Il detto recita "squadra che vince non si cambia" e gli sviluppatori di A44 Games hanno deciso di spingerne il potenziale sino al suo limite estremo. In Flintlock: The Siege of Dawn è possibile sentirsi a casa da subito, senza capire precisamente con quale dimora coincida. Perché dentro c'è di tutto: da The Witcher ad Assassin's Creed, da Bloodborne a The Order: 1886, passando per i più recenti God of War, senza che nessuno riesca a prendere mai il sopravvento su tutti gli altri. Un miscuglio generale dal potenziale enorme - perché, con intelligenza, si è cercato di pescare solo il meglio da ogni parte - ma che rischia altrettanto in grande, specificamente nella carenza di una specifica identità e nella mancanza di coesione interna.
Abbiamo avuto bisogno di parecchie ore per farci un'idea precisa circa un esperimento tanto atipico, sempre sospesi tra una fruizione generalmente più che positiva e soddisfatta, a fronte di intere sezioni in cui era davvero possibile isolare la fonte di partenza da tutte le altre, con un conseguente leggero "fastidio": aree in cui l'anima "soul" prendeva nettamente il sopravvento, subito dopo alternate a una progressione lineare e narrativa più vicina ad action-adventure quali God of War: Ragnarok e The Order: 1886. Pian piano, comunque, Flintlock: The Siege of Dawn ci ha convinti, mostrando come al di sotto della sua superficialità imitativa (solo apparente) si nascondesse un gameplay pensato sin dall'inizio come solido, coerente e in costante evoluzione, che aveva bisogno - appunto - solo di un po' più di tempo rispetto alla media per poter emergere.
Che cos’è Flintlock: le meccaniche
Dal punto di vista generale, Flintlock: The Siege of Dawn è ciò che viene definito souls-lite, e questo non dovrebbe stupire dato che parliamo pur sempre dei creatori del fascinoso Ashen. Significa, semplificando, che le sue meccaniche sono quelle dei souls (Dark Souls, Bloodborne, Elden Ring e via dicendo), ma fortemente stemperate e, soprattutto, contaminate da una serie di altri generi, tra i quali l'action, l'avventura centrata sulla narrazione e il gioco di ruolo.
Soprattutto, Flintlock, a differenza dei souls, è pensato per risultare accessibile letteralmente per chiunque abbia voglia di prendere confidenza, almeno un minimo, con meccaniche che inizialmente appaiono soverchianti nel numero e nella possibilità di essere padroneggiate, ma che pian piano svelano la propria natura malleabile. L'impostazione generale è, questo sì, tipicamente alla souls. Diverse aree piene di nemici sono collegate tra loro, fino allo scontro con un nemico più potente che tiranneggia nella zona, eliminato il quale è possibile pacificarla e osservare il ritorno dei vari personaggi.
Si muore tanto e spesso e ogni volta si riparte dall'ultima pietra magica presso la quale abbiamo salvato i progressi (o presso un falò, con la differenza che qui sono presenti anche altri compagni di viaggio che potenziano il nostro equipaggiamento). Quando si viene eliminati, perdiamo la moneta di gioco, nota come Reputazione, ma se torniamo sul luogo della sconfitta possiamo raccoglierla da terra (una seconda morte porta alla sua sparizione definitiva). Ogni volta che si interagisce con una pietra magica, tutti i nemici nell'area ricompaiono, con delle eccezioni: al di fuori dei centri abitati, ritornano tutti i mostri "semplici", ad eccezione di quelli da sconfiggere per proseguire nella narrazione.
Nelle aree da liberare, i mostri non tornano affatto dopo la pacificazione: la vita riprende a scorrere, e a conti fatti la zona diventa un centro visitabile con tutti i suoi vantaggi: l'osteria dove riposare e fare acquisiti, personaggi con missioni secondarie da assegnare e via dicendo. Le differenze principali dai souls sono quindi: il livello di difficoltà personalizzabile, fino all'impostazione base per godersi unicamente la storia; la narrazione perfettamente esplicita, che prosegue sia con dialoghi che con la raccolta di collezionabili tutt'altro che criptici; la contaminazione con meccaniche action e ruolistiche, anche molto distanti da quelle di titoli come Bloodborne o Elden Ring.
Un gioco, tanti giochi
Al di sotto dell'abito principale da "soul", Flintlock nasconde, come si è accennato, tantissimi altri indumenti; fuor di metafora, la sua identità principale si scinde in una miriade di richiami ad altri giochi, narrativi, contenutistici o specificamente legati al gameplay. È sicuramente, ad esempio, un videogioco basato sul mondo aperto "apparente", nel senso che non presenta una mappa gigantesca esplorabile in ogni suo anfratto, ma tante macro-aree esplorabili connesse tra loro da ambienti più ristretti, pensati "a tunnel". Attinge a piene mani dai soul, e su tutti da Bloodborne per l'utilizzo delle armi secondarie ad avancarica e per alcuni rimandi pienamente dark-fantasy. Presenta un sistema di missioni secondarie e dei minigiochi da improvvisare con i viandanti che ricordano immediatamente The Witcher 3 (qui, presso i falò o le locande, non ci si diverte col Gwent, ma con la Rivalsa, a base di monetine da disporre in forma triangolare).
La narrazione, per quanto priva di spunti particolarmente originali, non può non ricordare quella di God War, specificamente degli ultimi capitoli della serie. Un protagonista poco loquace e apparentemente imbattibile, tormentato dal suo passato (recente, in questo caso) viaggia per scovare e uccidere, una alla volta, le varie divinità che hanno invaso il suo mondo; nel viaggio è accompagnato da un personaggio secondario che non è possibile controllare direttamente, ma che interviene per tenere a bada i nemici e per dialogare col personaggio principale - qualcuno ha detto Atreus? Lo sviluppo verticale dei livelli, l'inventario principale e persino l'albero delle abilità ricordano molto da vicino le soluzioni proposte da Ubisoft negli Assassin's Creed da Origins in poi, fino al recente Mirage. Sono soltanto degli spunti, i primi e più evidenti che vengono in mente, ma siamo sicuri che voi stessi, nel corso della progressione, riconoscerete chiaramente le varie sfaccettature che Flintlock eredita (e assorbe) dall'intero mondo videoludico contemporaneo.
Magia e polvere da sparo
Il mondo dark-fantasy di Flintlock si basa su un mix di elementi tematici molto particolare: comincia da una guerra di trincea simile alla Prima guerra mondiale, e prosegue poi a base di non-morti, divinità corrotte, ordini di cavalieri, magia, armi e barili a base di polvere da sparo. C'è davvero di tutto, e questo "tutto" mantiene un'anima coerente, per quanto atipica. La progressione nello sviluppo di Nor, la protagonista, risponde perfettamente all'eterogeneità di partenza. La nostra soldatessa ha in dotazione un'ascia come arma principale, e una pistola come secondaria (la seconda serve soprattutto ad interrompere le azioni nemiche, per stordirli e contrattaccare). Ogni tipologia può essere alternata ad altri strumenti più specifici: per esempio un fucile a lunga gittata, per agire come cecchini sui nemici ignari; oppure un lanciagranate, utile per infliggere danni ad area. Le munizioni non sono infinite: quelle delle armi speciali si ricaricano presso i checkpoint, mentre ogni quattro danni da mischia inferti si ricarica un colpo della pistola ad avancarica. Ciò favorisce uno stile di gioco dinamico, in cui tutte le possibilità si alternano senza soluzione di continuità.
La Reputazione accumulata scontro dopo scontro è tanto più alta quanto più abili e creativi si è stati nel portare a termine la battaglia; può anche non essere riscossa immediatamente, ma cumulata con altri bonus, sempre tenendo presente che la percentuale di guadagno aggiuntivo si riazzera quando si viene colpiti dai nemici. Tutti i punti possono essere spesi o per l'acquisto di nuovi pezzi di equipaggiamento (anche solo estetici) o per potenziare le abilità di Nor. Le tre "vie" sono quelle del combattimento all'arma bianca, della magia e delle armi a distanza, quindi è opportuno personalizzare la più adatta al proprio stile di gioco. I potenziamenti magici, attivi o passi che siano, influenzano direttamente le azioni di Enki, il semidio in forma di volpe compagno di avventure della ragazza, che può distrarre, depotenziare e bloccare i nemici, oltre a scatenare vere e proprie mosse finali fondamentali negli scontri più impegnativi.
Un'esperienza più che valida
Nel suo "semplice" oscillare tra esplorazione di ambienti più o meno vasti e scontri all'ultimo sangue con tutti i nemici presenti, Flintlock: The Siege of Dawn si conferma un'esperienza più che valida, divertente e dinamica, persino "fresca" nell'oculato mix di meccaniche dalla differente natura. Infine, l'obiettivo finale di ogni titolo è il divertimento, e per oltre venti ore Flintlock diverte abbondantemente, anche se non propone mai elementi pienamente originali, ma si limita a rielaborare quanto visto altrove.
Il ritmo (anche narrativo) è ben dosato, senza particolari punti morti, il livello di sfida impegnativo quanto basta (ma non frustrante) e di segreti e attività secondarie il mondo dark-fantasy abbonda - purché non vi aspettiate neanche lontanamente i livelli di un The Witcher qualsiasi. Anche dal punto di vista della direzione artistica e del comparto tecnico, su PlayStation 5 non c'è granché di cui lamentarsi, fatta salva qualche compenetrazione di troppo e una telecamera che ogni tanto non funziona come dovrebbe durante il sistema di aggancio sugli avversari.
Certo, Flintlock non è neanche perfetto, ammesso che abbia mai voluto esserlo. La sua linearità è particolarmente evidente, e si risolve in una serie di aree collegate le une alle altre tramite grandi "corridoi", in cui l'esplorazione, anche verticale, è incentivata ma "limitata" dalle dimensioni stesse del mondo di gioco. I segreti del quale, benché numerosi, non sono poi così "nascosti", almeno all'occhio più esperto, né bisogna allontanarsi troppo dalla via principale per aggiungerli al proprio inventario. Ma forse il difetto che impedisce davvero a Flintlock di "fare il salto" verso l'eccellenza consiste nella sensazione pervasiva di "già visto", nella narrazione principale e un po' in tutti i personaggi, ugualmente anonimi e psicologicamente piatti. Ciascuno di loro incarna uno stereotipo, protagonista inclusa; e anche la divinità comprimaria svolge il suo ruolo senza grandi sorprese o segreti impossibili da intuire. Il fascino generale della produzione non risiede nella storia né nei presenti, ma nel mondo di gioco apocalittico, sul quale grava un opprimente senso di fatalità, ormai impossibile da arginare.
Conclusioni
Flintlock: The Siege of Dawn è un titolo che ne include al suo interno almeno altri dieci, ma senza soffrire per questo motivo di crisi di identità. Compensa l'assenza di protagonista e narrazione pienamente originali con una solidissima impostazione souls-lite, condita da un ottimo equilibrio tra esplorazione di un mondo (semi)aperto e progressione ruolistica. I combattimenti, dinamici e appaganti, si alternano al consolidamento del proprio alter ego, del quale è possibile scegliere la "via" più rispondente al proprio stile di gioco. Forse tra quindici anni non ricorderemo con precisione il nome della protagonista o del semidio che la accompagna, ma certamente, rispolverando il catalogo digitale delle console di attuale generazione, riecheggeranno con un po' di nostalgia quelle venti ore intense in cui ci divertimmo a scaricare una baionetta contro degli scheletri dotati di poteri magici. A conti fatti, l'importante è questo.
PRO
- Sistema di gioco immediato ma profondo
- Offre il meglio di una miriade di generi differenti
- Rapporto prezzo-contenuti ineccepibile
CONTRO
- Trama, personaggi e situazioni già visti
- Più "guidato" di quanto non sembri
- Telecamera a volte ballerina