La realtà virtuale è il perfetto habitat naturale per i puzzle game. Tutti quei rompicapo che chiedono al giocatore di osservare, studiare lo scenario e manipolare oggetti, in versione VR hanno inequivocabilmente una marcia in più. Anche le idee più piccole e semplici acquistano un sapore diverso, come il tenerissimo e cervellotico PathCraft. Non è effettivamente la prima volta che ci imbattiamo in questo gioco: opera prima dello sviluppatore Daniel Yu, lo avevamo provato durante la Gamescom 2022 presso lo stand di Vertigo Games e il prototipo ci piacque moltissimo ai tempi.
Questa sensazione permane anche dopo la prova fatta a ridosso dell'uscita del gioco? Vi raccontiamo la nostra esperienza nella recensione di PathCraft, testato su Meta Quest 2.
Meccaniche di gioco
Se pensate che PathCraft sia un puzzle game semplice solo per via della sua estetica colorata e naif, state prendendo un grosso abbaglio. Parliamo infatti di un prodotto particolarmente stimolante, nonostante la meccanica di gioco semplicissima. Gli scenari sono composti da una serie di blocchetti, tanti cubi giocattolo che creano un percorso su cui il nostro personaggio può camminare. L'obiettivo è condurre il nostro omino verso una o più batterie disseminate nello scenario. Il personaggio, che ha le fattezze di un bambino o bambina, vestito con un pigiama e un'armatura di cartone, è in continuo movimento e si sposta in linea retta, scavalcando un cubetto posto sul suo cammino ma cambiando direzione qualora dovesse trovare un ostacolo insormontabile. Al giocatore viene chiesto quindi di manipolare il livello spostando uno o più blocchetti, in modo da indirizzare l'omino verso la batteria.
Questa semplice meccanica dà vita a decine e decine di scenari diversi, dove ovviamente vengono man mano introdotte nuove variabili come blocchi pericolanti, proiettili e così via. Il giocatore, oltre a afferrare e posare i blocchi, può manipolare lo scenario spostandolo all'interno del livello sull'asse X e Y, ma senza poter ruotare lo scenario, aspetto di cui parleremo più avanti nel corso di questa recensione.
Dal punto di vista artistico, come detto, PathCraft ha un aspetto delizioso. Gli avatar sono davvero carini e nel corso dell'avventura è possibile comprare spendendo delle monete per sbloccare nuovi costumi per il nostro bimbo/a, come un drago o un unicorno. Le monete si acquistano risolvendo gli scenari nel miglior modo possibile. Ogni livello, infatti, può essere completato con un numero minimo di mosse: meno mosse useremo, più alto sarà il punteggio ottenuto e di conseguenza il numero di monete guadagnate, da un minimo di zero a un massimo di tre per la soluzione perfetta. Questo ovviamente aggiunge un secondo strato di difficoltà ai puzzle dove, oltre alla semplice risoluzione, i perfezionisti e completisti vorranno sicuramente chiudere gli scenari nel modo migliore possibile. Una voglia che effettivamente abbiamo avuto anche noi, ma che si è presto esaurita dopo i primi 25 livelli visto che la curva difficoltà del gioco si alza abbastanza rapidamente... e dal voler fare tutto in modo perfetto si arriva presto a voler solo passare allo stage successivo. Dopo aver introdotto le meccaniche base con una manciata di livelli molto molto semplici, il gioco propone enigmi sempre più complessi, andando a bilanciare leggermente la difficoltà nel momento in cui viene introdotta una nuova meccanica.
Aspetto tecnico e criticità
Dal punto di vista tecnico l'esperienza è solida, ma non perfetta. La grafica non è pulitissima e i gesti delle mani, visibili a schermo durante l'atto di prendere e posare i blocchetti nello scenario, sono un po' grossolani. Come avrete capito PathCraft è un titolo ridotto veramente ai minimi termini, forse per certi aspetti anche troppo. In un tipo di gioco come questo, ovviamente, non si sente la mancanza di una storia una linea narrativa, ma ci sono alcune lacune che potevano essere colmate. Il menù di gioco è veramente molto scarno e si compone a malapena di cinque voci, nell'ordine: la scelta della modalità seduto/ in piedi, la lingua, due opzioni dedicate all'audio e una agli effetti speciali.
Il titolo non è localizzato in italiano e di base questo non è mai stato un punto a sfavore di un gioco, ma è altrettanto vero che il materiale da tradurre è così ridotto che il publisher avrebbe potuto compensare facilmente, del resto parliamo di modificare soltanto i punti di menù e degli sparuti tutorial che compaiono nel corso dell'esperienza.
L'aspetto che ci lascia più perplessi di PathCraft è la scelta di non permettere al giocatore di ruotare lo scenario durante la risoluzione di un enigma. Premendo i due grilletti dorsali dei controller di Meta Quest 2, è possibile afferrare l'ambiente e muoverlo nello spazio, per poterlo guardare da sopra, da sotto, sul suo lato destro e sinistro, ma non lo si può mai ruotare. Questo perché il gioco è stato pensato mettendo al centro dell'azione lo scenario, chiedendo al giocatore di muoversi attorno come un satellite. Una scelta che noi personalmente non abbiamo apprezzato, ma che non ci sentiamo di penalizzare fino in fondo, nonostante un cortocircuito abbastanza evidente. La rotazione del giocatore attorno all'ambiente è concettualmente contrapposta all'opzione arbitraria sul giocare PathCraft in piedi o da seduti: se lo giocate in piedi infatti è facile muoversi attorno allo scenario, ma giocandolo da seduti è praticamente impossibile. E allora perché non aggiungere la rotazione nella modalità da seduto?
Ci sono puzzle game VR che fanno proprio dell'esplorazione dell'ambiente il punto forte dell'esperienza: ad esempio il dolcissimo The Curious Tale of the Stolen Pets ci chiede di esplorare tanti piccoli mondi e scovare gli animali nascosti dentro di essi. O Down to the Rabbit Hole, ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie, dove siamo fermi all'interno di un diorama sempre più profondo, a muovere gli scenari attorno a noi in una spirale discendente. E questi giochi funzionano proprio per la possibilità di ruotare lo scenario. Anche senza questa opzione il gioco è comunque godibilissimo, ma ci è capitato in più occasioni di pensare di aver fatto tutto per poi accorgersi che in realtà dietro un angolo cieco c'era un'ultima batteria da raccogliere. Senza contare che alcuni angoli e prospettive non sono ottimali per la risoluzione degli enigmi, perché in alcuni casi, oltre ad elaborare una giusta strategia, è richiesta una certa dose di tempismo per deviare in tempo il percorso dell'omino.
A compensare questo aspetto, che come detto non consideriamo come una problematica o errore ma semplicemente una scelta di design, c'è tutta la parte dell'editor, un'enorme scatola dei giocattoli dove l'utente è libero di creare i propri livelli e i propri enigmi caricandoli on-line e mettendoli a disposizione della community. Una cosa certo non nuova, anzi, ma che aggiunge ulteriore profondità all'esperienza, oltre a fornire un motivo per rimanere a giocare anche dopo aver completato i quasi 100 livelli che lo compongono.
Conclusioni
PathCraft è un puzzle game VR bello e semplice, un debutto azzeccato ma non perfetto. Per essere un prodotto presente sullo store di Meta, che deve competere con tanti altri titoli di questo tipo presenti nel negozio on-line, PathCraft risulta essere un po' povero in tutti quegli aspetti accessori dell'esperienza di gioco. Nonostante l'impossibilità di ruotare gli scenari, il titolo convince grazie ai rompicapo brillanti e che tengono il giocatore incollato al visore, stimolato a rimanere grazie a punteggi e collezionabili. L'editor sandbox dei livelli è poi un'aggiunta particolarmente apprezzata e che speriamo renda più longeva l'esperienza dei giocatori e la vita di PathCraft stesso.
PRO
- Puzzle brillanti
- Stile artistico delizioso
- Editor sandbox
CONTRO
- Non si possono manipolare gli scenari totalmente
- Localizzare il gioco avrebbe richiesto poco sforzo