Dall'uscita di To The Moon sono ormai passati quasi dieci anni, ma sembra praticamente ieri che abbiamo giocato la prima avventura firmata da Kan Gao e Freebird Games. Un impatto emotivo a dir poco devastante ha consentito a questo gioco di rimanere marchiato a vita nell'animo di chiunque abbia avuto modo di goderne fino in fondo, a patto di avere una mentalità ben disposta nei confronti delle importanti tematiche filosofico-esistenziali da esso trattate. Non è stato da meno quattro anni fa il sequel Finding Paradise, a tutti gli effetti una conferma del talento narrativo di Kan Gao, da questo punto di vista una delle figure più interessanti all'interno dell'intero panorama videoludico. Sono infatti pochi quelli che possono vantare la stessa abilità nell'affrontare argomenti così profondi, piazzando colpi di scena commoventi senza però affondare eccessivamente il colpo, riuscendo a travolgere emotivamente i fan della serie anche attraverso la capacità di sdrammatizzare al momento giusto. Due opere toccanti, in grado di far sgorgare lacrime anche dal più arido dei cuori.
Con queste premesse era quindi lecito aspettare con ansia la chiusura della trilogia, finalmente arrivata sui nostri schermi da qualche giorno. La recensione di Impostor Factory arriva, infatti, nel momento in cui il gioco è già disponibile su Steam, promettendo ai suoi giocatori nuovi fiumi di lacrime sapientemente alternati a momenti di genuina comicità.
Volete sapere se Impostor Factory riesce a tenere il confronto coi suoi due predecessori? Continuate a leggere!
La trama: riso e pianto
Chi ha giocato a To The Moon e Finding Paradise sa sicuramente già cosa aspettarsi da Impostor Factory. La terza avventura targata Freebird Games non smentisce da questo punto di vista le attese, facendo ancora una volta della componente narrativa il proprio aspetto dominante. Anzi, rispetto ai due capitoli precedenti Impostor Factory abbandona completamente qualsiasi dinamica possa essere accostata a un concetto di gameplay, puntando tutto sulla trama senza farle perdere ritmo. Vengono quindi accantonati definitivamente elementi come i piccoli puzzle incontrati in precedenza o la necessità di raccogliere elementi con cui proseguire il racconto. L'interazione del giocatore è di fatto limitata a muovere il protagonista della storia attraverso i vari luoghi dove essa si svolge, usando per questo scopo il mouse oppure i tasti direzionali. Anche stavolta il nostro caro topolino risulta essere la scelta migliore, grazie a una maggiore precisione nella gestione dei movimenti del nostro personaggio.
Fatta la dovuta premessa, destinata soprattutto a chi non conosce gli altri titoli sviluppati da Freebird Games, veniamo a questo punto alla storia. Cercheremo naturalmente di limitare al minimo gli elementi forniti, per non rovinarvi il gusto di scoprire in prima persona la componente principale di Impostor Factory. Il gioco si divide in tre atti, per una durata complessiva che si aggira intorno alle tre ore e mezza. Chi si aspettava il ritorno di Neil Watts ed Eva Rosalene della Sigmund Corp. troverà invece ad aspettarlo tale Quincy, protagonista finora sconosciuto che incontriamo all'ingresso di una villa, presso la quale è in programma una festa alla quale egli è stato invitato. Andando in giro per le stanze della lussuosa residenza Quincy conosce gli altri ospiti dei padroni di casa, ma a colpirlo e ad attirarlo è soprattutto la misteriosa Lynri. Mentre prova ad approfondire la conoscenza della ragazza, Quincy si ritrova catapultato all'interno di un film dell'orrore nel momento in cui scopre che i padroni di casa, i dottori Haynes e Yu, sono stati assassinati.
Tra viaggi nel tempo e il solito immancabile scorrere dei ricordi, da questo momento ha inizio la storia di Impostor Factory, impostata in modo simile a quella dei suoi due predecessori soprattutto nella sua fase centrale. È infatti in questa parte che vengono trattati argomenti di particolare peso, come la nostra presenza nelle vite degli altri e la possibilità di lasciare il segno in esse anche nel momento in cui siamo coscienti che il nostro tempo può essere più limitato del previsto. Pur senza tirare i pugni nello stomaco sganciati da To The Moon e Finding Paradise, Impostor Factory porta con sé attimi dove qualche lacrima esce facilmente, alternati come in passato ad altri di piacevole comicità legata soprattutto a un gatto particolare e a un robot cuociriso, compagni d'avventura di Quincy per una parte del racconto.
Rispetto ai due capitoli precedenti, Impostor Factory risulta però meno convincente soprattutto nella parte finale. In quest'ultima la trama finisce un po' per ingarbugliarsi, pur rimanendo comprensibile, facendo perdere al giocatore una parte della carica empatica accumulata fino a quel momento. Non manca comunque qualche rivelazione interessante sul filone conduttore della serie, che rende anche questo passaggio imperdibile per i suoi fan rimasti orfani della coppia Watts-Rosalene.
La storia finora
La pagina Steam di Impostor Factory dice che questo titolo può essere giocato anche senza avere prima portato a termine To The Moon e Finding Paradise, cosa che noi invece vi sconsigliamo caldamente di fare. Per essere goduto a pieno questo terzo capitolo deve essere infatti giocato dopo i primi due, alla cui storia abbiamo dedicato qualche tempo fa anche un approfondimento. Nel caso in cui vogliate rinfrescarla ve lo proponiamo nuovamente, mentre se siete completamente a digiuno delle avventure create da Kan Gao vi riportiamo a portata di clic anche la recensione di To The Moon e la recensione di Finding Paradise.
Grafica e sonoro
Appurato che il gameplay di Impostor Factory risulta praticamente azzerato, non ci resta che parlare degli aspetti artistici di questo gioco: grafica e sonoro. Così come gli altri due episodi, Impostor Factory è stato realizzato con l'uso di RPG Maker e la scelta stilistica di rappresentare tutte le scene come quelle dei giochi di ruolo classici dell'era a 16 bit. Anche da questo punto di vista l'abilità di Kan Gao e di Freebird Games è ormai nota, per cui non ci sorprendiamo davvero più nell'apprezzare parti del gioco che sono dei veri e propri quadri in movimento, accompagnati da scene d'intermezzo ben realizzate e collocate sempre al momento giusto.
Stesso discorso per quanto riguarda la colonna sonora, come al solito estremamente cirata e in grado di contribuire significativamente all'impatto emotivo di alcune scene. Rimarrà forse un po' deluso chi si aspettava il solito brano con la voce di Laura Shigihara, stranamente assente. C'è modo di consolarsi però con la traduzione di tutti quanti i dialoghi in lingua italiana, disponibile sin dal lancio.
Conclusioni
In termini complessivi Impostor Factory si colloca al di sotto di To The Moon e Finding Paradise, riuscendo solo per un tratto a raggiungere il livello di coinvolgimento emotivo offerto da essi. Le abilità di Kan Gao decantate in fase d'introduzione sono tuttavia vive e vegete e si fanno apprezzare anche in questo terzo capitolo, comunque imperdibile se avete amato i suoi due predecessori. Nel caso in cui invece non abbiate ancora fatto conoscenza con questa serie, è l'occasione buona per recuperarla. Insieme a una bella fornitura di fazzoletti.
PRO
- Artisticamente più che valido
- Commovente, soprattutto nella parte centrale
- Temi maturi affrontati egregiamente
CONTRO
- Non colpisce come i due predecessori
- Il gameplay ridotto a zero potrebbe non piacere