La recensione di Paranoia: Happiness is Mandatory, il nuovo titolo Cyanide già disponibile su PC e in arrivo su console, ci riporta indietro nel tempo con un ibrido tra cRPG e roguelike il cui nome dice inevitabilmente poco a molti, ma dice molto di più a quelli che negli anni 80 e 90 alternavano a sessioni di Dungeons & Dragons a brevi e spesso brutali partite a Paranoia. Si parla quindi di un gioco di ruolo di lungo corso, una vecchia gloria pubblicata nel 1984 da Greg Costikyan, Dan Gelber e Eric Goldberg e diventata videogioco grazie agli sforzi dei ragazzi di Black Shamrock, probabilmente colpiti dal lavoro di tre ferventi appassionati di distopie che ne hanno creato una di un certo spessore sfruttando humor nero, psicologia e spauracchi di sicuro effetto come mutanti, organizzazioni segrete, comunisti ed, in generale, tutto quello che si trova all'esterno del mondo conosciuto. L'umanità protagonista dell'ambientazione è infatti chiusa in un'enorme città sotterranea chiamata Complesso Alpha, laddove la sopravvivenza è assicurata dalla clonazione e dal benevolo dominio assoluto del Friend Computer, un'intelligenza artificiale armata di telecamere che non si fa scrupolo ad adottare misure drastiche, compreso l'impiego di squadre di risolutori una delle quali è comandata dal giocatore, per contrastare tutte quelle che ritiene minacce alla sua società perfetta.
Un RPG d'annata si fa videogioco con un pizzico di roguelike
Un breve tutorial iniziale ci permette di prendere confidenza con il sistema punta e clicca da classico gioco di ruolo per PC con visuale a tre quarti, combattimento in tempo reale con pausa tattica, dialoghi a scelte multiple, granate, cure e stazioni di vendita o crafting che possono essere violate con l'hacking grazie a un semplice minigioco. Tutto intorno, invece, c'è un angosciante mondo fatto di cloni, di slogan che ricordano l'obbligo di essere felici e di mansioni da eseguire per restare nelle grazie Friendly Computer, le cui missioni, prima delle quali possiamo scegliere tre risolutori per comporre un team da quattro, scandiscono le giornate del Complesso Alfa. Ed è bene occuparsi degli incarichi con una certa attenzione, pena un aumento del livello di tradimento che comunque è destinato a salire a ogni dubbio, sospetto o errore, viaggiando a spron battuto verso la soglia del 100% le cui conseguenze prevedono suicidio volontario, un combattimento con le guardie destinato a finire male o un lavaggio del cervello in extremis. C'è però il fatidico tasto restart, anche se spesso questo comporta dover rifare parecchio, spingendoci a ricorrere al sistema dei cloni che ci permette di tornare in vita, fino a un massimo di cinque volte, conservando l'avanzamento, mantenendo quel poco di equipaggiamento che il Friend Computer ci lascia e potendo spendere i punti esperienza guadagnati con le missioni. Morire, in sostanza, rende le cose più semplici e il concetto a grandi linee funziona, ma in un gioco del genere fallisce nell'incentivare il giocatore a dare il meglio.
Mantenere la sfida diventa così una questione personale che per qualche giocatore potrebbe avere un retrogusto masochistico, complici alcune ingenuità come un solo tasto per agire e per sparare, cosa possibile anche al di fuori delle missioni. Da qui la possibilità che un click sbagliato causi danni portando il nostro livello di tradimento a crescere, cosa che capita anche quando il pathfinding fa finire il nostro personaggio sulle zone gialle. Ma non sono di certo questi i problemi più grossi di Paranoia, ed è un peccato visto il potenziale di un'ambientazione in cui un computer pretende allegria mentre stermina i suoi pargoli, costringendo così gli uomini a ribellarsi, a tradire, a sperimentare gli abissi della paranoia fino a impazzire accettando società segrete che fingono di vivere in Dungeons & Dragons, esperimenti sulla popolazione e quant'altro. Da qui nascono missioni dall'incipit interessante che non viene però tenuto in vita da una struttura di gioco che si rivela ben più semplice di quanto non appaia in prima battuta, riducendo anche valide idee come zone suddivise per colore contorni piuttosto insipidi. Si fa invece notare il momento in cui, dopo ogni missione, il computer chiede ai quattro della squadra di rivelare se ci sono stati tradimenti da esterni o dagli stessi membri del team. Il problema è che se nelle prime missioni la cosa colpisce e l'umorismo è azzeccato, andando avanti questo si spegne e vengono fuori sia il peso relativo delle scelte sulla storia, sia una scarsa profondità narrativa. Ci sono citazioni di buon livello e ci sono anche momenti di humor niente male, ma nel complesso l'esperienza risulta piatta e il gameplay non aiuta a rianimarla.
Gameplay, grafica e ingenuità assortite
Durante il tutorial ci viene chiesto di spendere i primi punti nelle abilità che in parte rispecchiano la peculiare natura di Paranoia. Accanto ad abilità classiche come combattimento corpo a corpo, capacità di usare le armi da fuoco e hacking, troviamo infatti competenze come burocrazia e psicologia, piuttosto rilevanti in un universo in cui sbagliare una risposta può comportare conseguenze pesanti e ogni compagno è una possibile fonte di tradimento. Il Friend Computer non si fa infatti scrupolo a levare di mezzo ogni sospetto cosa che rende triviale ogni possibile risposta. Ma i dialoghi a scelta multipla non sono quelli di un RPG: sono piuttosto quelli di un'avventura, con una serie di opzioni da esaurire il più rapidamente possibile, tranne nei casi in cui il dialogo è interessante. Possiamo invece scegliere come affrontare determinate situazioni e il livello raggiunto in alcune abilità determina la possibilità di sbloccare porte o convincere qualcuno a rivelarci un'informazione, ma se alcune conseguenze sono divertenti e si riflettono sul gioco, nella maggior parte dei casi l'esperienza non cambia, sia puntando a obbedire al Friend Computer, sia scegliendo di appoggiare chi vuole sovvertire il potere. Ma da questo punto di vista una minima sensazione di libertà resta. Ci si sente invece spesso ingabbiati in un gameplay che dal punto di vista dell'azione rende persino quasi superflua la pausa tattica. D'altronde salvo qualche granata, il gameplay è un susseguirsi di attacchi automatici dove la varietà dell'equipaggiamento è quasi nulla e dove l'unica vera differenza percepibile tra le armi, nonostante la presenza di colori e caricatori a differenziare l'arsenale, riguarda modificatori come lo stordimento.
Il tutto senza percentuali consultabili, senza una vera scelta tra l'equipaggiamento principale e senza alcuna traccia di dinamiche stealth, nonostante ci siano due o tre momenti di gioco basati proprio sulla furtività, mentre il crafting è limitato quasi esclusivamente ai consumabili e i minigiochi sono a dir poco risibili. Resta quindi l'azione che in diverse situazioni gira quasi interamente intorno allo spostare i membri della squadra da una barriera all'altra per fuggire dalle barriere distrutte ed evitare attacchi ad area come le granate. Non proprio esaltante, complici nemici poco ispirati e qualche problema di pathfinding che rende eventuali sconfitte piuttosto frustranti. Ci si appiglia allora allo humor nero e alle poche cose riuscite come i ritratti, le animazioni e i diversi colori, senza dubbio efficaci nell'evidenziare la felice disperazione che aleggia nel Complesso Alpha ma purtroppo integrati solo in apparenza nelle dinamiche gioco, visto che determinano solo l'abbinamento tra caricatori e armi, mentre gli abiti con cui si ottiene accesso alle aree di un determinato colore sono automaticamente forniti prima di essere spediti nella suddetta con un trasporto su rotaia. Tutto guidato, tra nemici poco vari e ambienti che risultano troppo simili tra loro anche considerando l'attenuante dell'anonima ambientazione del complesso futuristico. Buono invece il doppiaggio inglese, ma spetta solo al cervellone, evidente risparmio anche se ci sta nell'ottica dell'unico leader che rievoca atmosfere fantascientifiche. L'atmosfera comunque, complice una colonna sonora basilare ma azzeccata, emerge qua e la facendo da base per i dialoghi che talvolta annoiano un po', ma quando sono ispirati tirano fuori un humor che funziona, unico pilastro della produzione Cyanide.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Windows 10 64-bit
- Processore: AMD Ryzen 7 3700X
- Scheda video: Nvidia GeForce GTX 2080 Ti
- Memoria: 16 GB di RAM
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows 7 64-bit
- Processore: Intel Core i5-2300 o AMD FX-4350
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 650 o AMD Radeon HD 6870 DX10
- Memoria: 4 GB di RAM
Requisiti consigliati
- Sistema operativo: Windows 10 64-bit
- Processore: Intel Core i5-7600 o AMD Ryzen 5 1600X
- Scheda video: Nvidia GeForce GTX 1060 o AMD Radeon RX 580 DX 12
- Memoria: 8 GB di RAM
Conclusioni
Paranoia: Happyness is Mandatory è frutto della buona intuizione di chi ha visto un connubio azzeccato tra il gameplay da CRPT, un pizzico di reoguelike e la distopica esistenza nel Complesso Alpha. Parte con un buon passo quindi, ma inciampa rapidamente su qualche contraddizione nella struttura e sulla mancanza di profondità che caratterizza quasi ogni comparto, dalla narrativa al gameplay. Alcune scelte hanno effetti, talvolta capaci di strappare un amaro sorriso, ma si tratta brevi momenti che hanno uno scarso impatto sull'economica complessiva di un titolo la cui durata di circa 10 ore, non certo eccezionale in relazione alla tipologia di gioco, diventa quasi un merito, permettendo al titolo di conservare quel pizzico di brio, tutto dovuto all'umorismo peculiare dell'ambientazione, che sarebbe finito sprecato tirandola per le lunghe.
PRO
- Tra humor e ambientazione non mancano alcuni momenti divertenti
- La dinamica del tradimento costringe a pensare con attenzione ad alcune scelte
- L'integrazione della clonazione nel gameplay è una buona idea...
CONTRO
- ...ma così com'è implementata non incentiva il giocatore a restare in vita
- Gameplay poco profondo e combattimento realizzato in modo approssimativo
- Tecnologicamente arretrato