Anywhere is possible
Il taglio dato alla storia, se non altro, rappresenta una piacevole sorpresa: come il sottotitolo suggerisce, nel gioco non ci troveremo a ripassare semplicemente la trama del film, ma ad affrontarla da un punto di vista differente. Si tratta in effetti di una sorta di spin-off rispetto alla versione cinematografica di Jumper: in questo Griffin’s Story ci troveremo dunque ad interpretare appunto Griffin, che nel film ricopre la parte di comprimario al fianco di Christensen, e avremo dunque modo di approfondire altri aspetti nella storia dei “Jumper” (coloro che hanno la possibilità di teletrasportarsi), interessando in questo modo anche coloro che conoscono già la trama del film. Le parti narrative vengono illustrate attraverso delle scene per lo più statiche, realizzate in 2D nel classico stile dei fumetti super-eroistici americani, peraltro doppiate in Italiano in maniera decisamente convincente. L’idea di per sé è molto buona, peccato che non abbia poi riscontro all’interno dello stile grafico generale di tutto il gioco, come vedremo. Il nostro Griffin scopre da ragazzino che ha la capacità di teletrasportarsi, e da subito appare chiaro che all’ebbrezza del potere si assoceranno sempre anche i guai, dato che una sorta di setta segreta, composta da uomini votati all’eliminazione dei jumper, è già sulle sue tracce, e da essi il nostro eroe dovrà vedersela per tutta la (breve) durata del gioco.
Un po’ qui un po’ lì
Nei primi cinque minuti di gioco avremo già una visione piuttosto completa di quello che ci ritroveremo a fare per tutti i restanti livelli, ovvero attraversare varie ambientazioni tratte dal film (il Colosseo, un punto imprecisato del deserto, un porto e una non meglio specificata zona industriale) affrontando frotte di nemici, fino alla conclusione delle varie parti. In sostanza, si tratta di un picchiaduro a scorrimento (o “brawler” come lo definiscono gli anglofoni) di fattura estremamente grezza e semplice. Non c’è praticamente nient’altro da fare oltre al menar colpi, tranne qualche piccola digressione esplorativa alla ricerca di oggetti da collezionare, che comunque risultano ininfluenti allo scorrere del gioco. Trattandosi di un titolo basato su persone che hanno la facoltà di teletrasportarsi, ci saremmo aspettati la possibilità di spostarsi in tale maniera all’interno dei livelli, con una grande varietà di locazioni da esplorare. Invece, nel gioco il teletrasporto viene utilizzato solo per trasferirsi da un nemico all’altro, o per attaccare questi da un lato all’altro in maniera fulminea. Non si ha dunque la possibilità di usare liberamente il potere. Lo spostamento immediato da un punto ad un altro dello scenario, che pure avrebbe potuto innescare dinamiche di gioco interessanti per quanto riguarda l’esplorazione dei livelli, è attuabile solo raramente, ed esclusivamente in punti prestabiliti. Ci si ritrova dunque semplicemente a correre per le zone, affrontando ondate di nemici fino allo scontro finale con i boss di fine livello, che peraltro appaiono semplicemente come avversari normali, semplicemente più resistenti.
Il combattimento
La struttura del combattimento è probabilmente l’elemento più riuscito. Con i quattro tasti del controller è possibile teletrasportarsi ai corrispondenti lati dell’avversario (X-destra, Y-alto, B-sinistra, A-basso) sferrando colpi dalle varie posizioni. Il nemico “lockato” viene evidenziato da un cerchio intorno ai piedi: occasionalmente alcuni lati del cerchio vengono segnalati in rosso, a significare che da quel lato il nemico è “protetto”, oppure in verde, ad indicare un punto debole. Attaccando il lato rosso subiremo un contrattacco, mentre colpendo dal lato verde faremo aumentare la barra del potere, necessaria per accresceere la potenza dei colpi. La dinamica può sembrare molto semplice, ma le zone rosse e verdi cambiano a grande velocità, e considerando che ci si trova quasi sempre a dover gestire il combattimento contro a più nemici contemporaneamente (ovvero saltando dall’uno all’altro, operazione resa possibile dalla pressione del grilletto sinistro), sono richiesti un certo colpo d’occhio e tempismo, per riuscire al meglio, soprattutto nei livelli più avanzati. A tutto questo si unisce la possibilità di concatenare gli attacchi in modo da sferrare delle combo, basate sull’alternanza dei tasti di attacco (le istruzioni su come impostarle si trovano all’interno di albi a fumetti nascosti per i livelli) e alcune mosse conclusive piuttosto spettacolari. In questi ultimi casi, si assiste ad animazioni in computer grafica nelle quali osserviamo il protagonista mentre si teletrasporta, insieme al nemico di turno, in qualche “zona mortale” (un ghiacciaio, un vulcano, qualche punto imprecisato a migliaia di metri di altezza dal suolo e perfino un reattore nucleare, tra gli altri) lasciando il nostro avversario in balia dei conseguenti eventi catastrofici.
Non un bello spettacolo
Graficamente questo Jumper rappresenta uno dei punti più bassi raggiunti dalle recenti produzioni su Xbox 360. In una totale mancanza di direzione artistica, il gioco annovera alcuni scenari piuttosto ben fatti (quantomeno caratterizzati da texture ed effetti degni della nuova generazione), ma popolati da modelli poligonali grezzi e animati in maniera incomprensibile. I personaggi sono praticamente tutti uguali, distinti solo da rare differenze cromatiche, e tutti caratterizzati da movenze innaturali e grottesche. Un altro elemento che colpisce è la mancata coesione tra lo stile adottato per le sezioni narrative, illustrate con disegni in stile fumettistico, la grafica presente durante le fasi di gioco e le animazioni in computer grafica che mostrano le mosse finali (gli “extreme kill”): si assiste a tre modalità grafiche estremamente diverse, che si portano dietro stili e interpretazioni disparati e completamente disgiunti l’uno dall’altro. Ci sono poi diverse incongruenze tecniche: la telecamera necessita un continuo aggiustamento, e in diversi casi (soprattutto quando si passa attraverso porte o passaggi stretti) resta incastrata in angolazioni che rendono impossibile la visione dell’azione di gioco. In diversi casi ci troveremo a subire colpi mentre sullo schermo viene visualizzata in primo piano l’inamovibile texture di un muro. Il framerate subisce continui cali d’intensità, anche quando all’interno dello scenario è presente solo il personaggio principale, e si registrano in alcuni casi strani bug in corrispondenza di zone in cui sarebbe possibile attivare il potere del teletrasporto, e provandoci non accade nulla. E’ piuttosto chiaro che, oltre ad avere grosse lacune dal punto di vista realizzativo a monte, Jumper non sia passato attraverso un necessario periodo di testing.
Il comparto audio è probabilmente la componente più convincente del gioco, con ottime musiche orchestrali mediate dalla versione cinematografica e un buon doppiaggio in Italiano durante dialoghi e sezioni narrative.
Commento
Jumper: Griffin’s Story può essere completato in un paio d’ore, vedendo praticamente tutto quello che c’è da vedere. Come se questo non bastasse, la già breve esperienza di gioco è funestata dalla scarsa qualità della grafica e dall’estrema monotonia dell’azione, incentrata esclusivamente su combattimenti sempre uguali, peraltro contro nemici anch’essi identici. Sembrerebbe un titolo destinato ad un pubblico giovane, per la semplicità e immediatezza dell’azione, se non fosse che i temi trattati e la violenza presente tendono ad escludere tale soluzione. Quello che resta di Jumper è un semplice tie-in, che obbedisce alla regola più antica riguardante il genere in questione: un prodotto realizzato con scarsa cura, che punta tutto sul richiamo generato dal film corrispondente. Trova un suo significato per i “malati” degli obiettivi per Xbox 360, grazie alla facilità con cui elargisce punti con la semplice progressione nel gioco.
Pro:
- Non male la dinamica del combattimento
- Una cornucopia di Gamerpoints facili, per chi è interessato
- Grafica assolutamente insufficiente
- Breve e monotono
- Presenza di bug e incongruenze tecniche
Xbox 360 - Obiettivi
Gli obiettivi di Jumper potrebbero rappresentare il vero motivo d’interesse per tutto il gioco. I cacciatori di achievements scopriranno con gioia che il titolo in questione elargisce punti in quantità industriale, senza richiedere grandi sforzi. Gli obiettivi sono 20 per un totale di 1000 punti, dunque 50 punti ad achievement: semplicemente progredendo nel gioco, senza particolari prestazioni, è possibile sbloccare circa 650-700 punti in un paio d’ore.