Che fine ha fatto Kazuma Kiryu? Costretto a rinunciare al suo nome e a inscenare la propria morte al termine di Yakuza 6: The Song of Life, il Dragone di Dojima in realtà non ha mai abbandonato l'universo creato da SEGA: lo sa bene chi ha completato la campagna di Yakuza: Like a Dragon, dove il carismatico ex componente del Clan Tojo ricompare a sorpresa, agghindato come una guardia del corpo.
Se le parole che avete appena letto vi suonano inedite, lo diciamo subito, è il caso che facciate un passo indietro; perché questo nuovo capitolo della saga sviluppata dal Ryu Ga Gotoku Studio si svolge in contemporanea con gli eventi dell'avventura con protagonista Ichiban Kasuga e ne rivela apertamente i (clamorosi) retroscena, dando ovviamente per scontato che li conosciate già.
È tuttavia una storia diversa, quella che stiamo per raccontarvi nella recensione di Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name: fatta di intrighi, violenza, tradimenti ma soprattutto di sentimenti e sacrifici; e che, pur in maniera non sempre brillante, risponde con tono eloquente alla domanda di apertura: che fine ha fatto Kazuma Kiryu?
L'agente speciale Joryu
Come detto, al termine dell'ultimo capitolo che lo ha visto protagonista (qui la recensione di Yakuza 6: The Song of Life), Kazuma Kiryu è costretto a fingersi morto per proteggere Haruka, Haruto e gli orfani del Morning Glory. La famiglia Daidoji si occupa di inscenare la sua dipartita, ma non ha alcuna intenzione di rinunciare alle straordinarie abilità dell'ex Dragone di Dojima e così fornisce all'uomo una nuova identità e un nuovo ruolo.
Con il nome fittizio di Joryu, Kazuma viene dunque addestrato all'uso dei gadget tecnologici assegnati agli agenti Daidoji mentre si nasconde fra le mura di un tempio. Di tanto in tanto viene chiamato a occuparsi di incarichi particolarmente delicati dal suo supervisore, Kihei Hanawa. Quando però quest'ultimo viene rapito da un gruppo di uomini mascherati che sembrano conoscere l'identità di Kiryu, la situazione precipita.
Se siete fan di Yakuza, saprete bene come nella serie la storia e i suoi personaggi svolgano un ruolo assolutamente centrale, e da questo punto di vista Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name non fa eccezione, pur soffrendo i limiti di una campagna volutamente più compatta del solito, composta da appena cinque capitoli, che ha in qualche modo impedito agli autori di confezionare il fenomenale crescendo a cui siamo abituati.
La narrazione nelle produzioni giapponesi è solitamente caratterizzata da un ritmo volutamente rilassato nella fase di costruzione della trama e dei suoi protagonisti, con scene e frasi che vengono fatte sedimentare per rimanere bene impresse, salvo poi accelerare ed esplodere quando questi elementi vengono messi in discussione, ottenendo in tal modo uno straordinario coinvolgimento da parte dell'utente.
In questo caso purtroppo viene a mancare una fase introduttiva di più ampio respiro, e così il rapporto fra Kiryu e Hanawa, elemento cardine di una buona metà dell'avventura, appare costruito frettolosamente, per lo più sottinteso, col risultato di risultare un po' forzato. Per fortuna il villain principale, nascosto in bella vista, acquista carattere durante il percorso e salva la situazione quantomeno nel finale, che chiude fra le lacrime (letteralmente) questo capitolo.
Naturalmente si fa presto a pensare che sia stata la mancanza di Toshihiro Nagoshi a pesare su disattenzioni del genere, ma gli immancabili cortocircuiti narrativi dettati dal "codice etico" del protagonista di Yakuza, che pur essendo di base un malvivente si rifiuta categoricamente di uccidere, come se i suoi pugni neutralizzassero qualsiasi desiderio di rivalsa, sono in realtà da sempre una costante della saga.
Struttura e ambientazione: Sotenbori e poco altro
La già citata compattezza della campagna di Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name si riflette anche su struttura e ambientazione, quest'ultima fondamentalmente limitata allo scenario di Sotenbori, che come saprete si ispira al quartiere di Dotonbori a Osaka. Speravamo che la mappa di Yokohama potesse avere un ruolo più significativo all'interno del gioco, ma purtroppo da quelle parti Kiryu si limita a fare una capatina, giusto in tempo per chiarire che la trama si svolge in parallelo con quanto vi abbiamo raccontato nella recensione di Yakuza: Like a Dragon.
Il prezzo di vendita ridotto (49,99€ nel solo formato digitale, che però diventano zero se siete abbonati a Xbox Game Pass) giustifica in qualche modo questa scelta e, in generale, una dotazione di contenuti che proprio sul piano narrativo risulta meno ricca del solito. La durata della campagna è infatti di circa dodici ore laddove ci si concentri sulla storia principale, mentre completando tutti gli incarichi di Akame, le battaglie nell'Arena e il resto si può puntare forse alle venti ore.
Akame è un personaggio inedito, di cui facciamo la conoscenza proprio in Like a Dragon Gaiden: si tratta di una ragazza che svolge per le strade di Osaka un ruolo simile a quello del caro vecchio Fioraio, grazie alla sua rete di informatori tra le fila dei senzatetto, che però ha giurato di proteggere. È lei a condurci al Castello, di cui parleremo a breve, nonché a offrirci una serie di incarichi che fungono da missioni secondarie, con trame più o meno articolate e interessanti.
Manca in questo caso un minigioco gestionale, mentre si è puntato su di una resa più... pruriginosa dei cabaret club, con riprese dal vivo delle hostess con cui potremo intrattenerci ed eventualmente conquistare azzeccando gli argomenti e le risposte giuste, sbloccando alla fine del percorso una clip dal vago contenuto erotico, diversa per ogni ragazza.
Lo spessore fra le attività extra viene garantito dal ritorno del Pocket Circuit, con le sue gare man mano più complesse e la componente strategica dei potenziamenti per migliorare le prestazioni della nostra automobilina in pista, ma non mancano i classici minigame (golf, biliardo, poker, freccette, karaoke, Black Jack, Shogi, Mahjong), i Club SEGA (con i coin-op di Sonic the Fighters, SEGA Racing Classic 2, Fighting Vipers 2 e Virtua Fighter 2.1) e persino un SEGA Master System come quello di Judgment.
Per le strade di Sotenbori potremo ovviamente accedere a tutta una serie di ristoranti, presso cui consumare deliziose pietanze grazie a cui ripristinare la nostra salute e guadagnare qualche punto esperienza, gli immancabili convenience store della catena fittizia Poppo dove fare il pieno di alimenti e integratori e i banchi dei pegni dove acquistare anche nuovo equipaggiamento.
Dopodiché c'è il Castello, non quello visto in Yakuza Kiwami 2 bensì una riproduzione clandestina collocata su di una nave al largo delle coste giapponesi, dominio del Clan Kijin e luogo di sfrenata depravazione a uso esclusivo di persone molto facoltose. Lo dimostrano i casinò e i cabaret, ma soprattutto l'Arena: un posto in cui i più forti combattenti del mondo si affrontano a costo della vita per intrattenere il pubblico.
A un certo punto della campagna ci troveremo a visitare il Castello e ovviamente dovremo farci valere nell'Arena, sconfiggendo emuli di alcuni guerrieri leggendari fino ad arrivare ai Quattro Re, oppure assoldando compagni di squadra sempre più forti per dar vita a spettacolari combattimenti di gruppo in cui azione e strategia si miscelano in maniera entusiasmante.
Gameplay: il classico Yakuza
A differenza dell'approccio RPG con combattimenti a turni introdotto con Yakuza: Like a Dragon, che peraltro ritroveremo in Like a Dragon: Infinite Wealth, Like a Dragon Gaiden riprende la formula action classica della serie SEGA, con i suoi pregi e i suoi difetti, questi ultimi però resi piuttosto evidenti dalla mancanza di una trama davvero stratificata, che costringe addirittura a un paio di momenti di puro grinding.
Sono tornati gli stili di combattimento per Kazuma Kiryu, due per l'esattezza: Agente e Yakuza. Il primo rappresenta la grande novità di questo capitolo, andando a sfruttare i gadget elettronici in dotazione agli agenti Daidoji per introdurre meccaniche divertenti e caciarone: il protagonista può sparare un cavo dall'orologio per legare e proiettare gli avversari, richiamare droni, lanciare sigarette esplosive e persino azionare dei propulsori sotto le scarpe.
Lo stile Yakuza è invece quello classico di Kiryu, con il personaggio ben piantato a terra e un focus sulla potenza e i contrattacchi, arricchiti stavolta da una spettacolare e devastante manovra inedita che è possibile eseguire quando si effettua la schivata perfetta di un attacco imparabile. Per il resto, tornano le dolorosissime finisher ma l'Extreme Heat Mode assume connotati differenti, diventando più utile e versatile.
In generale i due stili ricordano Takayuki Yagami nel già citato Judgment: Agente è più dinamico e votato al crowd control (che in Like a Dragon Gaiden assume un significato letterale, dal momento che ci troveremo ad affrontare anche un centinaio di nemici contemporaneamente) ma meno efficace in assoluto, mentre lo stile Yakuza è votato agli scontri uno-contro-uno, su tutti i combattimenti coi boss.
L'impianto è quello tradizionale, nel senso che ci si trova ad andare dal punto A al punto B sulla mappa (stavolta senza quasi mai imbattersi nelle classiche substories della serie, il che francamente fa strano) e combattere nel frattempo contro eventuali sgherri incontrati per strada, con la possibilità di utilizzare un'ampia gamma di oggetti come armi improprie, nonché di distruggere vetrate e mobilia degli sfortunati negozi nelle vicinanze.
La resa degli impatti è ottima e il gameplay risulta ancora molto divertente, specie ricorrendo allo stile Agente che risulta più fresco nelle sue dinamiche; tuttavia il riciclo di asset è ormai fin troppo evidente e permangono alcune storture del bilanciamento, che in particolare durante i boss fight diventa una gara a chi ha l'inventario più pieno di cibo per un recupero istantaneo dell'energia.
Realizzazione tecnica: il motore del 2000
Che il Dragon Engine sia un po' vecchio lo sa bene anche il Ryu Ga Gotoku Studio, che non a caso sta valutando il passaggio a Unreal Engine (già effettuato nel caso del remake di Like a Dragon: Ishin!) ma per il momento continua a spingere sul suo motore proprietario, cercando di spremerlo quanto più possibile e valorizzare le cose che riesce ancora a fare piuttosto bene, come la rappresentazione dei quartieri giapponesi di sera.
Ecco, sono ormai anni che parliamo di come le ambientazioni della serie Yakuza siano tanto affascinanti ed evocative in notturna quanto piatte e poco interessanti in diurna, e Like a Dragon Gaiden chiaramente non fa eccezione. La decisione di ambientare i vari episodi all'interno di scenari reali ha consentito un costante riutilizzo di asset e il progressivo miglioramento delle mappe, e lo scorcio di Osaka che vediamo in questo capitolo non manca di offrire un gran bel colpo d'occhio nelle sue strade più commerciali.
Sembra tuttavia che a livello tecnologico il rendering sia meno sofisticato di quello visto in Yakuza: Like a Dragon, e la cosa appare evidente quando vengono mostrate alcune sequenze del gioco in questione e i suoi personaggi, più dettagliati e meglio illuminati. Si tratta di differenze reali o di una semplice sensazione? Non è facile dirlo, ma sul piano delle ambientazioni la stanchezza è ormai lampante e non sempre la pur attenta direzione riesce a nascondere determinati svarioni, sebbene ci siano anche qui sequenze di intermezzo davvero spettacolari.
Su PS5 non ci sono modalità grafiche: il gioco semplicemente gira a 60 fps con poche incertezze, utilizzando probabilmente un 1440p ricostruito a 4K, come sembrano rivelare alcuni artefatti. Stilisticamente la scelta del full motion video per le hostess dei cabaret club non ci ha fatto impazzire, mentre per il resto rimane un gran peccato non aver incluso lo scenario di Yokohama all'interno della campagna.
Per quanto riguarda infine il comparto audio, la colonna sonora sa farsi valere anche qui, in un mix di vecchi e nuovi temi perfettamente in grado di valorizzare ciò che accade sullo schermo, mentre le interpretazioni in giapponese appaiono come al solito intense e convinte, specie sul finale con una prestazione magistrale di Takaya Kuroda.
Peraltro ci troviamo di fronte al primo episodio con protagonista Kazuma Kiryu che abbia i sottotitoli in italiano dai tempi del primissimo Yakuza su PS2, cosa non da poco.
Conclusioni
Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name è un capitolo irrinunciabile per tutti i fan di Kazuma Kiryu e della formula classica di Yakuza, che viene riproposta nel gioco senza variazioni al di là dell'inedito stile di combattimento Agente, molto dinamico e divertente da utilizzare grazie al cavo (non a caso chiamato "Ragno"...) e agli altri gadget del protagonista. Dispiace che la vicenda si svolga quasi esclusivamente fra le strade di Sotenbori, che la compattezza della campagna vada a incidere su alcune importanti caratterizzazioni e che a livello tecnico risulti tutto ormai piuttosto datato: se SEGA sceglierà di portare avanti questo impianto "nostalgico", speriamo lo faccia alla luce di qualche novità significativa.
PRO
- La formula classica di Yakuza funziona ancora bene
- Lo stile Agente è fresco e divertente
- Buona dotazione di missioni secondarie e attività extra
CONTRO
- La compattezza toglie un po' di respiro alla trama
- Un'unica ambientazione, che peccato
- Il Dragon Engine sente il peso dei suoi anni