Quella dello stop motion non è una tecnica semplice da usare nei videogiochi. Non lo è nemmeno nel mondo dell'animazione tout court, ma per i videogiochi i problemi si moltiplicano, considerando le interazioni ambientali e la diversa presenza dei personaggi nello spazio, tanto che l'abbiamo vista applicata soprattutto in un genere statico come quello delle avventure grafiche. Gli esempi più celebri sono sicuramente The Dream Machine e The Neverhood, ma ce ne sono anche altri come il meno noto Tanita: Plasticine Dream, che citiamo per avere un quadro leggermente più ampio.
Nella recensione di Harold Halibut vedremo se sia valsa la pena di aspettare dieci anni, il tempo dello sviluppo del gioco, per giocare a questa avventura narrativa che sfrutta questo stile per cercare una sua identità.
Avventura narrativa pura
Cominciamo con lo specificare che Harold Halibut è un'avventura narrativa pura, ossia è un gioco in cui l'interazione è completamente funzionale al racconto. Quindi non ci sono grossi enigmi da risolvere o puzzle complicati da superare. Ci sono dei minigiochi sparpagliati all'interno dell'intera esperienza, come alcuni arcade che si trovano in una sala giochi o un piccolo minigioco musicale usato per mettere Harold in contatto con gli alieni; che se vogliamo è un richiamo alla filosofia di "Incontri ravvicinati del terzo tipo" di Steven Spielberg.
Si possono seguire vari obiettivi, tutti molto semplici ed elencati nel computer portatile da polso, che funge da diario e da comunicatore per messaggi testuali, che solitamente richiedono di andare in un certo posto e basta. Si parla molto con gli altri personaggi, si ascoltano i monologhi interiori di Harold, ci sono diverse trame collegate, ma è tutto giocato dal punto di vista narrativo. Quindi non c'è niente che sia pensato per mettere alla prova il giocatore in senso classico. I minigiochi hanno quasi una funzione ritmica, ossia stanno lì come punteggiatura dell'esperienza per rompere la linearità del racconto, con cui comunque sono perfettamente integrati.
Non aspettatevi polli con carrucola, noci d'oro da trovare o quant'altro, ma un racconto estremamente fluido in cui si avanza senza nessuno stop per una precisa scelta del team di sviluppo, che evidentemente ha voluto rendere il gioco accessibile a tutti e non ha voluto che la storia si fermasse o che rischiasse, peggio ancora, di fermare i giocatori, portandoli a interrompere l'esperienza prematuramente. Harold Halibut punta quindi tutto sul suo stile e sul modo con cui rappresenta questo mondo sommerso di un pianeta alieno, fatto da umani in fuga che improvvisamente entrano in contatto con la popolazione indigena, da cui poi nascono una serie di frizioni di cui non vogliamo anticiparvi nulla. Sappiate che gli autori sembrano averci messo molto di loro, suonando l'intera esperienza su di una nota fortemente malinconica e meditativa, con Harold che finisce per trovare la sua dimensione, evolvendosi dall'essere un personaggio estremamente passivo, fino a diventare il perno di un cambiamento radicale. La presa di posizione del gioco sulla realtà non è tagliata con l'accetta, ma, per quanto forte, appare sfumata e delicata, in questo senso estremamente autoriale, come poi è l'intera esperienza.
Narrazione
Come accennato, la storia di Harold Halibut racconta della fuga di alcuni umani dalla Terra negli anni '70, nel mezzo della Guerra Fredda. Molti sono convinti che il mondo stia per finire, quindi costruiscono un'astronave enorme divisa in moduli abitativi, che ricordano una città vera e propria, e iniziano un viaggio per un pianeta lontano che dovrebbe essere la nuova casa della nostra specie. Purtroppo, arrivati sul posto, dopo 200 anni di traversata e diverse generazioni nate e vissute all'interno dell'astronave, si ritrovano su di un pianeta completamente fatto d'acqua, dove loro malgrado sono costretti a stabilire una città sottomarina. Fondamentalmente rimangono bloccati lì, sopravvivendo per altri cinquant'anni in condizioni difficili e muovendosi da un modulo abitativo all'altro tramite dei condotti idraulici a dimensioni umane. Il tutto viene gestito da una multinazionale, la All Water, che fa il bello e il cattivo tempo. All'inizio dell'avventura però, il lancio di una sonda sulla superficie del pianeta consente di captare un messaggio proveniente dalla Terra, in cui viene detto che il pianeta non è morto. Naturalmente ascoltarlo riaccende le speranze di tutti, che non vedono l'ora di tornare a casa.
Purtroppo non è facile riuscirci, perché l'energia della città sta finendo e non esiste un modo efficace per andarsene. Quella che sembra un'avventura sulla fuga da una situazione disperata, diventerà però altro nel corso del gioco, quando ci sarà il già citato contatto con la specie indigena del pianeta che farà emergere tutti i contrasti all'interno della città degli umani.
La narrazione viene costruita in modo decisamente sapiente, con un inizio molto lento in cui i vari tasselli iniziano ad essere inseriti nel puzzle per andare poi a definire il quadro della storia, dell'ambientazione e dei personaggi, senza forzare mai troppo la mano. Alcuni lo considereranno fin troppo lento, ma Harold Halibut è uno di quei giochi che mirano a essere diversi, con personaggi che cantano splendidamente mentre pensano di non essere ascoltati, con professori che amano insegnare ai bambini la storia del nostro pianeta e con addetti alle poste che conservano vecchissime lettere mai consegnate da cui ricavano delle storie fuori dalla memoria collettiva e quant'altro.
A ben vedere il mondo sommerso di Harold Halibut è una specie di acquario in cui ogni modulo abitativo rappresenta un aspetto della nostra società che viene messo in mostra, quando descritto in modo ironico, quando emotivo o quando connotato in modo tale da rendere evidenti i riferimenti ai fatti della realtà, andando a formare un quadro generale più complesso e affascinante. Quindi la forte contestualizzazione iniziale è appropriata lì dove gli eventi di gioco finiscono per assumere un senso proprio in base a come è stato costruito il racconto fino a quel momento. Andare di corsa per arrivare ai momenti di svolta avrebbe comportato uno svilimento di quello che è il tessuto narrativo, producendo degli irrecuperabili strappi all'interno dello stesso. Così abbiamo un primo capitolo dedicato essenzialmente a farci vivere questo mondo subacqueo nei panni di Harold, farci conoscere chi lo abita, le varie prospettive in campo, i personaggi fondamentali e anche quelli che fanno parte della vita sentimentale del protagonista, lì dove nei capitoli successivi inizia il contatto con questo mondo che diventa sempre più profondo e che produce comunque quelle frizioni saranno risolte nella seconda parte del gioco.
Stop motion?
Harold Halibut è anche una gioia da vedere. Come spiegato anche dal team di sviluppo, la grafica del gioco è in stop motion, ma non nel modo classico con cui si intende questo stile, ossia tutti i modelli sono stati creati a mano - parliamo di personaggi, scenari e singoli oggetti - quindi esistono nella realtà sotto forma di sculture, per poi essere scansionati e trasformati in modelli 3D. Probabilmente è stata fatta questa scelta per una questione di praticità, perché gestire questa mole di contenuti usando solamente lo stop motion puro sarebbe stato proibitivo per un team così piccolo, nonostante i dieci anni impiegati per realizzare il tutto. I problemi tecnici da superare sarebbero stati enormi e sicuramente avrebbero dovuto limitare alcuni aspetti del racconto, giungendo aa dei compromessi che non volevano subire.
Quindi hanno trovato una soluzione intermedia che ha consentito comunque di raggiungere una altissima qualità visiva, accompagnata da una colonna sonora fatta da brani originali e altri presi su licenza di altissima qualità, che contribuisce in modo netto a formare l'atmosfera. Il risultato è che Harold Halibut è molto bello da vedere e da ascoltare. Gli sviluppatori hanno anche aggiunto una funzione di zoom per permettere di ammirare i dettagli dei vari modelli e degli ambienti. Allo stesso tempo dà l'impressione di essere un prodotto completamente artigianale, quindi realizzato a mano, da cui traspira una forte passione. I risultati effettivamente si vedono e impreziosiscono un'opera che merita di essere giocata.
Conclusioni
Abbiamo dovuto aspettarlo dieci anni, ma ne è valsa la pena: Harold Halibut è un'avventura che merita di essere vissuta. È un gioco rilassante che mira solo a raccontarci una storia, sfruttando il medium videoludico per ampliarne la prospettiva, ma lo fa così bene che dà quasi dispiacere arrivare alla fine. Non dura moltissimo, ma è denso di cose da vedere, dialoghi interessanti e momenti narrativi poetici e intensi, tutto quello che gli sviluppatori miravano a darci con il progetto originale. Sarebbe un peccato ignorarlo.
PRO
- Un'avventura narrativa profonda
- Stile impeccabile
- Lineare ma nel modo giusto
CONTRO
- Chi è alla ricerca di un'avventura tradizionale guardi oltre