Il problema principale quando si tratta di recensire visual novel risiede nell'impossibilità di parlare a dovere di uno degli elementi principali, la trama e come viene gestita, senza il rischio di incorrere in spoiler: si tende sempre a fare giri di parole, circumnavigando il punto cruciale nel tentativo di far comunque comprendere al lettore di cosa si parla evitando al contempo di rovinargli l'esperienza. Con Dull Grey, seconda opera dello studio russo Provodnik Games dopo Railways of Love per dispositivi mobile, non si corre questo rischio perché l'esperienza offerta è quasi inesistente: scriviamo quasi perché comunque qualcosa l'abbiamo giocato ma la durata risibile del tutto ha reso impossibile apprezzarlo a dovere nonostante le basi interessanti. Scoprite dunque cosa funziona e cosa, soprattutto, no nella recensione di Dull Grey.
Minimalista in tutto
Le ispirazioni di Dull Grey si devono cercare fuori dal mondo videoludico e, piuttosto, in quello della letteratura: immaginate un punto nel mezzo fra La Strada di Cormac McCarthy's The Road e la prosa di Haruki Murakami. Siamo circa lì. Ci viene presentata una storia breve il cui giovane protagonista, Kiryusha, è chiamato a decidere quale lavoro svolgerà in futuro mentre viaggia con la madre verso la sua destinazione. La narrazione ruota tutta attorno alla crescita, offrendoci dunque quello che potremmo definire un romanzo di formazione digitale nel quale le difficoltà di Kiryusha (ma in generale di tutti gli abitanti) sono due: disastri ambientali continui e uno stato autoritario chiamato Progress-Program, che osserva costantemente tutti e controlla ogni comunicazione. Una sorta di Grande Fratello, solo in chiave più desolata e desolante poiché, tra robot giganti danneggiati e rovine di edifici, l'ambientazione non è delle più rassicuranti.
Questo è un giorno importantissimo per Kiryusha: appunto, quello in cui deciderà del suo futuro. Motivo per cui chiunque incontrerà non vede l'ora di sapere su cosa verte la sua scelta: dalla zia, alla nonna fino all'amante della madre ma anche perfetti sconosciuti, tutti vorranno sapere. La cosa curiosa è che le uniche due scelte a propria disposizione (stiamo comunque parlando di una realtà dove la tua vita non è davvero tua) non verranno espresse dal ragazzo, bensì dalla madre: quando selezionerete la risposta sarà infatti lei a rispondere per voi. Le chiavi di lettura sono tante, una fra tutte quella per cui nemmeno l'unica decisione che ti appartiene risulta essere tua - e dunque che ci sarà sempre chi deciderà per te, non sarai mai libero. Due sono i possibili percorsi: aiutare il popolo, facendo un lavoro socialmente utile ma altrettanto pericoloso; oppure diventare un paria sociale e servire lo stato attraverso un impiego più sicuro ma, al contempo, malvisto dalla gente. Ci sarebbe volendo una terza opzione, nascosta nel silenzio, che potrebbe portare a risultati interessanti.
Potrebbe semplicemente perché, a dispetto di atmosfere restituite benissimo anche grazie a uno stile minimalista molto d'impatto e azzeccato, la narrazione è inconsistente: le premesse ci sono, come avete visto, ma la brevità del tutto impedisce persino di metabolizzare cosa stia accadendo. Si parla di un quarto d'ora, massimo venti minuti per un gioco che non beneficia di una grande rigiocabilità (se non giusto per vedere il destino di Kiryusha sulla base delle due scelte principali) e non permette di immergersi nelle sue atmosfere. L'unico guizzo si ha nei paragrafi che portano ai titoli di coda, in cui il futuro del ragazzo si concretizza in un modo o nell'altro, tuttavia l'esperienza è vuota. Perché veniamo ricompensati per quest'azione? Qual è la sua rilevanza? Cos'è successo al mondo, o quantomeno a questa particolare zona, per ridursi in una condizione tanto misera? Nulla. Comprendiamo la volontà di rendere il giocatore un tutt'uno con Kiryusha, tanto avvezzo alla sua realtà da non porsi le domande più banali; noi tuttavia non siamo davvero lui ed è inevitabile porsi se non altro i dubbi contestuali, tralasciando quelli potenzialmente esistenziali. Veniamo presi di peso e sbattuti in questo brevissimo racconto dove l'unica interazione significativa è rispondere sul nostro futuro lavoro.
La mancanza di una scelta o di interazioni importanti, unite alla sua risibile durata, porta quindi il fardello tutto sulle spalle della prosa. Deve saper emergere come storia breve, motivare la sua stessa esistenza: in questo purtroppo fallisce, poiché nonostante abbia un paio di parti efficaci, il resto è tutto un insieme incoerente, dove abbiamo riscontrato anche qualche sbavatura nella traduzione e i cui personaggi non hanno quasi il tempo di presentarsi, figuriamoci emergere. Se anche li avessimo sostituiti l'uno con l'altro la differenza non si sarebbe notata. Dull Grey non è un gioco che può sperare di competere con altre visual novel: troppo breve per essere qualcosa di diverso da un abbozzo, un teaser di quello che forse sarebbe potuto essere, non lo possiamo definire noioso ma sicuramente non restituisce un'immagine definita di sé.
Conclusioni
Dull Grey è un titolo insipido, che non lascia nulla di sé arrivati ai titoli di coda. Brevissimo persino per rientrare nella definizione di racconto breve, confusionario nella scrittura e dai personaggi pallidi, inconsistenti: narrativamente non traspare nulla del mondo di gioco o del contesto, salvo pochissime informazioni, e la mancanza di interazioni significative porta tutto a poggiare su una storia che non riesce a reggere il peso della sua ambizione. Molto evocativo stilisticamente, in grado di creare un'atmosfera accattivante, in quanto visual novel fallisce lì dove avrebbe dovuto catturare di più.
PRO
- Ambientazione convincente e ricca di potenziale
- Il comparto artistico è affascinante nel suo minimalismo
CONTRO
- Fin troppo breve
- La scrittura non regge il peso delle sue ambizioni
- Non ci sono interazioni interazioni davvero significative