Abbiamo già ampiamente cantato le lodi dei Lab Zero Games in passato; d'altro canto quando il primissimo titolo creato dalla tua software house è una perla del calibro di Skullgirls, ogni tuo altro progetto appare automaticamente sui radar degli appassionati, pronto ad essere spolpato e valutato. Tanta attenzione è indubbiamente un bene nel popolosissimo mondo degli sviluppatori indipendenti, per carità, ma al contempo avere molte luci puntate addosso significa dover rispettare aspettative crescenti, per confermare il proprio talento e mantenere una fanbase stabile. Anche tra i team minori, dunque, molti tendono a stabilizzarsi, magari concentrandosi su generi in cui sono particolarmente ferrati o progetti strettamente collegati ai loro marchi di maggior successo... i Lab Zero, invece, hanno consapevolmente scelto di stravolgere tutto, e di buttarsi su un videogame enormemente più ambizioso del loro primo pargolo: una stramba creatura di nome Indivisible di cui state leggendo la recensione.
Se sentite il bisogno di quantificare fino a che punto questi abili programmatori abbiano alzato l'asticella, considerate che quando si parla di Indivisible si va a descrivere un curioso mix tra metroidvania, platform puro e JRPG, che osa peraltro rimestare meccaniche di combattimento prese in larga parte da quel classicone di Valkyrie Profile. Non esattamente un lavoro di facile concepimento, insomma, per completare il quale i Lab Zero hanno prima dovuto puntare su Kickstarter (con notevole successo, peraltro) e in seguito sul supporto di 505 Games (publisher particolarmente abile quando si tratta di trovare progetti promettenti di questo tipo). Noi, dunque, eravamo più curiosi che mai di analizzare questo possibile balzo di qualità, nella speranza di vedere una conferma di tutti i talenti già messi in campo con Skullgirls. Questa conferma per fortuna è arrivata, seppur accompagnata da alcune ingenuità che dimostrano come la casa californiana debba ancora maturare un pochino prima di raggiungere realmente il suo zenith.
Il palazzo della mente
La premessa narrativa di Indivisible sembra inizialmente banalotta, tuttavia prende subito una piega alquanto stramba, da cui gli sceneggiatori sono riusciti a tirar fuori una storyline abbastanza valida da supportare l'esperienza fino alla fine. Oddio, non siamo certo davanti a un capolavoro di scrittura e stravaganza, ma se non altro - forse anche nella consapevolezza di essersi basati su alcuni luoghi comuni fin troppo riciclati nei GDR - questi ragazzi hanno deciso di non prendersi troppo sul serio, infarcendo il loro gioco di umorismo, e concentrandosi più sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle loro interazioni che sullo svolgimento della trama in sé. Ottima scelta, anche per via del vibrante mondo che fa da contorno alle vicende, e di un misto di citazionismo e assurdità che aggiunge sapore al tutto. Abbiamo in particolare apprezzato la protagonista, Ajna, per via dell'ottima gestione della sua crescita caratteriale, e per la capacità degli scrittori di sfruttare al meglio la sua natura di sedicenne casinista improvvisamente al centro di eventi apocalittici. Anche perché la giovane si ritrova quasi subito con un padre morto e un villaggio bruciato, solo per poi scoprire di esser dotata della capacità di "intrappolare" nella sua mente le persone e rimaterializzarle in caso di battaglia. Non esattamente una situazione facile da gestire, specie quando la prima vittima di questo curioso potere è proprio l'assassino di tuo padre...
Da lì la campagna principale scorre con un discreto ritmo, e porta la giovane a creare una sorta di "club del mondo interiore" popolato da personaggi a dir poco coloriti. E sia chiaro, non tutti coloro che si trasferiscono nella mente di Ajna sono caratterizzati alla perfezione, ma il lavoro fatto su ognuno resta comunque eccezionale, poiché le abilità degli artisti di Lab Zero traspaiono più che mai dalla loro incredibile unicità. Non bastasse, proprio l'assurdo superpotere della vostra giovane alter ego rappresenta una perfetta giustificazione per l'intero sistema su cui il titolo poggia, poiché, come scritto nell'introduzione, Indivisible va a recuperare parte delle meccaniche di Valkyrie Profile - dove ogni personaggio della propria squadra era legato a un singolo bottone del pad - e le rielabora in funzione di un gameplay più spiccatamente action, dove riescono a convivere una miriade di guerrieri diversi. E quando parliamo di "miriade" intendiamo dire che in questo gioco ci sono oltre venti personaggi giocabili, alcuni dei quali del tutto facoltativi.
Un gameplay più misto che mai
La gemma principale del danaroso forziere ibrido di Indivisible è il combat system, appunto, che inizialmente appare semplicistico, ma non ci mette molto a mostrare le sue tante ramificazioni. Le basi prese da Valkyrie infatti permettono inizialmente di eseguire pochi attacchi, che aumentano però col tempo e lo sviluppo, e sono divisi in tre diverse mosse a disposizione di ogni personaggio (legate al tasto di appartenenza all'interno del gruppo, e alla posizione della levetta direzionale). Una volta raggiunto il numero massimo di quattro combattenti attivi contemporaneamente, quindi, si parla di ben dodici diverse mosse utilizzabili contro i vari nemici. Certo, la maggior parte sono attacchi che lanciano in aria o colpi multipli, eppure i Lab Zero hanno voluto donare varietà meccanica ad ogni singola scelta, e ad aspettarvi troverete picchiatori dotati di tecniche molto specifiche (alcuni ferrati nelle combo aeree, altri capaci di caricare le proprie serie di colpi con certe mosse, e via così), support specializzati nelle cure o nel controllo del terreno, e compagni dotati di magie estremamente potenti.
Nel caso della magia, inoltre, il gioco non offre un menu come quello dei jrpg classici, bensì una barra di energia chiamata Barra Iddhi, che cresce fino a offrire ad ogni guerriero delle "super" di sorta, caricabili con un solo spezzone dell'indicatore o fino a tre. In base al quantitativo di potere Iddhi utilizzato si ottiene perciò un effetto diverso in base al personaggio, che può essere il semplice potenziamento di una mossa finale, una grossa cura ad area, o addirittura un incantesimo capace di bloccare per un po' gli attacchi avversari. In pratica, dopo qualche ora le sinergie tra Ajna e i suoi compagni si fanno complesse e il sistema prende il volo, raggiungendo più di qualche picco anche in virtù di una passabile diversificazione delle abilità nemiche. A tutto ciò poi si aggiunge un sistema difensivo mutuato dai picchiaduro - che permette di eseguire parate perfette rigeneranti o schivare delle fastidiose prese, ed è strettamente correlato al consumo e all'ottenimento dell'Iddhi - e vi assicuriamo che basta e avanza per dare la paga a molti dei titoli in commercio al momento. Quando si parla di gameplay, I Lab Zero possono già contare su uno storico di tutto rispetto, poco altro da dire.
La miopia del terzo occhio
Capirete pertanto il nostro disappunto, una volta completato il gioco, nel constatare che le maggiori problematiche di Indivisible sono legate proprio alla matematica interna una volta raggiunta una certa fase della campagna, e ad alcune pesanti ingenuità strutturali. Il designer principale è infatti Mike Zaimont, noto anche come Mike Z, e personaggio più che noto nella scena competitiva dei picchiaduro: da un malato di frame list simile ci aspettavamo un livello di bilanciamento dei personaggi da manuale e un design generale delle battaglie impeccabile, invece il titolo, pur con tutte le sue qualità sempre bene in vista, va incontro a una sorta di "rottura" dei sistemi attorno ai due terzi dell'avventura, per via di un potenziamento eccessivo del proprio gruppo di sgangherati eroi a discapito dei nemici, che rende triviale qualunque scontro.
Ok, l'evoluzione dei propri personaggi non è particolarmente rapida e veloce, e si basa in gran parte su un dato di affinità tra Ajna e i vari combattenti che migliora la potenza degli attacchi in base all'esperienza ottenuta (oltre a questo è possibile potenziare attacco e difesa in modo sensibile trovando delle pietre chiamate Ringsels nascoste per i livelli, ma non difficilissime da scoprire con un po' di sana esplorazione); però, una volta ottenuto un valido numero di queste migliorie e superato uno specifico evento, tutti i nemici del gioco si scioglieranno in pochi secondi sotto ai vostri colpi, annullando completamente tutta la tattica necessaria in precedenza per difendersi, bypassare le loro resistenze (divise solo in assorbimento della magia e diminuzione del danno fisico, ma presenti), o anche solo spezzare la loro difesa. A quel punto il livello di sfida dipenderà esclusivamente dalle fasi platform, che raggiungono peraltro dei livelli di brutalità non indifferenti in certi punti, per via di una miriade di meccaniche - dal pogo stick alla Ducktales alla capacità di spostarsi in aria in direzioni multiple - ad esse legate, e di un level design di complessità crescente, dove alle volte capire come avanzare rappresenta quasi un rompicapo.
Tinture e sbavature
Con questo non intendiamo dire che il gioco diventi scadente sul finale, e lo sottolineiamo con forza: però tali sballottamenti del bilanciamento e stravolgimenti improvvisi nel design vanno a unirsi a un po' di tedioso backtracking, derivante dall'obbligo di girare a dovere per tutte le mappe anche quando le proprie abilità esplorative sono limitate e mancano scorciatoie valide (si rischiano di perdere interi personaggi se non lo si fa), e nel complesso dimostrano una certa inesperienza nella gestione del genere, oltre a un po' di chiara fretta nel completamento delle fasi finali del gioco. Non è il caso di disperare, perché il team ha già confermato l'arrivo di una patch per ribilanciare le battaglie e i guerrieri (alcuni sono spiccatamente più forti di altri), e siamo convinti che sapranno riequilibrare gran parte della situazione, ma le mancanze strutturali legate agli eccessi delle fasi platform e all'esplorazione rimangono, e minanoil ritmo di una produzione che, con un po' più di criterio, sarebbe stata davvero un piccolo capolavoro.
Non abbiamo invece appunti da fare sull'aspetto tecnico/artistico del progetto: i Lab Zero, come già ripetuto fino allo sfinimento, sono maestri dell'animazione, e hanno dato vita a personaggi bidimensionali splendidi, che si muovono a meraviglia sui nitidi sfondi in 3D del gioco. Azzeccata poi la scelta di dare a questi background un look acquerello che ricorda quello di certi jrpg noti come i Tales of, e che ben si sposa ai disegni in movimento e le transizioni in battaglia. Su PC, in particolare, Indivisible ci è parso ben ottimizzato e privo di particolari bug, al di fuori della possibilità di interrompere certe battaglie facendo finire i nemici in voragini presenti sul terreno di gioco, chiaramente non intenzionali (anche perché gli avversari non muoiono in quel modo, escono semplicemente dallo stato di battaglia, e a volte fluttuano nel vuoto). Bene anche la longevità, visto che abbiamo finito la campagna in oltre una ventina di ore, e che per svelare ogni segreto del gioco molti ce ne metteranno sicuramente oltre una trentina.
Conclusioni
Indivisible è un titolo brillante, dotato di una direzione artistica incantevole e capace di supportare ambizioni ben più massicce di quanto sarebbe lecito aspettarsi da un team di dimensioni esigue come quello che l'ha creato. Per quanto questi sviluppatori siano talentuosi, però, mancano di esperienza, e svariate ingenuità strutturali - oltre a una serie di problematiche legate a bilanciamento e progressione - impediscono alla loro ultima creatura di avvicinarsi alla vera eccellenza. Un peccato, perché le avventure di Ajna con qualche ritocco avrebbero potuto tranquillamente raggiungere vette altissime, ma anche nello stato attuale Indivisible resta un gioco consigliatissimo, dopo il quale i Lab Zero meritano l'attenzione di qualunque appassionato.
PRO
- Artisticamente splendido e ispirato
- Gameplay brillante, con meccaniche di combattimento davvero interessanti
- Buona longevità, gran varietà dei personaggi, e narrativa piacevole
CONTRO
- La progressione verso la fine si "rompe" rendendo le battaglie per lo più triviali
- Alcune ingenuità strutturali gli impediscono di raggiungere l'eccellenza