Se vi siete mai imbattuti nelle "Invenzioni capricciose di carceri" di Giovanni Battista Piranesi, è probabile che vi siate fermati a guardare quell'intrico di scale monumentali e ponti che collegano spazi irrisolti, puntellati da macchinari di legno di varia foggia e natura, con spaesata ammirazione. Facile che lo sguardo si sia annodato sulle incisioni del maestro di Mogliano Veneto, che sembrano disegnare uno spazio mentale più che reale, nonostante il gusto fosse inevitabilmente quello dei Grand Tour settecenteschi e del nascente amore di molti intellettuali dell'epoca per le rovine delle civiltà morte, in particolare quelle dell'antica Roma. Non per niente M. C. Escher, il maestro delle prospettive impossibili e delle scale labirintiche, amava moltissimo le sue opere, che ebbe modo di conoscere visitando l'Italia.
L'idea del labirinto ha da sempre affascinato gli esseri umani, tanto che se ne trovano le prime raffigurazioni addirittura tra le pitture rupestri. In fondo se uno dei miti più duraturi e raccontati dell'antichità è quello del labirinto di Creta, creato da Dedalo per il re Minosse, un motivo deve pur esserci. Il cattolicesimo stesso assunse il labirinto unicursale (lo trovate rappresentato in diverse chiese) come simbolo del tortuoso cammino spirituale che l'uomo deve percorrere per arrivare a Dio. Naturalmente non vogliamo metterci a fare la storia di una struttura che ne ha una così ampia e sfaccettata, ma nondimeno i pochi accenni fatti dovrebbero farvi capire dove risiede la vera forza di Labyrinth City Pierre the Maze Detective, l'oggetto della nostra recensione, uno dei pochi videogiochi che è riuscito a rendere interessanti i labirinti a livello videoludico, ossia a usarli come meccanica principale senza essere costretto a tradirne la natura.
Labirinti
I videogiochi sono pieni di labirinti. Il problema è che i labirinti non sono necessariamente divertenti, perché portano a perdersi, creando un senso di profondo spaesamento in chi li attraversa, costretto spesso a ripercorrere strade già battute per ritrovare la direzione da seguire. Per questo moltissimi giochi labirintici sono corredati di strumenti che vanno proprio a smorzare la funzione stessa della loro struttura, ossia impediscono al giocatore di smarrirsi, dandogli sempre un'idea di dove si trovi e di dove debba andare. Bussole che segnalano la direzione da seguire per raggiungere gli obiettivi del momento, mappe ultra dettagliate con decine di indicatori a prova di idiota e segnali visivi più o meno invadenti messi direttamente nel mondo di gioco, sono solo alcuni dei trucchi adottati dai game designer per non far perdere il giocatore, tenendolo sulla retta via.
Pensate alle lamentele di quelli che si sono persi per qualche minuto in Control, l'ultimo titolo di Remedy, per capire quale sia il problema di fondo. La sostanza è che spesso i labirinti videoludici sono tali solo a livello folcloristico, ma non nello spirito. Labyrinth City Pierre the Maze Detective, videogioco del libro Alla ricerca della pietra del labirinto. Pierre detective. di Hiro Kamigaki, basa invece tutta la sua forza proprio sulla possibilità di perdersi, sia nei vari dedali, sia nel suo stile visivo fatto da un accumulo incredibile di elementi a schermo, molti dei quali animati.
Perdersi
L'opera di Kamigaki e Darjeeling, lo sviluppatore del visionario Californium, racconta la storia di Pierre, un giovane detective specializzato in labirinti. Quando il lestofante Mr.X ruba la Pietra del Labirinto da un museo, manufatto dai poteri magici che trasforma in un dedalo tutto ciò che tocca, e inizia a usarla per i suoi loschi piani, la polizia si affida proprio a Pierre per condurre le indagini. Il detective si mette subito sulle tracce del criminale, ma per raggiungerlo deve superare dieci zone di Parigi, trasformate in immensi labirinti da Mr.X (evidentemente ama creare scompiglio).
In termini di gameplay il tutto si traduce in un gioco d'esplorazione in cui il giocatore deve essenzialmente trovare la strada per raggiungere i vari obiettivi che di volta in volta gli vengono assegnati, cercando al contempo i vari oggetti nascosti nelle scenario (tesori, stelle e pagine del diario di Mr.X) e parlando con alcuni degli strambi personaggi che popolano le mappe. Ogni livello offre inoltre un puzzle da risolvere, solitamente molto semplice, che frutta un trofeo da esporre nel disordinatissimo studio di Pierre.
Ciò che rende Labyrinth City Pierre the Maze Detective particolarmente riuscito è la bellezza dei suoi scenari, tutti disegnati rigorosamente a mano, la cui vitalità è davvero incredibile, quasi sublime. Centinaia di persone e oggetti affollano lo schermo, offrendo dettagli da scoprire in ogni direzione. Lo sguardo fatica ad abbracciare queste invenzioni capricciose di chiara derivazione escheriana fatte da architetture eccentriche, folle smodate e scene surreali che rimandano con forza al mondo delle vignette comiche, in particolare a quelle di scuola francese (ma anche italiana... pensate a Jacovitti). È come se sullo schermo ci fosse un immenso carnevale (in effetti uno dei livelli è proprio un carnevale); un'orgia visiva continua che rapisce dall'inizio alla fine, in un'atmosfera che non tradisce alcuna tensione grafica.
Vagare per i percorsi impossibili di Labyrinth City Pierre the Maze Detective è bello semplicemente perché tutto ciò che li compone lo è, regalando un gusto per la scoperta che manca in titoli decisamente più ricchi dal punto di vista produttivo.
Dura circa sei ore, ma sono sei ore spese davvero bene, di cui non si rimpiange un minuto, perché tutto ciò che si fa sembra assumere un senso proprio nel desiderio di vedere cosa c'è poi. Certo, il gioco in sé è limitato, ma si tratta comunque di un'esperienza significativa cui ci si abbandona volentieri, fosse anche solo per scoprire se ci si è persi per strada qualcosa... fosse pure la strada.
Conclusioni
Labyrinth City Pierre the Maze Detective è un gioco visionario e con una sua personalità molto forte, che farà felici quelli che sono costantemente alla ricerca di esperienze alternative e stimolanti. Fatto da immensi labirinti disegnati a mano, pieni di un'umanità colorata e rumorosa, è un titolo a suo modo eccellente, che riesce a stupire per consapevolezza artistica e compattezza dei suoi obiettivi.
PRO
- I labirinti sono bellissimi da vedere
- Uno dei pochi giochi labirintici in cui è bello perdersi
CONTRO
- Non lunghissimo