L'uscita di Echo è stata anticipata e avvolta da un'aura di profondo scetticismo. La produzione ha attraversato moltissime difficoltà e i frequenti rinvii, che a un certo punto avevano anche fatto pensare a una cancellazione, non hanno certo aiutato. Annunciata inizialmente a fine 2021, Echo esce pure in uno dei momenti più deboli nella storia del Marvel Cinematic Universe, una fase di stanca che si sta protraendo da qualche tempo e che ha indotto i Marvel Studios a rivedere quasi completamente la programmazione di film e serie televisive.
E infatti Echo è anche la prima miniserie a uscire sotto l'etichetta Marvel Spotlight, una categoria pensata per raccontare le avventure di personaggi minori che non sono particolarmente legati alle saghe in corso: in questo modo, i titoli Marvel Spotlight non solo godono di una certa autonomia narrativa, ma possono anche prendersi qualche libertà. In questo caso parliamo anche della prima produzione Marvel Studios "vietata ai minori" a uscire sulla piattaforma Disney: abbiamo guardato i cinque episodi che la compongono e nella nostra recensione di Echo vi racconteremo se ci è piaciuta oppure no.
Tra gangster e nativi americani
Come dicevamo, non serve aver visto mille film o serie TV prima di lanciare il primo episodio di Echo, anche perché questa oretta introduttiva fa sostanzialmente un collage di flashback per spiegarci le origini della protagonista, comparsa per la prima volta in Hawkeye del 2021, la miniserie che ha avuto l'onore di riportare in scena l'amatissimo Wilson "Kingpin" Fisk di Vincent D'Onofrio dopo la chiusura di Daredevil su Netflix. E in effetti Echo, che è una specie di spin-off di Hawkeye, riparte proprio dal finale di quest'ultima: convinta di aver ucciso lo zio Kingpin, Maya Lopez torna a Tamaha, in Oklahoma, dove vive il resto della sua famiglia per prepararsi a conquistare il sottobosco criminale in cui ha operato per anni.
Superato il primo episodio, che getta le fondamenta per l'avventura solitaria di Maya, dobbiamo dire di essere rimasti colpiti dai toni molto più intimi e "family drama" che la creatrice della miniserie Marion Dayre ha voluto dare alla storia. Echo, in effetti, non è la storia di come Maya diventa la regina del crimine organizzato, ma piuttosto di come si riconnette a una famiglia allargata che affonda le proprie radici nella cultura nativa americana dei Choctaw.
Quello che forse salta più agli occhi, nel corso degli episodi, è il rispetto portato nei confronti della cultura Choctaw. I Marvel Studios hanno lavorato a braccetto con la Choctaw Nation of Oklahoma per rappresentare le leggende, le usanze e i costumi di questa tribù, scegliendo peraltro un azzeccatissimo cast di nativi americani che include, oltre alla grintosa Alaqua Cox che interpreta Maya, anche l'ottima Tantoo Cardinal e il talentuoso Graham Greene di Balla coi lupi. La serie, inoltre, è completamente doppiata anche in Choctaw.
Echo è una serie inclusiva, ma per motivi completamente diversi dai soliti. Oltre a rappresentare una minoranza etnica, Maya è sorda e non ha la gamba destra, ma queste caratteristiche del personaggio non sono tematiche da affrontare per fare una lezione morale al pubblico: la miniserie tratta gli handicap di Maya come un dato di fatto, normalizzando il linguaggio dei segni e l'uso della protesi che sostituisce l'arto amputatole da bambina. Nel giro di pochi minuti non ci si fa più neanche caso, perché la regia non indugia forzatamente su questi aspetti, ma li mette in primo piano con naturalezza.
Un buon minutaggio di Echo si trascorre a leggere i sottotitoli mentre i personaggi parlano in LIS, qualche volta senza neppure pronunciare ad alta voce le parole segnate. In questo senso, quella di Echo è una inclusività "fatta bene". Anche la protagonista sfugge allo stereotipo della donna forte ma sensibile: Maya è praticamente spietata, ma esiste in una zona grigia che la rende una antieroina molto accattivante. L'assurdo paradosso di Echo è infatti questo. Mentre molte serie TV si arenano nel troncone centrale, come se prendessero tempo, Echo dà il suo meglio proprio nei due episodi di mezzo... salvo precipitare inesorabilmente negli ultimi due, proprio quando torna in scena il Wilson Fisk di D'Onofrio.
A scanso di equivoci, D'Onofrio interpreta nuovamente la versione Netflix del famosissimo antagonista e non quella più annacquata che abbiamo intravisto in Hawkeye. Questo è il Kingpin che abbiamo amato odiare, feroce e brutale ma anche sommesso e affettuoso: un costume perverso che D'Onofrio indossa magistralmente nelle poche scene in cui ha la possibilità di dominare lo schermo. E a proposito di costumi...
Un finale affrettato
Sfortunatamente Echo è una miniserie che si regge a stento sulle proprie gambe, e a nulla serve il lungo cammeo di Daredevil nel primo episodio, praticamente uno specchietto per le allodole che serve a catturare l'attenzione dei suoi fan. Le scene d'azione in Echo sono decisamente sopra la media per gli standard televisivi del Marvel Cinematic Universe: feroci, ben coreografate e credibili, ma la violenza si dosa col contagocce, sia fisica che verbale. C'è un bel po' di sangue e qualche morte piuttosto cruenta, ma nulla che giustifichi in maniera così plateale il rating per adulti.
Anche perché la miniserie, negli ultimi due episodi, sconfina nel soprannaturale in maniera forzata e confusa, attribuendo a Maya poteri completamente diversi da quelli che ha sfoggiato nei fumetti per oltre vent'anni: il personaggio interpretato dalla Cox non possiede la memoria fotografica della sua controparte a fumetti, ma un retaggio ancestrale che la sceneggiatura spiega in modo frettoloso.
Ma è proprio l'ultimo episodio a tradire la complicata natura di questa nuova produzione Marvel Studios: i rimaneggiamenti sono evidentissimi, il montaggio è terrificante e si fatica a capire il senso non tanto dello scontro finale, quanto dell'evoluzione di Maya come supereroina e come persona. Se consideriamo che la serie, in origine, avrebbe dovuto contare otto episodi, viene da pensare che gli autori ne abbiano compressi almeno tre in cinquanta minuti scarsi di finale. Fortunatamente la destinazione sembra essere rimasta la stessa, con un epilogo che conferisce a Echo un sapore quasi autoconclusivo: la storia di Maya Lopez potrebbe benissimo finire qui, in questo angolo isolato del Marvel Cinematic Universe.
Restate, comunque, per i titoli di coda, perché l'ultimissima scena rappresenta l'aggancio narrativo con le nuove serie TV che vedremo su Disney+ nel 2025.
Conclusioni
Multiplayer.it
6.0
Contrariamente a quanto temevamo, Echo non è un completo disastro, e offre anzi diversi spunti originali per cui vale la pena guardarla se si vuole approfondire questo lato del Marvel Cinematic Universe. Tuttavia, non aggiunge praticamente nulla alle storie che conosciamo, e dopo un ottimo inizio si perde in un finale cannibalizzato da montaggi maldestri e riscritture anche troppo evidenti. L'etichetta Marvel Spotlight, insomma, non parte proprio benissimo ma ha indubbie potenzialità.
PRO
- È una miniserie breve e più originale del solito
- Buone le interpretazioni, specialmente il Kingpin di D'Onofrio
- Scene d'azione convincenti
CONTRO
- Il finale è affrettato e confuso
- Si sente il peso dei numerosi rimaneggiamenti
- Non sembra una storia molto significativa per il MCU