Il flipper, reinventato
Descrivere la meccanica di gioco di Odama è sinceramente complicato. Probabilmente la base da cui partire per riuscire a crearne una immagine è quella di un flipper; così come nel più classico dei passatempi da bar, anche nella fatica del team nipponico Vivarium ci sono 2 palette con le quali colpire una pallina per lanciarla verso l’alto. Le similitudini con l’idea classica di flipper si fermano però qui, dal momento che in Odama non esistono respingenti, bonus, bottoni colorati o punteggi da incrementare. Il tavolo di gioco, se così possiamo chiamarlo, è infatti composto da una piccola pianura con rocce, fiumi, case, alberi, e in generale tutto ciò che contribuisce a creare un paesaggio rurale tipico del Giappone feudale. Scopo del gioco è permettere al proprio plotone di uomini (ebbene sì, sul tavolo di gioco ci sono dei piccoli eserciti) di raggiungere la parte superiore dello schermo, per trasportare così con successo la sacra campana Ninten. Se avete letto fino a questo punto e vi sembra pura follia, sappiate che non è tutto... Sì perchè ovviamente il trasporto della campana non è così semplice, dal momento che tra i nostri uomini e l’obiettivo si pone una intera milizia nemica che non ha nessuna intenzione di lasciar via libera. Odama è il nome della palla magica, ovvero l’unico strumento che il giocatore possiede per influire direttamente sulle sorti della battaglia ed aiutare i propri soldati. Come? Anzitutto, l’enorme sfera può uccidere istantaneamente chiunque sia sul suo percorso, alleati compresi, amenochè non venga raccolto un apposito bonus che permette di passare sopra questi ultimi senza causargli danni. Inoltre tramite questo atipico strumento è possibile interagire con l’ambiente in maniera spesso fondamentale; per esempio, colpendo la chiusa di un fiume si può agire sul corso dello stesso. Chiudendolo si permetterà alle proprie truppe di proseguire, aprendolo di potrà sbarrare l’avanzata dei nemici. Oppure si può colpire delle scale per farle cadere a terra, permettendo così ai soldati di raccoglierle ed utilizzarle per superare barricate altrimenti inaccessibili. Ma non è tutto! Sì perchè all’interno della confezione del gioco è presente anche un microfono, identico a quello allegato all’ultimo capitolo di Mario Party. Tramite tale periferica si ha la facoltà infatti di dare ordini alle truppe, in italiano ovviamente, sfruttando un ottimo sistema di rilevamento della voce. Il bello è che gli ordini sono immediatamente disponibili, ma vanno raccolti frantumando con l’odama alcune delle case presenti sui “tavoli”; ecco quindi che si può spingere la truppa a spostarsi a destra o sinistra, arretrare o avanzare, attaccare con forza o raccogliere oggetti e via dicendo. Purtroppo l'elevato numero di ordini non si risolve in una loro effettiva utilità per ognuno di essi, concentrandone quindi alla fine l'utilizzo su una manciata ben definita.
Al bar era più semplice
Di fronte ad una tale complessità nella descrizione di Odama, sarebbe logico immaginare una relativa e conseguente difficoltà una volta preso in mano il pad. In effetti le prime sessioni di gioco non sono affatto semplici, e coordinare i comandi impartiti alla pallina tramite il pad con quelli ai soldati per farli muovere o agire in maniera corretta è francamente complicato, così come lo è riuscire a seguire tutto quello che avviene sullo schermo. Ma è sufficiente perseverare un po’ e proseguire nelle missioni per riuscire ad ottenere una ottima padronanza del sistema di controllo, fino al punto da accorgersi che in realtà non rappresenta un problema. Sì perchè il difetto principale di Odama va ricercato altrove, ovvero nella formula stessa del prodotto che, semplicemente, non è particolarmente azzeccata. Spesso delle premesse poco intriganti si trasformano poi in sorprendenti produzioni; al contrario la stuzzicante coesione tra strategico e flipper del prodotto Vivarium fatica a coinvolgere il giocatore, a stimolarlo, o semplicemente a catturarlo ed invogliarlo a proseguire nell’avventura. Il punto a sfavore che più pesa sul capo di Odama è sicuramente da ricercarsi nella eccessiva casualità che determina lo svolgimento degli eventi; spesso, molto spesso, capita infatti di vincere senza rendersi conto della dinamica che ha portato al risultato, così come altre volte si perde col dubbio sulla causa della sconfitta. Non si tratta di una mancanza di attenzione del giocatore, ma bensì è parte integrante delle meccaniche della produzione Nintendo; risulta quindi divertente osservare l’azione con reale senso di ammirazione nei confronti della creatività del team nipponico, ma anche frustrante e poco appagante la sensazione che si ha di fronte ai risultati che si susseguono livello dopo livello. Come se non bastasse, il livello di difficoltà settato dai programmatori è piuttosto elevato, obbligando a ripetere gli stage anche numerose volte prima di riuscire a trovare la chiave di volta per ottenere un successo. Per ultimo, il level design si dimostra piuttosto incostante, passando dal molto buono all'insufficiente. Dal punto di vista tecnico, è evidente inoltre di come il gioco soffra degli anni di programmazione che si porta sulle spalle, così come è chiaro che Odama voglia giocare le sue carte più sulla originalità del concept che sulla pura attrattiva estetica. Ciò nonostante, è difficile ritenere la grafica della fatica Vivarium qualcosa in più che semplicemente “funzionale”, soprattutto a causa di un numero di poligoni su schermo piuttosto ridotto e ad animazioni davvero al minimo sindacale.
Commento
Odama è un gioco davvero originale, atipico, e scegliendo una strada alternativa a quelle calcate dai generi “da cassa” raccoglie immediatamente le nostre simpatie. E’ inoltre un prodotto curato, che dimostra la passione di chi l’ha programmato. Purtroppo però la formula che propone, ovvero una strana mescolanza tra uno strategico e un flipper game, semplicemente non convince. Neppure dopo aver preso confidenza col sistema di controllo, nè dopo aver sorvolato su una grafica appena sufficiente, nè dopo aver accettato una casualità davvero eccessiva nella risoluzione in positivo o in negativo delle missioni. Yoot Saito merita tutto il nostro rispetto, ma purtroppo il suo Odama non è un gioco da ricordare. Sarà per la prossima.
Pro
- L'essenza dell'originalità
- Intrigante inizialmente
- Ottimo riconoscimento vocale
- La formula non funziona granchè
- Troppa casualità nelle partite
- Grafica eccessivamente scarna
Il nome di Odama riecheggia da parecchio tempo nelle menti dei possessori di Gamecube interessati a gameplay originali e innovativi. D’altra parte il designer a capo del progetto, Yoot Saito, è lo stesso che ideò il bizzarro –per usare un eufemismo- Seaman per Dreamcast, una specie di simulatore di colloquio con un pesce parlante. A Multiplayer.it siamo sempre entusiasti di fronte all’idea di giocare a qualcosa che cerchi di calcare strade diverse da quelle convenzionali ed inflazionate, distinguendosi dalla massa di cloni: capirete quindi perchè abbiamo accolto con grande interesse e fiducia questo suo ultimo progetto...