A qualcuno in Flying Wild Hog dev'essere piaciuto davvero parecchio God of War, al punto da voler ricreare quello stesso impianto (con tanto di palese omaggio, vedi le sequenze di apertura delle casse) nell'ambito di un action che tuttavia possiede un'ambientazione decisamente diversa rispetto alla lore mitologica dell'avventura di Kratos e Atreus.
Il gioco ci proietta, infatti, in un far west alternativo, oscuro, minacciato dalle forze del male. Un'America sull'orlo del baratro, non fosse per l'Istituto Rentier e i suoi coraggiosi cacciatori: agenti speciali armati fino ai denti ed equipaggiati con uno speciale guanto d'acciaio che gli consente di colpire come un maglio il grugno di vampiri, licantropi, troll e non-morti.
Le premesse sono accattivanti: tutte, nessuna esclusa; ma il team polacco è riuscito a concretizzarle nel migliore dei modi? Ve lo riveliamo nella recensione di Evil West.
Storia: fra cowboy e mostri
Evil West non è certamente il primo videogioco che immagina un far west alternativo, popolato da mostri e creature demoniache: lo ha fatto molto bene, poco tempo fa, anche lo strategico Hard West. L'idea dell'organizzazione che si occupa di contrastare le creature del male, utilizzando una tecnologia decisamente avanti per i tempi, è anch'essa ben poco originale, ma sempre in grado di affascinare e da questo punto di vista il titolo di Flying Wild Hog non fa eccezione.
Il personaggio che controlliamo è Jesse Rentier, scaltro e ribelle figlio del fondatore dell'Istituto Rentier: un uomo di poche parole e dannatamente bravo nel suo lavoro, ovverosia stanare e uccidere i mostri. Nelle fasi iniziali della campagna lo ritroviamo in missione insieme al collega e amico Edgar Gravenor: i due sono intenti a stanare una loro vecchia conoscenza, un vampiro che a quanto pare conosce ciò che sta succedendo dietro le quinte e quale potere si prepara ad abbattersi sul mondo.
Una vampira particolarmente pericolosa, sebbene con l'aspetto di una ragazzina, ha infatti radunato un esercito e si prepara a sferrare un attacco devastante, ponendosi come primo obiettivo proprio la sede dell'Istituto Rentier: senza la gilda dei cacciatori sarà solo questione di tempo prima che gli Stati Uniti cadano sotto i colpi delle creature della notte, e starà a noi impedire che ciò accada.
La storia di Evil West si rivela piuttosto lineare e con risvolti narrativi prevedibili, ma il suo problema più grande sta nella scrittura dei personaggi, che purtroppo non godono di una caratterizzazione sufficiente a farli spiccare. Lo stesso protagonista, complice un design abbastanza generico, non appare diverso rispetto a qualsiasi altro eroe dei videogiochi della vecchia scuola: peccato, perché il potenziale per fare meglio c'era tutto.
Gameplay: dio della guerra in salsa western
Come accennato in apertura, Evil West rende palesemente omaggio a God of War sul piano del gameplay, utilizzando lo stesso tipo di visuale e un layout dei controlli simile al titolo di Santa Monica Studio per consegnarci un sistema di combattimento che si pone in effetti come l'aspetto più riuscito e valido di questa produzione, davvero ricco e variegato, nonché efficace nel rendere bene gli impatti.
Jesse può affrontare i suoi nemici sferrando potenti pugni tramite la ripetuta pressione del dorsale destro, oppure tenerlo premuto e agire sulle direzioni dello stick analogico per eseguire devastanti uppercut con tanto di colpo al volo, o ancora attacchi in salto. Il personaggio può effettuare una parata istantanea con il dorsale sinistro o schivare con il tasto X mentre ci si muove a destra o a sinistra.
Il grilletto destro consente di far fuoco con il revolver, quello sinistro di mirare per usare il fucile (con un aggancio automatico molto aggressivo di default), mentre il tasto quadrato aziona la potentissima doppietta, che però richiede lunghi tempi di cooldown: uno dei tanti elementi strategici del combat system di Evil West, che da questo punto di vista si rivela davvero sfaccettato.
Procedendo nella campagna otterremo nuovi strumenti di morte e distruzione, anch'essi caratterizzati però da un "caricatore corto" (ma le munizioni sono infinite, tranquilli) e richiamabili con i tasti del d-pad: un lanciafiamme, delle granate, un mitragliatore Gatling. Dopodiché c'è il Guanto Rentier, che può incanalare energia elettrica e sprigionarla per attrarre i nemici e tempestarli di pugni fintanto che sono immobilizzati, oppure scattare verso di loro e ottenere il medesimo effetto.
Non è finita: uno speciale indicatore permette a Jesse di eseguire spettacolari mosse speciali. Una di esse blocca tutti gli avversari sullo schermo con l'elettricità, consentendoci di colpirli liberamente finché dura l'effetto, mentre l'altra ci dona la capacità di sferrare una serie di potenti attacchi con la velocità di un fulmine. Il sistema di potenziamento arricchisce ulteriormente questo già ampio repertorio, introducendo diverse nuove manovre.
Insomma, i combattimenti di Evil West ci sono davvero piaciuti, potendo anche contare su di una varietà di nemici invidiabile: oltre alle creature di base, le cosiddette "sanguisugae", ci sono almeno una decina di boss diversi che nelle fasi finali della campagna ci vengono lanciati contro con estrema violenza, a gruppi di tre o quattro alla volta, dando vita a sequenze davvero viscerali e impegnative, che su PS5 utilizzano peraltro in maniera completa le caratteristiche del controller DualSense, in particolare i trigger adattivi.
Purtroppo ciò che sta attorno ai combattimenti si rivela invece mediocre, figlio di una concezione molto datata del level design, che infatti abbonda di barriere più o meno invisibili e finge aperture laddove invece il percorso che ritroviamo nei sedici capitoli della campagna è sempre molto lineare. Ci sono alcuni semplici enigmi ambientali da risolvere, casse e denaro da trovare in giro, ma tutta la fase esplorativa non è che un riempitivo.
Detto questo, le opzioni supportano molto bene l'impianto di base, dandoci la possibilità di accedere alla nuova partita + una volta arrivati alla fine della campagna, la cui durata è di circa dieci ore, oppure di affrontare i livelli attivando la morte permanente, dunque con un tentativo secco. C'è infine la modalità cooperativa online, che tuttavia non possiede matchmaking, funziona solo su invito e peraltro memorizza unicamente i progressi dell'host: peccato.
Realizzazione tecnica: grafica da vecchio west
Ha fatto abbastanza discutere l'annuncio relativo a risoluzione e frame rate di Evil West sulle varie console: in pratica il gioco vanta su PS5 e Xbox Series X le due classiche modalità grafiche, una con enfasi sulla risoluzione che gira a 4K e 30 fps, l'altra focalizzata sulle prestazioni che però scende fino a 1080p per poter offrire i 60 fps.
Ebbene, abbiamo una buona e una cattiva notizia: la prima è che stenterete ad accorgervi della differenza e dunque potete optare tranquillamente per i 60 fotogrammi, che risultano davvero rocciosi a parte una singola eccezione durante lo scontro finale; la seconda è che appunto stenterete ad accorgervi della differenza perché il comparto tecnico del gioco è fondamentalmente old-gen.
È vero: gli sviluppatori hanno fatto un ottimo lavoro in termini di bestiario e i nemici sono abbondanti e ben differenziati, ma anche qui una volta abbandonato il campo d'interesse dei combattimenti ci si imbatte in una miriade di soluzioni fortemente datate, con un'effettistica a tratti ridicola (vedi spruzzi d'acqua e fiamme) e, in generale, la sensazione di trovarsi di fronte a un prodotto proveniente da un'altra epoca: non proprio quella del far west, ma ci siamo capiti.
Il sonoro ci è sembrato discreto per quanto concerne i dialoghi in inglese (sottotitolati in italiano), recitati con sufficiente convinzione seppure inevitabilmente depotenziati dalla scarsa originalità delle caratterizzazioni, piuttosto buono in termini di effetti audio ma talvolta lacunoso sul fronte delle musiche, da cui era forse lecito attendersi qualcosa di più.
Conclusioni
Evil West è un action dotato di combattimenti spettacolari, frenetici, divertenti e impegnativi, in cui potremo sfruttare un ampissimo repertorio di mosse e armi per far fuori nella maniera più dolorosa possibile orde di mostri, vampiri, licantropi e non-morti provenienti da un bestiario sorprendentemente ricco. Purtroppo tutto il resto lascia a desiderare: dalla scrittura al level design, passando per il comparto tecnico datato, il titolo di Flying Wild Hog avrebbe avuto bisogno di più cura e di maggiori risorse.
PRO
- Combattimenti solidi e spettacolari
- Nemici numerosi e ben caratterizzati
- Durata discreta e qualche stimolo alla rigiocabilità
CONTRO
- Tecnicamente datato
- Level design obsoleto, esplorazione legnosa
- Modalità cooperativa solo su invito