario e che il giocatore imparerà a padroneggiare nel corso della campagna finendo con l'avere delle personali preferenze in funzione del suo stile di gioco.

Anche stavolta ogni modulo può poi essere ulteriormente potenziato per avere bonus o effetti aggiuntivi, ma per farlo dovremo spendere delle monete che si guadagnano riducendo il livello di corruzione di ogni livello. Per far questo dovremo completare tutti i vari incontri con i nemici comprese un paio di attività bonus extra di cui parleremo più avanti. Ogni modulo ha anche un livello di maestria che si sblocca completando una determinata attività, solitamente l'uccisione di un certo numero di avversari usando l'abilità speciale di quell'arma.

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Facenti parte invece dei segreti collezionabili disseminati nei livelli, troviamo un'altra tipologia di gettoni che possono essere spesi per potenziare l'armatura Praetor del DOOM Slayer: si tratta di bonus passivi che spaziano dai potenziamenti relativi alle 2 granate, fino alla maggiore resistenza alle esplosioni dei barili o ai liquidi radioattivi, senza trascurare un aumento di velocità delle uccisioni epiche o del cambio di arma e moduli e un miglioramento delle funzioni dell'automappa. Dal precedente DOOM tornano pure le rune, anche queste da trovare in giro per i livelli e che determinano alcuni potenziamenti passivi sempre relativi alla velocità di movimento e ai bonus legati alle uccisioni epiche. Ne potremo montare 3 per volta, modificabili attraverso il menu interno del gioco.

E non abbiamo ancora finito perché in Eternal tornano anche i cristalli delle sentinelle che permettono di avere un aumento permanente del valore massimo di energia vitale, armatura e munizioni. Solo che stavolta mentre sceglieremo cosa potenziare, potremo avere anche accesso ad ulteriori bonus passivi, legati al lanciafiamme da spalla e alle uccisioni epiche. C'è stata insomma una vera e propria emorragia di elementi che possono essere sbloccati, potenziati e configurati e se da un lato questo ci ha resi felici perché consente una personalizzazione ancora più granulare dello stile di gioco così da andare incontro alle preferenze di ognuno, dall'altro lato si nota fin dalle prime ore di gioco una certa confusione di fondo tra le varie schermate di gestione e, più in generale, si percepisce una tendenza del gioco a tirarti addosso tantissime robe da sbloccare, forse persino troppe se poi si iniziano ad analizzare a fondo nelle loro funzionalità.

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Molte di queste sono infatti ridondanti o poco efficaci in combattimento e, più in generale, siamo abbastanza convinti che quell'idea del "less is more" o, per dirla in italiano, "poco è meglio", tipica del primo DOOM e di una precisa scuola di design, avrebbe giovato a questo sequel.

Il level design

Anche sul fronte della composizione delle mappe si può in qualche modo notare questa sorta di andatura a due velocità della id Software odierna. Mentre sul fronte delle arene, e più in generale di tutte le zone della mappa dove ci ritroviamo a fronteggiare le ondate demoniache, non si può fare altro che rimanere stupiti dall'eccezionale cura nel posizionare ogni singolo elemento dell'ambiente per stimolare la fantasia del giocatore nell'esibirsi nella danza del combattimento, la composizione generale dei livelli è ricca di alti e bassi.

Le 13 mappe che compongono DOOM Eternal hanno tendenzialmente 3 ambientazioni: quella infernale, quella urbana e un terzo setting su cui eviteremo qualsiasi riferimento per questioni di spoiler. Al di fuori di un paio di eccezioni che ci hanno davvero colpito per la loro qualità e originalità, tutto il resto è meno ispirato e abbastanza ripetitivo nella consueta alternanza di stanze e corridoi delimitate dai consueti riferimenti di sangue, materiali corrotti e carni demoniache putrescenti.

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Sono invece sicuramente da apprezzare i tentativi del team di sviluppo di offrire una sorta di variazione sul tema alle arene: come dicevamo poco sopra, in DOOM Eternal non si tratta soltanto di affrontare le orde di mostri man mano che si procede verso la zona finale del livello, ma durante l'esplorazione alla ricerca di segreti ci si può imbattere in 2 attività extra composte dai Cancelli Slayer e dagli eventi segreti. Nel primo caso verremo teletrasportati in un'arena molto ampia, sempre la stessa, per affrontare una composizione solitamente molto complessa e difficile di demoni. In questi casi è davvero molto difficile non farsi esplodere le tempie dall'eccitazione e dall'adrenalina mentre si fronteggiano le ondate avversarie.

Gli eventi segreti sono invece combattimenti a tempo che avvengono all'interno del livello, in zone limitrofe all'elemento di interazione e chiedono di far fuori gruppi sparuti di avversari, ben studiati nelle loro combinazioni, prima che il timer, sempre inferiore ai 30 secondi, scada. La particolarità di queste due attività extra al flusso tradizionale di gameplay è che possono essere ripetute continuamente se fallite ma tutte le munizioni, l'energia e la corazza consumati non vengono ripristinati, obbligando quindi il giocatore a essere molto oculato nelle sue decisioni ed eventualmente stimolando la rigiocabilità (in questo senso aiuta il viaggio rapido interno alla mappa che si sblocca al termine di ogni livello), per ragioni di completamento.

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Le ultime parole sul level design le vogliamo spendere sulle fasi platform che in DOOM Eternal ritornano in una forma estesa e potenziata rispetto al suo predecessore. Il doppio salto, unito all'introduzione dello scatto, anche questo doppio (geniale introduzione che letteralmente esplode nei combattimenti), insieme alla possibilità di attaccarsi e arrampicarsi su determinate pareti, ha stimolato id Software a farcire le zone di attraversamento di ogni livello, quelle fasi in cui si respira tra un combattimento e il successivo, di sezioni in cui bisogna spostarsi di piattaforma in piattaforma fino al raggiungimento dell'arena successiva.

Rispetto al passato trascorrerete moltissimo tempo in queste fasi platform e considerato il bassissimo livello di sfida che offrono, non abbiamo apprezzato fino in fondo la scelta di id Software di spezzare in modo così marcato il ritmo del gioco. L'esplorazione o comunque la componente "puzzle" e di ricerca dei segreti è stata infatti fortemente ridimensionata rispetto al primo capitolo e ora studiando un minimo la mappa e facendo propri quel paio di trucchetti di design che lo sviluppatore utilizza per nascondere i collezionabili, diventerà davvero molto semplice non perdersi per strada nessun extra. Questo elemento, unito a salti e spostamenti che non richiedono chissà quale abilità o tempismo, rendono di fatto queste sezioni platform un mero rallentamento che, sul lungo periodo, non aggiungono davvero nulla a un gameplay la cui forza e la cui perfezione sono relativi soltanto alle fasi di combattimento.

Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Processore: Intel Core i5-8600k a 4.3 GHz
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1080 con 8 GB di memoria
  • Memoria: 16 GB di RAM
  • Sistema operativo: Windows 10 a 64 bit

Requisiti minimi

  • Processore: Intel Core i5 a 3.3 GHz o AMD Ryzen 3 a 3.1 GHz
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1050Ti (con 4 GB), GTX 1060 (con 3 GB), GTX 1650 (con 4 GB) o AMD Radeon R9 280 (con 3 GB), AMD Radeon R9 290 (con 4 GB), RX 470 (con 4 GB)
  • Memoria: 8 GB di RAM
  • Hard-Disk: 50 GB di spazio disponibile
  • Sistema operativo: Windows 7 / 10 a 64 bit
  • Nota: questi requisiti garantiscono 1080p a 60 FPS con settaggi grafici bassi

Requisiti consigliati

  • Processore: Intel Core i7-6700K o AMD Ryzen 7 1800X
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1060 (con 6 GB), NVIDIA GeForce 970 (con 4 GB) o AMD RX 480 (con 8 GB)
  • Memoria: 8 GB di RAM
  • Sistema operativo: Windows 10 a 64-bit
  • Nota: questi requisiti garantiscono 1080p a 60 FPS con settaggi grafici alti

Grafica e tecnica

Se c'è un aspetto di DOOM Eternal che non è invece minimamente criticabile è la sua componente tecnica. Abbiamo giocato il titolo con la nostra configurazione di prova che appartiene ormai alla fascia media del mercato, alla risoluzione di 1440p, le impostazioni grafiche settate sul preset subito inferiore a quello massimo e un frame rate che viaggiava costantemente sulla fascia dei 70-100 FPS con un risultato in termini di fluidità del gameplay e dei combattimenti che davvero non ha eguali sul mercato degli shooter in prima persona. La stabilità raggiunta dal Tech di id Software e in particolare da questa settima iterazione, è davvero encomiabile.

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Un plauso va fatto anche nei confronti del design, davvero molto ispirato, dei mostri e dei boss e anche stavolta sono le uccisioni epiche, in particolare la loro varietà e crudeltà sanguinolenta, a irretire e stupire. Compiere quei lunghissimi e arzigogolati massacri per ore e ore, senza che il gioco manifesti alcun tipo di rallentamento, incertezza, bug o sporcizia su schermo, vi lascerà un senso di godimento impagabile.

Stona soltanto la scelta dello sviluppatore di tralasciare completamente l'implementazione del ray tracing, letteralmente sparito nel corso dello sviluppo nonostante numerose dichiarazioni che andavano in senso opposto, e che forse vedremo implementato più avanti con una patch (magari in occasione dell'uscita della next-gen di console?), e l'assenza della possibilità di alternare tra le DirectX e le librerie Vulkan per la gestione del rendering, laddove il DOOM del 2016 era diventato un eccellente benchmark di PC.

DOOM Eternal è interamente localizzato nella nostra lingua, doppiaggio compreso e offre una buona interpretazione dei personaggi principali e un ottimo missaggio dell'audio. Eccezionale poi la colonna sonora grazie, ancora una volta, all'ottimo lavoro di Mick Gordon che per questo sequel si è esibito anche in numerosi cori e nella composizione di un paio di temi estremamente orecchiabili. Mai come in questo titolo, sparatorie e tappeto musicale si muovono all'unisono per caricare ed eccitare il giocatore.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Multiplayer.it
8.8
Lettori (134)
8.5
Il tuo voto

Come scrivevamo in apertura di articolo, nonostante il tempo passato e l'evidente natura da more of the same di questo sequel, il nuovo lavoro di id Software ci ha convinto, divertito e letteralmente risucchiato nel suo adrenalinico e stimolante loop di gameplay che rasenta la perfezione durante le intense e appassionanti sparatorie. Se quindi questo capitolo rappresenta un evidente miglioramento e perfezionamento della formula originale, rimangono tutta una serie di incertezze legate a una certa bulimia di id Software nell'offrire una lunga sequela di introduzioni che non ci hanno pienamente convinto e che appaiono meno rifinite e forse meno rodate delle meccaniche originali. Se avete apprezzato il DOOM del 2016 e ne volete ancora, potete immediatamente lanciarvi su questo sequel: ne sarete felicemente catturati. Se invece, per voi, shooter fa rima con narrativa, un'occhiata al nuovo lavoro di id Software dovreste comunque dargliela: vi potrebbe far capire cosa significhi avere un gunplay tarato alla perfezione.

PRO

  • Il gunplay non ha rivali
  • Il design delle arene rasenta la perfezione
  • Tantissimi potenziamenti disponibili equivalgono a una grande personalizzazione dello stile di gioco

CONTRO

  • Le sezioni platform rallentano il ritmo senza introdurre una sfida interessante
  • Le nuove aggiunte al loop del gunplay non appaiono perfettamente rifinite
  • Dov'è il ray tracing?